MONORCHIO-ALETTA: DALLA LIBERTA’ ALLA FORZOSITA’?
DALLA LIBERTA’ ALLA FORZOSITA’: RISPOSTA A SALERNO-ALETTA
Ringrazio il dr Salerno Aletta per avere scritto ed espresso interesse a un confronto in relazione al mio articolo del 27 u.s. “Fermate Monorchio e Aletta”. Il presente articolo è, soprattutto nel finale, un contributo critico e propositivo al confronto da lui auspicato.
La proposta di legge del 2 Settembre, mirante a ridurre il debito pubblico di 900 miliardi in 20 anni, riferita a Monorchio e Salerno-Aletta, è stata autorevolmente avallata da Paolo Panerai su MF, ma i lettori-commentatori del medesimo giornale l’hanno massicciamente dileggiata e stroncata come sotterfugio socialistoide per consentire alla casta politica di metter le mani sui beni immobili dei cittadino. Ebbene, quella proposta di legge non conteneva elementi coercitivi espressi, ossia non parlava di prestiti forzosi o di forzoso assoggettamento degli immobili dei cittadini ad un’ipoteca a garanzia di future emissioni di titoli del debito pubblico. La forzosità vi era, ma indiretta, sotto forma di minaccia, in quanto si diceva al cittadino: “se tu non dai il tuo immobile, per metà del valore, in ipoteca a garanzia del debito pubblico (rischiando di perderlo in caso di default dello Stato), sarai esposto al rischio di (chissà quali) aumenti di imposte su di esso”. Un po’ di terrorismo non guasta mai…
La forzosità esplicita fa la sua apparizione negli articoli a pag. 6 di MF del 27 u.s., dove Roberto Sommella parla di “maxiprestito forzoso pari al 10% della ricchezza complessiva delle famiglie (che ammonta a oltre 8.000 miliardi), e Antonio Satta parla di un “prestito forzoso” da imporre ai cittadini assieme alla costituzione di ipoteca dei loro immobili al 50%, per finanziare il fondo patrimoniale di 700 miliardi – o meglio, sembra di capire (l’articolo è sommamente confuso, incerto, quindi vieppiù inquietante) per comperare quote di questo fondo, in cui lo Stato metterebbe i suoi beni immobili. Si noti che la sottoposizione forzosa degli immobili privati ad ipoteca ingesserebbe il mercato immobiliare, proprio in un momento in cui le generazioni anziane vendono i loro immobili per mantenere i propri figli, e creerebbe un clima di angoscia tale da deprimere ulteriormente i consumi e le iniziative. Su MF di oggi, a pag. 6, Salerno-Aletta pubblica un ampio e bell’articolo, di alti accenti, che non torna punti pratici che qui ci interessano e non chiarisce se auspichi o no la forzosità del prestito e dell’ipoteca.
MF del 27.09.11 preannunciava che presto pubblicherà un testo completo della (nuova) proposta. Proposta che, a quanto scrive MF, si distingue da quella del 02.09 innanzitutto per l’introduzione della coattività, ossia dell’esproprio, ma pure per l’introduzione del prestito del 10%. Non ci si accontenta più dello stimolo minatorio, terroristico (“se non mi dai i tuoi beni in garanzia, domani ti posso imporre tasse che tu neanche ti immagini”), ma si prende direttamente: la casta espropria il risparmio dei suoi sudditi.
Già nella proposta di legge del 2 u.s. è invece presente, all’art. 2, l’insieme di norme prescriventi che le pubbliche amministrazioni paghino una quota, da stabilirsi, dei loro debiti non in denaro ma in bonds non negoziabili ad ammortamento ventennale. Regola che, in pretto spirito coloniale, si applica solo ai sudditi italiani (persone fisiche e giuridiche) e non ai soggetti stranieri, che quindi saranno avvantaggiati e potranno meglio battere quelli italiani nelle contrattazioni. Ma la proposta non dice a quali debiti si applicheranno: a quelli per contratti già stipulati, a quelli per contratti da stipularsi, o ad ambedue. Se si applica a quelli già stipulati, allora si avrebbe una modificazione unilaterale del corrispettivo, ossia un’autoriduzione del proprio debito, contraria ai principi fondamentali del diritto, con una riduzione dei ricavi dei soggetti creditori, che quindi in gran parte potrebbero divenire insolventi. Se si applica a quelli futuri, allora l’impresa italiana si trova a concorrere su basi perdenti con quelle straniere, perché viene pagata di meno. Quindi, se appena ce la fa, si trasferirà all’estero per recuperare la parità di condizioni, chiudendo e licenziando in Italia. Inoltre, questa autoriduzione dei pagamenti colpirebbe anche i cittadini, quindi pure gli stipendi, le pensioni, le indennità, i rimborsi, i crediti per prestazioni professionali…
Nel loro insieme, le norme di siffatte proposte sarebbero non solo immorali, discriminatorie e illegittime, ma anche improduttive, perché in sostanza darebbero, per sanare il debito pubblico, i soldi dei cittadini a quel milione e passa di parassiti che vivono di politica, a quella stessa gigantesca partitocrazia che ha creato quel debito per lucrare sulla spesa pubblica assieme ai suoi grandi elettori, per consolidare il suo potere e per espandersi continuamente. Non ha senso darle più soldi. Se domani, grazie alle sullodate proposte, avesse in mano più soldi da gestire, li userebbe non per risanare, ma per arricchirsi di più assieme ai suoi sponsors imprenditoriali, e per ipertrofizzarsi ulteriormente, come ha sempre fatto con tutti i soldi che ha avuto. Per risanare la finanza pubblica, bisognerebbe prima di tutto eliminarla – altrimenti tutto sarà inutile, tutto sarà solo un preteso con cui essa prenderà più sangue al paese. E’ una partitocrazia che non ha alcuna capacità di buona gestione e di risanamento e di ammodernamento, così come non ha alcuna moralità.
Essa, oramai da decenni, gestisce il paese semplicemente ad esaurimento delle risorse, cioè curandosi di estrarne tutta la ricchezza senza impegnarsi per dargli un futuro, per sostenerlo, per rilanciarlo, per qualificarlo, sebbene veda che sta continuamente declinando. Se ne frega – e non ha nemmeno le competenze per fare altro. Richiama alla mente quei re africani che andavano a catturare i loro stessi sudditi e quelli delle tribù limitrofe per venderli ai negrieri bianchi in cambio di fucili e munizioni con cui mantenere e allargare il proprio potere. Similmente, i nostri capi politici ricorrono a ogni mezzo per spremere dai negri italiani i soldi con cui accontentare tedeschi e francesi – l’”Europa” – al fine di ottenere da loro quella legittimazione che consente loro di continuare il loro dominio grassatore sull’Italia.
Anche se probabilmente i nostri due esperti non ambiscono a passare alla storia come sensali del patto per la spremitura terminale dell’Italia, su certe proposte, oggettivamente, convergono gli interessi dei banchieri stranieri e della casta nostrana. E questa convergenza rende purtroppo probabile che una proposta come quella di cui parla MF del 27 u.s. venga accolta, magari con un decreto legge, che verrà convertito con voto bipartisan ispirato non dalla volontà di salvare la patria, ma da quella di divorarla fino in fondo.
E, in risposta all’invito del dr Salerno Aletta, veniamo ora al problema del debito pubblico e a come avviarlo a smaltimento.
Buona è l’idea di mettere i beni alienabili dello Stato in un fondo, e di staccare su questo fondo titoli utilizzabili come rimpinguatori dell’oggi insufficiente money supply e come garanzia al credito per le pmi, senza che la loro creazione aumenti il debito pubblico.
Per contro, l’idea di usare la ricchezza nazionale, i patrimoni privati, per garantire il debito pubblico, induce i politici a pianificare un’ulteriore espansione del debito pubblico, resa possibile dalla grandezza di queste garanzie. questa espansione sarà loro richiesta sia dal loro interesse diretto a lucrare sul denaro pubblico, che dalle pressione della loro base di consenso.
Arrivando alle proposte, premetto che, come spiega il mio amico Antonino Galloni nei suoi saggi, è errato prendere come riferimento e indice della “salute” il rapporto tra pil e debito, perché non solo esso non è in sé determinante, ma anzi è qualcosa di improprio, siccome il pil è un dato di flusso, mentre il debito è un dato di stock. Le banche a clienti privati, che son o meno sicuri degli Stati, accordano prestiti di 5 o 6 volte il loro reddito – lo Stato italiano è indebitato solo di 1,2 volte il proprio reddito. Molto più importante è l’andamento del pil in proiezione: è sulle previsioni di non crescita, che le agenzie di rating attaccano il btp e che le aziende emigrano, oltre che sulle cattive privatizzazioni clientelari e monopolizzanti. tutte le misure del governo, le manovre, sono miopi e sbagliate perché mirano a risultati puramente contabili per evitare le riforme strutturali, ossia per tutelare la struttura di consensi e di redditi parassitari della partitocrazia.
Concordo anche col prof. Claudio Pioli che sarebbe opportuno cartolarizzare il fondo costituito coi beni alienabili dello Stato così da permutarne d’imperio i titoli contro quelli del debito pubblico a breve, e, in parte, a medio lungo periodo. I portatori di titoli del debito pubblico, essendo questi titoli permutati in titoli del fondo immobiliare, non incasserebbero un reddito certo, ma avrebbero introiti in funzione del ricavato dalla vendita dei beni cartolarizzati, e in più acquisirebbero una garanzia reale immobiliare, che coi btp non hanno. Il debito pubblico scenderebbe subito al di sotto del rapporto (60%) richiesto dai patti di Maastricht, ed il saldo primario (in mancanza di parte dell’attuale peso degli interessi passivi) aumenterebbe, per permettere l’acquisto di un’altra parte dei titoli del debito pubblico ancora in circolazione in tempi medi e non lunghi.
La diminuzione della spesa pubblica improduttiva deve partire dall’eliminazione delle oltre 25.000 poltrone consiliari delle public utilities e degli enti inutili, delle spese di falsa disoccupazione e di falsa invalidità (prima di toccare le altre pensioni), delle spese per interventi militari all’estero, e così via.
L’Italia deve assistere ad un ridimensionamento del suo patrimonio e del suo debito, e di parte delle funzioni sociali, che costituiscono un lusso per un paese privo di risorse ed un metodo di finanziamento piuttosto occulto e criminogeno per la partitocrazia.
Ma tutto ciò è un fermarsi ai sintomi, senza cercare le cause ultime, quelle che hanno portato l’Italia in queste condizioni e in questo stato di inerzia, senza che la società raddrizzasse la rotta, pur cambiano diverse maggioranze di governo. Il male della popolazione italiana è che essa continua ad esprimere e a tenersi una classe dirigente rovinosa, incompetente, grassatrice, nonostante veda che la sta rovinando. Quindi è un male non finanziario, economico, o politico, ma socio-culturale, proprio del comportamento collettivo. Finché il comportamento collettivo della popolazione non sarà cambiato e non inizierà a produrre correzioni (sostituzione di ciò che è disfunzionale con ciò che è funzionale), il peggioramento continuerà inesorabilmente.
Che cosa potrà far sì che il comportamento della popolazione cambi, che la società impari a correggersi nel senso suindicato? Solo eventi concreti e forti, come un crollo economico che rompa il meccanismo di mantenimento clientelare del consenso verso la partitocrazia, in modo che l’italiano non possa più vedere nel politico il complice da votare per partecipare con lui alla spartizione delle risorse e dei favori. Oppure come la separazione del Nord dal Sud, che cambierebbe la composizione qualitativa della popolazione delle due entità statuali risultanti, e costringerebbe il Sud a divenire più efficiente per sopravvivere. Oppure ancora come la sostituzione dell’attuale governance con un governo dall’estero da parte dei capitali che stanno comperando il meglio delle imprese e assumendo il controllo dei principali mercati d’Italia, dalle banche all’acqua.
Durante il resto di questa fase di peggioramento, anche a costo di default, è preferibile che le risorse monetarie siano, per quanto possibile, in mano alla gente, ai lavoratori, piuttosto che alla politica, perché, rispetto all’interesse collettivo, la politica le userà in ogni caso peggio di come le usa la gente, le userà per costituirsi posizioni all’estero. Soprattutto quando l’emergenza si farà pesante. Quanto più forte è l’emergenza, tanto peggiore è la condotta dei detentori del potere rispetto al bene della gente.
29.09.11
Marco Della Luna