GOLPE BIANCO E MANDATO TRIONFALE
GOLPE BIANCO E MANDATO TRIONFALE
IL GOLPE BIANCO PER SPARTIRSI IL PAESE (articolo scritto per Punto Zero) E’ un segno di notevole cambiamento il fatto che oggi pubblicamente si accusi, senza finire sotto processo, il presidente Napolitano di essere un golpista, e che tranquillamente si parli nei Tg di impeachement e denunce per alto tradimento e attentato alla Costituzione. Fino a poco fa era impensabile un tale livello di delegittimazione contro una figura che appariva addirittura sacrale, intangibile. Ma non ha commesso alcun golpe, perché non è possibile commettere un golpe contro una costituzione che non è mai stata posta in vigore, sostanzialmente, ed è stata solo usata come copertura per un sistema di potere radicalmente diverso. Ciò che Napolitano sta facendo è cercare di mettere insieme una costituzione transitoria per gestire questa fase di declino e disgregazione del Paese… Adesso che ha ricevuto dagli italiani il mandato legittimante, Renzi potrà formalizzare costituzionalmente l’autocrazia, con la collaborazione di un Berlusconi teleguidato mediante le sue disavventure giudiziarie. Il mandato lo ha avuto da italiani tipici, senza dignità e senza matematica, a cui non importa della svolta autocratica né del fatto che il governo toglie in maggiori tasse e in minori servizi un multiplo della mancia di 80 euro al mese, né importa della sua impotenza sul piano economico e occupazionale.
La vicenda politica italiana dell’ultimo decennio si impernia sull’alleanza tra la casta nazionale e la grande finanza apolide (tedesca, francese, statunitense); alleanza per spartirsi il risparmio, i redditi, i mercati e le aziende di questo Paese, e metterlo sotto il governo del capitale bancario. In virtù di questa alleanza, la grande finanza, via Brussel e BCE, ha dato e dà alla casta legittimazione politica e morale nonché sostegno economico in termini prima di credito a bassi tassi (fase 1 dell’Euro), con cui la casta ha ampliato strutturalmente la spesa pubblica corrente clientelare; poi (fase 2 dell’Euro), usando la BCE per comperare massicciamente bonds italiani onde tenere artificiosamente bassi i loro rendimenti (a dispetto dei pessimi indicatori economici), sostiene le politiche dei governi Monti, Letta e Renzi, in quanto politiche strumentali ai suoi interessi. Un collasso finanziario dello Stato (sullo spread) o delle banche (sulle sofferenze) era da evitare, perché esso, spingendo l’Italia fuori dall’Eurosistema, avrebbe arrestato il processo di spartizione delle risorse dello sfortunato Paese. Ovviamente questo piano richiede l’effettuazione di profonde deroghe, violazioni e alterazioni della prassi e della stessa carta costituzionale – cioè di una serie di colpi di Stato e di rivoluzioni, giustificati dalle emergenze e dal “ce lo chiede l’Europa”. Dirò poi perché non si tratta di colpi di Stato, di eversione della Costituzione, né di un piano criminale. Le emergenze sono state – oramai lo sappiamo – decise, pianificate, fabbricate, iniziando con la destabilizzazione dell’ultimo governo Berlusconi nel 2011. Berlusconi, in sede comunitaria, aveva insistito per l’accettazione di alcuni punti contrari agli interessi tedeschi (ossia: conteggiare ai fini del rapporto pil/deficit pubblico anche il pil sommerso; conteggiare ai fini del rapporto patrimonio nazionale/debito pubblico anche il patrimonio netto dei privati). Come reazione, le grandi banche tedesche (presumibilmente d’intesa con la Bundesbank e col governo) posero massicciamente in vendita grandi quantità di bonds italiani, facendone schizzare in su i rendimenti (spread) nonostante che gli indicatori economico-finanziari italiani fossero molto migliori di oggi; B. fu sostituito, come programmato, con l’eurocrate Monti (privo di meriti, se non negativi come co-architetto dell’eurosistema), che lanciò un piano di demolizione dell’economia nazionale e di spremitura fiscale degli italiani per assicurare ai banchieri francesi e tedeschi i loro iniqui incassi sui prestiti che in mala fede avevano erogato a Grecia, Spagna, Portogallo e Irlanda. Ne seguì un tracollo economico e occupazionale, una costante ascesa del debito pubblico nonché una campagna di svendite al capitale straniero – tendenze che sono continuate con Letta (pure privo di meriti, tolta la fedeltà cieca all’Euro) e continuano con Renzi (statista di immagine), appoggiate dagli acquisti della BCE. L’artificiosa calma finanziaria creata da questo sostegno consente al governi Renzi di procedere a riforme in senso autoritario e autocratico. Oggi abbiamo un parlamento di nominati (dai segretari dei partiti), retto da una maggioranza artificiosa e incostituzionale (sistema maggioritario bocciato dalla Consulta), non rappresentativa del popolo. Questo parlamento dapprima ha ri-eletto un Capo dello Stato in violazione della Costituzione (che, come anche risulta dai lavori dell’Assemblea Costituente, non prevede un secondo mandato, mentre le Costituzioni che lo prevedono stabiliscono anche che non vi possa essere più di una rielezione di seguito, dal che è chiaro che la nostra Costituzione non consente il secondo mandato), un Capo di Stato che aveva sostituito con un burocrate un premier avente investitura popolare. Ora siffatto parlamento, nel silenzio-assenso del predetto Capo dello Stato, dopo la sentenza della Consulta che ha dichiarato illegittime le liste bloccate e il meccanismo maggioritario, perché antidemocratici, sta riformando la Costituzione. Non potrebbe farlo, perché l’art. 136 Cost. Stabilisce che le sentenze della Consulta siano immediatamente efficaci, anzi efficaci retroattivamente (i parlamentari eletti col maggioritario dovrebbero decadere), ma questa volta pare si sia fatta eccezione… Dietro una rassicurante facciata di attivismo, giovanilismo, idealismo, Renzi sta procedendo a una radicale riforma costituzionale ed elettorale, per rendere il parlamento ancora più maggioritario, ancora meno rappresentativo della volontà popolare, quindi ancora più strumento privato del segretario del partito dominante, che tale potrà diventare anche con un 30% dei voti più l’aiuto di qualche lista civetta. Sono le garanzie fondamentali della Costituzione, quelle che Renzi demolisce, aiutata da un Berlusconi filo-comandabile attraverso le sue vicende giudiziarie e i suoi interessi aziendali (opposizione ricattabile). Il premier potrà così, scegliendo persone a lui gradite, nominare il nuovo Capo dello Stato, i giudici costituzionali (5 direttamente e 5 indirettamente, su 15), i componenti laici del CSM, le autorità di controllo e garanzia. Avrà il controllo anche delle istituzioni di garanzia, dei poteri “neutri”, di quelle che dovrebbero appunto essere imparziali, per controllare lui e il suo governo e gli atti della sua (artificiosa) maggioranza. Una dittatura con pretese di costituzionalità, di legalità, di democrazia. Ma è una dittatura da quattro soldi, perché è la dittatura di una buro-partitocrazia ladra su un paese la cui sovranità monetaria, legislativa, fiscale è già stata trasferita ad organismi esterni, non italiani, non democraticamente responsabili, e in ampia parte esenti anche dalla sindacabilità dei tribunali. Questo trasferimento di sovranità, assieme all’eversione dei principi fondamentali della Costituzione (mi riferisco soprattutto all’eversione dell’art. 1, del lavoro come fondamento della Repubblica, sostituito con la finanza), è stato compiuto attraverso una serie di trattati internazionali, usando il grimaldello della falsa interpretazione dell’art. 11 della Costituzione, articolo che consente limitazioni (e non cessioni) della sovranità, sul piano di parità (e non di subordinazione), in quanto necessarie per la pace e la giustizia tra le nazioni (e non per scopi finanziari). Usando lo strumento dei trattati, senza consultare il popolo, e senza passare per le procedure di revisione della Costituzione (art. 138 Cost.), la Costituzione è stata stravolta nella sua stessa prima parte, nei principi fondamentali, iniziando con quello della sovranità popolare e dell’indipendenza. E questo percorso è iniziato non con l’Euro, ma già nel 1981, colla sostanziale privatizzazione della Banca d’Italia, tra il plauso generale dei giornalisti, degli economisti e dei politici, equamente divisi tra imbecilli e imbonitori. Adesso l’Italia è uno Stato fondato sul mercato e la sovranità, cioè il potere di prendere le decisioni politiche, sicuramente non appartiene al popolo, ma nemmeno a soggetti nazionali, prevalendo i condizionamenti sovra-nazionali. Tuttavia nego che, in tutto questo, e soprattutto nelle operazioni Napolimonti, Napoliletta, Napolirenzi e Napolibis, si possa seriamente parlare di golpe, di eversione della Costituzione, perché sostanzialmente la Costituzione scritta non era mai stata attuata nelle sue parti determinanti, e perché la Repubblica italiana non era mai stata indipendente, bensì occupata militarmente da oltre cento basi militari statunitensi. Essa è nata sottomessa ed è vissuta secondo leggi diverse da quelle nominali. Nego anche che la strategia di liquidazione dell’Italia e di sua sottomissione a potentati stranieri sia moralmente o politicamente censurabile. Lo nego, perché l’Italia era ed è spacciata, ossia era già in un processo degenerativo senza possibilità di arresto o di recupero, a causa della sua stessa struttura o composizione, a causa di come è fatta, ossia di un fattore non separabile da essa, che sotto espliciterò. E a causa della sua classe dirigente, la buro-partitocrazia. Gli apparati dei partiti politici sono apparati dediti strutturalmente al saccheggio della spesa pubblica, come appare da tutte le inchieste giudiziarie. Non si tratta di mele marce, ma del sistema, dell’ambiente. Non vi è una alternativa politica diversa, anche perché la maggior parte della popolazione si è adattata, accetta il rapporto clientelare, di complicità, coll’uomo politico. Non è possibile che l’Italia sia amministrata non dico bene, ma almeno in modo non ladresco. I partiti si reggono sulla spartizione del bottino. Il fattore di fallimentarità intrinseca dell’Italia vede suoi effetti vengono amplificati ed accelerati dall’Euro, che non è una moneta comune, ma una parità fissa tra le monete preesistenti, mentre i debiti pubblici dei singoli Stati restano separati e separatamente attaccabili, anche perché la banca centrale BCE, diversamente da quella di USA, Giappone, Regno Unito, etc., non li garantisce contro il default, né garantisce le loro banche contro il default. Per tale ragione, il debito pubblico dei paesi dell’Euro paga mediamente tassi di interesse più elevati di quello dei predetti Paesi, anche se ha un miglior rapporto col pil. L’Eurosistema, come ogni sistema di blocco dei cambi, è inevitabilmente dannoso e non può essere corretto. Non si tratta di fare unioni fiscali, bancarie o politiche. Quando due o più paesi hanno rapporti di scambio commerciale, se uno dei due importa più di quanto esporta (perché ha costi della produzione superiori dell’altro, sicché è conveniente per i suoi abitanti importare dall’altro paese anziché comperare i prodotti interni), la sua moneta sarà più offerta (per pagare le importazioni) che domandata (per comperare le sue esportazioni), quindi tenderà a svalutarsi; svalutandosi, renderà più convenienti le esportazioni e meno le importazioni. Questo è il meccanismo naturale, di mercato, di correzione degli squilibri commerciali internazionali. Se blocco il cambio tra le due monete, la correzione non avviene, il paese che ha costi di produzione superiori continua a importare e a indebitarsi, la sua industria si atrofizza e in parte emigra, i suoi capitali pure. La disoccupazione si impenna. Il reddito cade. Lo sfortunato paese non riesce quindi più a sostenere gli oneri del debito interno e del debito estero. Deve svendersi. Il paese più efficiente, avendo accumulato crediti, compera i pezzi migliori, banche incluse, e assume il dominio anche politico del paese indebitato. Detta le regole. Questo è il percorso pianificato, e già ben avanzato, dell’unificazione europea. Lo strumento principale è l’Euro: una pompa che trasferisce risorse dai paesi eurodeboli e debitori ai paesi euroforti. Il paese che va a credito e compera, è la Germania, che prima dell’Euro aveva un debito estero di oltre 300 miliardi, e ora ha un credito estero di circa 1.800, e nella UE detiene l’iniziativa politica e il potere di veto. Ogni unione monetaria tra aree geografiche con diversi livelli di produttività (di costo per unità di prodotto) ha funzionato male e ha fatto degenerare i paesi coinvolti, perché (esclusi gli USA, che scaricano i costi sul resto del mondo attraverso il dollaro), per tenere insieme le sue parti tendenzialmente divergenti, deve trasferire costantemente reddito dalle aree più produttive a quelle meno produttive, col risultato di: -supertassare le prime, togliendo fondi per investimento e innovazione, nonché inducendo capitali, imprese e cervelli ad emigrare, sicché queste aree nel tempo si impoveriscono e non riescono più a sussidiare le aree meno produttive; -incentivare e rinforzare, anziché correggere, le caratteristiche disfunzionali delle aree meno produttive (sprechi, mafie, corruzione, parassitismo, clientelismo, immobilismo) e favorire la trasmissione di queste caratteristiche alle aree più produttive attraverso l’emigrazione interna (in Italia, soprattutto attraverso il pubblico impiego, occupato prevalentemente da meridionali, che trasferiscono la loro mentalità e le loro prassi alle parti più efficienti del paese, con effetti degenerativi); -questi meccanismi sono noti da molti decenni e i guai che ora constatiamo sulla nostra pelle a causa del blocco dei cambi erano stati preveduti da prestigiosi economisti già negli anni ’70, ’80 e ’90; ma erano anche stati già provati come effetto dei precedenti tentativi di blocco dei cambi (serpente monetario europeo e sistema monetario europeo), entrambi falliti per le suddette ragioni; -l’esperienza dell’Italia conferma tutto ciò: lo Stato ha speso per sollevare il Sud ai livelli del Nord, dal 1960 ad oggi, circa 300 miliardi di Euro tolti con le tasse al Nord, ottenendo il risultato di peggiorare le cose al Sud e di soffocare, o mettere in fuga verso l’estero, l’imprenditoria del Nord; -dunque chi ha voluto l’Euro lo ha imposto in perfetta mala fede, con dolo; -perciò erronea e controproducente è la soluzione “ci vuole più Europa”, “ci vogliono gli Stati Uniti d’Europa”, ossia la soluzione proposta dai nekeynesiani per l’Europa, nel senso di istituire un bilancio federale europeo che metta in comune i debiti pubblici, ripiani i deficit e finanzi il pareggiamento delle aree meno efficienti a quelle più efficienti e/o per eseguire in esse investimenti per l’occupazione: la spesa pubblica che viene fatta attraverso le strutture, il ceto politico e il corpo sociale delle aree meno efficienti, sarà distorta e meno efficiente; inoltre già in sé lo spendere a scopo di collante è uno spendere distorto; meglio la soluzione della moneta di conto comune tra monete nazionali e bilanci nazionali, con centrale di compensazione multilaterale e tassazione dei surplus commerciali, del tipo raccomandato da Keynes ai tempi di Bretton Woods. La soluzione federale, il bilancio unitario di tipo italiano, in cui due regioni – il Veneto e la Lombardia – vengono fiscalmente saccheggiate per concorrere al mantenimento, pardon per sostenere il reddito, di certe regioni del Sud, non sarà mai accettata dai paesi europei efficienti, perché ovviamente non vogliono fare, nell’unificazione europea, la fine che veneti e lombardi hanno fatto nell’unificazione italiana; e anche perché la soluzione federale tra aree non omogenee produce un livellamento al basso, un degrado civile, un impoverimento globale che porta all’instabilità quando lo Stato centrale non è più in grado di “comprare” il consenso o perlomeno la quiete mediante l’assistenzialismo, e si mette a consumare con le tasse e con le privatizzazioni il risparmio e le risorse. Procede ad esaurimento delle riserve, cioè consumando con le tasse il risparmio (ricchezza mobiliare e immobiliare), dopo aver prelevato fiscalmente tutto il reddito prelevabile della popolazione governata. Queste sono le cause strutturali, essenziali, congenite nella sua composizione, che condannano l’Italia alla rovina e che legittimano quindi i suoi commissari liquidatori.
Aree di diversa produttività (e mentalità) abbisognano di bilanci, monete e politiche economiche separate, e di fare ciascuna i conti con le proprie caratteristiche. Questa è la ragione oggettiva per la quale l’Italia (come assemblato di aree eterogenee) e l’Eurozona funzionano male. Funzionando male, per sopravvivere arrivano alla violenza, alla violenza distruttiva di regole finanziarie economicamente assurde e controproducenti, da parte di Roma, con le sue tasse che ammazzano l’economia, e da parte dell’Eurozona, con regole inique, attraverso cui la Germania si difende dal pericolo della solidarietà coi paesi mediterranei, nel mentre che, per via commerciale, li sottomette, li svuota delle loro risorse industriali e finanziarie, attraverso i suoi Reichskommissaren, rinnovando ciò che faceva con i territori occupati durante la II G.M. 10.05.14 Marco Della Luna