I 68 MILIARDI PRENDIAMOLI QUI
I 68 MILIARDI PRENDIAMOLI QUI
Disciplinare e tassare la prostituzione, con tutti gli opportuni presidi sanitari, che adesso mancano. Disciplinare e statalizzare la vendita delle droghe, con tutti gli opportuni presidi sanitari, che adesso mancano. Tassare le attività imprenditoriali delle chiese, i loro immobili adibiti ad uso imprenditoriale, la loro manomorta sugli immobili non di culto. Tali misure frutterebbero i 68 miliardi per la legge di bilancio, perché genererebbero ogni anno entrate di diverse decine di miliardi, strutturali, cioè permamentemente, non una tantum. E risparmi di spese carcerarie, sanitarie, giudiziarie, e di danni criminali. E toglierebbero profitti e potere al crimine organizzato nazionale e internazionale. E migliorerebbero l’ordine pubblico. E limiterebbero contagi e altri danni alla salute di decine di migliaia di cittadini.
Se la Chiesa Cattolica si opporrà, le si ricorderà che è nel suo interesse pagare le tasse, per rifarsi l’immagine compromessa da troppa pedofilia, e da troppo nascondimento della pedofilia (vedi gli archivi segreti che il card. Ratzinger fece istituire dai vescovi per tenervi le denunce di abusi sessuali), e troppi abusi bancari coperti sotto il neo-beato (vedasi Calvi, Marcinkus, Banco Ambrosiano e Ior). E le si ricorderà che l’alternativa sarebbe tagliare la spesa sociale e per l’occupazione: è per caso ciò che vogliono o preferiscono in Vaticano? Lo dicano. Agli oppositori laici si ricorderà che lo stato già vende i tabacchi e tassa le vendite di alcolici, che tra tutti e due fanno circa 190.000 morti l’anno (Fini, ad es., fuma in pubblico), e un numero molto maggiore di invalidi, mentre ora di droghe muoiono circa 3.000 l’anno, perlopiù uccisi dalle sostanze di taglio, e che ne morirebbero molti meno se le droghe fossero prodotte e vendute dallo stato, senza veleni e con controllo medico.
Come farebbe qualsiasi altra maggioranza, l’attuale maggioranza governativa si va a spaccare sullo scoglio dei vincoli di bilancio e risanamento da una parte, e le esigenze di investimenti e di alleggerimento fiscale. Perché se si taglia la spesa pubblica (welfare e investimenti), si hanno sia danni e conflitti sociali, sia calo del pil, e questo calo restringe le risorse (il reddito) per pagare gli interessi sul debito pubblico, e ancor più toglie quelle per ridurlo. Il paese diviene ingovernabile.
Per fare uscire l’economia dalla fase bassa e pessimista, occorrono forti e continui investimenti pubblici infrastrutturali, che creino prospettive e sicurezze di medio-lungo termine per gli investitori privati. Senza di queste, i privati non ritornano a investire, ma stanno alla finestra. Tanto più se intanto monta la tensione sociale per effetto dei tagli. E il ciclo espansivo non riparte di certo. E allora dove trovare le risorse per gli investimenti infrastrutturali? Giusto colpire fiscalmente le speculazioni finanziarie – solo che queste si spostano facilmente all’estero. Giusto colpire i grandi patrimoni – solo che anche questi sono o vanno all’estero. Giusto colpire i colpevoli delle maxi-frodi finanziarie, dei derivati-truffa, delle obbligazioni-fregatura etc.: ma bisognerebbe nazionalizzare grosse quote di banche (inclusa Bankitalia) e commissariare qualche fondazione bancaria di peso, prima che si auto-danneggi troppo con manovre incredibili e si faccia dirigere, che so, da una Goldman-Sachs. Questo però è troppo per qualsiasi maggioranza. E allora? Colpibili realmente e strutturalmente sono solo i medi e medio-piccoli patrimoni e redditi incapaci di riparare all’estero. Purtroppo però si tratta delle persone più attive nell’economia reale, che verrebbe ancor più affossata; o di pensionati con patrimonio ma oramai inattivi – che secondo il governo dovrebbero vedere le loro pensioni indicizzate al pil; o di piccoli risparmiatori che Tremonti sta aggredendo con la sua trovata di aumentare la tassa sui depositi di titoli.
Certo, ancora meglio sarebbe fare una riforma monetaria, per eliminare la moneta-debito, cioè sostituire l’attuale insieme di money supply generato tutto mediante operazioni di indebitamento, con mezzi monetari generati senza indebitamento, come si fa con le monete metalliche, e come sporadicamente si è fatto anche con le banconote in periodi recenti e remoti. Ma una simile riforma non è fattibile perché incompatibile con gli attuali assetti di potere effettivo e coi loro interessi. Bisogna quindi pensare a riforme compatibili con questi.
Sul fronte dei risparmi, occorre invece fare i conti, innanzitutto, con la previdenza e l’assistenza.
La previdenza non regge finanziariamente perché la popolazione invecchia, quindi si allunga il periodo in cui si percepisce la pensione mentre ci sono meno giovani occupati per pagare la pensione ai pensionati, i quali per giunta vivono più a lungo. Inoltre i giovani di oggi hanno sovente impieghi remunerati poco e irregolarmente, quindi versano meno di contributi. Si aggiunge il problema dell’onere aggiuntivo delle pensioni di reversibilità per mogli extracomunitarie sposate da italiani maturi o anziani al fine di procurare loro il diritto alla reversibilità. Questo insieme di problemi richiede misure decise: gradualmente, la soppressione della reversibilità per il coniuge superstite, che deve avere un reddito proprio; subito, l’innalzamento dell’età pensionabile, un tetto quantitativo alla reversibilità quale che fosse il reddito del coniuge defunto; un tetto alla cumulabilità con altri redditi; esclusione (con meccanismi da elaborare) della reversibilità di comodo per la moglie straniera.
Se per l’assistenza, la spesa sanitaria, le risorse sono insufficienti, bisogna che si cessi di erogare risorse in favore dei non-cittadini. Se le risorse scarseggiano per i cittadini, è illogico e illegittimo destinarle a beneficio di non-cittadini, soprattutto se non legittimamente residenti. Oggi stiamo pagando noi sanità e welfare di centinaia di migliaia di stranieri, con tasse e contributi più elevati, con servizi peggiori, con tagli ad investimenti e ricerca, con crescente indebitamento nazionale. L’Italia è in gravissime difficoltà: non può permettersi di regalare costose cure agli stranieri che non versano. Occorre innanzitutto quantificare il costo che attualmente il paese sta sostenendo per l’assistenza sanitaria e non sanitaria in favore degli stranieri che non pagano contributi e tasse, e porre fine a questa uscita di denaro. Come? Lo straniero che non paga tasse e contribuiti e non si sottopone a controlli anti-infettivi non può avere assistenza sanitaria a spese dei contribuenti italiani. Punto. Se non si dota di adeguata assicurazione privata, viene espulso: quanto così risparmiato viene destinato a sanare il deficit della sanità. Secondo punto. Noti settori industriali e agricoli traggono vantaggio dai lavoratori immigrati pagandoli poco o in nero, e scaricando i costi sociosanitari sulla collettività (esternalizzazione del costo); ma ciò è contrario agli interessi del paese: se gli stranieri costituiscono un costo netto, questo costo va finanziato mediante un’imposta collegata al loro soggiorno in Italia. Terzo punto.
Ma lo scenario di fondo è un altro, è più ampio. E’ che siamo non in una crisi di ciclo, bensì di sistema. Di un sistema che sta per esplodere. Questo governo che sceglie di far quadrare il bilancio con una manovra di 68 miliardi scaricati però quasi interamente sul 2013 e sul 2014, e un’opposizione che sostanzialmente la accetta, e una UE e BCE che non insorgono, nonostante lo scarico differito sia palesemente una furbata irrealistica, perché nessun governo riuscirebbe a reggere un paese sottoposto a quei tagli – tutti questi fattori significano una cosa molto chiara: governo, opposizione, sindacati, UE, BCE, prevedono che di qui al 2013 la situazione cambierà tanto radicalmente, che quegli irrealistici impegni saranno semplicemente superati, che non si dovrà rispettarli. che quindi non serve nemmeno trovare idonee fonti per pagare il debito pubblico – cosa che si sa impossibile, e non solo per l’Italia. Per ora, per l’anno corrente e il prossimo, si tratta soltanto di far quadrare formalmente i bilanci, per mantenere una certa calma e governabilità, in attesa dello sconquasso che porrà fine a tutte le finzioni.
07.07.11 MDL