RIFORMA ELETTORALE: UN SISTEMA RAZIONALE
Propongo un sistema elettorale che riunisce molti vantaggi, soprattutto quelli di assicurare che gli eletti siano rappresentativi della maggioranza, scelti dagli elettori, e che non avvengano mercimoni come quelli implicati dal doppio turno. Il sistema è una variante di quello denominato ‘Optional Preferential Alternative Vote’ (in vigore nel Queensland) e può essere adibito alle elezioni amministrative e parlamentari, e ancor meglio a quelle –a suffragio popolare- del Capo di Stato o del Capo del Governo.
La presa di distanza dai fautori del sistema maggioritario, e soprattutto da quelli del c.d. sistema anglosassone, è saggia e opportuna poiché essi propugnavano le loro idee con semplicismo e nascondendo fatti basilari, come gli svantaggi del sistema inglese (il quale potenzia la burocrazia, diminuisce la rappresentatività politica da parte delle Camere della nazione, e scava divisioni in essa come pure tra i partiti affini – quindi esattamente produrrebbe l’esasperazione dei principali mali del nostro Paese), mentre esaltano il ‘sistema anglosassone’ senza considerare che la costituzione degli USA è, in un certo senso, e volutamente, l’opposto del sistema britannico, essendo stata disegnata per evitare gli inconvenienti di questo, sicchè accomunare i due sistemi sotto l’aggettivo ‘anglosassone’ è atto di ignoranza o disinformazione; e che –tanto per limitarsi a due punti- il sistema bipartitico degli USA è indotto dal sistema presidenzialista colà vigente.
L’Italia ha bisogno di un sistema elettorale che favorisca l’aggregazione delle frazioni sociali, divise da decenni di clientelismo, lobbismo, malizioso indottrinamento e false lotte di classe. E che favorisca anche l’aggregazione dei partiti politici per aree armoniche e coordinate, se non omogenee, scoraggiando la formazione di partitelli eminentemente finalizzati allo sfruttamento economico dei vantaggi di marginalità, ma rispettando e garantendo la rappresentanza e rilevanza –almeno a livello di concausalità- di genuini partiti di opinione, anche se piccoli.
Propongo, in breve, collegi uninominali e turno unico. Ogni elettore, sotto il nome del suo candidato preferito, può indicare, in ordine di preferenza decrescente, una o più scelte subordinate, con il limite dato dal numero dei candidati. Se, al primo conteggio, uno dei candidati raggiunge la maggioranza assoluta, viene eletto. Se nessuno la raggiunge, ai voti di prima preferenza di ciascun candidato si sommano le preferenze di secondo grado. Se nessuno ancora raggiunge la maggioranza assoluta, si sommano quelle di secondo grado, e così via. Se nessuno raggiunge la maggioranza assoluta dopo l’addizione delle preferenze di ultimo grado, si farà un ballottaggio tra i due più votati.
E’ così assicurato che verranno eletti solo candidati che abbiano il consenso, o perlomeno che non abbiano il dissenso, della maggioranza assoluta dei votanti; e che saranno gli elettori a determinare chi, specialmente tra i candidati di aree affini, verrà eletto. Al contempo si favorisce l’allineamento spontaneo e non artificioso dei partiti affini e si scoraggiano le campagne elettorali denigratorie tra partiti tra i quali può avvenire il trasferimento dei voti. Inoltre, ciascun partito –specialmente se minore- potrà propugnare le sue proprie idee senza timore di danneggiare partiti affini.
A questo metodo si potrebbe aggiungere (ma non credo ve ne sia bisogno) uno sbarramento al 5% (con diritto di tribuna per i partiti che piglino almeno l’1%) e/o una piccola quota di deputati nominati (e revocabili) dal Capo di Stato o di Governo eletto dal popolo, che decadano al termine del suo mandato. Lo sbarramento non si applicherebbe nei confronti degli eletti al primo conteggio (ossia, che abbiano riportato il 51% dei voti di preferenza di primo grado), onde garantire la rappresentanza parlamentare dei collegi che si riconoscono massicciamente in partiti o personaggi locali.