POLIZIA DI STATO E FUNERALI DI STATO
POLIZIA DI STATO E FUNERALI DI STATO:
dal G8 di Genova al Tribunale di Milano
La pace civile, l’ordine pubblico, quindi l’istituzione della polizia di Stato, sono indispensabili ad ogni società organizzata e complessa.
La mattina di quel sanguinoso 9 aprile arrivavo per un’udienza al tribunale di Milano, assieme al mio cliente, proprio mentre da esso usciva la gente a seguito della sparatoria. Molte decine di agenti si affaccendavano intorno al palazzo di giustizia in modo incomprensibile e inconcludente, apparentemente casuale. Altri, dentro, cercavano di stanare l‘omicida, asserragliato chissà dove nell’immenso fabbricato, forse assieme ad ostaggi, mentre il medesimo stava ormai raggiungendo in motocicletta la Brianza. Osservatori stranieri hanno commentato che la nostra polizia dimostrava evidente incompetenza e scarsa coordinazione.
Dinnanzi alla entrata principale, udii in paio di testimoni oculari che riferivano che lo sparatore era qualcuno collegato alla vicenda di Eutelia, la società telefonica della famiglia aretina Landi, società recentemente “saltata” e al centro di scandali e sospetti in cui si delineano possibili interessi imprenditoriali francesi. Il giudice Ciampi era appunto il giudice delegato di quel fallimento, anzi amministrazione straordinaria. Questa notizia, affacciatasi sulle pagine di alcuni mass-media del mainstream, da essi è però prontamente scomparsa, per restare solamente su testate minori o locali. In essa troviamo in ogni caso la prima possibile interpretazione del fatto, di tipo complottista: si tratterebbe sostanzialmente di un omicidio del grande capitale straniero, eseguito forse con l’appoggio dei soliti uomini deviati dello Stato italiano. Il giudice Ciampi potrebbe in tal caso essere un martire civile simile all’avvocato Ambrosoli nella vicenda del Banco Ambrosiano – solo che in quest’ultimo caso a sparare fu la longa manus di finanzieri-vescovi o perlomeno vaticanicoli.
Una seconda versione è quella della vendetta dell’imprenditore fallito verso le persone che lo avrebbero ingiustamente rovinato o sciacallato: un avvocato, un socio, un giudice fallimentare, che aveva fatto fallire una società dell’omicida. Anche questa versione è, in astratto, possibile, perché effettivamente la gestione dei fallimenti, in cui è possibile, coi giusti agganci, comperare ad 1 ciò che vale 10, vede filiere di giudici, curatori, cancellieri, avvocati, istituti di vendita giudiziaria, dediti in modo stabile e organizzato ad arricchirsi pilotando in combutta queste vendite in cambio di tangenti, come l’opinione pubblica recentemente ha potuto vedere nel caso di un certo giudice di un tribunale fallimentare laziale, che, in una intercettazione, chiede come usare una tangente di un milione ricevuto in contanti per un’operazione di questo tipo. Alle volte, per mettere le mani su patrimoni particolarmente interessanti, nei tribunali si arriva a dichiarare il fallimento anche in assenza dei presupposti di legge, oppure creandoli di forza. Non ho alcun elemento per ritenere che qualcosa di questo genere sia avvenuto nella fattispecie, il giudice Ciampi mi risulta abbia operato correttamente, e posso solo parlare in generale: se si facesse un’indagine sistematica sulla gestione dei fallimenti in Italia, salterebbe il sistema giudiziario.
Per il bene di tutti, vi è anche una terza e molto più verosimile versione, accreditata dal media più importanti e rispettati, alla quale anch’io accedo, ovvero che si sia semplicemente trattato dell’azione sconsiderata di uno squilibrato, imprenditore balordo e legittimamente dichiarato fallito; e che ora semplicemente si debba rendere più controllato l’accesso ai palazzi di giustizia, curando la qualità degli addetti ai controlli. Questa versione garantisce l’aspetto di legittimità dello Stato in generale, e la buona reputazione della giustizia. Quindi avanti con il Funerale di stato per tutti e tre: il giudice, l’avvocato, l’altro imputato, coram populo (ma voi, italianucci, il funerale di popolo a questo Stato, lo farete mai?).
E intorno ai funerali di Stato, rafforzato dal cordoglio, si accende il sentimento di unità sociale, se non anche nazionale. Di questo sentimento si sentiva il bisogno, perché da diversi anni, in veste di nuova cultura popolare, si sta insidiosamente diffondendo in Italia, come pure in altri paesi, un atteggiamento mentale critico, che esplicitamente disconosce legittimità alle istituzioni nazionali ed europee nonché allo Stato, contestandone la sovranità sui cittadini e descrivendole come strumentalizzate da una cricca di potere che li usa per opprimere la collettività violando sistematicamente le leggi e le garanzie, e calpestando la costituzione.
Questo atteggiamento critico viene ovviamente rinforzato dai fattacci del G8 di Genova, da quanto ne è seguito, fino alla recente condanna dello Stato italiano per fatti di tortura, emessa dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. In effetti, questa vicenda delegittima lo Stato a tutti i livelli.
Al livello più basso, delegittima la truppa delle forze dell’ordine, cioè i bravi ragazzi in divisa, perché molti di essi (come anche è avvenuto in numerosi altri casi quali quello di Ferrara e quello dell’ospedale Pertini di Roma), pur apparendo fino al giorno prima bravi ragazzi, al momento giusto, nel liceo Armando Diaz come nella caserma di Bolzaneto, opportunamente guidati dai loro superiori, incoraggiati dal sentirsi in gruppo e dalle armi che brandivano, si sono trasformati in branco di belve in uniforme e hanno dimostrato di avere in sé pulsioni sadiche e ferocissime, degne di un processo di Norimberga. Ripeto: fatti del genere non sono minimamente isolati, ma piuttosto frequenti, in Italia e all’estero. In siffatti casi, però, non è la bestialità dei poliziotti che si manifesta, ma quella latente nell’essere umano in generale.
A un livello un pochino superiore, sono stati naturalmente delegittimati pure i funzionari di polizia, che hanno ordinato, diretto, coperto questi atti, e in più hanno posto in essere l’infame calunnia contro persone inermi che stavano semplicemente dormendo nella scuola Diaz, dopo averle seviziate.
Ancora di più sono stati delegittimati certi vertici della polizia, che non potevano non sapere, che non hanno impedito i prolungati crimini dei loro uomini, che davano le direttive, forse anche quella di attaccare i dimostranti pacifici e lasciar imperversare quelli violenti e facinorosi, ai danni della popolazione generale..
Più dei capi della polizia, sono stati delegittimati i politici, presenti a Genova durante i fatti, fatti che essi pure non potevano non sapere e probabilmente sono responsabili ultimi degli ordini impartiti e dei misfatti perpetrati, almeno sul piano politico.
Ma anche lo Stato come tale è stato delegittimato, perché ha coperto i responsabili e ha fatto continuare la carriera ai dirigenti che erano imputati, mentre la legge lo proibisce. Uno di questi ha ricevuto un incarico di altissimo prestigio e altissimo appannaggio, che conserva con i più autorevoli appoggi governativi, il che dimostra che ha agito conformemente e non contrariamente alle disposizioni dei poteri che contano, dunque non ha colpa: king’s man. Un altro grande capo ha deciso di cavarsela chiedendo scusa, mentre i misfatti richiedevano quantomeno il suo ritiro a vita privata previa devoluzione alle vittime di tutto il suo patrimonio. Evidentemente c’era una implicazione verticale che imponeva solidarietà reciproca tra alti dirigenti e politici .
Il messaggio politico e morale è stato chiaro: la polizia ha licenza di reprimere con ogni mezzo, senza temere conseguenze, le legittime e pacifiche proteste contro le politiche economiche decise dai vertici internazionali ai danni degli interessi della popolazione generale e per il vantaggio della élite finanziaria globale: è proprio questo che faceva il G8 di Genova; per contro, la gente comune si deve aspettare che, se protesta contro questi interessi e le loro politiche, la polizia la massacrerà impunemente.
Delegittimata è stata, per finire, anche la cosiddetta giustizia, poiché non ha saputo o voluto individuare e punire le colpe, non ha difeso il principio dello Stato di diritto ma la ragion di Stato, e si è mossa con inaccettabile lentezza, e non solo nel caso del G8 di Genova, ma in molti casi di soprusi delle forze dell’ordine ai danni dei cittadini innocenti.
Se peraltro la delegittimazione investe tutti i livelli dello Stato e della politica, e non in un caso solo ma nella generalità dei casi, allora si deve dire che la delegittimazione in realtà sta colpendo non lo Stato, ma la concezione convenzionale dello Stato, come Stato di diritto, al servizio dei cittadini, democratico, sottoposto al vaglio di una giustizia indipendente, etc. etc. Da vicende come quelle suddescritte emerge quindi l’evidenza che lo Stato è una cosa diversa da quella generalmente supposta, avente una funzione, una finalità, un modus operandi molto lontani dalla concezione comune e ufficiale. Perciò, quanto prima smettiamo di sorprenderci e scandalizzarci che lo Stato si comporti come si comporta, tanto prima riusciremo a vedere in faccia la realtà e a fare i conti con essa. 12.04.15
Marco Della Luna