AUTODIFESA DELLA LIBERTA’ DI SPOSTAMENTO

AUTODIFESA DELLA LIBERTA’ DI SPOSTAMENTO


Come reagire se la Polizia vi accusa di spostamento illegittimo?

Anche se ad oggi non sappiamo quanto vi sia di vero nella ‘pandemia’, consiglio a tutti di essere prudenti, di non arrischiare una malattia potenzialmente seria per leggerezza -è da stolti- e di osservare le raccomandazioni per la prevenzione del contagio, evitando i contatti interpersonali, assumendo opportuni integratori alimentari e innanzitutto astenendosi dal fumo (se il Governo avesse a cuore la salute pubblica e volesse proteggerla da una affezione polmonare, avrebbe proibito la vendita di tabacchi).

Capita però di incappare in qualche poliziotto fanatico o vessatore che vi contesti infondatamente e abusivamente il reato punito dall’art. 650 CP per inosservanza di disposizione dell’autorità con spostamento vietato dal DPCM Conte, mentre voi vi spostavate in modo giustificato (ossia, non vi sto invitando a violare il Decreto, benché illegittimo, perché esso è utile, più o meno).

In tal caso, tenete presente che il DPCM è illegittimo, che il reato non sussiste, e che non vi conviene quindi accettare di firmare un eventuale verbale in cui vi riconoscete colpevoli di esso accettando di pagare un’ammenda, anche perché vi sporchereste la fedina penale.

Potete semplicemente non far nulla, aspettando di vedere se il PM procederà contro di voi richiedendo al GIP l’emissione di un decreto penale di condanna. Se lo riceverete, potete opporvi ad esso depositando nella cancelleria del GIP (oppure presso la segreteria del pubblico ministero), entro 15 giorni dalla notifica, l’atto di opposizione come da modulo che segue. Potete firmarlo e depositarlo anche senza avvocato. L’avvocato vi servirà se e quando si terrà il processo.

Ovviamente non garantisco che l’opposizione verrà accolta.

15.03.2020 Avv. Marco Della Luna

TRIBUNALE DI… – UFFICIO GIP 

OPPURE:

AL PM PRESSO IL TRIBUNALE DI…………

Opposizione al decreto penale numero _____________ del giorno ______________  notificato il giorno ________________.

Il sottoscritto opponente,_______________________, nato a____________ il___________________, residente in______________ dove elegge domicilio, si oppone al decreto penale sopraindicato, che lo condanna alla pena di……… per il reato previsto e punito dall’articolo 650 del codice penale in relazione alla violazione dei decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri del 08 e del 09.03.2020, in quanto il giorno …………… alle ore… è stato trovato nell’atto di percorrere……………… e in quanto la giustificazione da lui addotta non è stata ritenuta valida.

Chiede pertanto di revocare il decreto penale e che si proceda con le forme del giudizio immediato (oppure: del giudizio abbreviato). Chiede altresì che il PM proceda contro Conte Giuseppe (o Giuseppi) per aver attentato a libertà costituzionali mediante uno strumento non consentito e in eccesso dei suoi poteri.

Motivi di opposizione

1-ll fatto non era previsto come reato. Il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri è un atto amministrativo, quindi non può limitare la libertà di movimento delle persone in quanto l’articolo 13 c. 2 e l’articolo 16 della Costituzione stabiliscono che tali limitazioni possano essere introdotte mediante la sola legge. Al tempo del fatto non sussisteva una legge che limitasse la libertà di movimento nella zona interessata. Il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri richiama una legge (l’art. 3, c. 4, d.l. 6/2020) in questo senso, ma quella legge si applicava ad altro e minore territorio -ossia i primi 11 comuni-, e il decreto, come atto amministrativo, non è idoneo ad estenderne l’applicabilità ad ulteriori territori: necessitava una legge o un decreto legge.

Pertanto l’opponente va assolto perché il fatto non era previsto come reato.

2-ll fatto non era previsto come reato. La formulazione della norma è del tutto indeterminata laddove non fornisce criteri chiari e oggettivi per sapere a priori (quindi lascia alla discrezione soggettiva dell’interprete stabilire ex postfacto) che cosa debbasi intendere per “comprovate esigenze lavorative”, “situazioni d necessità”, “motivi di salute” , in assenza dei quali sussisterebbe il reato; pertanto esso viola l’art. 7 CEDU, l’art. 25 c. 2 Cost. e gli artt. 1, 2 c. 1, 199 del Codice penale.

Riservati ulteriori motivi.

Allega: 1)copia del decreto penale

Luogo————– Data—————

Firma__________________________

P.S. Appendo un articolo dell’amico prof. M. Bonavoglia, docente di Filosofia del diritto, di critica della gestione della crisi virale da parte del Governo.

IL NUOVO CHE CI AVANZA

Nel primo mese dell’anno, dopo aver sfiorato lo scoppio di un conflitto mondiale per l’assassinio del leader islamico Qasem Soleimani da parte degli Stati Uniti d’America, tutto il mondo assiste allo scoppio dell’epidemia Covid-19 nella metropoli cinese di Wuhan.  Sulle prime il Governo Cinese nega e minimizza, fa arrestare il medico che per primo lancia l’allarme, poi procede con l’isolamento della intera regione Hubei, un territorio di 185.900 chilometri quadrati (poco più della metà dell’Italia) che conta una popolazione di circa 70 milioni di abitanti. Dai telegiornali si vedono squadre di operatori che igienizzano l’intera città di Wuhan, corrimano, lastricati, scalini, marciapiedi, e la città è deserta, nessuno  può entrare o uscire di casa e le regole sono strettissime.
Se si fosse sul ring di un incontro di pugilato, si direbbe che sta per arrivare in pieno volto del pugile un diretto telefonato. Il pugno telefonato è quello con ampio preavviso, caricato come fosse una molla, tale che l’avversario ricevente può adottare le contromisure: alzare la guardia, per esempio, prepararsi a incassarlo indietreggiando col busto e quindi smorzandone la forza propulsiva, o, ancora, schivandolo. C’è il tempo di attivare una strategia di difesa, perché il pugno non è esploso d’improvviso, magari dopo una finta di corpo, o un gioco di gambe che spiazzi l’avversario, come si dovrebbe fare in ogni incontro di pugilato degno di questo nome, quindi “ricevere la telefonata” è un vantaggio non da poco.
Questa considerazione dovrebbe bastare a silenziare tutti quelli che ancora oggi giustificano la scomposta, irresponsabile, ingenua e a tratti indegna reazione del governo italiano all’arrivo dell’epidemia presso lo Stivale. Parte dell’opposizione chiede la quarantena per gli arrivi dalla Cina, essendo terminate le vacanze invernali ed essendoci stato il capodanno cinese si chiede che i bambini sottoposti a quella misura preventiva prima  di rientrare nelle scuole. Il governo si oppone all’adozione di queste misure e dichiara che gli allarmismi sono strumentali.A contagi esplosi, quando il comune di Codogno viene chiuso e tutta la popolazione messa in quarantena,  ancora il 22 febbraio il presidente del consiglio dichiara: “Cosa vogliamo fare, vogliamo trasformare l’Italia in un lazzaretto? Non ci sono né le condizioni né vogliamo arrivarci. Gli italiani devono fidarsi”. Dunque viene detto che adottare misure di contenimento drastiche trasformerebbe l’Italia in un lazzaretto, cosa che qualifica molto negativamente quello che pochi giorni dopo verrà effettivamente fatto, salvo poi indignarsi della chiusura dei Paesi confinanti e non, nei confronti degli italiani.
Quando è chiaro che il focolaio di Codogno è già esploso in nord Italia si tenta lo scarica-barile da parte del primo ministro che dice il 24 febbraio: “C’è stata una gestione al livello di una struttura ospedaliera non del tutto propria secondo i protocolli, quelli prudenti che si raccomandano in questi casi”. Con gli ospedali al collasso, i posti di terapia intensiva insufficienti, l’infezione contratta da medici e infermieri che eroicamente non lasciano il loro posto di lavoro, quando in Italia mancano persino mascherine di protezione e disinfettanti, il primo ministro dopo aver erroneamente ignorato il pericolo imminente e averne poi minimizzato la portata, cosa fa? Accusa gli unici angeli che in silenzio lottano in trincea contro un virus sconosciuto. Qualcuno deve averglielo fatto notare, perché il giorno dopo, il 25 febbraio lo si sente dire: “Il nostro sistema sanitario è eccellente, le nostre misure di cautela sono di massimo rigore, non ha ragione di esistere una sospensione di attività produttive, attività scolastiche”. La prima parte è una piena smentita di quanto aveva detto il giorno prima, la seconda è una rassicurazione che viene a sua volta smentita pochi giorni dopo, il 4 marzo: “L’orientamento del CDM è stato quello di predisporre in via prudenziale la chiusura delle scuole e delle università”.Il giorno successivo, il 5 marzo: “E’ sotto gli occhi di tutti al livello internazionale che l’Italia si sta vivendo un’emergenza” dice il nostro presidente, e il 9 marzo: “Le nostre abitudini vanno cambiate, ci sarà l’Italia zona protetta”.
Dunque, è lazzaretto finché non si fa e zona protetta allorché si fa?Il giorno 11 marzo finalmente dice:  “Ora disponiamo anche la chiusura di tutte le attività commerciali, di vendita al dettaglio”.  Ad eccezione delle fabbriche, i cui operai lavorano in assenza di protezioni, perché le mascherine sono sempre mancanti. Già, ma perché è tanto difficile avere a disposizione ‘ste mascherine?
Prima di rispondere a questa domanda osserviamo che Zingaretti, governatore della regione Lazio anche nell’anno 2015 (governo Renzi) quando fu chiuso l’ospedale Forlanini di Roma, fiore all’occhiello della sanità italiana dedicato alle malattie polmonari e respiratorie, con migliaia di posti-letto andati in fumo per la smania dei tagli alla sanità che dagli anni Novanta ha preso piede nel nostro Paese, e pneumologi emigrati all’estero per migliori condizioni di lavoro, dopo aver apertamente contrastato la richiesta di adottare misure preventive da parte delle regioni del nord, più interessate dal fenomeno virale, tacciando sostanzialmente quell’atteggiamento di cripto-razzismo, ha contratto il virus. Questo inciso è emblematico perché immette sulla via della risposta alla mancanza di mascherine. I pronto-soccorso sono messi alla prova da diversi anni, non perché ci siano state altre epidemie simili ultimamente, bensì perché subiscono tagli. Idem per le terapie intensive.
In una logica di aziendalizzazione della sanità, la chirurgia estetica specialistica, per esempio, rende molto di più (in termini monetari evidentemente). Gli ospedali sono grandi società per azioni, le cliniche sono private, e in quanto tali, perseguono la logica del profitto.
Le formule dei vari “Cottarelli” adottate in passato, di cui fu emblematico il governo Monti, ma che nessun governo degli ultimi venti-trent’anni si è risparmiato, hanno via via smantellato il nostro sistema sanitario, che era, ma non è più da tempo, il migliore del mondo. La mancanza di mascherine protettive, la loro paradossale introvabilità, in uno dei Paesi del G7, in quello che nel 1992 era la quarta potenza industriale del mondo, dipende dalla globalizzazione. La mancanza di una politica protezionistica delle produzioni nazionali a partire da “manipulite”, con la collaborazione delle politiche europee quasi sempre decettive per l’Italia, ha portato e quotidianamente porta a delocalizzare, induce a chiudere una dopo l’altra tutte le produzioni italiane, per la concorrenza imbattibile di chi conta un miliardo e mezzo di popolazione, priva delle condizioni sindacali presenti in occidente come appunto, la Cina. E naturalmente i vicini transalpini, dopo averci orridamente offesi con messaggi di scherno, sarcastico dileggio del made in Italy e diffamazione nazionale, non si rendono solidali nel fornirci queste benedette mascherine.
L’attuale premier era improvvisamente diventato eroe nazionale per una parte politica all’indomani del discorso in parlamento contro il ministro dell’interno, che aveva tolto la fiducia al governo gialloverde. “Me l’assumo io la responsabilità”, diceva, quando suonò il requiem al governo gialloverde. Anche ultimamente, in una delle sue innumerevoli apparizioni, durante la presentazione alle telecamere dell’ennesimo decreto d’urgenza (sette in meno di venti giorni, spesso l’uno contraddicendo il precedente), Conte ha ribadito la locuzione: “Me l’assumo io la responsabilità”.
Tuttavia a ben guardare, qui, la responsabilità non se la prende mai nessuno, compreso l’ultimo governo. Cominciasse col chiedere scusa all’ospedale di Codogno, sul quale ha vilmente e miseramente cercato di scaricare la propria responsabilità, quella di aver ignorato e sottovalutato un pericolo che ci avvisava quotidianamente del suo arrivo per tutto gennaio.
Oppure, ancor di più, spiegasse quella strambata compiuta in una settimana d’agosto, tale per cui l’ormai ex-ministro dell’interno avrebbe agito senza mettere al corrente il governo dello stop alla Gregoretti e alla Open Arms, quando proprio Conte nei giorni in cui le Ong venivano bloccate, aveva dichiarato che quella non era opera di un unico ministro (e come avrebbe mai potuto, del resto?!), ma azione collegiale che egli stesso condivideva appieno. Fa così uno che si assume le responsabilità? Ma visto che cambiava tutto, alleati e governo, e quindi si passava a nuovo registro politico, dopo la caduta del ponte Morandi, quali sono state le misure per evitare nuovi crolli?
Si sono annunciate le manette per gli evasori, ribadendo a gran voce i “grandi evasori”, ma grandi quanto? Perché i giganti del web che da anni raccolgono informazioni private di ogni cittadino e le commercializzano senza darne alcuna contezza all’interessato, facendo affari da centinaia di miliardi di euro sul nostro territorio, pagano meno del tre per cento di tasse, mentre un titolare di partita-iva ora sa che rischia il carcere quando magari è diventato autonomo grazie alle meraviglie del Job’s Act?
Gentile governo giallorosso, governo di sinistra, perché non una parola sull’articolo 18 a proposito di lavoro? E’ vetusto? Roba d’altri tempi?Le due emergenze italiane maggiori sono probabilmente la sanità e la scuola. Quali le novità su questi due settori?
Uno che si prende la responsabilità e dicendolo si gonfia il petto davanti al popolo italiano, dovrebbe affrontare questi due temi una volta tanto, o no? È relativamente facile parlare a muso duro contro il leader di un partito improvvisamente inviso, allorché si siede su uno scranno mai conquistato con i voti degli elettori; più arduo mostrare autentico senso di responsabilità prendendosela con gli interessi miliardari di multinazionali o invertire la tendenza che ha da trent’anni inferto allo Stato una progressiva spoliazione dei beni pubblici, per fare solo due dei numerosi esempi. Ancor più se si deve la propria carriera politica, tanto improvvisa quanto improvvisata, al ruolo di parte terza e neutrale tra le due forze politiche che componevano il governo dei populisti, e per farlo sembrare vero si dà del voi al partito cinque stelle, quando tutti abbiamo visto le esultanze con i vertici del partito M5S la notte del 4 marzo 2018, con gli abbracci a Di Maio e reciproche pacche sulla spalla. Per non parlare della torbida e mai spiegata vicenda che sta dietro al “Giuseppi”, ovvero la servile sudditanza nei confronti dello zio Sam che da sempre ha contraddistinto la destra, il centro e la sinistra, nelle loro compagini maggiori, ossia centrodestra e centrosinistra. Sudditanza yankee alla quale va aggiunta quella europea. Si diceva che l’errore del governo dei populisti era stato di alzare la voce in Unione Europea e nei confronti della BCE.
L’altro ieri grazie ad una battuta, che chiarisce quanto poco interessi alla nuova governatrice della banca centrale europea se l’Italia affonda nello spread rispetto alla Germania, abbiamo vissuto il giorno peggiore della storia repubblicana in borsa, al punto che anche quella figura spenta del presidente della Repubblica si è destata dal sonno ipnotico ultraeuropeista che la aveva indotta a rifiutare Savona al ministero dell’economia solo perché cinque anni prima aveva scritto un libro critico sull’euro (alla faccia della democrazia!) e, piuttosto che cedere, era disposta a nominare un governo tecnico capeggiato da mister mani-di-forbice Cottarelli.
Un’osservazione ancora. Si dice che il coronavirus era imprevedibile ed ha colto impreparati tutti, a cominciare dal governo. La Germania, comunque vada, soffrirà meno questa epidemia di noi, perché ha più del triplo dei reparti di terapia intensiva dell’Italia… più del triplo. Non è solo una quesitone di stanze, posti-letto, ventilatori, ma di personale specializzato, si possono comprare centinaia e persino migliaia di ventilatori in (relativamente) poco tempo, ma gli immunologi non si formano in poche settimane, così i virologi, pneumologi, anestesisti e personale infermieristico specializzato compreso. È per questo che in Germania (e siamo felici per loro) avranno meno decessi dell’Italia, lassù si è investito in passato e si investe ora, visto che ieri  Venerdì 13 marzo la Merkel annuncia di stanziare 550 miliardi per la sua gente, famiglie e imprese, con 3156 casi di contagi rilevati, e sette morti in tutto, il nostro “coraggioso responsabile” per l’Italia, che oggi conta 17.660 casi di contagio rilevati e 1.266 morti è passato da 3,5 miliardi a 7 miliardi, dopo colloquio con le opposizioni rivisto a 25 miliardi, di cui disponibili forse 12, non si capisce nulla insomma.Forse l’anno bellissimo (come aveva chiamato Conte il 2019) è davvero finito, e serve qualcuno che sappia condurre  il Paese attraverso acque tempestose. 
Sabato 14 mar 2020 alle 15.03.2020 <[email protected]>

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1 risposta a AUTODIFESA DELLA LIBERTA’ DI SPOSTAMENTO

  1. Giancarlo Matta scrive:

    In effetti : il “DPCM è illegittimo” = siccome esso “Decreto Presidente Consiglio Ministri” = DPCM è un atto amministrativo che non ha forza di Legge e che, come i Decreti Ministeriali, ha carattere di fonte normativa secondaria e serve per dare attuazione a norme o varare regolamenti. Di certo NON può limitare diritti costituzionalmente garantiti (= la libertà di spostamento per coloro che non siano sottoposti a misure restrittive personali derivate da specifici procedimenti giudiziari),
    pertanto la conclusione è ovvia.
    In merito allo scritto del professor M. Bonavoglia (ringrazio il Titolare di questo Sito per averlo pubblicato), a parte le zoppicature lessicali, esso rafforza -se ancora ne occorressero argomentazioni- la convinzione che la maledetta “u-e” sia una colossale frode della quale l’Italia è vittima.

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