DA CIAMPI AL MES
DA CIAMPI AL MES
Con particolare piacere presento un nuovo articolo del prof. Massimiliano Bonavoglia, che illustra con notevole competenza tecnica e dovizia di dati uno dei meccanismi più subdoli e pericolosi della costruzione europea: il MES, al quale, quando fu istituito, dedicai ampia trattazione nel mio saggio Cimit€uro (Arianna Editrice), evidenziando come era congegnato non per la stabilità monetaria, ma per trasformare i paesi euro-deboli in colonie germaniche da cui estrarre ricchezza reale e lavoro schiavistico, sul modello dei Lager, in cambio di un credito appena sufficiente per sopravvivere.
Il 9 Dicembre, due giorni fa, i mass media e le istituzioni hanno coralmente celebrato il centenario della nascita di Carlo Azeglio Ciampi, già Governatore di Banca d’Italia, già premier, già superministro dell’Economia, già Capo dello Stato. Lo hanno celebrato in modo totalmente acritico, agiografico, in termini di pura esaltazione: difensore della Lira, valorizzatore della Patria, padre dell’Euro. In realtà Ciampi, un laureato in lettere che aveva scalato BdI per via principalmente sindacale, è stato uno dei personaggi più calamitosi per l’Italia, di tutta la storia repubblicana, in termini sia socioeconomici, che di perdita di libertà e dignità nazionali.
Cito solo quattro imprese di Ciampi:
Nel 1980, assieme ad Andreatta, avviò il c.d. divorzio della Banca d’Italia dal Ministero del Tesoro – cioè consegnò la banca centrale nazionale a una gestione praticamente privata, che, assieme a nuove regole per le aste dei titoli pubblici, portò rapidamente al raddoppio del debito pubblico italiano.
Il 2 Giugno 1992, con Andreatta, Draghi, i presidenti delle grandi aziende pubbliche, partecipò a bordo del panfilo Britannia, assieme ai rappresentanti della grande finanza speculativa mondiale, a incontri in cui fu deciso il successivo corso economico (e non solo dell’Italia), incominciando dalle privatizzazioni che furono rese necessarie da quanto segue.
Nell’estate del 1992, con Amato premier, la BdI da lui ‘governata’ bruciò inutilmente 70.000 miliardi di lire per ritardare l’inevitabile svalutazione del 30% della Lira sulle monete forti europee, consentendo ai soliti fortunati di cambiare le loro Lire in Marchi a un cambio favorevole, e così di lucrare circa 30.000 miliardi.
In seguito, nonostante che insigni economisti e precedenti storici avvertissero della dannosità e insostenibilità di una moneta comune o parità di cambi, volle fortissimamente l’Italia nell’Euro, fino a imporre la sua ammissione benché non avesse i requisiti prescritti; ne conseguì da una parte un’impennata della spesa pubblica improduttiva, e poi la deindustrializzazione e la perdita di competitività del Paese a beneficio soprattutto della Germania, dell’Olanda e della Francia. E’ là che si doveva celebrare il centenario della sua nascita.
11.12.2020 Marco Della Luna
PER UN PUGNO DI POLTRONE
(I segreti inconfessabili del MES)
di Massimiliano Bonavoglia
L’esposizione della più grande banca tedesca, la Deutsche Bank, su prodotti derivati era nel 2015 di 54,7 trilioni di euro, 5,7 volte rispetto all’intero PIL europeo, che allora contava ancora la Gran Bretagna. (https://www.adusbef.it/comunicati-stampa/deutsche-bank-l-esposizione-in-derivati-per-547-trilioni-di-euro-20#:~:text=L%E2%80%99esposizione%20in%20derivati%20di%20Deutsche%20Bank%2C%20la%20stessa,distruzione%20di%2032%20milioni%20di%20posti%20di%20lavoro)
I derivati non sono azioni o obbligazioni, ossia investimenti su titoli societari o di Stato, ma prodotti finanziari che derivano, appunto, i propri dividendi dal valore di un bene reale, oppure da una attività finanziaria. I derivati dunque dipendono dall’andamento di altre attività o beni, e in quanto tali vengono considerati al pari di scommesse del gioco d’azzardo. Ciò che impressiona sono le dimensioni della massa monetaria che spostano e polverizzano, allorché esplodono come nella crisi finanziaria del 2008, e naturalmente le conseguenze sociali che producono (come la cancellazione di 32 milioni di posti di lavoro in quell’anno). La riforma del MES, il meccanismo europeo di stabilità, consegnerebbe al fondo la possibilità senza diritto di replica per l’Italia, di salvare banche come la Deutsche Bank, imponendo misure di rigore e persino il commissariamento preventivo all’Italia, le cui banche sono in ottima salute rispetto a quelle tedesche. Già, perché sempre nel 2015: “Nella classifica delle banche in Europa, la Finlandia si colloca al primo posto con in pancia il 20,7% dei derivati (…) segue il Regno Unito (20,4%), la Germania (20%) e la Francia (13,9%). L’Italia ha il 5,3% meno della metà rispetto alla media dell’Unione Europea(12,9%)” (https://quifinanza.it/soldi/le-banche-europee-e-la-mappa-dei-derivati/76468/ ).
L’Italia nel 2015 si colloca a meno della metà della media UE in termini di esposizione sui derivati, è giusto quindi che si bilanci questa fastidiosa condizione prima del crack, in modo che non si addossino le colpe di una imminente deflagrazione ai virtuosi teutonici. Come? Con la riforma del MES. Questo fondo, è bene ricordarlo, non è pubblico, non risponde alle istituzioni politiche nazionali o internazionali europee, non risponde nemmeno alla BCE, ma è stato creato dal TFUE (Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea) del 2012 per una volontà protettiva dell’eurozona rispetto alla crisi scoppiata nel 2008. Tutti ricordiamo le parole di Draghi, allora presidente della BCE : «whatever it takes to preserve the euro. And believe me, it will be enough» (faremo qualunque cosa per salvare l’euro. E credetemi, sarà abbastanza). Già, per salvare l’euro, non i popoli europei e le loro istituzioni democratiche. Fu creato il fondo come organizzazione finanziaria internazionale che presta soldi non suoi, e nemmeno creati dalla BCE, bensì prelevati dagli Stati che lo hanno sottoscritto, i quali non sono in regime di parità ma vengono impegnati alla partecipazione in modi, termini, emolumenti, e scadenze differenti tra di loro, con procedure ancor più diverse da Stato a Stato. Va detto che ciò è un pochetto anticostituzionale, rispetto all’articolo 11, che dice: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni [sottolineatura nostra] (…)”. Decidere che l’Italia debba pagare 60 miliardi di euro al MES, per esempio, con una procedura che rende il finanziamento del MES insindacabile persino per il parlamento italiano, ma non per quello tedesco, vìola il principio di parità con le altre Nazioni previsto dalla costituzione italiana. Per non parlare della pace e della giustizia tra le Nazioni voluta dalla costituzione, e la svendita dei porti e asset nazionali greci a colossi tedeschi, che tutto sembra tranne la realizzazione di quei valori. Quando il nuovo governatore della BCE Christine Lagarde pronuncia in piena crisi sanitaria (ancora solo italiana) nel marzo del 2020 le fatidiche parole: “Non siamo qui per chiudere gli spread. Questa non è la funzione o la missione della BCE. Ci sono altri strumenti e altri attori per gestire queste questioni” brucia 130 miliardi in borsa (italiana) senza mai chiedere scusa. La botta contro il nostro Paese è così violenta che intervengono il Copasir e i servizi segreti italiani per identificare eventuali speculazioni che permettono in occasioni come queste facili guadagni
Ma la vera domanda è: quali sarebbero questi altri strumenti e altri attori che devono gestire gli spread? La risposta oggi sembra più chiara: il MES.
L’ennesimo tradimento dei propri elettori compiuto dal partito che avrebbe dovuto aprire il parlamento come una scatoletta di tonno, e invece ora l’ha relegato al ruolo di spettatore delle dirette tv e social del presidente del consiglio, il quale per i poteri autoconferiti, legifera come un dittatore sudamericano [si dirà che il paragone è ingeneroso, e riconosciamo le differenze: i dittatori sudamericani sono senz’altro più sanguinari, ma anche più coerenti, più onesti, meno trasformisti], riguarda proprio il proclamato smantellamento del MES. L’intento era buono, perché il MES è irriformabile, se per riforma si intende la rimozione delle rigorose condizionalità previste dal TFUE, a meno che invece, non si intenda renderlo persino più caustico, cosa che sta avvenendo. Ma siccome anche qui c’è in gioco la fiducia al governo, quindi le poltrone, e ormai da molti mesi tira una brutta aria elettorale per i grillini, ne salterebbero parecchie in caso di elezioni, quindi anche questo boccone, l’ennesimo, va buttato giù senza fiatare. Il MES riformato mantiene la segretezza delle riunioni dei propri componenti che decidono le politiche interne, comprese le scelte di investimenti nella sanità dei Paesi che ricevono i prestiti (di denaro da loro stessi precedentemente versato), da restituire a interesse. Nei protocolli di intesa rimangono gli obiettivi ben noti ai greci di riduzione dei salari e taglio delle pensioni (https://www.lidiaundiemi.it/2020/12/07/riforma-mes-rischio-commissariamenti-preventivi-ideologia-neoliberista-incontrastata/: “Il Mes è stato creato per garantire la “stabilità finanziaria della zona euro”, da raggiungere mediante programmi di aggiustamento macroeconomico (art. 16, comma 2 del Trattato Mes) dei paesi richiedenti (leggasi austerità). Si tratta tra l’altro di una funzione che viene assolutamente rafforzata con la riforma del Mes, nello specifico nella parte in cui si ampliano le possibilità del Mes di potere incidere sull’agenda politica dei paesi che ne fanno parte con impegni preventivi” ci dice Lidia Undiemi.
Si vis pacem para bellum, questi signori (investitori che perseguono la logica del profitto) possono attuare impegni preventivi contro gli Stati cui prestano soldi.
Un’ultima considerazione. Si parla ultimamente anche del Recovery Fund, che sarebbe bloccato da Stati sovranisti quali Polonia e Ungheria perché non accettano che con l’accesso a quei fondi sia imposto il rispetto dei diritti civili o ancor meglio, dei criteri dello Stato di Diritto. Problema: chi decide quali siano i parametri per stabilire se uno Stato europeo rispetta o no i diritti civili ed è per tanto uno Stato di Diritto? È persuasione dello scrivente che un giurista ben formato e in condizioni di assenza di conflitto di interessi, non avrebbe dubbi nello stabilire che l’Unione Europea per come è strutturata, è una gigantesca e persino mostruosa violazione dei diritti civili e dello Stato di Diritto, anzi, così come è realizzata, essa stessa mira alla distruzione delle fondamenta dello Stato di Diritto, basti pensare a quanto i trattati europei più importanti siano in netto contrasto con i dettami della nostra Costituzione. Se avessero notato queste storture, i vertici delle istituzioni europee, non si sarebbero mai messi contro i diritti dei popoli europei, non avvalorerebbero tuttora risoluzioni che condannano interi popoli a pagare con il proprio sangue le decisioni prese da oscuri burocrati, privi di coscienza civile e grondanti interessi finanziari in favore della grande speculazione. La definizione che hanno ai vertici UE di Stato di Diritto è opposta a quella di Montesquieu, perché sostituisce la separazione dei poteri con la cessione dei poteri, e quindi il superamento della democrazia.
(Massimiliano Bonavoglia, docente di filosofia del diritto e geostrategia)