SPERARE NELL’INCONSCIO: l’attualità di C.G. Jung

SPERARE NELL’INCONSCIO:

L’ATTUALITA’ DI C.G. JUNG:

Il carattere dominante della presente situazione storica rende acutamente attuale il pensiero di Carl Gustav Jung, psichiatra, psicologo e antropologo svizzero (1875-1961), soprattutto in tema di inconscio collettivo e di processi archetipici.

Oggi, e in proiezione futura, la situazione vede il consolidarsi, l’imporsi e l’estendersi, dentro e fuori dell’essere umano, in tutti i settori della vita, della politica, della cultura, nella scienza, nella medicina, dell’economia, partendo da quello della finanza, un sistema tecnocratico e verticistico di potere che appare monolitico, senza brecce e irresistibile nel suo trasformare la società in un’azienda supertecnologica, superrazionale, super controllante, e gli uomini di tutte le etnie e religioni in persone-merce standardizzate, seriali, allineate, appiattite, prive di radici, di inconscio, di spessore storico, di spontaneità e imprevedibilità, a vantaggio della loro governabilità. Le incessanti ondate emergenziali, dai crolli di borsa al terrorismo alle pandemie, apportano legittimazione e consenso a questo progetto sostanzialmente illuminista e massonico, che pare irreversibile anche perché non si vede una forza al mondo capace di opporsi o sostituirsi ad esso efficacemente.

Nel passato storico vi sono invero state epoche di buio, di decadenza civile, culturale, antropologica; ma mai, come invece oggi, si è vista, su scala di industria globale, un’attiva produzione dell’oscuramento e del degrado e del declino umano, attraverso la somministrazione di massa di modelli, svaghi, cibi, droghe e farmaci corrompenti e rimbecillenti, dall’infanzia in poi. Degrado e declino che si riscontrano anche nel calo, scientificamente accertato e misurato, delle capacità cognitive della popolazione generale nelle generazioni che sono cresciute nella massiva esposizione al piccolo schermo: televisione, pc, playstation, cellulari, i quali esercitano persino un effetto negativo sullo sviluppo neurofisiologico, a detrimento delle capacità attentive, mnemoniche, logiche e dialogiche.

Jung, oltre cent’anni fa[i], aveva compreso, dalle sue osservazioni dapprima in alcuni suoi pazienti, poi in ambito sociale e storico, che oltre all’inconscio individuale, ne esiste uno collettivo; e che ricorrentemente la psiche, sia quella individuale che quella collettiva, tende a fissarsi e irrigidirsi unilateralmente su certune o cert’altre modalità o progetti o ideali, il che produce disagio, disfunzioni, talora malattia, sintomi, o anche distruzioni su larga scala, perché ogni irrigidimento, ogni unilateralità che esclude l’alterità e la variazione, è contraria alla vita, soprattutto alla vita psichica, la quale procede come un flusso energetico, un processo strutturante, secondo Jung finalisticamente orientato allo sviluppo, all’individuazione, all’ampliamento e arricchimento della vita cosciente e dei suoi rapporti con l’inconscio, attraverso una graduale integrazione di elementi inconsci in un io che si struttura, crisi dopo crisi, a livelli sempre più ampi, integrando nuovi contenuti attivi: il processo di individuazione.

Ai predetti blocchi, questo flusso, questo processo, che scaturisce dalle profondità dell’inconscio collettivo reagisce, prima o poi, dischiudendo a forza una via nuova, attraverso l’erompere nella vita individuale o sociale di grandi e impreveduti ideali, valori, soprattutto religiosi e politici, dotati di una potente vitalità, di una fortissima presa suggestiva e propositiva. La loro potenza, sia sui singoli che sul corpo sociale, è data dalla loro capacità di dare una risposta psichicamente ed emotivamente funzionante (non parliamo di validità logico-teoretica) ai dubbi, alle angosce, ai conflitti insiti nell’uomo. Angoscia di fronte alla morte, alla mancanza di valore e di scopo della propria esistenza, alla solitudine, alla minaccia del futuro, alla labilità e al fallimento dei valori, all’orrore del vuoto che ci aspetta. Periodicamente, in risposta a tale disagio, e prevenzione dei suoi effetti distruttivi sulla vita, dagli strati o dai nuclei più profondi della psiche emergono nuovi miti e nuove religioni: forme, immagini archetipiche, concezioni cosmiche, che danno una risposta forte, forte emotivamente e progettualmente prima ancora che esplicativamente, cioè come teorie-del-tutto. Metafisiche popolari, le chiamava, riduttivamente, Arthur Schopenhauer, alludendo al fatto che solo pochi sono capaci di metafisica razionale – però, di fatto, anch’egli elabora un’avvincente teoria cosmica e proposta soteriologica di quel tipo, radicata nelle concezioni e nelle prassi indovediche e buddistiche! In effetti, le religioni, i vissuti spirituali, come esperienza e non come dottrina, servono alla crescita sana della persona e del corpo sociale, e a prevenirne l’implosione.

Oggi ci troviamo in una stagnazione globale nel senso anzidetto. Il blocco caratterizzante la presente fase storica è di tipo radicalmente razionalista-illuminista, utilitarista, universalista, relativista, mercificante, destoricizzante, denazionalizzante, deindividualizzante, desacralizzante. Una possibile reazione compensativa da parte dell’inconscio collettivo sarà presumibilmente, pertanto, di segno opposto, energicamente spirituale, radicata nella storia, e insieme fortemente politica. Dovrà avere natura tale da vincere o trascendere una grave difficoltà: ai nostri giorni vi è una sovrabbondanza numerica di miti/religioni/valori compresenti e concorrenti, una loro inflazione numerica che li relativizza e desacralizza (castra); mentre un mito cosmico, una religione, per funzionare in un dato ambito (e oggi l’ambito sui cui dovrebbe agire è perlomeno continentale), deve essere sentita come o unica oppure almeno superiore a tutte le altre. Condizione, questa, che pare irrealizzabile in uno scenario come quello presente, non solo per la compresenza ‘democratica’ di molte ‘religioni’ in concorrenza e per la conseguente relativizzazione e banalizzazione di ciascuna, non solo per la ulteriore concorrenza esercitata contro la religiosità dalla sempre più potente tecnologia e dal pure potente, antireligioso materialismo dei consumi e dei piaceri, ma anche per la convivenza, entro molti paesi soprattutto del ‘primo mondo’, di molti e diversi popoli con disparate mentalità e disparati livelli di evoluzione-involuzione mentale, di talché è ben difficile che un’unica ‘religione’ faccia presa su intere popolazioni.

Che succederà, allora, se l’inconscio collettivo non riuscirà ad esprimere una nuova ‘religione’ che sia efficace per i nostri tempi? A occhio e croce, direi che esso  dovrà aspettare, per poter agire, che lo scenario attuale venga radicalmente mutato da un abissale degrado planetario, magari indotto da qualche evento catastrofico (come una guerra mondiale), cui lo stesso inconscio potrebbe anche spingerci, sentendolo come male minore, onde si ricreino condizioni adatte per la ‘re-ligio’. Oppure, la psiche collettiva dovrà non più limitarsi a ispirare i cuori, ma agire direttamente e in proprio sul mondo; ossia la risposta efficace per sbloccare la situazione dovrà scaturire da un livello ancora più profondo di quello degli archetipi, matrice delle religioni – dal livello che Jung, nelle sue ricerche e teorizzazioni più avanzate e talora tacciate di esoterismo, ravvisa in certi eventi-ponte tra lo psichico e il fisico: le correlazioni non causali (sincronicità) e i fatti detti ‘paranormali’, in cui si esprime la continuità ontologica tra il mentale e il materiale. Fatti che odiernamente molta scienza accademica non ignora né snobba più, né separa dalla ricerca sperimentale: abbiamo fior di ricercatori e di letteratura sperimentale[ii] che li studiano, partendo dall’osservazione che fatti oggettivi, incompatibili con i paradigmi scientifici vigenti non vanno scartati o declassati a curiosità, bensì, al pari di tutti i dati empirici, essere riconosciuti come confutazione e superamento di quei medesimi paradigmi (nella fattispecie, di quelli del naturalismo o realismo dualista). In questa prospettiva, potremo aspettarci di tutto, a cominciare da una grande teofania, come quella preconizzata dai veggenti di Međugorje, seguita da una marea di rinsavimento o impazzimento delle masse.

Ma ovviamente può ben essere che la psiche collettiva sia stata ormai messa fuori gioco dalle contemporanee trasformazioni tecnologiche e antropologiche, che essa abbia esaurito le sue cartucce, che Big Tech, Big Bank e Big Gates l’abbiano schiacciata, e possano pertanto proseguire nell’esecuzione di un’agenda in parte già dichiarata, e che nel 2010 anticipavo nel mio Oligarchia per popoli superflui:

-rendere le masse dipendenti e sorvegliate in tutto e per tutto dal codice QR controllato da istituzioni a loro volta in mano dei grandi finanzieri che finanziano i governi;

-privarle gradualmente del reddito, dei risparmi, delle prospettive di sviluppo e miglioramento e sicurezza, in modo da deprimerle e renderle più docili in tutti i sensi;

-privarle delle difese immunitarie naturali, onde costringerle a spendere il loro reddito disponibile in medicine, che hanno un basso costo energetico e in materie prime, anziché usarlo per consumi ad altro impatto ecologico e ad alto assorbimento di materie prime (sostituendo così un consumismo eco-sostenibile di farmaci a uno eco-insostenibile di automobili etc.): il consumismo alimentato dalla paura della malattia sostituisca quello alimentato dalla brama di lussi e piaceri;

-portarle, crisi dopo crisi, a condizione zootecnica in modo di averne il controllo totale e poterle ridurre quantitativamente, in modo pacifico, a quanto la Terra ne può sostentare o a quanto di esse serve a coloro che detengono il potere.

04.03.22 Marco Della Luna


[i] Jung mosse i primi passi in questo senso nel suo saggio del 1912 Psicologia dell’inconscio (poi: Simboli della trasformazione), per continuare, fino alla sua morte avvenuta nel 1961, con L’uomo in cerca della sua anima, L’io e l’inconscio, Psicologia e alchimia, Aion, Mysterium conjunctionis e la sua autobiografia  Ricordi, sogni e riflessioni, testo che consiglio a chi voglia rapidamente farsi un’idea complessiva della sua opera.

[ii] Vedi per es. The irreducible Mind: Toward a Psychology for the 21st Century di: Grosso, Michael, Kelly, Edward F. Kelly e altri, 2009.

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