LETTA, L’ESULTANZA, LA REALTA’

LETTA, L’ESULTANZA, LA REALTA’

Le vittorie di Letta sono quantitativamente insignificanti e servono a non parlare dei vizi strutturali macroeconomici dell’Eurosistema

Letta esulta. Dal potere europeo ha ottenuto dall’Unione Europea 1,5 miliardi la settimana scorsa, spendibili in 2 anni dal prossimo gennaio; e ieri altri 7 miliardi in cofinanziamento, cioè 3,5 messi dall’Italia e 3,5 messi dall’UE, però con soldi dei contributi italiani, grazie a una deroga al plafond del 3% di disavanzo pubblico. Sostanzialmente si tratta, quindi In tutto, cioè, per il 2014, dell’autorizzazione a spendere soldi quasi tutti nostri per un importo di circa 7,75 miliardi, pari a meno dell’1% della spesa pubblica complessiva, a meno dello 0,5% del pil, a meno del 50% da meno del 20% di quanto l’Italia ha versato nel MES, a meno del 3% dei capitali italiani fuggiti all’estero sotto l’azione del governo Monti,  a circa lo 0,7% della svalutazione del patrimonio immobiliare nazionale durante governo Monti, a circa il 25% del calo del pil previsto per quest’anno. Questi 7,75 miliardi per il settore produttivo sono ancor più risibili in confronto ai 2.000 che la BCE ha creato per le banche recentemente (zero miliardi per l’economia reale), agli 85 (miliardi di dollari) che la Fed immette ogni mese nel settore finanziario, ai 16.000 che creò tra il 2007 e il 2011 per puntellare le banche di tutto il mondo. Perché si danno migliaia di miliardi senza problemi, senza timore di scatenare l’inflazione, alle banche per la speculazione finanziaria,mentre al settore produttivo si lesina il diritto di investire i suoi stessi soldi?

Ma Letta esulta e nei sondaggi cresce: l’impatto psicologico è soggettivo e non risponde ai numeri oggettivi. E opera sull’immediato, non tenendo conto delle scadenze di autunno: ammortizzatori sociali, F35, iva, imu, ondata di licenziamenti, legge di bilancio, etc. Né del fatto che, in Italia, ogni 20 minuti fallisce un’impresa e che nel 2012 gli investimenti stranieri sono crollati del 70% – evidentemente, all’estero è chiaro che la barca sta affondando.

 Altro dato socio-psicologico: governo e mass media codificano simili successi in questi termini: siamo stati obbedienti al modello economico-finanziario dominante  e alla conseguenti prescrizioni dell’Autorità, quindi il potere effettivo ci premia permettendoci di spendere di più (dei nostri soldi) e dandoci da spendere un po’ di soldi suoi (una piccola parte quelli che le avevamo versato noi). Una visione, quindi, paternalistica, infantile, nella quale vi è appunto un’Autorità per sua natura detentrice della ragione e del potere, della legittimazione, che ci insegna come funziona l’economia, che ci dice come dobbiamo fare, che ci punisce se non obbediamo, che ci premia se obbediamo (compiti a casa) – peraltro  il premio consiste nel lasciarsi usare i soldi nostri o nel renderci un po’ di quelli che le abbiamo dati. In questa visione, di tipo autoritario, paternalistico, antiscientifico e dogmatico, non è previsto che si verifichi se il modello economico-finanziario adottato sia stato confermato oppure confutato dai fatti e se e le ricette prescritte abbiano avuto gli effetti promessi oppure siano state smentite. Quello che conta è il rapporto di approvazione-disapprovazione con l’Autorità, non di successo-insuccesso con la realtà.

La visione scientifica e laica è opposta: non esiste alcuna Autorità a priori (al di sopra dei fatti); invece si mettono a confronto i diversi modelli economico-finanziari delle diverse scuole, e si controlla, nel breve, medio e lungo periodo, le conferme e le smentite che i dati di fatto hanno dato a ciascun modello. Al medesimo modo,  si prende il sistema finanziario adottato nell’Eurozona con le sue regole e policies, e si controlla che effetti ha avuto nella realtà sui vari paesi e sui vari comparti, in termini di andamento e tendenza del pil, del debito, di occupazione, di domanda, di investimenti, di bilance commerciali, di convergenza tra i sistemi-paese, di prevenzione delle crisi, di stabilizzazione dello sviluppo, etc.; e si accerta se e quanto funziona, chi avvantaggi, chi svantaggia, se è sostenibile, etc. Se non ha funzionato, se ha causato danni, tendenze nocive, maggiori divergenze, allora obbedirgli è stupido, va cambiato o abbandonato perché è sbagliato.

L’adozione dell’Eurosistema, ossia di un sistema di cambi fissi tra i paesi aderenti, mantenendo separati i loro debiti pubblici e stabilendo che questi dovessero essere finanziati sui mercati speculativi globali, territorio di caccia di pochi grandi gruppi privati sovranazionali, che li manipolano, poneva un problema ovvio e gigantesco: come compensare gli sbilanci delle partite correnti tra i paesi membri, dato che i meno efficienti avrebbero importato di più ed esportato di meno, finendo per indebitarsi verso quelli più efficienti, cioè finendo per dover pagare loro flussi di interessi notevoli,  il che avrebbe peggiorato ulteriormente la loro efficienza e competitività, in un avvitamento letale – che è ciò che stiamo vivendo in Italia. Oltre al fatto che i paesi debitori non hanno potere negoziale, il quale invece si concentra in mano ai paesi creditori, dando così a questi l’egemonia sulle strutture comuni e il modo di usarle sempre più nel proprio interesse a spese dei paesi debitori.

Nella federazione nordamericana, cioè negli USA, questo problema è stato risolto grazie a un unico bilancio federale, a un debito pubblico unico e comune di tutti gli Stati federati, e a un’autorità centrale che trasferisce gli attivi, gli avanzi, del commercio intestate dagli Stati in attivo a quelli in passivo, attraverso la spesa pubblica, e impedisce il default dei singoli Stati.

In Europa ciò è mancato, non è stato fatto, ed è il più importante dei difetti, la causa primaria del malandare. E ovviamente non se ne parla all’opinione pubblica. E non si fa nulla per  correggerlo nelle sedi europee. Letta esulta, ma non dice che, sul piano macro, non vi è stata, per compensare gli squilibri delle partite correnti entro l’eurozona, l’ammissione dell’interdipendenza organica tra gli euro-paesi con  l’istituzione di un euro ministero federale delle finanze che compensasse gli squilibri imponendo ai paesi con notevole e strutturale avanzo di reinvestirlo, in parte, nei paesi con disavanzo, e di neutralizzarlo, in parte, mediante l’aumento della domanda interna.  Vi è stata, invece, la diabolica scelta  – diabolica perché divisiva, contrapponente – da parte della Commissione europea, di stabilire che sono accettabili (e non si deve intervenire) disavanzi delle partite correnti  fino al 4%, ma surplus fino al 6%! Così la Germania è stata in reagola mentre, anno dopo anno, comprimendo i salari e la spesa pubblica, accumulava avanzi su avanzi, crediti su crediti, negli scambi intra-euro, con pari accumularsi di disavanzi e debiti e maggiori interessi passivi a crico dei paesi periferici, fino agli attuali scompensi critici.

In Europa vi è stata, conseguentemente al rifiuto di riconoscere l’interdipendenza economico-finanziaria, l’imposizione del principio “ciascuno per sé faccia i compiti a casa”, ossia che chi è in disavanzo di partite correnti debba e possa pareggiare (procurarsi denaro) solo offrendo alti tassi e tagliando i salari per competere nelle esportazioni, mentre i paesi già competitivi aumentano la loro competitività grazie all’afflusso dei capitali in fuga  dal fisco e dall’instabilità e dalla recessione dei paesi deboli, e al conseguente minor costo del denaro .  E ciò ha diminuito e sta diminuendo sempre più la competitività del sistema-paese Italia, perché genera una spirale negativa, implosiva,  di tassi-tasse-tagli-decrescita-deflusso dei capitali-demonetazione-credit crunch-insolvenze.  Mentre aumenta l’indebitamento dell’Italia e degli altri paesi periferici verso i paesi euroforti.  Nonché l’emigrazione nella medesima direzione oltre che verso altri paesi extra-euro che si difendono grazie al mantenimento di una certa autosufficienza monetaria, come Regno Unito, USA, Giappone, Cina.

E di questo perverso meccanismo macro BCE, Commissione, FMI.  il governo e i partiti non vogliono proprio parlare né che si parli. Il fatto che il governone Letta non apra questa discussione, che è quella che conta, in sede europea, ma si accontenti di più flessibilità e di qualche premio di buona condotta da parte dell’Autorità europea, lo palesa quale inutile arca di Noè della partitocrazia parassitaria la quale, pur essendo causa essenziale del male nazionale, continua a millantarsi, all’interno, come soluzione di quel male per non mollare colli e poltrone. E a offrirsi, all’esterno, come garante degli interessi del capitalismo straniero sul nostro paese.

04.07.13 Marco Della Luna

 

 

 

 

 

 

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9 risposte a LETTA, L’ESULTANZA, LA REALTA’

  1. Michele Brunati scrive:

    Sono d’accordo sull’analisi (cieca sudditanza all’Autorità costituita senza alcuna verifica con la realtà), ma sono contrario alla soluzione “americana” proposta.
    Se dovessimo costituire un debito pubblico unico europeo e le relative compensazioni tra gli stati meno spendaccioni e quelli del “club med”, questi ultimi non avrebbero nessun incentivo a gestire meglio i bilanci. Non lo fanno adesso che sono separati, figuriamoci quale stimolo potranno mai avere ad essere virtuosi qualora la loro mala gestione venisse diluita con quella di tutti gli altri!
    E poi non è detto che il sistema americano funzioni bene. Basta guardare il loro debito pubblico federale (17mila-miliardi di $) e confrontare la sua ripartizione per ciascun cittadino ($53.000=Eu40.000), con il debito pro capite che abbiamo qui nel Belpaese (Eu 33.500) per renderci conto che anche gli States, de facto, sono in bancarotta.

    Cordialmente,

    Michele Brunati

    P.S.
    Per chi volesse conoscere la mia opinione sull’attuale crisi economica (ed anche come uscirne senza cadere dalla padella alla brace) consiglio una visita al sito: http://lespediente.blogspot.it

  2. Pingback: un,dos,tres,un pasito bailante by mototopo - Pagina 177 - I Forum di Investireoggi

  3. ahfesa scrive:

    Purtroppo la materia non é più di rilevanza economica o di politica economica come appunto i governanti pro tempore a Roma ed a Bruxelles vogliono farci credere.
    In gioco ci sono semplicemente i rapporti forza tra le nazioni, che oramai hanno fatto definitivamente scomparire l`equità ed il reciproco rispetto nelle relazioni internazionali. L`imposizione del più forte fa premio in spregio al diritto ed anche al buon senso. E ciò inevitabilmente porta i vari popoli allo scontro, voluto da capi autocratici e pagato da chi tutto ciò non vuole, ma non ha il coraggio di opporsi.
    Difatti l`UE con i suoi addentellati perversi quali BCE e meccanismi e veicoli vari non é altro che una macchina coercitiva a favore della Germania (& satelliti) e contro le nazioni del sud europa oramai divenute vassalle e sfruttate come colonie.
    Altro che festeggiare il 150 dell`indipendenza (dopo 400 anni di depredazione straniera, scusate se é poco), oggi siamo ritornati al punto di partenza. I capi veri sempre parlano tedesco, solo il prussiano e non il più dolce austriaco. Ma sempre padroni sono. Tanto che chiunque “comandi” a Roma prima di far pipì deve chiedere permesso a Berlino per la strategia generale ed a Bruxelles per le decisioni tattiche operative.
    Tanto che persino quelli che aspirano a diventare i “capi” da noi devono passare prima a Berlino a presentarsi con deferente umiltà ed in caso di gradimento a prender ordini, ancor prima di entrare in carica. Palese dimostrazione della morte della nostra democrazia e della fine delle nostre libertà civili. E poichè siamo dei pecoroni che facciamo finta di non vedere e non capire temo ci aspettino molti lustri di cotale e sempre più dura ed umiliante sudditanza.

  4. Leola Zamora scrive:

    Bruxelles, 9 dic. (Adnkronos/Aki) – I 27 paesi Ue hanno registrato nel terzo trimestre del 2011 un deficit delle partite correnti pari a 17,2 miliardi di euro, rispetto a un deficit di 18,1 miliardi di un anno prima. Sono i dati provvisori diffusi da Eurostat, l’Ufficio statistico dell’Unione europea.

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