ART. 117: ITALIA SOTTOMESSA A BERLINO

ART. 117: ITALIA SOTTOMESSA A BERLINO

La Riforma costituzionale viola l’art. 11 della Costituzione perché subordina l’Italia a Francia e Germania.

Le recenti vicende legate ai terremoti e alla ricostruzione, in cui l’UE vieta all’Italia di aumentare la propria spesa a deficit di pochi decimi di punto per ricostruire in sicurezza, così come la linea generale dell’UE di non consentire di escludere dal conto del deficit le spese per investimenti produttivi, nonostante la recessione e la tragica disoccupazione, dimostrano che l’UE porta avanti una linea in conflitto di interessi con l’Italia.

L’Italia deve quindi dotarsi di filtri che consentano di tutelare i propri superiori interessi nazionali, così come li hanno Francia e Germania, le quali, grazie a tali filtri, non subiscono direttamente e passivamente le imposizioni della UE e difendono i propri interessi.

Deve farlo sia per avere qualche strumento di negoziato con l’UE, sia perché lo esige l’art. 11 Cost. in relazione a questa grave diseguaglianza, nel rapporto con la UE, tra Italia da una parte, e Francia e Germania dall’altra: l’Italia è subordinata gerarchicamente, la Francia e la Germania no.

Questa condizione di diseguaglianza conferisce così a Francia e Germania, attraverso la UE, una posizione di superiorità rispetto all’Italia, che consente alla Francia di superare tranquillamente la soglia comunitaria per il deficit di bilancio pubblico, e alla Germania di non reinvestire il surplus commerciale, causando così recessione negli altri paesi.

Ma la condizione di disparità tra l’Italia e gli altri paesi viola l’art. 11 Cost., il quale prescrive che l’Italia possa accettare limitazioni di sovranità solo a condizione di parità con gli altri stati.

Quindi l’art. 117 Cost. della riforma costituzionale (art. 31 ddl Boschi), è in contrasto con l’art. 11 (e con altri) della Costituzione, perché l’art. 117 Renzi-Boschi stabilisce che il legislatore italiano sia direttamente e gerarchicamente sottoposto ai “vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario”, mentre Francia e Germania non lo sono; e l’art. 11, essendo tra i Principi Fondamentali della Costituzione, prevale sull’art. 117, che pertanto è incostituzionale e costituisce un attentato alla sovranità della Repubblica.

Renzi finge di polemizzare con l’UE per difendere gli interessi italiani e correggere gli errori della linea economica comunitaria, ma in realtà sta lavorando in senso opposto!

Ho pensato a un ricorso “costituzionale” inedito e pionieristico per opporsi a questo attentato. Appendo il testo qui sotto, ovviamente senza alcuna garanzia per chi volesse cimentarsi. Ma esso sicuramente fornisce validi argomenti giuridici, politici, economici e… morali per votare NO al referendum del 4 Dicembre.

11.11.16 Marco Della Luna

 

TRIBUNALE DI ROMA

RICORSO IN MATERIA ELETTORALE

CON ISTANZA DI SOSPENSIONE URGENTE

DEL REFERENDUM COSTITUZIONALE

INDETTO PER IL 04.12.16

I sottoscritti cittadini italiani__________________, rappresentati e difesi dall’avv._____________, domiciliatario, con pec e domicilio eletto___________________, fax____________________, avente studio in__________________e partita iva_______________________;

PREMESSO CHE

 

1- OGGETTO DEL RICORSO

 

Il presente ricorso concerne alcuni articoli del Disegno di legge 12/04/2016, G.U. 15/04/2016, contenente la riforma costituzionale (ddl Boschi) e il dpr 27.09.16 che indice il referendum sul detto ddl.

Il presente ricorso non riguarda le modalità del referendum ma il merito giuridico-costituzionale della riforma, i diritti (e non gli interessi legittimi) politici dei cittadini, tutela dello Stato di diritto e della Repubblica Italiana; quindi la giurisdizione è quella del giudice ordinario e non del giudice amministrativo.

Il formale decreto del Presidente della Repubblica di indizione del «referendum popolare confermativo» è stato emesso il 27 settembre 2016 e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n° 227 del 28 settembre 2016.

Il testo del quesito referendario è: «Approvate il testo della legge costituzionale concernente “disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del Titolo V della parte II della Costituzione”, approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 88 del 15 aprile 2016? »

 

2- IN QUANTO ALL’ART. 31 DDL BOSCHI

Il testo dell’art. 117 riformato, contenuto nell’art. 31 del succitato ddl, reca:

“La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento dell’Unione Europea [testo attuale: “dall’ordinamento comunitario”] e dagli obblighi internazionali.”

Come è stato denunciato da molte parti, la porzione sottolineata di questa norma subordina la potestà legislativa della Repubblica e degli organi democraticamente eletti della medesima non più semplicemente a generici vincoli “comunitari”, alle disposizioni e alle norme di un soggetto politico determinato, ossia dell’Unione Europea, già emanate e ad emanarsi da parte di organismi di questo soggetto, organismi non democraticamente eletti, non responsabili verso il popolo italiano, e portatori di interessi divergenti o contrari a quelli del popolo italiano, quali la Commissione Europea, conferendo a tali organismi una superiorità gerarchica sulle assemblee rappresentative della Repubblica. E ciò in tutte le materie e a tutti i fini, non solamente a quelli per i quali l’art. 11 Cost. consente la limitazione della sovranità nazionale solo in quanto necessarie ad assicurare la pace e la giustizia.

Né vale obiettare che lo Stato conserva, nel testo dell’articolo in esame, “la legislazione esclusiva” in una serie di materie: non vale, perché “esclusiva” non significa “libera”: anche se “esclusiva”, tale legislazione soggiace ai vincoli, ossia è condizionabile guidabile ab extrinseco.

Va rimarcato il cambiamento qualitativo rispetto alla dizione dell’attuale art. 117, nel passaggio da “vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario” a “vincoli derivanti dall’ordinamento dell’Unione Europea”: la prima dizione è aperta, non deterministica, non gerarchica, presupponente un consenso; la seconda è il deterministica, gerarchica, unidirezionale – cosa sicuramente inconciliabile col principio di sovranità nazionale e di democrazia, stante che l’art. 31 non pone limiti ai “vincoli”, nemmeno quelli del rispetto delle altre norme costituzionali, aprendo alla Commissione Europea una possibilità non delimitata di ingerenza.

La prima prima eccezione di incostituzionalità dell’art. 31 del disegno di legge Boschi è pertanto incompatibilità con l’art. 11 Cost. nel senso suindicato: incompatibilità con l’art. 1 in fatto di titolarità in capo al popolo italiano della sovranità e di sovranità esterna della Repubblica.

L’art. 11 è sopraordinato all’art. 117 sia perché si trova nella prima parte della carta costituzionale, tra i principi fondamentali; sia perché, dato il suo tenore, la sua funzione è di regolare tutte le possibili limitazioni di sovranità, dettandone le condizioni (“parità con gli altri stati”, “necessarie”) e circoscrivendone nominativamente gli ambiti (pace, giustizia). Quindi, in caso di contrasto tra l’art. 31 anzidetto assieme al dpr 27.09.16 e l’art. 11, l’art. 31 dovranno essere caducati i primi.

 

In secondo luogo, l’art. 31 è altresì potenzialmente incompatibile con tutte le norme precettive della Costituzione, egualmente sovraordinate all’art. 117 sia perché comprese tra i principi fondamentali (artt. 1, 1° c., anche in quanto alla  pre-eminenza del lavoro come fondamento della legittimità del potere politico;  art. 3, 2° c., che è contrastato dalle prescrizioni fiscali europee, al pari dell’art. 4, 1° c.) che i membri della Commissione Europea (non eletti, non responsabili democraticamente) non sono tenuti a rispettare e di fatto non rispettano. Ossia: è contraria all’intera Costituzione una norma di riforma costituzionale che conferisce potere vincolante sulla legislazione nazionale a un organo che non è vincolato dalle norme della medesima Costituzione e che non è democraticamente responsabile verso il popolo italiano, perché una tale norma semplicemente toglie o può togliere, in tutto o in parte, ai cittadini le garanzie e i principi costituzionali. Insomma, l’art. 31 è una norma concepita per eludere i vincoli costituzionali e per aggirare i valori costituzionali, e insieme viola il principio di democrazia sancito dall’art. 1°, 1° comma, Cost.

 

Vi è anche una terza eccezione di incostituzionalità: l’art. 31 in questione è incompatibile con l’art. 11 Cost., laddove questo pone la condizione di parità tra le parti come condizione di legittimità di ogni limitazione della sovranità. Infatti, con tale norma inserita nella propria Costituzione, la Repubblica italiana si ritroverebbe in una condizione di inferiorità giuridica e gerarchica rispetto a quei Paesi, quali soprattutto la Germania e la Francia, i quali non hanno una equivalente norma che subordini gerarchicamente il loro legislatore alla Commissione Europea, ma al contrario hanno norme e sentenze delle loro corti costituzionali che subordinano le direttive europee a principi delle loro rispettive costituzioni. Il risultato di questi elementi e dei rapporti fi forza politico-finanziari è che la Germania, o l’Asse franco-tedesco, può assumere, anzi ha assunto, il controllo della Commissione Europea, e attraverso di essa della legislazione italiana, esercitandolo nel proprio interesse nella competizione di mercato ed economica in generale con l’Italia, con la conseguenza di un processo oramai ventennale di vantaggi per sé e svantaggi per la Repubblica italiana, tradottosi, tra l’altro, in una massiccia campagna di take-over unidirezionale  da parte di imprese tedesche e francesi su aziende strategiche e di punta del nostro Paese, banche e public utilities in primis.

L’art. 31 della riforma appare oggettivamente come studiato per costituzionalizzare la inferiorità già di fatto imposta dell’Italia al duopolio franco-tedesco.

La Costituzione francese enuncia il principio di libertà di scelta dei singoli stati e ha disposizioni-filtro che consentono alla République di non adottare provvedimenti della UE che siano in contrasto con gli interessi nazionali francesi:  articoli 88-1,4,5,6.

Innanzitutto, però, al primo comma del suo preambolo, la Costituzione francese scolpisce il principio di sovranità nazionale: Le peuple français proclame solennellement son attachement aux Droits de l’Homme et aux principes de la souveraineté nationale tels qu’ils ont été définis par la Déclaration de 1789, confirmée et complétée par le préambule de la Constitution de 1946…. 

L’art. 2, ultimo comma, ribadisce il principio dell’autogoverno del popolo francese: “Son [de la République] principe est: gouvernement du peuple, par le peuple et pour le peuple.”

In quanto alla Germania, il suo ordinamento non ha norme analoghe a quelle della Costituzione francese, né norme che la sottopongano a vincoli comunitari, ma da un lato essa ha l’egemonia e l’esclusiva dell’iniziativa politica e legislativa in Europa – cioè dirige la Commissione – e dall’altro lato la sua Corte Costituzionale si pone come filtro e regolatore della normativa dell’UE: il giudice della Corte costituzionale Peter Huber ha affermato il ruolo di ‘scudo della democrazia’ della Corte: questa ha infatti il compito di far valere il diritto e la legge fondamentale. Per questo, non può configurarsi né come euroscettica né come filoeuropea, poiché non deve attuare un’agenda politica. Il giudice sostiene inoltre che si deve tenere in considerazione che la Corte si basa sulla sovranità degli Stati membri: questi sono infatti i padroni dei trattati – l’Ue non è uno stato federale ma poggia sui trattati che gli Stati membri hanno varato. Nelle costituzioni degli Stati membri viene garantita la sovranità dello Stato. Esistono quindi due percorsi non del tutto armonizzabili: il primo dall’alto verso il basso, cioè quello delle istituzioni europee (Commissione europea, Corte di Giustizia europea, etc.); e il secondo dal basso verso l’altro (nell’ottica degli Stati membri) (Il ruolo della Germania in Europa, http://www.iai.it/it/eventi/ruolo-della-germania-europa – Istituto degli Affari Internazionali, 28.07.15). Il giudice Huber dimentica di dire che, all’interno dell’UE, la Germania consente a se stessa di restare sovrana, ma l’Italia non può restare sovrana, bensì deve sottomettersi per sua disposizione costituzionale!

Alla luce di quanto sopra, la riforma che intende apportare l’art. 31 del disegno di legge Boschi all’art. 117 Cost. formalizza e legalizza la riduzione della Repubblica italiana a un ruolo di subalternità giuridica e di asservimento a interessi e volontà esterne al suo popolo, a paesi comunitari che restano sovrani, al punto che essa non potrebbe più considerarsi come corrispondente allo schema giuridico di una repubblica, ma piuttosto a quello di un protettorato. La riforma in parola integrerebbe dunque, se non fosse recentemente stato introdotto l’estremo della violenza, l’ipotesi dell’art. 241 del Codice Penale: Attentato contro l’indipendenza dello Stato, aggravato ai sensi del comma 2.

Sebbene il reato non si configuri, data la riforma suddetta, per mancanza dell’estremo della violenza (estremo introdotto recentemente, palesemente al fine di consentire la dissoluzione dello Stato nazionale democratico e la sua trasformazione in protettorato franco-tedesco o comunitario), il risultato che l’art. 241 CP vuole prevenire, ossia la sottoposizione dello Stato o della Repubblica a potenze straniere, verrebbe realizzato pienamente qualora il referendum dia esito confermativo. Quel requisito di violenza è peraltro esso stesso incostituzionale, perché non ha senso dire che la sottoposizione del Paese allo straniero sia lecita se realizzata senza violenza materiale ma mediante la minaccia dello spread o del non acquisto dei titoli di Stato da parte del sistema bancario.

Orbene, ogni giudice ha giurato fedeltà alla Repubblica (se non l’avesse fatto non sarebbe giudicante legittimo), quindi è tenuto a impedire che questa sia degradata a una condizione di subalternità cessando di essere una repubblica, e riducendo i suoi cittadini a sudditi di potentati stranieri, privati dei diritti e dello status di cittadini di una repubblica indipendente. Perciò il giudicante dovrà impedire assolutamente che ciò avvenga. Salus rei publicae suprema lex.

Si impone, per tutte le suddette ragioni, un vaglio di costituzionalità dell’art. 31 nei sensi sopra indicati, vaglio che potrebbe concludersi, alternativamente, con l’affermazione di incostituzionalità del ridetto articolo in parte qua, oppure con una sentenza additiva ovvero l’enunciazione di una regola interpretativa del suddetto articolo, che faccia salvi i principi, i limiti e le condizioni stabiliti dall’art. 1, 1° c., e dall’art. 11 Cost., stabilendo che:

  1. a) per “vincoli derivanti dall’ordinamento dell’UE e dagli accordi internazionali” i vincoli già in essere nella loro determinatezza, e non vincoli futuri – cioè che la norma non può intendersi come norma in bianco;
  2. b) che si tratta di vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario come oggi esistente, o a derivare da futuri trattati, non da norme e direttive emanate o emanande da organi di questo ordinamento – cioè che solo i trattati liberamente sottoscritti e ratificati, e non i provvedimenti degli organi dell’U.E., possono vincolare il legislatore italiano;
  3. c) che i vincoli non sono operanti qualora non siano necessari alla pace e alla giustizia e qualora non sussistano le condizioni formali, giuridiche e politiche di parità tra i Paesi interessati;
  4. d) che in ogni caso i vincoli operano in quanto compatibili con le norme costituzionali e sono soggetti al controllo di costituzionalità della Consulta.

 

2- IN QUANTO AGLI ARTT. 55, 57 E ALTRI DEL DDL BOSCHI

Lo Stato costituzionale e di diritto si distingue dallo Stato autocratico (assolutista o dittatoriale) per tre elementi giuridici essenziali:

-la separazione e reciproca autonomia dei tre poteri dello Stato (esecutivo, legislativo, giudiziario o di controllo);

-la rappresentanza popolare (il popolo sceglie i propri rappresentanti);

-la possibilità di un’opposizione effettiva entro il parlamento;

-la legittimazione dell’esecutivo o per investitura popolare diretta oppure per fiducia accordata da un parlamento rappresentativo del popolo.

Senza questi elementi, non si ha nemmeno una costituzione, se non di nome, bensì l’arbitrio del potere, l’autocrazia, la concentrazione dei tre poteri in un’unica mano.

L’effetto strutturale della riforma Renzi-Boschi, combinata con la legge elettorale detta Italicum, è l’abolizione dell’insieme di questi elementi, cioè la rottamazione dello Stato costituzionale, di diritto e democratico. Non si tratta semplicemente di una radicale riforma della Costituzione – che già come tale non sarebbe ammessa dalla Costituzione stessa, perché questa prevede solo la revisione (ossia l’aggiornamento, il ritocco) e non la ristrutturazione (art. 138), per la quale sarebbe necessaria la convocazione di un’assemblea costituente.

Si tratta di molto più: si tratta dell’abolizione dello stesso principio fondante del costituzionalismo e dello Stato di diritto, garantista e rappresentativo. Un’abolizione che, in effetti, hanno realizzato tutti i dittatori, per divenire tali, iniziando – in epoca moderna – con Napoleone. Non puoi fare il dittatore se c’è un potere indipendente da te, che controlla la legittimità del tuo agire. Perciò devi inglobare tale funzione.

La riforma Renzi-Boschi riunisce nelle mani del premier la formazione e guida del governo (potere esecutivo), il controllo della Camera (potere legislativo) e la scelta diretta in parte, indiretta in altra parte, degli organi di garanzia (potere di controllo): capo dello Stato, la maggioranza del CSM, la maggioranza della Corte Costituzionale. Il premier diviene il controllore di se stesso.

Inoltre, il ddl Boschi mira a vanificare l’altro pilastro dello Stato moderno, ossia la rappresentanza del popolo, in quanto il Senato non è più elettivo, e 2/3 dei membri della Camera sono decisi dai segretari dei partiti mediante le liste bloccate, mentre il terzo residuo degli eletti è in parte determinato dal caso.

Ancora – terzo elemento – in un siffatto parlamento, a liste bloccate e con forte premio di maggioranza, controllato dal premier, non può più concretarsi l’opposizione al premier stesso e all’esecutivo. La Camera diventa inutile, perde capacità dialettica, perché il suo voto è scontato, perlomeno quando si tratta di fiducia.

Il premier, pur non essendo eletto direttamente, cioè pur non avendo investitura popolare diretta, si ritrova a disporre di una maggioranza precostituita grazie al premio di maggioranza, che altera la volontà popolare. Quindi non è un sistema parlamentare, in cui il premier non ha bisogno di investitura democratica personale però deve costituirsi la maggioranza tra i rappresentanti del popolo; né un sistema presidenziale, in cui il capo dell’esecutivo è eletto dal popolo e non si regge sulla fiducia delle camere.

 

Con una norma che introduce la supremazia del governo sulle regioni, e precisamente col nuovo art. 117, anche il bilanciamento “federale” da parte delle autonomie regionali viene eliminato. Questa norma ricalca la riforma costituzionale compiuta da Hitler nel 1933, poco dopo l’ascesa al potere, e nota come Gleichschaltung (“coordinamento”, “allineamento”). Hitler aveva riunito in sé il controllo del parlamento e del governo centrali, ma non controllava i parlamenti e i governi dei Laender federali, che spesso si opponevano alla sua politica. Quindi varò una riforma che li sottometteva alle decisioni dello Stato centrale, così da realizzare la Gleichschaltung, ossia l’allineamento. In questo modo la concentrazione dei poteri dello Stato nelle mani del capo dell’esecutivo e del partito dominante si completa; democrazia e pluralismo sono eliminati.

 

E’ insomma completamente eliminata la struttura giuridico-costituzionale dello Stato moderno, di diritto, rappresentativo, democratico, garantista, dotato di checks and balances. La Camera diventa un organo ripetitivo del governo, il suo ventriloquo, senza autonomia, quindi praticamente inutile ai fini democratici. Così come il Senato. Quindi non siamo nemmeno nell’ambito del concetto di revisione, riforma o anche di rovesciamento o anche di abolizione funzionale della Costituzione del 1948: siamo all’abolizione della stessa costituzionalità come modernamente intesa, sicché si configura anche un conflitto con l’art. 138 Cost..

 

Tutto ciò premesso,

i ricorrenti cittadini italiani, non intendendo rinunciare in alcun caso al diritto di vivere come cittadini democraticamente partecipi di una repubblica democratica e di diritto e garanzie, ma essendo determinati a difendere tale repubblica con tutti i mezzi necessari, e non riconoscendo la legittimità della sua eversione, comunque e da chiunque operata,

 

CHIEDONO

In via d’urgenza, sospendere le operazioni per il referendum costituzionale in premesse;

Per il merito, rimettere gli atti alla Corte Costituzionale per la decisione sulla questione di incompatibilità

a)dell’art. 31 del ddl Boschi del 12/04/2016, G.U. 15/04/2016 unitamente al dpr 26.09.16, con l’art. 1, 1° comma, Cost., che stabilisce che l’Italia è (e resti) una repubblica democratica; con l’art. 11 Cost., che subordina la limitazione di sovranità della Repubblica alla indispensabilità ai fini di giustizia e di pace nonché alla condizione di parità tra gli stati, nella parte in cui l’art. 31 predetto sottopone la potestà legislativa nazionale ai vincoli derivanti dall’ordinamento dell’Unione Europea e dagli accordi internazionali, senza limitazioni, condizioni e riserve, né garanzie di rispetto delle altre norme costituzionali e in particolare senza formulare la condizione che anche gli altri stati membri adottino una norma eguale che stabilisca la condizione di parità prescritta dall’art. 11; con gli artt. 1, 1° c., in quanto alla  pre-eminenza del lavoro come fondamento della legittimità del potere politico;  con l’art. art. 3, 2° c., che, assieme all’art. 4, 1°c., prescrive un’azione positiva per la perequazione sociale alla quale si oppongono le prescrizioni fiscali della UE, sicché si pone la necessità costituzionale di istituire un filtro che subordini il recepimento delle prescrizioni comunitarie al rispetto degli articoli costituzionali anzidetti, dovendosi dare la prevalenza a questi ultimi in caso di contrasto, pena la lesione delle condizioni di legittimità del potere statuale stesso dello Stato italiano, ossia della sua sovranità interna, per tradimento di principi fondamentali;

 

b)degli artt. 55, 57 del ridetto ddl unitamente al ridetto dpr, con gli artt. 1, 1° comma, Cost., che stabilisce che l’Italia è (e resti) una repubblica democratica nelle parti in cui i predetti articoli dispongono:

– che non vi sia più alcuna camera che rappresenti il voto dei cittadini nelle effettive quote in cui essi votano, e insieme non dispongono che il voto debba essere diretto né che i rappresentanti parlamentari siano scelti dai cittadini elettori circoscrizione per circoscrizione – la congiunzione di questi  fattori rende infatti il parlamento non rappresentativo del popolo sovrano, quindi non legittimato per contrarietà al concetto di “repubblica democratica”, soprattutto in materie coinvolgenti la sovranità interna ed esterna nonché i diritti costituzionali e la deliberazione dello stato di guerra (artt. 80, 17 e 19 ddl Boschi); solo una camera di rappresentanti eletti proporzionalmente e direttamente dal popolo può ratificare norme incidenti sull’indipendenza nazionale e apportanti limitazioni di sovranità;

-nelle parti in cui essi, concentrando nelle mani del capo dell’esecutivo il potere esecutivo, quello legislativo (attraverso il premio di maggioranza nell’unica camera che accorda e revoca  la fiducia) e gran parte di quello di controllo (attraverso il potere pratico di nomina del Capo dello Stato grazie al premio di maggioranza, della maggioranza dei membri del CSM e dei membri della Corte Costituzionale, nonché dei vertici di vari organismi di garanzia), sopprimono i caratteri essenziali, stabiliti dall’art. 1 Cost., dello Stato di diritto, repubblicano e democratico, quali sono la divisione dei poteri, la dialettica e la possibilità di opposizione entro la Camera che accorda e revoca la fiducia, sovvertendo così la Costituzione dei fondamenti ultimi e privando i cittadini dello status che questa riconosce loro;

c)di tutti i succitati articoli e del succitato dpr rispetto all’art. 138 Cost., in quanto essi non costituiscono una revisione ma una sovversione della Costituzione o meglio l’abrogazione della costituzionalità dello Stato.

Dichiarano la causa di valore indeterminabile.

Roma, addì 03.11.2016

Avv._______________________

 

 

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2 risposte a ART. 117: ITALIA SOTTOMESSA A BERLINO

  1. admin scrive:

    Il “filtro” è già contenuto nella nostra stessa costituzione, ma il dettato costituzionale, per quanto concerne la sovranità dello stato è stato disatteso dai governi succedutisi negli ultimi 20 anni. Infatti, il diritto comunitario rimane una fonte estranea al nostro ordinamento e la sua efficacia in base a competenze devolute all’Europa sulla base dell’art. 11. Ma l’art. 11 ha come riferimento la sovranità esterna e il recepimento delle norme comunitarie non può in alcun caso confliggere con i principi fondamentali inderogabili della sovranità interna stabiliti dall’art. 1, che rappresenterebbe un “controlimite” alla applicazione interna del diritto europeo. Tali considerazioni sono esposte nel libro di Paolo Becchi “Referendum costituzionale SI o NO” – Arianna Editrice 2016, di cui ti trasmetto un estratto pp. 29 – 30.

    “Al tempo dell’ approvazione della Costituzione, in sede di Commissio¬ne per la Costituente, si scelse di omettere, nella formulazione dell’ art. 11, ogni esplicito riferimento all’unità europea, come invece avevano chiesto gli onorevoli Bastianetto e Lussu. Le limitazioni di sovranità dovevano riferirsi infatti unicamente allo Stato nei suoi rapporti internazionali, in vista del conseguimento della pace e della giustizia tra le nazioni, e l’organizzazione a cui il costituente allora pensava era senza dubbio l’ONU.
    L’art. 11 della Costituzione non avrebbe consentito, dunque, di dare una “copertura” di rango costituzionale alle sempre più profonde cessioni di aspetti tipici della sovranità interna in favore dell’ordinamento europeo. È stato soltanto per effetto di una serie -dì “forzature” da parte della Corte co-stituzionale che è stata invece favorita questa interpretazione.
    A partire dalla cosiddetta sentenza Granital del 1984, la Corte ha infatti stabi¬lito che l’ordinamento italiano e quello europeo devono considerarsi due sistemi «autonomi e distinti, ancorché coordinati, secondo la ripartizione di competenza stabilita e garantita dal Trattato» (Corte cost., sentenza n. 170 del 1984).
    In particolare, secondo la Corte,
    «la distinzione fra il nostro ordinamento e quello della Comunità com¬porta [ … ] che la normativa in discorso non entra a far parte del diritto in¬terno, né viene per alcun verso soggetta al regime disposto per le leggi (e gli atti aventi forza di legge) dello Stato . .[ … ] L’ordinamento italiano – in virtù del particolare rapporto con l’ordinamento della CEE, e della sotto stante limitazione della sovranità statuale – consente, appunto, che nel territorio nazionale il regolamento comunitario spieghi effetto in quanto tale e per¬ché tale. A detto atto normativo sono attribuiti “forza e valore di legge”, solo e propriamente nel senso che ad esso si riconosce l’efficacia di cui è provvisto nell’ ordinamento di origine».
    Le norme comunitarie sono pertanto sempre estranee al sistema italiano delle fonti, anche quando fanno ingresso nel nostro Paese. E prevalgono sul¬le norme interne sulla base del principio di “competenza”, in virtù del quale l’Italia, su determinate materie, si sarebbe privata della competenza di legi-ferare, cedendola all’Unione (si tratta della cosiddetta teoria “dualistica”).
    N ella sua interpretazione la Corte costituzionale continua da allora a so-stenere che «con l’adesione ai Trattati comunitari, l’Italia è entrata a far par-
    te di un “ordinamento” più ampio, di natura sopranazionale, cedendo parte della sua sovranità, anche in riferimento al potere legislativo, nelle materie oggetto dei Trattati medesimi» (Corte cost., sentenza n. 348 del 2007). Ma quale parte della sua sovranità?
    La Costituzione italiana si riferisce alla “sovranità” sia all’art. 1 – stabi¬lendo che essa appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione – sia all’art. 11, il quale, come visto, consente le limita-zioni di sovranità necessarie a garantire il funzionamento di un ordinamento internazionale che assicuri pace e giustizia nel mondo.
    Appare evidente come l’art. 1 e l’art. 11 si riferiscano ai due differenti aspetti propri della “sovranità”, nel suo concetto classico: l’art. 1 alla so-vranità interna, ossia al rapporto tra lo Stato e quanti risiedono sul proprio territorio; l’art. 11 alla sovranità esterna, ossia ai rapporti dello Stato con. gli altri Stati od organizzazioni internazionali. L’art. 11 non limita, dunque, la sovranità del popolo, ma solo quella dello Stato in rapporto agli altri Stati.
    È questa linea di distinzione fondamentale tra sovranità interna ed esterna che dovrebbe fondare il nostro rapporto con l’Unione europea e che dovrebbe orientare la teoria dei “controlimiti” fatta propria dalla Corte costituzionale, secondo la quale, semplificando, le norme comunitarie incontrerebbero, nella loro applicazione interna, il limite dell’intangibilità dei principi e dei diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione, insomma i suoi principi supremi. Ora, il modo in cui si è andata costruendo l’Unione europea, almeno a partire dal Trattato di Maastricht, con l’insistenza sulla creazione di un mercato unico “fortemente competitivo” come valore guida, è, infatti, in palese contrasto con quel principio della “pari dignità sociale” (art. 3) che, con il connesso diritto al lavoro (art. 4), costituisce l’asse portante della nostra Costituzione.
    L’applicazione rigorosa della teoria dei “controlimiti” avrebbe, quindi, dovuto indurre a impugnare l’ordine di esecuzione del Trattato nella parte in cui ha consentito l’ingresso nel nostro ordinamento di quelle norme incom-patibili, con i principi supremi o fondamentali della nostra Costituzione, tra i quali dovrebbe essere ricompresa anche la sovranità popolare.
    Insomma, l’art. Il Cost. non consentiva l’interpretazione tradizionale data dalla Consulta, perché l’Unione europea e i suoi Trattati istitutivi era-no in contrasto con i principi fondamentali del nostro ordinamento costitu-zionale. E inoltre siamo entrati nell’Unione non “in condizioni di parità”, dal momento che gli oneri degli interessi passivi sul nostro debito pubblico erano sin dall’inizio superiori a quelli tedeschi.

    LUIGI TEDESCHI – ROMA

  2. ahfesa scrive:

    Caro avvocato e stimati lettori,

    Come al solito non commento l`impianto giuridico non essendo competente e mi limito ad alcune osservazioni nel merito.

    Per prima cosa occorre sgombrare il campo da un equivoco, ovvero la demolizione sostanziale del dettato della nostra costituzione non é la causa della colonizzazione germanica, ma una conseguenza ed anche di secondo ordine.
    Difatti non dobbiamo dimenticare che il primo che iniziò a smantellare l`impianto costituzionale del 1948 fu l`Eroe di Hammamet, il quale per giustificare il suo regime clientelare/mafioso ha cominciato a far ammettere alcune « interpretazioni autentiche » già in forte contrasto con lo spirito della legge fondamentale. Cotale opera di indebolimento dei fondamentali diritti civili, politici ed economici é continuata in più e molto in peggio per merito del Brigante di Arcore, sempre a fini di leggittimazione del vigente regime. Ma occorre anche dire che « l`opposizione » che allora contava ancora qualcosa, benchè per ben due volte sia subentrata ai berluscones, se ne é ben guardata dall`abrogare seduta stante le norme liberticide e le pericolossime leggi elettorali e di procedura giudiziaria approvate, anzi ben lungi da ciò, ne ha approfittato. Quindi va detto chiaro che i primi a smantellare la nostra costituzione sono stati i nostri capi di tutti i colori e non certo i tedeschi. E naturalmente allora il popolo bue ha battuto le mani entusiasta, molto preso da quelle certe vicende che concernevano procaci ministre, strane igieniste dentali camuffate da potenti e prebendate politiche, per finire con le straordinarie prestazioni della « falsa » nipote di un capo di stato. Mica che dall`altra parte si facesse di meglio, sguazzando in scandali per l`acquisizione di banche mediocri a prezzi astronomici (pagati a loro insaputa dai risparmiatori e creando le premesse dell`attuale dissesto) , oppure – per restare sul bonario – le favolose imprese della famiglia Mortadella che vantava accademici onusti di lauree con lode persino tra gli animali domestici.

    Quindi poco ci deve stupire che i tedeschi (pienamente spalleggiati dall` »abbronzato » Mr. Obama) ed i loro soci di minoranza francesi, entrambi non solo cupidi dei nostri sempre meno numerosi gioielli, ma anche piuttosto impegnati come creditori di sempre più dubbia soddisfazione, siano intervenuti mediante un colpo di stato di palazzo. E dal loro punto di vista la cosa era necessaria poiché Berlusconi se lasciato in carica e minacciato rischiava per tutelare gli interssi suoi (ed anche molti dei nostri in quel caso) di far saltare tutto il traballante carrozzone dell`euro e per conseguenza il vassallaggio di Berlino, con imprevedibili conseguenze geopolitiche a catena.
    Dunque occorre aver ben chiaro che la prima causa della nostra rovina siamo stati noi stessi ed i tedeschi (ed i loro collaboratori e delatori) ne hanno solo approfittato con dirimente utilità.

    Naturalmente una volta instaurata e stabilizzata con la forza coercitiva (economica e non militare stavolta) la « sovranità limitata » ed aver imposto come agli « amici ed alleati » dell`ex blocco sovietico il combinato disposto dei trattati capestro (fiscal compact, euro irreversibile, salvastati, bail-in, parlamento di nominati ecc.), esseri impossati dei servizi strategici e attuato la gestione da parte di personaggi « controllati » é chiaro che la vigente costituzione possa essere vista come un ingombrante macigno fonte di ispirazione per « populisti » « razzisti » « nazionalisti » & similia. Da qui l`impellente necessità di « riforme » che codifichino e definitivamente legalizzino il nuovo stato di sudditanza.
    Contemporaneamente per indebolire la resistenza del popolo bue si ricorre alla disinformazione ed all`intimidazione tramite la criminalità comune lasciata impunita e l`immigrazione incontrolalta.

    Con il massimo rispetto per il fondatissimo merito dell`analisi e le capacità dell`avvocato, devo però rappresentare la mia perplessità per l`azione legale proposta. Ovvero data per acquisita l`indubbia forza della domanda, temo che essa sia controproducente nei fatti per l`attore, in quanto diretta a magistrati che devono la loro posizione e prebende all`ordine costituito dal più forte pro tempore e che quindi, al caso, hanno moltissima convenienza personale e di corporazione a rigettarla e magari punirea fini di dissuasione il proponente.
    Un pochino come se un cittadino evidentemente concusso da un gerarchetto del compianto regime, adisse ad un tribunale costituito da giudici di fede fascista (per convenienza o convinzione non importa) al fine di ottenere ristoro.

    Ma lo spiraglio di luce si intravvede – per adesso molto debole – dal fatto che anche i potenti (ovvero coloro che hanno da perdere in questo mondo) cominciano a dubitare del presente sistema economico/geopolitico in fondo basato su realtà virtuali e/o cartacee e non su cose tangibili e di valore reale. E quindi vuoi per isitnto e vuoi per paura cominciano a far propri i rifiuti e le opposizioni della classe media, punita spremuta e privata dei fondamentali diritti da questo meccanismo globale.

    A parte i vari movimenti nazionali « populisti » tacitati con intimidazione, disinformazione e paghette, hanno cominciato i catalani seguiti poi con più successo dai britannici, E fino a quel punto sempre con disinformazione ed evocando paure ai limiti della superstizione si é cercato di tamponare e diluire, in modo da prender tempo e magari aggirare l`ostacolo con vari trucchi oramai anche prevdibili. Ma il risultato delle elezioni USA – salvo sorprese eccezionali – temo sarà difficile da cancellare. Difatti se non vi é nessuna garanzia che Mr. Trump non cambi idea, magari davanti ad una favolosa regalia o ad una definitiva imposizione (Kennedy fu eletto, contro i sondaggi, con i voti ed i soldi della mafia, molto amica del paparino ambasciatore, poi tentò di scantonare e trovò un fucile italiano sulla sua strada), sta diventando certo che alla gente comune di tutti i popoli questo sistema non piace e che molti stanno cominciando ad usare tutti i mezzi a loro disposizione per incepparlo e contrastarlo. Ora la forza della massa é come un fiume che può essere fermato da dighe, fatto lavorare da turbine e costretto in argini potenti, ma se straripa poi nulla e nessuno riesce più a fermarlo. E purtroppo in quei casi i danni e le vittime innocenti sono moltissimi.

    Adesso tanto per fare il solito Catone (il Censore e non l`Uticense) vi dico che la palla é nel nostro campo e quindi al referendum del 4 dicembre (che finalmente pare che si farà) VOTATE UN BEL NO secco al fine di non passar per fassi e di metter un bel chiodo nella cassa di chi ci vuol far schiavi.

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