MODERATISMO E COLLABORAZIONISMO
MODERATISMO E COLLABORAZIONISMO
Moderatismo significa pensare che il sistema va bene strutturalmente, così come è, anche se, di fatto, produce miseria e disastri; e vuol dire anche credere in come il sistema descrive e giustifica se stesso, anche se tutti hanno capito che si basa su teorie fallaci; e che è lecito dire, al più, che c’è da migliorarlo e ripararlo.
Anche se Berlusconi si limitava a contrattare coi poteri forti, e più nel proprio interesse che in quello del Paese, e poi votava tutto quello che “bisognava” votare, incluso l’infame Fiscal Compact, col suo spodestamento da parte dei “moderati” che hanno deciso di passare dalla parte del formaggio, si dissolvono le ultime differenze politiche – sfumature o poco più –, sicché ora abbiamo un’unità completa della partitocrazia e un parlamento quasi interamente uniformato alla strategia “europeista” di totale cessione al capitalismo estero delle leve di economia politica, delle industrie strategiche o di eccellenza nazionali, del controllo dei servizi pubblici essenziali e, ancor più, del sistema creditizio. L’arco moderato è collaborazionista. Fantoccio. Ed è insieme la partitocrazia parassitaria, tassaiola e incompetente che ben conosciamo, la quale ora, essendosi compattata e non avendo competitori, si fa sempre più arrogante e aggressiva con la gente.
La Lega è senza armi perché ormai marginale e screditata; mentre il M5S pare arenato, al di là delle contraddizioni interne e degli interrogativi sui veri scopi dei suoi effettivi titolari. Nessuno dei due ha figure di statista o mezzo statista.
I partiti della maggioranza hanno superato la crisi senza formulare, nemmeno questa volta, un piano comune degli interventi politico-economici: segno oggettivo che mirano solo alla poltrona e alla greppia e che continueranno a fare le cose come da ordini che riceveranno da Berlino, senza doversi arrovellare per elaborare un programma, che peraltro in tempi differenti hanno dimostrato di essere incapaci di elaborare.
Ora la casta può anche riformare la legge elettorale e inscenare nuove elezioni politiche proponendo all’elettorato una falsa dialettica e una falsa alternanza falsamente democratiche, per poi proclamare che l’Italia è finalmente un paese normale.
Ma perlomeno, a questo punto, il quadro si è chiarito, abbiamo il bipolarismo reale: un polo è la partitocrazia collaborazionista. L’altro polo è la nazione, la gente, l’interesse collettivo. Lo Stato è ormai veramente e indubitabilmente il nemico della gente e del Paese. Come tale è ben diffusamente percepito: strumento di sfruttamento e soprusi, ormai quasi privo di utilità per il popolo.
Intanto sta maturando il bubbone del contenzioso sommerso, ossia di tutti i crediti divenuti inesigibili o critici, che le banche dovrebbero segnare in bilancio come tali, ma non lo fanno, perché costerebbe troppo quando non le farebbe, addirittura, saltare. Bankitalia ha completato, giorni fa, un controllo del deterioramento del portafoglio crediti delle banche medie, e sta per iniziare quello sulle banche grosse. Nelle media, ha trovato che queste non avevano messo in sofferenza crediti per circa 8 miliardi. Ora queste banche sono costrette, per coprire questi crediti deteriorati con la costituzione dei i fondi prescritti, a cercare miliardi in giro. Nelle banche grosse troverà di peggio. Ed esse dovranno cercare molti miliardi per coprire le perdite.
I capitali stranieri approfitteranno di tutto ciò per acquisire ulteriori quote strategiche nel sistema bancario italiano. E siccome tutto il nostro sistema-paese, aziende in testa, notoriamente dipende dalle banche, mancando di idonei capitali propri, quei capitali stranieri si impadroniranno completamente dell’Italia, facendone un protettorato dedicato alle lavorazioni di bassa e medio-bassa tecnologia, affidate a una forza lavoro di bassa e medio-bassa qualificazione, uscito da un sistema scolastico tra i peggiori, sottopagata e precaria, alimentata dall’immigrazione, in cui svolgere la parte povera del ciclo produttivo e lasciare la parte minima dei margini di profitto, salvo drenare anche quelli con interessi e tasse.
Berlusconi, se non fosse ormai troppo invecchiato e non avesse maggior convenienza a stare buono e giocare diplomaticamente per tutelare le sue aziende di famiglia e la propria libertà, potrebbe, a questo punto, approfittare dello spazio politico che si è aperto,e rilanciarsi, anche come carisma, creando un partito patriottico, euroscettico e indipendentista, incentrato sulla tutela degli interessi nazionali e sul recupero della sovranità nazionale, iniziando col ritorno alla Lira secondo il modello ante-divorzio tra Bankitalia e Tesoro, per rilanciare gli investimenti e l’occupazione, e pagare i debiti pubblici in moneta sovrana come fanno USA, Regno Unito, Giappone, ponendo fine alla presente, interminabile e ingiustificabile agonia, coltivata dai collaborazionisti.
Il fatto di aver ricusato i giudici-senatori che hanno anciticpato il loro giudizio nel procedimento giurisdizionale per la decadenza da senatore, e di aver invocato l’intervento delle Corti internazionali su tale patente violazione dei principi basilari del processo, rimarcata dalla famosa twittata di Crimi, lo legittima almeno moralmente e politicamente se, per sottrarsi all’arresto, deciderà di espatriare. Potrebbe dirigere questo partito, anzi movimento eurocritico anche dall’estero, diciamo dalla Russia, dove starebbe da rifugiato.
Ma non credo lo farà. Credo sarebbe meglio se lo facesse un homo novus, avente un’immagine sana, credibile, e dotato di competenze nelle scienze economiche, come è avvenuto col partito euroscettico britannico, lo UKIP, e il suo leader Nigel Farage.
07-10-13 Marco Della Luna