PRESUPPOSTI PER IL RILANCIO ECONOMICO

 

I capitali privati non  investono anticiclicamente nelle attività produttive, ossia non investono nelle fasi di stanca e in assenza di prospettive di crescita del sistema. Non possono permetterselo. Essi aspettano, per reinvestire, che siano partiti programmi di investimenti di lungo termine, infrastrutturali, di solito pubblici, che consentano di prevedere linee di sviluppo del mercato, della politica economica, dell’assetto fiscale, lavoristico, contributivo. Investimenti che assicurino una crescita della produzione, dei consumi, della massa monetaria. Altrimenti non hanno ragionevole certezza di profitto o perlomeno di non perdita.

La situazione dell’Occidente, e soprattutto quella dell’Italia, è di bassa crescita presente con prospettive di bassa crescita futura nel quadro complessivo di un sorpasso competitivo da parte dei BRIC. Inoltre in Italia il settore pubblico non ha la capacità finanziaria, né quella tecnica, di porre in atto un vero piano di investimenti di lungo termine per rilanciare il sistema economico. Per contro ha un enorme debito pubblico, un ancora più enorme debito pensionistico, una popolazione vecchia, una bassa (capacità di) formazione professionale della forza lavoro, una forte disorganizzazione amministrativa  e una scarsa rispettosità delle regole, quindi una bassa funzionalità, a tutti i livelli, tranne  il crimine organizzato e poche nicchie.

Un piano di investimenti infrastrutturali di lungo termine può dunque venire solo da capitali non pubblici, ma stranieri; e questi capitali saranno disposti a investire soltanto se conseguiranno il controllo stabile del paese e solo alla complessa condizione che a)non ci sia più una maggioranza della popolazione che viva a spese del reddito prodotto da una minoranza e un sistema di produzione di consenso e coesione sociali basato su un clientelismo e sulla concessione di assunzioni, rendite e pensioni parassitarie; b)che si imponga un complessivo rispetto delle regole nel paese a tutti i livelli; c)che si ripristinino l’efficacia e la credibilità della funzione giurisdizionale e un livello di insegnamento e di apprendimento, nella scuola, in grado di fornire tecnici con un’adeguata capacità. Questo perché anche essi necessitano di un quadro stabile e di una certa prevedibilità del futuro. L’attuazione di quelle condizioni comporterebbe forti incisioni sulle categorie interessate: politici, magistrati, insegnanti. Potenzialmente anche massicce sostituzioni, perché occorrerebbe porre fine a mentalità e prassi consolidare – il che non si può fare senza sostituire le persone.

 E’ inoltre possibile che i capitali in questione decidano che quelle condizioni siano meglio realizzabili previa divisione del paese nelle sue tre grandi aree etnico-comportamentali: Nord, Centro e Sud, in modo che ciascuna sia regolata conformemente alle sue caratteristiche sociali e culturali.

Peraltro, non è affatto detto che quegli investimenti debbano avvenire. Può benissimo essere che quei capitali giudichino l’Italia comparativamente non idonea, anche in considerazione del fatto che oramai le multidecennali esperienze di un certo tipo di potere politico e giudiziario e di metodi di sopravvivenza ad esso hanno insegnato alla gente la diffidenza, la scaltrezza, la convenienza di violare od aggirare le norme, aspettandosi che tutti lo facciano, iniziando da chi le scrive e da chi dovrebbe imporle. L’osservanza delle regole è tutt’uno con la capacità di agire in modo organizzato, soprattutto in sistemi socioeconomici complessi, come devono essere i sistemi competitivi. E mentre il passaggio da una condizione di alta fiducia-osservanza delle regole a una di bassa fiducia-osservanza è facile, quello inverso è pressoché impossibile, come il passaggio da una condizione di disordine a una condizione di ordine, nel senso della II Legge della Termodinamica. L’incremento dell’ordine di un sistema non può venire dall’interno del sistema medesimo, ma solo da un agente esterno. Trattandosi di un sistema sociale – l’Italia, appunto – per iniziare a ripristinare l’ordine occorrerebbe innanzitutto dare autonomia organizzativa ai diversi grandi gruppi etnico-comportamentali attualmente chiusi dentro lo Stato italiano: la condivsione delle regole è assai più facile entro gruppi omogenei per mentalità, valori e costumi.

 16.02.11

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15 risposte a PRESUPPOSTI PER IL RILANCIO ECONOMICO

  1. LordBB scrive:

    …per chi non e’ dell’ambiente “finanziario” gli investitori istituzionali non considerano l’Italia un paese a rischio. Il sistema-paese non puo’ attirare capitale esteri. Anche i fondi sovranzionali e hedge fund stanno alla larga…
    Il mercato dei capitali cerca le remunerazione, la rendita. In italia a parte gli investimenti immobiliari e qualche azienda (operazioni di private equity) un paese senza infrastrutture e con un sistema giudiziario e politico anti-imprenditoriale non puo’ accogliere investimenti esteri.

    L’Italia non e’ un paese liberale, e ne paga tutte le conseguenze.

    LordBB
    *indipendenza e azione*

  2. Riccardo scrive:

    Suvvia signori… non offendete la vostra intelligenza scivolando nel solito pessimismo complottista.
    Condivido molte delle riflessioni di cui sopra anche se non arrivo al plotone del sig. Eliseo.
    Qualcosa di concreto? L’ho proposto anche in altre pagine…
    lottare per l’eliminazione del sostituto d’imposta, vi sembra una cosa piccola? E’ una rivoluzione. Milioni di lavoratori dipendenti aprirebbero improvvisamente gli occhi, lo Stato dovrebbe in breve rivedere i provvedimenti di spesa in modo così drastico da mettere in forse la propria esistenza. Sarebbe un atto di così onesta chiarezza da rivoltare l’Italia come un calzino, C’è chi lo sta facendo, nel silenzio dei media e con un coraggio che mette i brividi.
    Questa è una cosa concreta. Credete non tocchi i grandi centri di potere? Sicuri?
    Cordialmente.

  3. Simone scrive:

    Anche fossimo qualche milione, a capire,saremmo in pochi. Questo è il motivo per cui Della Luna può scrivere quello che vuole, ma difficilmente lo vedremo a Canale 5…

  4. Eliseo Malorgio scrive:

    Sig. “3 nicknames”, non abbia paura. Mi creda, Lei non é l’unico ad aver capito come stanno le cose.

  5. Simone scrive:

    Quello che sta succedendo in nord Africa e soprattutto che pochi hanno veramente capito (rivolte? America e Company hanno fatto cadere i vecchi dittatori accordandosi direttamente con l’esercito; lo sfruttamento d’ora in poi sarà se possibile peggiore), mi convince sempre di più sull’emigrare in posti lontani. Quando ci saranno cambiamenti in Italia, saranno forse simili, con la massa idiota a sventolare bandierine in piazza, mentre magari qualcuno comincerà a stilare gli elenchi di chi si permetteva di capire e di scriverlo in rete (la repressione in Cile era stata volutamente scenografica…).
    Il problema non sono i “cattivi”, quelli sono ovunque, ma l’idiota….siamo circondati.

  6. Eliseo Malorgio scrive:

    Sarei curioso di sapere, nell’attuale congiuntura in cui ci troviamo, quale sarebbe la proposta pratica di azione di chi, avendo qualcosa da perdere, e immaginando che altri non abbiano niente da perdere, o che si preoccupino poco o che non possano capire sistemi complessi i quali possono essere capiti solo da pochi privilegiati.
    Io nego che i rivolgimenti politico economici possano sempre essere spiegati con le leggi della termodinamica. E nego che ad ogni trasformazione lasciamo sempre sul campo qualcosa.
    Improvvisamente, inaspettatamente domani stesso potrebbe presentarsi qualcosa di nuovo che non era stato immaginato neppure da coloro che capiscono tanto bene i sistemi complessi.
    L’ironia è dire il contrario di ciò che si vuol far intendere.
    E per parlar chiaro, sig Riccardo, io sono favorevole ad allineare i traditori della Nazione, responsabili di questo disastro di fronte ad un plotone di esecuzione.
    Pensa che stia scherzando?

  7. rinus scrive:

    Stimatissimo avvocato,non crede che molte sue previsioni vengono superate degli avvenimenti.Quello che diceva il compianto prof.Miglio è solo una traccia mentre più gravi solo gli accademinti degli ultimi anni e quelli di questi giorni? Ondate continue di sbarchi di arabi e popoli africani che, oltre a non avere la ns.cultura,non hanno nemmeno la nostra storia e religione si installono da noi,nazione con ilterzo debito mondiale?
    Le scrivo alcune frasi di un libro di autore francese ::distruggere ogni stabilità finanziaria,moltiplicare le crisi economiche e preparare la bancarotta economica univerale,arrestare gli ingranaggi delle industrie,far crollare tutti i valori ecc ecc……sufficiente per capire che non tutto viene a caso?

  8. rinus scrive:

    Stimatissimo avvocato,non crede che più passa il tempo più alcune Sue previsioni sono rese impossibili dagli avvenimenti.Non solo non c’è uniformità per il diverso modo di pensare italiano ma per l’afflusso costante ed adesso quasi allucinante di invasione vera e propria di arabi che sono diversi per usi,custumi e religioni dai popoli italiani?
    Mi permetto riportare alcune righe lette in un libro datato 1937 francese dove l’autore scrive: Distruggere ogni stabilità finanziaria,moltiplicarele crisi economiche e preparare le bancarotta universale,arrestare gli ingranaggi delle industrie,far crollare tutti i valori,concentrare l’oro del mondo in certe mani,lasciare capitali enormi assolutamente stagnanti,ed ad un certo momento sospendere ogni credito e provocare il panico mondiale……pensa che siano solo bagatelle? saluti ri.sa.

  9. Riccardo scrive:

    Ho l’impressione che gli assirobabilonesi siano decaduti per motivi più terra terra.
    Forse perchè, per continuare la metafora scientifica, il secondo principio della termodinamica dice che una pallina lasciata cadere, non potrà rimbalzare ad una altezza uguale alla precedente.
    In ogni trasformazione lasciamo sul campo qualcosa.
    A volte lasciamo sul campo l’umiltà di capire che non possiamo capire.
    I sistemi complessi sono, appunto, complessi.
    In genere il timore è lo stato d’animo di chi ha qualcosa da perdere. Chi si preoccupa poco, preoccupa me.

  10. Eliseo scrive:

    In occasione del mio ultimo viaggio alla volta di una nota città romagnola di tradizione anticlericale, dove si parlava solo in dialetto, e famosa in passato per il suo isolamento culturale, per le sue antiche società segrete (di mutuo soccorso), e per la sua “chiusura” verso le innovazioni e persino verso immigrati di altre regioni d’Italia, rimasi esterrefatto per il grande numero di stranieri che circolavano nel centro storico. Iugoslavi rumeni, albanesi, nordafricani, in grande numero.
    Profughi, pensai, fuggitivi da paesi che soffrivano gli orrori delle guerre, delle carestie, e che dal loro punto di vista vedevano l’Italia come un’oasi felice di prosperità. Non avevano tutti i torti.
    Che cosa avremmo potuto fare onestamente parlando? Prenderli a fucilate mentre tentavano di sbarcare sul nostro litorale?
    Caricarli sulle navi e rimandarli al loro paese? Difficile rispondere.
    L’Italia dalla caduta dell’ Impero Romano d’occidente ha sofferto un’interminabile sequela di invasioni di ogni tipo, è sempre stato un territorio di conquista di eserciti stranieri. E bisogna notare che non sempre gli invasori si limitarono a derubarci. Alcuni ci lasciarono anche una certa eredità culturale. La dominazione austriaca in Lombardia e Veneto, per esempio, ci lasciò almeno un modello di correttezza amministrativa che l’Italia di oggi se la può sognare.
    In fondo tutte le civilizzazioni del passato hanno avuto il loro tramonto, Roma, Atene, Ninive, Babilonia. Perchè piangere sul declino di un’Italia mal cucita appena centocinquant’anni fa?
    E a proposito di Babilonia, recenti scoperte archeologiche hanno rivelato che quest’antichissima città portuaria, sede di traffici mercantili, tremila anni prima di Cristo funzionavano già banche di “cananei” che praticavano la riserva frazionaria. (dalle tavolette di argilla incise in caratteri cuneiformi). Sarà stata questa la causa della sua decadenza?
    Eliseo

  11. Brumik scrive:

    Leggendo questo suo articolo, ed in particolar modo il passo dove ipotizza la suddivisione del Belpaese nelle tre aree più omogenee dal punto di vista etnico-comportamentali, mi pare di capire che lei non abbia nessuna voglia di festeggiare il 17 marzo p.v.
    E ciò non può che farmi piacere perché in questo periodo di roboante rigurgito retorico ben pochi hanno il coraggio di cantare fuori dal coro e di porsi al di sopra delle banalità dilaganti.
    Per quanto riguarda il contenuto del suo intervento sono d’accordo su tutte le condizioni indicate ai punti a) e b) che mi paiono sensate ed auspicabili, mentre mi trova in dissonanza sul punto c) dove lei asserisce che i capitali stranieri pretendano da noi una scuola in grado di fornire tecnici di adeguata capacità. Al contrario, io penso che gli investitori esteri vogliano sviluppare in patria le competenze tecnologiche atte ai loro scopi industriali, mentre richiederebbero una manovalanza silenziosa, ubbidiente e non sindacalizzata per le loro produzioni in terra straniera. Pretese che io trovo più che naturali, se viste nell’ottica del conquistatore. È la stessa ragione che ha portato la Fiat ad impiantare le sue fabbriche in Polonia come in Brasile.
    Se vogliamo scomodare la Termodinamica, il cui II Principio lei applica in maniera calzante a proposito dell’impossibilità per un caotico sistema-paese di rimettersi in ordine con le proprie energie, io direi che anche il I Principio può essere applicato per indicare la tendenza al degrado di un insieme isolato quando si permette che il flusso delle idee salienti vada a diluirsi nel mare di quelle di grado inferiore.
    Dunque, anche dal punto di vista termodinamico il Belpaese è spacciato. A nulla serve sperare nel principio d’indeterminazione di Heisemberg secondo il quale esiste comunque un’infinitesima probabilità che il sistema possa tornare all’ordine con le proprie forze. È La stessa probabilità che hanno i miracoli a manifestarsi, se escludiamo quelli di San Gennaro che hanno una corsia preferenziale…
    C’è però una catastrofe in arrivo che forse è ancora più certa delle Leggi della Termodinamica e che si trova pure al riparo degli eventuali miracoli che possano scongiurarla: l’esplosione demografica.
    Mentre noi stiamo discutendo del Pil, della necessità di far crescere l’economia, di aumentare i consumi, (senza sapere che anche in questo caso le Leggi della Termodinamica agiscono in modo avverso alla nostra sopravvivenza), la crescita demografica sarà lo tsunami prossimo venturo. Non crediamo alle storie che ci ammanniscono i mass media sulle cause degli attuali disordini nel Magreb e dintorni. A quei popoli non interessa la democrazia, anche perché non saprebbero come gestirla e, giustamente, sono troppo orgogliosi per farsela gestire da noi stranieri!
    In realtà queste rivolte sono dovute ad una causa ben individuabile che nessuno ha il coraggio di denunciare o la capacità di capire. L’Africa è frequentata da un miliardo di individui che si stanno riproducendo ad un tasso del 2,5% annuo. Senza scomodare i matematici che hanno ottenuto la medaglia Fields per la loro bravura nei calcoli, ognuno può rendersi conto che, in meno di 20 anni, nel continente nero ci saranno 500 milioni di soggetti in più. Cioè un incremento di popolazione pari alla totalità di quella oggi presente in Europa. In meno di due decenni, cioè in un tempo molto inferiore a quello richiesto per attuare il “federalismo” in Italia, l’Africa avrà l’equivalente di un contenete in più da sfamare. La prima sollevazione di piazza in Tunisia fu chiamata dai nostri informatori ufficiali col suo vero nome: la “rivolta del pane”. Ma solo nei primi giorni perché, per l’Occidente fossilizzato su suoi principi storicamente fallimentari, era molto meglio dare un significato retorico alla sollevazione. Un significato che soddisfacesse il nostro chiodo fisso: la democrazia. Così al giorno d’oggi ci vediamo all’orizzonte la muraglia dei nuovi africani pronti a salpare per la conquista delle nostre terre. Quello che stiamo vivendo ora sono solo le prime “prove tecniche di emigrazione”, e già queste ci stanno mettendo in difficoltà. E come in tutte le civiltà in declino non ci resta che piangere sulle nostra perniciosa dabbenaggine perché invece di portare loro i profilattici (in senso lato), li abbiamo incentivati alla moltiplicazione incontrollata e li abbiamo condizionati coi nostri sciagurati modelli di vita del tutto avulsi dalle loro tradizioni.

    — Michele

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  13. Riccardo scrive:

    A proposito di numeri, Hannelore Rocchio e Nicoletta Belvedere hanno scritto su “Geografia dell’alta burocrazia” che il 92% dei dirigenti a ruolo nella Pubblica amministrazione, proviene dal centro sud.
    Nel 2007 il sostituto procuratore militare a Padova Sergio Dini, lanciava sull’Espresso un grido d’allarme: l’arruolamento massiccio in forze armate e polizie da regioni ad alto tasso malavitoso metterebbe a forte rischio di infiltrazioni criminali le strutture di controllo dello Stato, ovvero la forza pubblica.
    Lo stesso Sabino Cassese ,che non credo possieda la tessera del carroccio, afferma che la meridionalizzazione dello Stato è ormai a un punto di on ritorno.
    Mi sembra difficile pensare che tutto questo non abbia avuto una regia politica, al di là delle legittime aspirazioni delle persone che hanno tutto il diritto di spostarsi all’interno del territorio nazionale, siamo di fronte ad una scientifica pianificazione generazionale, avvenuta probabilmente da DC e PCI per mettere il lucchetto ad una situazione di divario e disomogeneità che non ha pari al mondo.
    Resta solo l’amarezza nel verificare come gli italiani del sud abbiano avuto successo economico in tutto il mondo tranne in un posto: l’Italia del sud.
    Se il meridione avesse mantenuto le sue promesse con se stesso, si fosse emendato dalla mentalità mafiosa e familistica e avesse voltato pagina buttando a mare i “Don Vincenzo” e i “baciamo le mani”, oggi l’Italia sarebbe una potenza da far tremare le gambe a molti e anche l’Europa sarebbe un soggetto politico diverso.

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  15. Simone scrive:

    Diversi gruppi etnico-comportamentali? Il potere è sempre due passi avanti e queste cose le sapeva anche 50 anni fa. Quindi Milano è diventata la seconda città delle Puglie, l’amministrazione pubblica e i sindacati sono composti in gran parte con personale meridionale (se qualcuno ha i dati precisi ben vengano…) che ben si è adeguato alla mentalità clientelare.
    In centro Italia i rumeni hanno sostituito i romani…
    Velo pietoso sulla Lega Nord (bottegai ladri….).
    L’unica regione che mi da qualche speranza è il Veneto, ma ho il timore che qualora gli industriali della regione avessero qualche potere lo baratterebbero per qualche miope interesse di categoria, e avanti così…

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