LIBRO “IL GRANDE MUTUO” – N. GALLONI – 2007
INTRODUZIONE
di Marco Della Luna
Con prosa gradevolmente agile, e con una nitida e consequenziale argomentazione, questo saggio ci porta ad esplorare il fondo della realtà e dei processi economici attraverso una successione avvincente e incalzante di scoperte e sorprese. Le sue ‘rivelazioni’ non sono isolate, ma rientrano in un filone di ricerca e informazione economica non distorto da interessi di parte, in cui si collocano pensatori risalenti -quali Thomas Jefferson e Andrew Jackson, lo stesso Carl Marx-, recenti -come J. A. Schumpeter- e contemporanei, tra cui James Robertson, Richard Werner, Joseph Huber, tutti accreditati nel mondo accademico.
A un primo livello, Galloni dimostra come le analisi, i concetti, le spiegazioni economiche a cui siamo stati abituati, non solo dai mass media, ma anche dalla politica, dalle banche, dalle scuole, dalla stessa BCE (Banca Centrale Europea), sono radicalmente falsi, svianti, mistificatori. Falsi concetti e falsi dati circa moneta, debito, inflazione, risanamento sono stati sistematicamente insegnati alla società civile, così da costruire un rappresentazione illusoria della realtà e una ingannevole giustificazione delle scelte, specificamente di quelle restrittive e liberiste, che si rivelano, al lettore di questo libro, come totalmente inutili e controproducenti, oltre che biecamente sprezzanti del bene comune.
Le economie sviluppate sono accomunate dal problema di finanziare, se non vogliono implodere, il gap tra il valore dei redditi e quello della produzione (ossia di consentire ai produttori di vendere i loro prodotti e proseguire nella loro attività). Il sistema bancario ha propinato loro soluzioni drogate, efficaci a breve, ma a lungo termine distruttive, insostenibili, come la finanza derivata, i subprime loans: le banche nord-americane, inglesi e quelle di molti altri Paesi concedono il prestito al consumo o per la casa al prenditore bisognoso anche senza garanzie e prospettive di reddito adeguate, ma subito vendono in blocco tali loro crediti con anticipazione degli interessi e/o di una parte del capitale; questa operazione viene ripetuta dal successivo operatore e così via, sicché ognuno (e si parla di moltissimi soggetti) ha un guadagno derivante dalla creazione originaria di moneta. Finché non si arriva alla fine della catena quando, in teoria, l’ultimo investitore torna al primitivo prenditore che, ovviamente, lo si sapeva già benissimo all’inizio del fenomeno, risulta assolutamente insolvibile.
In questa finanza di derivazione, che già nel 2005 capitalizzava ben 11 volte il p.i.l. mondiale, ogni emissione di liquidità nel mercato, meglio ancora se coinvolgente soggetti finanziariamente inaffidabili perché evidentemente e programmaticamente insolventi, diviene guadagno per chi smercia questi derivati – e potenziale rovina per chi li accetta. Una sorta di roulette russa. Organizzata e gestita sotto la vigilanza delle ‘Autorità Monetarie’ e di quelle che ‘sorvegliano’ i mercati finanziari.
Tali titoli a scoppio ritardato, i credit derivatives, coi loro alti tassi attraggono i fondi previdenziali, che li acquistano in massa spingendoli ulteriormente all’insù, fino a creare una massa di carta straccia avente valore nominale, anche nei bilanci, oramai multiplo di tutta la ricchezza reale esistente sul pianeta, e che perciò ha scavato una incolmabile voragine sotto tutte le borse del mondo e sotto gli investitori, compresi i fondi previdenziali (quindi attenti al vostro t.f.r.!).
A un secondo livello, il saggio rivela come, oggettivamente, quelle false analisi, quelle false spiegazioni, quelle false informazioni economiche sono state usate, globalmente, non al fine di favorire lo sviluppo economico e sociale, ma di tarparlo e renderlo insostenibile; e non al fine di risanare le finanze pubbliche e private, ma di costruire, aggravare e rendere insanabile il loro indebitamento verso il sistema bancario, che così diventa dapprima socio, indi co-gestore, poi dominus incontrastabile delle imprese produttive del settore privato e di quello pubblico, compresi i servizi pubblici e l’esazione dei tributi. I “sacrifici” che sono stati addossati e anche oggi vengono imposti alla società, servono precisamente a questo. I mass media, proprietà della grande finanza, e lo Stato, suo grande debitore, non lo possono ammettere nemmeno ora, a cose fatte, perché il residuo consenso sociale che segue tali politiche potrebbe dissolversi in un’ondata di ribellione popolare: veritas odium parit – la verità genera odio. Massima validissima, cui però, a salvaguardia dell’ordine pubblico e degli interessi costituiti, se ne oppone una ancora più potente e predittiva: vulgus vult decipi – la massa vuole essere ingannata. E per le masse, oggi, si mette davvero male, dato che, nel mondo tecnologicamente avanzato, in cui l’agire è sempre più delle macchine, delle reti informatiche, e sempre meno della gente comune, le masse sono sempre meno necessarie alle strategie di potenza – e sempre più demograficamente problematiche. Non per caso il più importante programma di ricerche per il controllo sociale statunitense procedeva sotto la sigla MK, Mass Killing – sterminio di massa.
Al terzo livello, diventa protagonista l’ingegneria sociale: lo scopo ultimo di questa gestione dell’economia, della finanza, della moneta è la ristrutturazione della piramide sociale nel senso di concentrare, aumentare e fissare in modo, non più contendibile, il potere non solo mediatico, economico, oligo- e monopolistico, ma anche politico, nelle mani di un’oligarchia finanziaria, la quale soppianta lo Stato dapprima nei compiti pubblici che esso, per debiti, non riesce più ad assolvere, poi anche nei poteri politici e coercitivi (già le ganasce fiscali e le ipoteche giudiziali le mettono direttamente società private): il corporate takeover che attua la corporate society, lo Stato privatizzato.
Quindi il problema di fondo non è preservare il benessere, ma preservare la libertà e la dignità dell’uomo, le quali, nella presente impostazione, sono già drasticamente ridotte e incanalate verso una sicura, programmata estinzione, a cui la casta dei politici, di fatto non rappresentando gli interessi del popolo (come tutti oramai constatano), collabora professionalmente, nel suo insieme.
Se oggi, nel 2007, essere di sinistra significa lavorare ed esporsi per l’interesse collettivo in opposizione a quello elitario, violando le sue segrete stanze per portare a tutti la conoscenza della realtà, Antonino Galloni è autenticamente di sinistra, è legittimato a qualificarsi tale. E può qualificarsi pure cristiano, se essere cristiano è servire il prossimo anziché il principio del profitto per il profitto (il Mammona dell’Evangelo), l’usura istituzionalizzata. Mentre non sono di sinistra né cristiane, né democratiche, formazioni politiche che, quale che siano le loro origini storiche e professioni ideologiche, si sono oramai affermate come garanti dei piani del settore finanziario, BCE compresa; o che, ipocritamente, propugnano una semplice logica redistributiva del reddito che non va nemmeno a menzionare le cause vere dell’indebitamento privato e pubblico e che consiste nel togliere redditi e risparmi alle categorie medie che ancora hanno qualche residuo di benessere, onde usare il ricavato per captare il consenso e il voto di quelle categorie che già lo hanno perso interamente. Tale logica sostiene e copre la strategia della classe finanziaria dominante.
Invero, la società che simili forze, dietro uno sbandierato interesse per le classi deboli, sono andate costruendo, è una società in cui, in un contesto di crescente sorveglianza della sua vita e restrizione delle sue libertà, il cittadino affonda nel debito, mentre, sempre più, come consumatore deve subisce i sovrapprezzi monopolistici od oligopolistici sui servizi e sui beni essenziali, come lavoratore la competizione e la precarizzazione, come contribuente, risparmiatore, imprenditore un insostenibile onere fiscale e contributivo, come investitore le truffe della finanza organizzata, come pensionato o pensionando la perdita del potere d’acquisto, e come elettore la perdita dell’efficacia del suo voto. Questo è il modello di società, in stato di avanzata instaurazione, che Galloni analizza e denuncia.
Al quarto livello, quello delle proposte, l’Autore indica l’inizio di un cammino per il ripristino della sanità economica e, insieme, delle libertà, dei diritti politici, della sovranità dei cittadini. Questo inizio va raggiunto, in una corsa contro il tempo, prima che il vertice della piramide, l’oligarchia finanziaria, riesca ad ampliare insuperabilmente e a consolidare definitivamente il suo distacco dalla base da essa dominata e sfruttata con mezzi perlopiù nascosti[1] –una base che ora sta riassorbendo i ceti medi e i piccolo-borghesi, i quali, per decenni, erano stati tolti dalla condizione di proletariato antagonista e fidelizzati al sistema in quanto ammessi a partecipare a un processo apparentemente infinito di benessere, miglioramento, espansione. Processo che ora si è scontrato con la muraglia dell’indebitamento ed ha invertito la corsa.
L’inizio di quel cammino si trova nella presa di coscienza della vera natura del denaro, della sua moderna genesi attraverso un’operazione di indebitamento verso il sistema bancario, della assoluta e comprovata inutilità e dannosità di tale indebitamento, che va evitato. E dalla scoperta della falsità delle regole internazionali della contabilità bancaria, le quali servono ad occultare il core business delle banche stesse, la natura e la dimensione dei loro profitti, ammontanti nella realtà a decine di volte quelli dichiarati nei loro bilanci. Un fiume di liquidità, di potere d’acquisto, sottratto all’economia, ai risparmiatori, alle famiglie, alle imprese attraverso il loro indebitamento e l’imposizione fiscale. Un fiume che va anche ad alterare, artatamente, il corso dei mercati mobiliari e immobiliari. Un fiume che potremmo, anche subito, canalizzare per tagliare l’indebitamento, disinnescare la mina finanziaria e rilanciare lo sviluppo secondo criteri sani ed eco-compatibili.
Ma non potremo mai farlo finché tollereremo un ceto politico al servizio, se non anche al soldo, del profitto finanziario, che, per sua natura, è parassitario e antagonista rispetto agli interessi dell’imprenditoria produttiva, mirando a massimizzare la ricchezza finanziaria e non quella reale. Il nemico di classe del lavoratore (autonomo o dipendente), anzi il nemico sociale di tutti, non è, quindi, il padrone del vapore, l’imprenditore, né ma il padrone del denaro, il capitalista; bensì i titolari della licenza di emettere credito e denaro senza copertura, ossia i banchieri, che, senza creare ricchezza reale in cambio, con inganni e ricatti si appropriano del potere d’acquisto prodotto dalla società. E qui veniamo al fulcro del discorso scientifico di Galloni: l’origine del denaro, o più precisamente -diremmo noi- della liquidità, del potere d’acquisto; e l’impatto delle variazioni della disponibilità di liquido (money supply) sull’andamento macroeconomico. Il money supply oggi si compone di:
-uno 0,16% circa costituito dal conio, ossia dalle monete metalliche, emesse dallo Stato al costo industriale;
-un 8% circa costituito dalle banconote, emesse a costo quasi nullo dalle banche centrali, e da esse venduto alle altre banche e allo Stato a un prezzo pari al valore nominale (con un guadagno prossimo quindi al 100%);
-un restante 90% circa costituito da promesse di pagamento di moneta legale (banconote) emesse dalle banche sotto varie forme: assegni circolari, lettere di credito, fidejussioni, certificati di deposito, etc. – emesse a costo pressoché nullo perché coperte non da oro o da valuta legale, ma dai depositi e dalle promesse di pagamento (con garanzie) preliminarmente apportati dai clienti delle banche stesse.
In tal modo si è instaurato un sistema, che abbiamo descritto in modo sistematico nel nostro saggio Euroschiavi (Arianna Macroedizioni, 2007 – 3a edizione) – un sistema avallato ogni anno dal parlamento attraverso la legge di bilancio, detta finanziaria, e nel quale:
-l’offerta di moneta (tassi, condizioni, quantità del credito) non è regolata da un libero mercato, ma da scelte politiche dell’oligopolio bancario-creditizio;
-il sistema bancario privato, ampliando o restringendo il money supply, esercita il potere sovrano di indurre espansioni e contrazioni dell’economia, anche a fini politici;
-lo Stato, senza alcuna ragione economica, regala il valore capitale delle banconote, oltre agli interessi sui titoli di credito che deve cedere in pagamento delle banconote medesime, alla banca centrale di emissione; e fa pagare il prezzo del tutto al contribuente col pretesto del pagamento del debito pubblico assurdamente generato in tale modo, che viola il principio della sovranità popolare, in quanto di fatto trasferisce la sovranità monetaria alla banca centrale – che è di proprietà privata;
-le banche non erogano mutui, non prestano denaro (questo è ciò che si fa credere), che del resto non hanno nemmeno; ma, in cambio di una promessa di pagamento di interessi e di rimborso del (mai prestato) capitale, si limitano a emettere promesse di pagamento di valuta legale, le quali sono accettate come denaro in pagamento, ma rappresentano valuta legale contante che non esiste se non in minima e trascurabile parte (gli assegni circolari sono scoperti);
-le banche incassano quindi il rimborso di somme che non hanno mai erogato, e interessi si queste somme; i loro margini di profitto sono dunque enormi, superiori all’80%;
-perciò esse guadagnano in potere di acquisto già mediante la stessa concessione di pseudo-mutui a soggetti insolventi e possono permettersi di cedere a catena, scontandoli fortemente, i relativi contratti, generando così l’enorme massa instabile della finanza derivata;
-tale essendo il sistema di produzione di moneta e di credito, la spesa pubblica a deficit (per guerre, welfare, investimenti, infrastrutture, spese correnti, etc.) è incentivata come strumento automatico per trasferire ricchezza dalla società all’élite finanziaria sovranazionale che possiede e gestisce le banche, centrali e non (questo pare sia il senso delle interminabili e inconcludenti guerre USA dal Vietnam all’Iraq); perciò anche le forze politiche e sindacali fautrici della spesa a deficit come mezzo di redistribuzione e di equità sociale, servono in realtà il fine opposto;
-né le banche centrali, né le altre banche, dichiarano gli utili che realizzano – le prime col vendere le banconote al loro valore nominale, le seconde col farsi rimborsare prestiti che non hanno erogato; e ciò perché alle banche si applicano regole contabili di comodo, dette International Accounting Standards, elaborate pro domo sua dai contabili della grande finanza; da qui il fiume di ricchezza occulta, cui dianzi accennavamo;
-sugli utili non dichiarati, ovviamente, non pagano le tasse;
-le banche adoperano questi utili, e l’indebitamento in cui esse, per realizzarli, spingono la società, allo scopo di realizzare il corporate takeover delle funzioni e dei poteri pubblici anche coercitivi (vedi Equitalia, Gestline);
-poiché ogni forma di liquidità, eccettuato il conio, viene prodotta attraverso la contrazione di un debito gravato da interesse che periodicamente si aggiunge al capitale originario, in ogni momento la quantità di liquidità esistente è sempre inferiore al totale del debito; quindi il debito è matematicamente inestinguibile (così anche il debito estero dei paesi del terzo mondo), eterno, se esso non viene rivelato nella sua natura fraudolenta e illecita, e conseguentemente annullato a spese di chi, a proprio beneficio, lo ha creato;
-le banche, peraltro, non producono ricchezza reale in cambio della ricchezza di cui in tal modo si impossessano – quindi trattasi di ricchezza, di potere d’acquisto, che esse sottraggono nascostamente alla società attraverso l’uso del potere di emettere le banconote e di erogare credito – potere concesso, anzi donato loro dallo Stato con un atto politico.
Questo sistema monetario, creditizio e bancario è quindi ingannevole, incostituzionale, antisociale. Perciostesso, a chi voglia applicare la Costituzione vigente e la stessa legge ordinaria, esso offre la possibilità di rapidi ed efficaci interventi
Quel fiume di ricchezza illegittimamente sottratta e occultata aspetta solo di essere recuperato, anche dal fisco, e usato per dare immediato sollievo alle famiglie indebitate, alle industrie indebitate, che rischiano l’insolvenza, la chiusura, i licenziamenti. I finti mutui potrebbero essere estinguibili col pagamento di un 40% del capitale preteso, senza destabilizzare il sistema.
Sul fronte propriamente monetario, lo Stato potrebbe riprendersi la sovranità ed emettere in proprio, a costo zero, la moneta di cui ha bisogno, senza quindi doverla più pagare alla banca centrale di emissione, a condizione che tale emissione sia strettamente finalizzata ad investimenti che aumentino la ricchezza reale (infrastrutture, ricerca, istruzione, tutela idrogeologica), altrimenti si produrrebbe inflazione monetaria; questo recupero di sovranità risolverebbe il problema dell’indebitamento pubblico e degli investimenti.
Le comunità locali potrebbero introdurre monete complementari locali, per aumentare il potere d’acquisto e ridurre il fabbisogno di valuta legale – secondo i modelli già collaudati delle isole di Guernsey e di Man. Una simile soluzione potrebbe applicarsi all’attesa crisi di Taranto, dove, a causa della bancarotta del Comune, i creditori di quest’ultimo, fra poche settimane, quando il liquidatore ufficializzerà i dati definitivi, dovranno portare in bilancio perdite dal 40 al 60% – e ciò innescherà insolvenze a catena, con effetti disastrosi sul piano anche sociale. Galloni è l’uomo che può evitare un tale infausto esito.
Una volta presa familiarità con questi concetti e meccanismi monetari, concretissimi, verificabili, ma diversi dagli schemi logici degli altri ambiti della vita, l’orizzonte si rasserena e si allarga. E’ superata la logica della finitezza delle risorse economiche, che ha guidato al presente vicolo cieco, assieme a quella del “risanamento” mediante le strette creditizie e il rialzo dei tassi, eseguite col pretesto di stroncare un’inesistente inflazione, ma in realtà esse stesse inflative, perché i maggiori tassi chiamano più denaro e si scaricano sui costi di produzione e sui prezzi (va alle banche il 30% del reddito degli americani). La liquidità del sistema va invece aumentata con emissioni monetarie esenti da debito, quindi non inflative, fino a che non sia raggiunto il pieno sviluppo e impiego dei fattori produttivi.
Si schiude, infine, un diverso modo di concepire lo sviluppo e di valorizzare gli investimenti nell’ambiente, nella salute, nella cultura: non più addebiti nel pubblico bilancio, ma creazione di ricchezza reale collettiva con ricadute positive a livello microeconomico, quindi armonizzata alla logica e all’interesse oggettivi dell’azienda e dell’imprenditoria consapevole.
Mantova, 24 Agosto 2007
[1] Un’indagine su questi mezzi di dominazione, economici, psicologici, chimici, elettromagnetici si trova nel nostro Neuroschiavi, Arianna Macroedizioni 2007; un’analisi di quelli giuridici si trova in Le Chiavi del Potere, Koiné Nuove Edizioni, 2003.