Il business del fotovoltaico è un grossissimo bidone pronto a scoppiare:
-rende solo perché, e finché è, sovvenzionato dalla spesa pubblica (quindi sempre a rischio tagli);
-è un business quindi solo in senso finanziario (trasferimento fiscale dai contribuenti agli investitori);
-non è “verde” perché ecologicamente è passivo (inquina più di quanto faccia risparmiare di inquinamento);
-si basa su piani di 20-25 anni, mentre né in economia né (ancor più) in tecnologia è possibile fare previsioni di questa lunghezza; domani stesso può uscire una tecnologia che soppianta quella attuale abbattendo i costi del 50% o del 90%;
-creare un posto di lavoro in questo settore costa 5 volte crearlo nell’industria “normale”;
-i pannelli fotovoltaici sono di produzione in gran parte non italiana, quindi buona parte della spesa va a beneficio dell’estero.
Però se uno è capace di fare l’investimento e scontare in banca il contratto ventennale di cessione della corrente al gestore monopsonista, incassa i soldi sui ricavi attesi (ma che non ci saranno) e può infischiarsi di quello che seguirà: saranno gli altri a rimetterci, i risparmiatori che avranno acquistato le obbligazioni “verdi” cartolarizzate delle banche finanziatrici dell’operazione speculativa-predatoria.
Guadagnare o non guadagnare dipende, in fondo, dalla forza che uno ha rispetto alla banca, ossia da che percentuale di corrispettivo contrattuale riesce a scontare e a che tasso. Se non ha forza contrattuale con la banca, tutto il profitto (cioè i soldi dei contribuenti messi dallo Stato a disposizione di questo balordo business) se li prende la banca.
Mantova, 16.05.10
Marco Della Luna, Consulente di Liberi imprenditori associati
Grazie mille, dottore.
Egr, Dott. Della Luna, potrebbe spiegare meglio gli ultimi 2 paaragrafi, capacità di fare l’investimento, risparmiatori che acquistano i certificati verdi e forza contrattuale; grazie Sergio.
Salve Sergio, intendevo dire che quello che all’uomo comune appare come un reale inizio di passaggio a fonti pulite e rigenerabili di energia, nella realtà economica, è invece un’operazione speculativa finanziaria: i soggetti con buoni rapporti con le banche fanno un primo contratto col fornitore del terreno, un secondo col costruttore dell’impianto fotovoltaico, un terzo con la società assicuratrice (contro difetti dell’impianto e danni), un quarto (ventennale, di vendita dell’energia che produrrà) con la società monopsonista e monopolista che compera l’energia elettrica; poi porta i 4 contratti in banca e sconta il quarto di essi (ossia si fa anticipare dalla banca quanto quel contratto stabilisce che la società monopsionista-monopolista). Se ha buoni rapporti con la banca, riesce a scontarlo a una percentuale vantaggiosa, e se ne va via col ricavato prima ancora di aver iniziato a produrre elettricità. Quindi realizza un profitto puramente finanziario. E lo realizza grazie a un sussidio pubblico, ossia coi soldi dei contribuenti.
Egr. Dott. Della Luna, potrebbe per favore spiegarmi meglio gli ultimi due paragrafi dell’articolo, laddove si parla di investimento e di guadagno? Grazie in anticipo, Sergio.