NUOVE TASSE, O NUOVA MONETA?
Le analisi sono oramai ampiamente e trasversalmente concordi, da destra a mezza sinistra, da Confindustria ai sindacalisti non ideologici, dagli economisti nazionali a quelli stranieri.
Luca Ricolfi, nel suo recentissimo saggio Il Sacco del Nord (Guerini e Ass. Editore) ha fornito la riprova matematica.
Il sistema paese perde colpi e competitività da venti anni; è ripresa l’emigrazione – non quella dei poveri, ma quella dei più validi, delle imprese, dei capitali e delle tecnologie.
Non dà segni di correzione o di recupero o di reali riforme, nonostante l’alternarsi delle maggioranze di governo.
Deficit e debito pubblici peggiorano, assieme al disavanzo del commercio estero.
Il Sud continua a peggiorare, nonostante sessant’anni di trasferimenti dal Nord per centinaia di miliardi di Euro (ora viaggiamo sui 90 miliardi l’anno).
Questi aiuti sono andati e vanno prevalentemente al clientelismo elettorale e al profitto di comitati d’affari politico-mafiosi; perciò rinforzano parassitismo e il potere delle criminalità organizzata sulla spesa pubblica, sui consigli comunali, provinciali, regionali e sul parlamento e le sue maggioranze.
Quindi la politica dei trasferimenti perequativi è stata ed è controproducente.
L’intermediazione politica, ossia l’intercettazione e l’approfittamento di quell’enorme e costante flusso di trasferimenti, è da sessant’anni il pascolo, il core business della nostra classe politica e di molta imprenditoria collegata, le quali quindi non hanno imparato a fare altro, e in effetti niente fanno per cambiare questo sistema, ma si sforzano di preservarlo e alimentarlo, perché esso è la loro rendita assicurata, finché dura. E’ la rendita che le pone al di sopra e al riparo dei problemi economici del paese, e consente loro di rilassarsi e combattere lo stress al Salaria Sport Village e di consolarsi comprando, a 1/3 del prezzo di mercato, superattici con vista sul Colosseo – nel quale gli schiavi si ammazzano tra di loro e con le belve importate dall’Africa.
Dobbiamo renderci conto di tale realtà: la nostra classe politica, mentalmente e culturalmente, non sa e non è in grado di fare altro che questo. Non risolverà mai i problemi reali, chiunque votiamo. Non se ne andrà mai, nonostante insuccessi e scandali. Si ricicla in perpetuo. Fino ad esaurimento delle risorse del paese.
Quando le avranno esaurite, l’Italia verrà commissariata da istituzioni sovrannazionali, cioè diverrà un governatorato della finanza internazionale (FMI-BCE) come la Grecia. Sarà governata dall’esterno. Già l’11.05.10 l’Ecofin ha discusso di strumenti di controllo preventivo (non più successivo) dei bilanci dei paesi deboli e di sanzioni automatiche come la sotrazione dei fondi perequativi europei.
Questo sistema di potere e consenso, sottraendo al Nord, e soprattutto a Lombardi e Veneti, gran parte del reddito che esso produce, gli ha impedito e gli impedisce di fare gli investimenti necessari a mantenere la competitività sul mercato internazionale, grazie a cui sinora ha potuto produrre abbastanza reddito da sostenere il Sud. Sinora.
Il Sud non è in grado di mantenersi: non è competitivo, produce poco, il suo pil (calcolato sulla spesa) è sostenuto dai soldi che riceve dal Nord, quindi in realtà il suo prodotto è molto meno di quello apparente come pil. Il suo tasso di inefficienza e spreco è misurato da Ricolfi intorno al 50%, contro il 7% circa del Nord. Un posto letto in ospedale a Palermo costa alla spesa pubblica cinque volte più che a Milano, perché ci mangiano in molti.
Il federalismo fiscale (ossia una riforma in base alla quale ogni regione trattiene il reddito che produce, tranne una quota di solidarietà, e spende nei limiti di quanto produce, tranne una quota di aiuto) lascerebbe senza mangiare quei molti. E siccome quei molti votano, e in generale il Sud è il principale bacino elettorale del PdL è prevedibile che il PdL non attuerà mai il federalismo fiscale, oppure che lo attuerà solo sulla carta, per salvare l’immagine della Lega Nord. Bossi e i suoi lo sanno benissimo. Ma in realtà i capi della Lega e degli altri partiti sanno che sta per avvenire un evento che cambierà lo scenario e porrà fine ai trasferimenti dal Nord al Sud indipendentemente dal federalismo fiscale, il quale quindi rimane a sventolare solo come vessillo, a dare speranze ai settentrionali..
L’evento al quale ci si prepara, direi per la fine di quest’anno o per i primi mesi del prossimo, è che il Nord, economicamente indebolito dai salassi fiscali per sostenere il Sud (la recessione, le insolvenze, i dissesti aziendali sono molto più pesanti di quanto dicono i mass media), non produrrà più abbastanza reddito per continuare a sostenere il Sud. Le recentissime misure Ecofin a rinforzo del patto di stabilità (ossia tagli alla spesa pubblica, manovra da 25 miliardi, nuove tasse), aggraveranno le cose.
E allora?
Allora il giocattolo si rompe. Finiscono i soldi per sostenere il Sud, per alimentare il grande centro di spesa improduttiva che è Roma, e per mantenere le rendite della politica – i 400.000 della casta, secondo Stella e Rizzo. Più l’indotto. Unità nazionale e privilegi della casta sono minacciati seriamente. Il Palazzo cercherà nuovi fondi per assicurare continuità al suo sistema, alla sua linfa vitale. Ed essendo esaurita la disponibilità di reddito, si dovrà attingere al risparmio, colpendolo con una forte tassa patrimoniale. E/o si ricorrerà ai prelevamenti sugli attivi di conto corrente (ricordate Giuliano Amato, nel 1992?). E/o all’imposta sulle successioni, recentemente abolita. Prevedibilmente, saranno esentati i cespiti della Chiesa.
Risparmiatori, correntisti, e soprattutto proprietari immobiliari stiano dunque in campana. Anzi, stiano in campana tutti, perché una mazzata fiscale al settore immobiliare, quindi all’edilizia, avrebbe una ricaduta depressiva su tutta l’economia e sull’occupazione. Su tutti quelli che non hanno i mezzi per accedere ai benefici esclusivi del Salaria Sport Village e della vista sul Colosseo, con gli schiavi e le belve che lottano tra loro per sopravvivere. Un Colosseo che va, oramai, da Trento a Palermo.
E siccome il governo Berlusconi non potrebbe compiere tali saccheggi fiscali senza perdere completamente e irrimediabilmente la faccia col suo elettorato, è probabile che sarà sostituito o si faccia sostituire. Che cada o si lasci cadere a breve, aiutato dagli scandali. Che altri debbano assumersi l’onere di scottarsi le dita con le tensioni sociali per togliere le castagne dal fuoco, di varare le impopolari tassazioni, di trasferire sul popolo i costi delle frodi dell’élite bancaria, come ha deciso l’Ecofin. Quali altri? Un governo di emergenza, con Fini, Casini, Montezemolo, Rutelli, Prodi (Goldman Sachs)… e il sostegno di Napolitano. Si parla di elezioni politiche a Marzo.
Vi sarebbe un’alternativa a una simile operazione, anche se buona solo a rinviare il disastro di qualche anno: introdurre non nuove tasse, ma una nuova moneta. Non alternativa, ma aggiuntiva.
Piccola premessa: l’Euro deprime l’economia del Sud perché gli impedisce di esportare merci e di attrarre turismo. Infatti il Sud ha un basso livello di produttività, come abbiamo visto. Quindi non riesce ad essere competitivo nell’esportazione verso paesi più efficienti, come la Germania, la Francia, gli USA, se usa la medesima moneta di questi, o addirittura una moneta più forte. Se usa, cioè, l’Euro. Per recuperare competitività, ha necessità di svalutare. Di praticare la svalutazione competitiva che ha consentito all’Italia di crescere e restare concorrenziale per decenni, nonostante le sue molte debolezze strutturali. Salvo che la crisi nata in Grecia volga in catastrofe, è però difficile che l’Italia esca dall’Euro, o che il Sud, per uscire dall’Euro, si stacchi dal resto d’Italia.
Ma per dotare il Sud di una moneta che gli consenta di divenire competitivo, di esportare, di rilanciare la sua economia, di rendersi più attraente per turisti e investitori – per ottenere tutto ciò, non è necessario che il Sud esca dall’Euro. Basterebbe, concordando coi partners europei le modifiche d’uopo al Trattato di Maastricht e connessi, ricorrere a una soluzione già collaudata in passato, ad esempio dal Regno Unito per sostenere l’economia della Scozia (che sta alla ricca Inghilterra come il nostro Sud sta al Nord). Si potrebbe, cioè, dotare il Sud di una sua banca di emissione – chiamiamola Banca di Emissione Meridionale, o BEM – che, sotto un severo e diretto controllo europeo, emetta una valuta – chiamiamola Sud Euro, o Seuro – convertibile in Euro, libera di fluttuare (cioè di svalutarsi quanto basta) verso l’Euro, avente circolazione legale e forzosa solo entro il Meridione. L’emissione di tale valuta aumenterebbe la liquidità circolante nel Sud, facilitando pagamenti, investimenti e consumi, e alleggerendo il Nord di una buona parte dell’onere per il sostegno al Sud. La facilitazione delle esportazioni e, insieme, degli investimenti avvierebbe prevedibilmente un circolo virtuoso ed espansivo, destando le risorse dormienti del Meridione e trasformando questo da zavorra in fattore di crescita.
Ma ci sono molte resistenze a livello europeo, rispetto al mettere in dubbio, in qualsiasi modo, la pur traballante unità formale europea che ci ritroviamo: è più facile che si giunga ad uno shock, quale, ad esempio, l’insolvenza – default di un grande paese come … l’Italia. Si guardi il caso della Germania: Angela Merkel ha perso le ultime elezioni anche e forse per questo pasticciaccio della Grecia coi suoi conti pubblici taroccati (con l’aiuto della stessa banca che la inguaiava) per fare la cicala qualche anno in più.
10.05.10 Marco Della Luna, autore di Euroschiavi e Neuroschiavi (Macroedizioni), Oligarchia (Koinè Nuove Edizioni), consulente di Liberi Industriali Associati.