FAME, VERDE E NUCLEARE
Il mondo sta arrivando rapidamente ai limiti esterni dello sviluppo: esaurimento di alcune risorse-base (metalli) e della capacità della biosfera di sostenere l’inquinamento: in 250 anni stiamo versando nella biosfera tutta l’anidride carbonica fissatasi nei combustibili fossili durante i 60 milioni di anni del Carbonifero – cioè a una velocità 240.000 volte superiore.
I giacimenti di petrolio si esauriscono iniziando con quelli migliori, ossia i più superficiali e quelli contenenti il petrolio più “puro”, ossia che richiede meno trattamento. Rimangono quelli più profondi e di petrolio più sporco. Quindi il petrolio non si esaurisce in senso assoluto, ma produrlo diviene sempre più dispendioso, in termini monetari ed energetici: più costi di estrazione, più costi di raffinazione. Quindi il costo dei prodotti petroliferi – carburanti, combustibili, plastiche, fertilizzanti, antiparassitari – è destinato a salire.
Il carbone rimane abbondante, ma molto inquinante, e ancor più la lignite.
L’impennata esponenziale della crescita industriale e demografica dell’ultimo centennio è avvenuta grazie alla disponibilità soprattutto di molto petrolio a basso prezzo – disponibilità che sta cessando per le ragioni suddette.
La curva dell’incremento della popolazione terrestre è parallela a quello dell’incremento della disponibilità di petrolio.
L’80% del costo di produzione agricola del cibo è relativo al petrolio necessario per spianare, bonificare, irrigare, arare, erpicare, seminare, fertilizzare, diserbare, etc.
Cali dell’offerta e rincari del petrolio si traducono in cali dell’offerta e rincari del cibo – con le conseguenze immaginabili per i miliardi di umani alimentarmente marginali.
L’acidificazione delle acque marine e pluviali sta compromettendo catene biologiche che concorrono notevolmente a sfamare la specie umana, la quale inoltre sta già fortemente intaccando (riducendo) lo stock planetario di pesce, oltre a portare avanti (con diverse pratiche errate) la desertificazione di terreni precedentemente fertili.
I suddetti fattori costituiscono una barriera respingente alla crescita demografica, capace di rovesciarla drammaticamente. La tendenza demografica, per contro, rimane di crescita esponenziale. Quindi prevedibilmente a breve avverrà uno scontro violento tra questo trend e i fattori contrapposti. La violenza di questo scontro potrà essere occasione di conflitti anche bellici, con eventuale coinvolgimento di armi non convenzionali di diversi tipi, con esiti potenzialmente devastanti per la biosfera.
Lo scontro avverrà – si stima – entro il 2030, con tendenza all’anticipazione sulle date calcolate nei decenni scorsi in ragione del forte aumento dei consumi energetici e dell’inquinamento da parte di Cina e India.
A questo sfavorevole scenario si contrappongono le proposte di metodi di produzione energetica detti “verdi”, puliti rinnovabili, da una parte; e, dall’altra, dell’energia prodotta col metodo nucleare.
I metodi verdi si basano tutti (tranne quello mareale, che è gravitazionale ma può soddisfare solo una minima frazione del fabbisogno) sull’energia solare, che viene trasformata in energia elettrica. Ciò vale non solo per quello fotovoltaico e quello fototermico: anche l’energia idroelettrica deriva dall’acqua fatta salire dal sole per evaporazione, e le biomasse derivano dalla fotosintesi clorofilliana. Orbene, nessuna di queste fonti può soddisfare una quota significativa del fabbisogno attuale, e ciò – si badi – non per limiti tecnologici, quindi superabili, ma per insuperabili ragioni fisiche: la seconda legge della termodinamica, il fatto che la potenza solare media ricevuta dalla Terra è circa 200 W al mq, e il fatto che la sua trasformazione in elettricità ha una resa dell’80% coi collettori termici, del 20% col fotovoltaico, del 10% col termoelettrico, del 2% con l’eolico e dell’1% colle coltivazione legnose, e il fatto praticamente non è efficacemente immagazzinabile, sicché per alimentare un aspirapolvere da 1,5 K ci vorrebbero 40 mq di pannelli solari; e per tutto il fabbisogno nazionale (36 miliardi di Watt) 2000 kmq di pannelli solari (costo: 2.400 miliardi – durata anni 20); e questa energia sarebbe disponibile solo durante il dì. Per soddisfare il fabbisogno energetico col bioetnaolo, dovremmo coltivarne 400.ooo kmq, ossia 90.000 più della superficie dell’Italia! Inoltre, il costo industriale di produzione di tutti questi tipi di energia è molto superiore a quello dell’energia derivata da combustibili fossili, e decine di volte superiore rispetto al metodo nucleare. Analogo discorso vale per le altri fonti “verdi”.A ciò si aggiunge che tutti questi metodi “verdi” sottrarrebbero gran parte del territorio ad altri usi. Nei casi più favorevoli, le fonti verdi potrebbero coprire circa il 10% del fabbisogno.
Fino a duecent’anni fa la popolazione terrestre era meno di 1/10 degli attuali 6,7 miliardi, e viveva solamente con energie verdi, rinnovabili, solari. Ritornare all’antico, al solare, all’eco-sostenibile, implicherebbe riportare la popolazione a 500 milioni di umani – ciò considerando che, da un lato, il fabbisogno pro capite di energia è aumentato rispetto a 200 anni fa, ma l’aumento è compensabile con i più efficienti metodi di produzione energetica e con tecnologie, come quelle informatiche, che fanno risparmiare energia.
Questa è la prima opzione.
Non è, invece, un’opzione il risparmio delle fonti fossili, perché il risparmio ha senso solo rispetto a fonti che si rinnovano (ad esempio, gli alberi: non taglio mai più alberi di quanti ne pianto). Kyoto è una frottola planetaria, di cui presto spiegheremo il fine. Risparmiare su fonti che si esauriscono ha senso solo per differire l’esaurimento – ma solo se lo si fa tutti, altrimenti chi lo fa si limita a infliggersi un danno senza contropartita.
La seconda opzione è quella nucleare, integrata col petrolio e col carbone. Astrattamente, sulla carta, la costruzione di centrali elettronucleari potrebbe assicurare disponibilità di energia a costi sostenibili e compatibili con la crescita industriale e col mantenimento e la crescita dell’attuale stock di popolazione. Ma quest’opzione implicherebbe la costruzione di migliaia di tali impianti, in numero crescente, in tutto il mondo,anche in aree instabili, e in un periodo storico caratterizzato dal ridursi ed esaurirsi di alcune materie prime e della disponibilità di primarie fonti alimentari e di acqua potabile. La disponibilità dell’energia con essi prodotta sosterrebbe la crescita demografica. Il rischio di incidenti o di uso bellico o terroristico dell’uranio e del plutonio sarebbe immanente e sempre più intenso. Per non parlare delle scorie radioattive, per le quali non vi è un valido sistema di messa in sicurezza. Questa opzione è quindi la più distruttiva di tutte.
Anche l’opzione di non far nulla, di lasciare che le cose vadano avanti spontaneamente, è pericolosissima, perché porta a conflitti estremi per la conquista delle scorte delle materie prime in esaurimento.
Qual è dunque l’opzione preferibile per un’oligarchia globalizzata che desidera preservare la biosfera, la vivibilità della Terra? E’ l’opzione di puntare decisamente alla riduzione della popolazione a quota 500 milioni – la quota sostenibile con le fonti pulite e rinnovabili. Bisogna pervenire a tale obiettivo evitando conflitti e dissesti che possano compromettere la biosfera, nelle sue componenti. Si tratta di percorrere un sentiero stretto, tra due pericoli egualmente seri: quello di recessioni che suscitino tali conflitti, da una parte; e quello di crescite industriali che ledano gravemente la biosfera. Nel mentre che la si percorre, è opportuno disinformare e distrarre l’opinione pubblica in modo che non capisca la situazione reale e i suoi sbocchi, come qui descritti. A tal fine, si curerà che la popolazione non sia a conoscenza dei dati quantitativi rilevanti, e si diffonderanno errate concezioni e speranze circa le fonti verdi e le fonti nucleari, di fissione e fusione. Si faranno sorgere contrapposizioni ideologiche tra movimenti pro- e antinucleari, ecologisti e sviluppisti – vedi Kyoto e Copenhagen. Al contempo, si finanzieranno investimenti in energia verde e in energia nucleare – realizzando in entrambi un business lucroso per l’industria, la finanza e la politica, a spese del contribuente. Così, inoltre, si sfrutterà parte del reddito degli attuali sette miliardi per costruire impianti energetici puliti adeguati al mezzo miliardo che resterà. Questi, essendo pochi, potranno usare anche il nucleare, se necessario.
Come si attua la riduzione dello stock di popolazione? Le vie sono numerose, e sono disponibili metodi non traumatici. Possiamo concepire una transizione tranquilla, in un certo senso umanitaria, senza visibile violenza: farmaci, vaccini, sostanze chimiche immesse nell’ambiente, nanoparticelle (soprattutto quelle più fini del pm 10) prodotte dai termovalorizzatori e altri impianti industriali, cibi industrialmente prodotti e privati di nutrienti specifici, cibi insalubri per l’infanzia, si ottiene già ora diminuzione della fertilità, delle difese immunitarie, della salute generale nonché aumento dell’incidenza di malattie varie (soprattutto degenerative: tumori, demenze). Non mancano nemmeno gli indizi di uso di agenti patogeni naturali o artefatti. L’aumento dei prezzi e la diminuzione e dell’offerta di cibarie e di acqua potabile è un ulteriore, potente strumento. Per diversi di questi strumenti vi sono prove e indizi che sono già all’opera, con cospicui risultati. La decrescita industriale e demografica sarà aiutata anche con politiche di rarefazione monetaria (credit crunch, debit overhang). Sul fronte dell’informazione di massa, la massiccia, martellante presentazione di notizie di catastrofi, pericoli, epidemie, crolli economico-finanziari instilla un senso di impotenza e ineluttabilità che previene la possibilità di partecipazione di massa a movimenti politici di denuncia e resistenza.
Naturalmente, quanto sopra non esclude la possibilità che intervengano fattori nuovi, come nuove scoperte nel campo della fisica, a risolvere il problema energetico. Ma sottolineo che non basta risolvere il problema energetico: occorre anche risolvere quello delle materie prime in esaurimento, e dell’ecosistema sempre più inquinato e compromesso, con le catene alimentari che si interrompono. Il tutto, tenendo presente che la gran parte della popolazione terrestre, finché ha da mangiare, continua a moltiplicarsi, quindi a moltiplicare il fabbisogno e l’inquinamento; e che portare tutta la popolazione terrestre a un livello di benessere tale che controlli le nascite, è ecologicamente impossibile.
10.12.10
(Per una trattazione più ampia v. il mio Oligarchia per Popoli superflui, Koinè Nuove Edizioni, 2010; per i dati sulla produzione di energia, v. Franco Battaglia, l’Illusione dell’Energia dal Sole, Ed. 21° Secolo, 2010.)