LA RIFORMA PRIMA DI OGNI ALTRA RIFORMA
LA RIFORMA PRIMA DI OGNI ALTRA RIFORMA
Roma, il governo centrale, ha un rating BBB+, di appena un grado sopra la Sicilia di Lombardo e Cuffaro. E Calabria e Campania sono solo un filino meglio o più indietro nel dissesto della Sicilia. Ossia, la Sicilia è un disastro, avendo, per struttura sociopolitica, dissipato follemente per clientele, creste, mafie, ma altre regioni meridionali hanno fatto, avendo analoga struttura, esattamente la medesima cosa, che in fondo ha fatto e fa anche Roma, dato che a Roma non si ha la maggioranza e non si governa senza i voti della Sicilia e della Campania, e in generale dei territori che hanno la struttura e i costumi sociopolitici della Sicilia. Ciò vale per la destra come per la sinistra, che hanno dovuto allearsi con quella struttura sociopolitica per vincere le elezioni e per governare. E’ davvero ipocrita accusare un partito di collusione con la mafia: come potrebbe evitarlo senza accettare di perdere a priori? Perciò da Roma, dallo Stato italiano, non può venire alcun risanamento di quelle regioni, alcun cambiamento di quelle mentalità, ma solo la crescita di una tassazione che già è la più pesante del mondo e che viene in buona parte rubata dalla politica e dall’affarismo dentro le istituzioni, che ne rendono solo una povera parte in grami servizi pubblici e in scarse opere pubbliche. Finora, anche con Monti, si è finto di fare ed eseguire riforme correttive, ma non ci crede più nessuno, soprattutto nelle capitali che contano e nelle agenzie che pesano, perché tutti hanno capito che la struttura sociopolitica dell’Italia è tale, che non è possibile che faccia tali riforme. Monti ha cercato di simulare di adempiere le prescrizioni della famosa bolla della BCE, ma le sue manovre, le sue liberalizzazioni, le sue riforme e la sua spending review sono una serie di ciofeche che non cambiano nulla nella sostanza, salvaguardano privilegi e posizioni oligopolistiche e spingono ulteriormente il paese in recessione. Berlino lo ha capito, e fa passi indietro, sta a guardare, non finanzierà mai il sistema siculo e quelli analoghi, sono imprensentabili all’elettore e al contribuente tedeschi. Politiche keynesiane, di spesa anche a deficit per espandere rapidamente l’economia, presuppongono che il sistema nazionale di spesa sia razionale e in mano a soggetti con caratteristiche opposte a quelli che governano l’Italia e soprattutto certe sue regioni.
La riforma da fare, quella necessaria perché si facciano e funzionino tutte le altre riforme, è sciogliere un paese composto da mentalità e costumi ed esigenze monetarie troppo diverse tra di loro. Tirare una linea, istituire una frontiera, da qualche parte tra Viterbo e il Po. Rendere il Sud e il Nord indipendenti.
Il Nord che, libero dal balzello di circa 100 miliardi l’anno per il Sud e Roma, va in avanzo di bilancio e investe per recuperare la distanza competitiva perduta sui paesi avanzati. E rimanda a casa loro, per quanto possibile, tutti quei personaggi venuti a portare schemi criminali di tipo mafioso nelle aziende, nelle banche, nelle pubbliche amministrazioni.
Il Sud, con Roma, a fare i conti, finalmente, con le proprie storture, quindi ad avere un vero incentivo per risolverle – a fare i conti con quanto lavora e produce e spreca, e quanto vuole spendere e come e attraverso chi, senza più scaricare il suo disavanzo sul Nord via Roma, quindi responsabilizzandosi per se stesso. E che esce dall’Euro e svaluta del 30% e così attira investimenti e turismo, e recupera competitività, quindi recupera progettualità, galvanizza la sua unica ingegnosità, che è stata compressa e distorta dall’integrazione in uno Stato unitario in cui il Sud aveva il mortificante ruolo di consumatore di reddito, serbatoio di braccia, fornitore di consenso e burocrati al regime.
Insomma, non si tratterebbe, come diversi miei emotivi e ideologici lettori hanno inteso, di una operazione contro il Sud e per il Nord, bensì di un’operazione per rilanciare entrambi, liberando entrambi da un meccanismo che soffoca entrambi.
Molti aspirano a togliere di mezzo la partitocrazia con una rivoluzione popolare; ma anche una rivoluzione che eliminasse i partiti attuali lascerebbe intatta la struttura che li genera, ossia i massicci trasferimenti di reddito da Nord a Sud e Roma – trasferimenti su cui la partitocrazia prospera e si perpetua. Se si pone fine al presupposto dei trasferimenti, solo allora la particrazia perderà il suo alimento e sarà possibile (anche se non sicuro) che si formino classi politiche e amministrative tali da rappresentare il popolo e da gestire decentemente i suoi soldi, e da persuadere i capitali a ritornare e investire, e i tedeschi a paermettere che la BCE diventi prestatore di ultima istanza e garante dei debiti pubblici, e magari anche , col tempo, a mutualizzare i debiti pubblici.
La soluzione ai problemi dell’Euro potrà essere, sulla carta, la piena integrazione politica; ma I tedeschi e i popoli simili non accetteranno mai di integrarsi con popoli di cui hanno visto le caratteristiche all’opera, dalla Grecia alla Sicilia. Non sono masochisti. Stanno lavorando per costruire non un’Europa unita e solidale, ma una gabbia istituzionale, un organismo finanziario autocratico e tecnocratico da loro gestito, con cui essi domineranno e adatteranno ai loro interessi economici paesi come l’Italia, la Grecia , la Spagna. Restare uniti, per il Nord e per il Sud d’Italia, significa finire in questa condizione. Presto.
21.07.12 Marco Della Luna