ULTIMA CHANCE PER MPS
ULTIMA CHANCE PER MPS
Ritorni banca regionale di credito e risparmio
Da quando, a seguito di ripetute acquisizioni “sbagliate”, una singola, grande operazione fraudolenta l’ha svuotato di quasi tutti i suoi soldi, il MPS non è più ritornato alla vitalità nonostante tagli alle spese (soprattutto per il personale), diversi aumenti di capitale e i 3 miliardi di Monti-bonds – interventi che, al massimo, se non interviene qualcosa di più serio e strutturale, serviranno sostanzialmente a rinviare il default per garantire la prescrizione di alcuni reati di managers e di politici retrostanti e per rinviare a dopo le elezioni gli scandali che potrebbero travolgere la forza politica che controlla storicamente la banca. Il rilancio attraverso il Progetto Regata ora in corso è illusorio: consistendo in un pressing telefonico da call centre sulla clientela per indurla a comperare prodotti finanziari, otterrà sì un incremento della raccolta, ma per un breve tempo: migliorerà i bilanci intermedi, ma sarà un fuoco di paglia, perché la clientela ha pochi soldi da investire, e una volta raccolti quelli disponibili, il fuoco si spegnerà.
La nuova maggioranza della Fondazione MPS, con la sua presidente (toscana) Antonella Mansi, a fine 2013 ha rinviato a non prima di maggio la possibilità del nuovo aumento di capitale di 3 miliardi propugnato dal presidente e dal direttore generale di MPS, Profumo e Viola, in sintonia col governo Saccomanni-Letta.
Questo rinvio è una mossa potentissima, che spinge, credo in modo decisivo e coraggioso, il Monte verso o la nazionalizzazione o il ritorno alle sue sane origini di banca regionale di raccolta e credito, previa vendita delle filiali fuori dalla Toscana e dalle aree limitrofe; col ricavo di queste cessioni si ricapitalizzerebbe il Monte.
Il rinvio perlomeno a maggio è una mossa potentissima perché a maggio l’aumento di capitale non sarà, verosimilmente, più realizzabile. Chi è il pazzo che investirebbe 3 miliardi, per giunta destinati non ad aumentare la redditività ma a rimborsare un prestito, in una banca in gravi e persistenti difficoltà, mentre è in corso il controllo contabile con stress test (la Asset Quality Review), decisi dall’Ecofin il 19-20 dicembre scorsi e che inizieranno in marzo e finirà in novembre? Col rischio che il Monte vada incontro al peggio? Potrebbe farlo solo qualche cordata vicina al regime, pronta a sborsare quei tre miliardi che finiranno in tasca al governo, ma in cambio di una contropartita, di una copertura per fare un mega-botto finale. Potrebbero farlo capitali mafiosi, che salvano la grande banca dissestata, quindi i poteri politici responsabili del dissesto, in cambio di una licenza di riciclaggio illimitata.
Se non si fa l’aumento di capitale, i Monti-bonds non rimborsati si convertiranno in azioni, e lo Stato si ritroverà azionista di maggioranza assoluta. Tuttavia, ancor prima, già da maggio direi, l’audit-stress test potrebbe far tracollare la situazione, se porterà alla luce contenzioso sommerso o sospeso e altri abbellimenti dei bilanci. Allora dovrebbe scattare il bail-in, secondo i recenti accordi Ecofin: gli azionisti perderebbero tutto, gli obbligazionisti diverrebbero azionisti, i depositi sarebbero decurtati…
L’alternativa alla nazionalizzazione, al commissariamento, al bail-in, l’alternativa che io raccomando, sarebbe quella sopra indicata, cioè rifare di MPS una banca locale, rivolta all’economia reale, come era in principio. E meglio ancora con uscita dalla borsa, recupero della maggioranza delle azioni nelle mani della Fondazione MPS (ed eventualmente di altre fondazioni e, meglio ancora, dei dipendenti), nonché rigorosa esclusione dei partiti (ridimostratisi veicolo di crimine) da ogni potere sulle nomine e la gestione. Per contro, dovrà essere conservato e recuperato il personale di formazione montepaschina (ormai minoranza dell’organico) in luogo dello sciame di replicanti allevati dalle ultime, non rimpiante gestioni, da quella del 4 You in poi.
20.01.14 Marco Della Luna