RENZI PARLA INGLESE: NOTE PSICOLOGICHE
RENZI PARLA INGLESE: NOTE PSICOLOGICHE
Il fenomeno “Matteo Renzi” ha comportamenti di notevole rilevanza per lo psicologo e lo psichiatra, anche se non necessariamente di rilevanza clinica.
Partiamo del suo ormai famoso discorso in “inglese” di 30′ a braccio a Venezia, vedi https://www.youtube.com/watch?v=XH0CSzdHwg0 , davanti a un pubblico internazionale. Diversi siti lo hanno ripreso e rilanciato perché ridicolo nella sua goffaggine e inadeguatezza, col suo inglese inventato sul momento e pronunciato in toscano. Un sito https://www.youtube.com/watch?v=kPKEidF5oP8
riporta il giudizio di una istituto per la lingua inglese che, dopo avere ascoltato qualche minuto di Renzi che parla, lo ha classificato, ai fini dell’insegnamento, nella classe dei principianti.
Visionare fino in fondo questa sua prestazione pubblica ci ha creato disagio e imbarazzo. Non potevamo credere che un premier, soprattutto nella posizione di presidenza dell’UE, si esponesse in un tale modo, coinvolgendo il Paese che rappresenta. Una persona normale è portata a pensare che mai si esibirebbe in quel modo, a meno che fosse un buffone e lo facesse per suscitare ilarità, ma questo non era il caso. Renzi non fa il buffone. Non cerca di far ridere. Fa sul serio.
Rileviamo altri comportamenti di questo tipo: le promesse di una riforma ogni mese, non mantenuta; l’assicurazione di aver ottenuto dalla Merkel e dall’Europa flessibilità per gli investimenti, prontamente smentita dagli interessati; la promessa del rilancio della domanda interna grazie agli 80 euro al mese, non avveratasi; certi provvedimenti sulle pensioni, che si è dovuto rimangiare perché non ci sono i soldi; le ufficiali rassicurazioni sul pil a + 0,8%, smentite dai fatti; la promessa di conti pubblici sotto controllo, smentita dall’impennata di aumento dell’indebitamento durante il suo governo – per non dire della sua celebre rassicurazione a Letta: “Enrico stai sereno!”
E allora (avvertendo che non si possono fare diagnosi in questo modo, né noi intendiamo farne, limitandoci ad ipotesi astratte, astratte soprattutto dalla persona concreta, che non ci permettiamo di giudicare per ciò che non conosciamo) a che condizioni psico(pato)logiche possono corrispondere questi comportamenti di Renzi?
A nessuna, presumiamo, perché Renzi agisce come politico professionista, cioè fa quello che fa seguendo un marketing studiato appositamente (e ricordiamo che egli viene dal marketing, che è un tecnico pubblicitario), secondo cui egli deve farsi percepire – forse per stupire e sembrare una vera novità e svolta nel vistoso contrasto con gli ascetici, supertecnici e professorali Monti e Letta, che tanto hanno deluso – come spontaneo, simpatico, accattivante, guascone, spaccone, ignorantello, sfacciatello, provinciale, bullo, spiccio, rock – che col suo decisionismo politico passa sopra al pessimismo dei tecnici.
Quindi, il fatto che egli impersoni un personaggio con questi tratti, e che abbia successo facendolo, dice molto più sulla mentalità di chi gli dà fiducia, che sulla sua. Dice che quel profilo viene percepito come quello adeguato a dare speranza e sicurezza in questo momento, che è quello che milioni di elettori vedono come la risposta adeguata alla “crisi” e che lo sentono in sintonia con se stessi. E infondo Renzi sta impersonando uno stereotipo nazionale.
Certo, per fare il politico in questo modo, come per fare l’attore, bisogna avere una personalità particolare, non comune, non inibita da un certo senso della “dignità”.
Se Renzi non fosse, come politico, un professionista dell’apparire, cioè se parlassimo di una persona con un ruolo sociale normale e che si comporta spontaneamente, ci sarebbero due ipotesi di tipo psicologico, tra loro alternative, per spiegare il suo suddescritto comportamento:
1) soggetto appartenente allo spettro bipolare, ovvero a un temperamento ipertimico (grandi energie, grandi idee, sopravvalutazione delle proprie capacità e mezzi, con pari incoscienza dei propri limiti e cecità ai propri insuccessi: il soggetto non si accorge di promettere ciò che non può mantenere, di intraprendere cose di cui non è capace, di fare brutte figure e di apparire ridicolo), che, come ben conosciuto dagli esperti nel settore, è sempre suscettibile di un “upgrade” in forme di rilievo clinico, quali gli episodi di eccitamento maniacale, o brusche cadute depressive, spesso fugaci e occulte (se non a se stesso), quando la macchina sempre su di giri non regge momentaneamente ai colpi della realtà.
2) soggetto con un disturbo paranoico (che le moderne classificazioni psichiatriche, v. DSM-5, tendono sempre più ad ignorare), cioè una struttura mentale in cui il soggetto ha una percezione grandiosa ed irrealistica di se stesso, della propria missione, un po’ come Don Chisciotte, e come il cavaliere della Mancha è esposto al rischio di uno scontro improvviso e psicologicamente insostenibile con la realtà, e al conseguente crollo dell’umore (Don Chisciotte arriva a morte in questo modo, quando appunto rinsavisce); Uno come Renzi,se la nostra ipotesi generale gli si potesse attagliare, rischierebbe questo esito se, come non è improbabile, la sua azione fallisse, sia in quanto alla sua politica economica, che in quanto alla sua campagna di riforme. Non dimentichiamo, d’altra parte, che un trait d’union tra le due condizioni ipotizzate esiste, in quanto gli psichiatri classici parlavano della paranoia come di una “mania fredda”, ovverosia una condizione cronica che colpisce in particolare il pensiero, senza manifestazioni eclatanti sul piano motorio-comportamentale.
In entrambi i casi, le manifestazioni patologiche palesi, quelle che farebbero percepire il personaggio come un malato di mente, distruggendone il carisma popolare, sarebbero facilmente prevenibili e mascherabili con opportuni trattamenti farmacologici.
Le due ipotesi hanno in comune una coloritura narcisistica del soggetto, una tendenza all’esaltazione di sè che copre e cerca di ipercompensare un fondo di umore depresso e di insicurezza del proprio valore.
Una caratteristica che deve impressionare è un confronto con i tipi che posseggono queste “qualità”. Sono carismatici, riescono a “invalvolare” la testa altrui con le loro grandiosità e guasconerie, facendo quello che una persona “normale” non farebbe mai. Se ad es. noi conoscessimo l’inglese come lo conosce questo premier, non ci butteremmo mai in pasto allo scherno. Ma in un certo senso l’ammiriamo perché lo fa: cioè si espone credendo di essere simpatico come Benigni per la consegna degli Oscar. Il duro studio, il sudore che ci vogliono per conseguire certe abilità non lo riguardano. Purtroppo le caratteristiche che possiede sono proprie di molti politici nazionali, anzi dell’immagine che i politici italiani si sono meritata all’estero. E la brutta figura non la fa lui in particolare, ma ce la fa fare a tutti: italiani poco seri e buffoneschi.
In quanto però Renzi è un politico professionista, quindi un professionista dell’apparire, anziché alle ipotesi psicologiche (o psicopatologiche), pensiamo a quella del marketing, ossia che egli si esponga alle figuracce e faccia le cose che fa in esecuzione di un programma di comunicazione persuasiva. Io (Marco della Luna) ricordo, per averlo conosciuto personalmente, il grande Mike Buongiorno: era una persona molto manageriale, lucidissima e intelligente, che faceva gaffes per apparire più umano e più alla mano, per presentare un’immagine quindi più penetrante delle persone semplici che costituivano il grosso della sua audience.
Oggettivamente, Renzi era fino a ieri un politico locale, di modesta cultura e levatura, non certo dotato della stoffa e della competenza dello statista, come confermano i suoi ripetuti insuccessi europei rispetto alle promesse e rassicurazioni. Perciò la sua folgorante e verticale carriera si spiega presumibilmente non in virtù dei mezzi suoi propri, ma nel senso che è stato scelto per le sue doti, costruito con abile marketing, e spinto in alto a svolgere un compito, o un pezzo di un compito già iniziato dai suoi predecessori, che tanto rapidamente si sono bruciati.
01.08.14 Marco Della Luna e Paolo Cioni (psichiatra)