DISSIDENTI DEM: IL GIOCO DELLE PARTI
I “dissidenti” dell’ala sinistra del PD hanno montato e stanno menando per l’aia, da tempo, rumorosamente, inconcludentemente, una apparente battaglia interna su temi interessanti ma marginali ai fini pratici, ai fini dell’emergenza, temi quali il Jobs Act, che in fondo introduce cambiamenti modesti rispetto a quanto già fatto dai governi precedenti.
I “dissidenti” criticano Renzi sui aspetti limitati e su qualche principio, mentre la critica reale sarebbe quella sui risultati pratici del suo governo e su dove ci sta portando in concreto e a breve. Cioè, sarebbe chiedergli di andarsene e togliergli la fiducia semplicemente perché ha completamente fallito e non ha un piano alternativo, e si difende solo mentendo sui dati e attribuendo la colpa a capri espiatori come i gufi, i frenatori, i dissidenti, i conservatori. Il dato di realtà è che, anche con lui, continuano a crescere disoccupazione, indebitamento, deficit, pressione fiscale. Gli sgravi fiscali (taglio irap, decontribuzione, 80 euro) sono stati molto enfatizzati e percepiti – mentre sono stati sottaciuti i costi di questi sgravi, in termini di maggiori tasse sulla casa e su molte altre cose).
A giugno scatterà la clausola di salvaguardia che porta l’iva al 25%, in mancanza di ripresa del PIL. Vi immaginate la conseguenza per la domanda interna?
La fiduciosissima promessa renziana di un rilancio mediante investimenti massicci europei è stata stroncata proprio dalla Commissione europea e dal quello Juncker che egli ha sostenuto e votato, oltre che dal paese guida, la Germania. La sua presidenza semestrale dell’UE è contata zero. La spending review è stata fermata proprio da lui: minacciava il meccanismo del consenso partitocratico. E proprio rispetto a questo totale insuccesso, o meglio bluff, è evidente che egli non ha un piano alternativo, un piano b, cioè l’uscita dall’euro se entro marzo l’euro non verrà riformato e gli investimenti non verranno iniziati in misura adeguata, non la pagliacciata dei 21 miliardi per tutta l’UE. C’è bisogno di almeno 2.000, almeno cioè quanto la BCE ha dispensato alle banche per aggiustarsi.
Sulla rotta attuale, dove sta andando l’Italia, con una pressione fiscale sulle imprese del 68% contro il 47% di Stati Uniti e Germania? Con un cambio artificialmente alto e non aggiustabile che ostacola le esportazioni e favorisce le importazioni? Con l’impossibilità di fare investimenti antirecessivi a causa dei vincoli europei di bilancio e della rinuncia al controllo della moneta? Nel mercato competitivo globale, con queste premesse, l’Italia è semplicemente e automaticamente spacciata, e senza bisogno di aspettare che i milioni di disoccupati, sottoccupati, maloccupati, inoccupati e precari di oggi diventino i pensionati alla fame di domani.
Le promesse e le rassicurazioni di Renzi sono balle che nascondono la catastrofe imminente, così vicina che Renzi e Berlusconi non provano nemmeno a evitarla, e preferiscono, con la spinta di Merkel e Napolitano, correre a riforme elettorali e parlamentari mirate a porre la partitocrazia in grado di tenere in pugno il Paese anche nell’imminente periodo di rovina economica e rottura sociale.
Se l’opposizione interna del partito democratico fosse sincera, darebbe battaglia su questo contro Matteo Renzi, sul sistema, non su temi seri ma marginali. Direbbe che, senza un’inversione immediata della rotta, finiamo diritti sugli scogli esattamente come la Costa Concordia in mano a Schettino. Non continuerebbe a votargli la fiducia, ma gliela negherebbe apertamente denunciando le sue vere intenzioni, ormai chiarissime. Intenzioni che continuano quelle dei suoi predecessori. E non si scuserebbe dicendo di essere troppo debole quantitativamente per fare una scissione efficace: si sa benissimo che le grosse scissioni nell’apparato di un partito non avvengono fintantoché il partito garantisce all’apparato i suoi abituali profitti da “intermediazione politica”. E ora, figuriamoci, gli apparati pregustano le spese per le Olimpiadi del 2024…
In tutto ciò, la sensazione è che i supposti dissidenti interni del partito Renzi realtà stiano facendo il gioco delle parti, d’accordo con Renzi, nel senso che inscenano, nella tradizione del migliore PCI entro il vecchio consociativismo, un’opposizione di sinistra allo scopo che il partito di Renzi e delle riforme inutili e autoritarie non perda suoi elettori di sinistra, che questi ancora si illudano di essere rappresentati dentro quel partito.