MERKEL E SERSE: CONQUISTARE LA GRECIA
MERKEL E SERSE: CONQUISTARE LA GRECIA
Populisti anti-europei o Anti-imperialisti? Chi vuole cedere sovranità alla UE o alla BCE, in realtà la vuole cedere alla Germania. Non c’è alcuna “Unione”, solo Finzione.
„Erneut zerstört eine deutsche Regierung Europa“, ossia “Nuovamente un governo tedesco distrugge l’Europa”, titolava ieri in prima pagina Handelsblatt, omologo tedesco de Il Sole 24 Ore, nella sua edizione online (il primo fu il governo Bethmann-Hollweg nel 1914-18, il secondo il governo Hitler nel 1938-45, il terzo il governo Merkel, oggi); e mette in bella mostra gli elmi chiodati del II Reich che distrusse l’Europa (e consentì l’egemonia degli USA) scatenando la I Guerra Mondiale, e scatenandola nel modo più sporco: l’invasione del Belgio neutrale, le stragi di civili innocenti, la distruzione gratuita di centri urbani, l’uso massiccio dei gas mortali. Un altro articolo definisce il ministro delle finanze Schäuble “Il seppellitore (Totengräber) dell’Europa”. A intendere: nella vicenda greca, la Germania ha dimostrato che l’Unione Europea non ha una politica propria, è solo una facciata e uno strumento per i suoi interessi egoistici, nazionalistici e imperialistici rispetto agli altri paesi europei. Adesso che tutti lo vedono, l’illusione idealistica e sentimentale dell’unificazione europea, la retorica dei “padri fondatori” e tutte le altre corbellerie, appaiono per quel che sono sempre state: camuffamenti. Tsipras, il doppiogiochista bifronte, ha tradito sia il mandato elettorale che quello referendario del suo popolo, finendo per imporgli condizioni addirittura più schiaccianti di quelle inizialmente richieste dalla Germania, per fare lo sporco gioco di questa, condannando la Grecia a misure incompatibili col risanamento, perché aumentare le tasse sui redditi e l’iva a un’industria già agonizzante significa voler ammazzare l’economia e peggiorare quindi il rapporto deficit/pil. E licenziamenti massicci con una disoccupazione al 25% sono un suicidio sociale. L’insostenibilità del debito pubblico greco si ripresenterà entro l’anno, aggravata dal calo della produzione e dell’occupazione. Qual è dunque l’obiettivo di Berlino (e quindi del governo fantoccio di Bruxelles)? Disastrare la Grecia per impadronirsi, o far sì che i capitalisti finanziari franco-tedeschi si impadroniscano dei beni pubblici che il traditore Tsipras col suo parlamento di nominati (come quello italiano) metterà nel fondo di garanzia da 50 miliardi. E far man bassa nelle privatizzazioni che Atene sarà forzata ad eseguire col peggiorare programmato della sua crisi debitoria. La Grecia ha avuto diversi traditori prima di Alexis Tsipras, a cominciare dal famoso Efialte, che insegnò ai persiani di Serse un sentiero segreto attraverso i monti per prendere alle spalle i difensori delle Termopili. I difensori delle Termopili sono sempre giustamente commemorati e celebrati, mentre Efialte è passato come lo sterco dei muli di Serse. Il governo Merkel, venendo allo scoperto come il padrone incontrastato e il vero manovratore delle istituzioni europee, ha distrutto l’Europa, o meglio l’illusione del processo di unificazione europea.
Ormai il re è nudo, cioè tutti vedono che l’apparato detto “Unione Europea” è una macchina di sottomissione in mano al governo e alla finanza germanici, che non ci sono né democrazia né eguaglianza né solidarietà né giustizia né sane ricette economiche né un progetto costruttivo, ma solo il progetto tedesco di indebitare, indebolire e spadroneggiare in un Lebensraum in via di conquista. Razziare gli assets pregiati e far lavorare la gente in condizione di servitù, senza garanzie e senza progetti di vita, solo per pagare interessi su pretesi debiti contratti in cambio di denaro contabile, generato a costo zero da banchieri-usurai. L’opinione pubblica tedesca se ne frega, se la mortalità infantile in Grecia sale del 45%. L’imperialismo genocida tipicamente tedesco riemerge periodicamente per guidare alla vittoria i cancellieri “forti”. I quali sinora hanno poi sempre perso, perché si sono messi contro il mondo.
Il problema è però chi sta dietro Berlino e la sua campagna di conquiste: quale potenza consente alla Germania di spadroneggiare incontrastata e imporre tutto ciò che vuole senza nemmeno negoziare, ma piegando e umiliando chi osa opporsi (ma insieme la costringe a tenersi la Grecia nell’Euro in modo che non passi con Putin)? Necessariamente una potenza che dispone di superiori forze non solo economiche, ma anche militari: gli USA, o meglio la power élite che governa Washington, ai cui disegni globali la Germania, con le sue caratteristiche di efficienza e amoralità, è strumentale. Fu grazie alla I Guerra Mondiale scatenata dalla Germania, alle distruzioni e ai debiti che essa produsse, che gli USA soppiantarono l’Impero britannico e le potenze europee. Fu grazie ai finanziamenti delle banche e della grande industria americana, continuati anche durante la guerra, che Hitler ricostruì e riarmò la Germania; fu grazie alla II Guerra Mondiale, che Wall Street impose al mondo il suo ordine monetario, anche col Piano Marshall e la ricostruzione; le stesse basi eugenetiche e razziste dei genocidi nazisti erano state preparate negli USA (da Stoddard e altri) su basi darwinistiche e poi “passate” ai tedeschi! Analogamente su basi di darwinismo economico è stata elaborata negli USA la fatale teoria neomonetarista, e poi la si è impiantata nella testolina dello Herrenvolk, come programma per l’Europa.
Storicamente, la Germania è uno strumento con cui lo zio Sam prima massacra l’Europa, poi la libera e la sottomette, usando i cattivi Tedeschi come capro espiatorio. Anche in questi giorni, dietro il bailamme della crisi greca, sta ottenendo il voto favorevole del parlamento europeo al TTIP. Già l’Italia, come la Grecia, ha avuto ed ha governi imposti da Berlino, ma guidati da personaggi della banca americana Goldman Sachs, per fare gli interessi stranieri. Governi che hanno massacrato questo Paese, i cui conti reggono oggi solo perché il Q.E. di Draghi li sostiene, abbassando lo spread; ma quando il Q.E. finirà, il debito italiano rischia seriamente una crisi di sostenibilità come quello greco. Oggi Brunetta dice “io e Forza Italia non cederemo mai la sovranità a Schäuble”, ma fino a due anni fa hanno votato tutto quello che serviva per cederla! Nel 2012 dedicai ai governi imposti da Berlino un breve saggio, Traditori al Governo. Ma già da prima era chiarissimo dove la Germania ci stava spingendo: pubblico qui stralci di miei articoli di quasi 5 anni fa. Ecco, tenete presente che si sapeva dove la Germania ci stava portando, e non si è fatto nulla per impedirlo, anzi i nostri tromboni di Stato lo hanno tenuto nascosto, o addirittura solennemente negato, all’opinione pubblica…
LA BOLLA EUROPA – 08.09.10 L’Euro veniva presentato agli Italiani come una panacea, una garanzia di aggancio alla prosperità ed efficienza tedesche, ma anche alla rispettabilità del sistema tedesco. Si diceva – per giustificare fortissimi e numerosi prelievi fiscali “allo scopo di entrare nell’Euro” – che, a) entrando nell’Euro, avremmo salvaguardato il nostro potere d’acquisto; e, b) che i paesi forti si sarebbero fatti carico del nostro enorme debito pubblico. Si trattava di fare un modico sacrificio per essere ammessi all’interno del club dell’Euro, e poi la strada sarebbe stata in discesa. Una furbata, un affarone, insomma. Invece è accaduto tutt’altro, e troppi se ne sono accorti: il passaggio all’Euro a) ha tagliato del 40% circa il potere d’acquisto e, b) ci ha lasciato sulle spalle tutto il debito pubblico – perché era falso, era una menzogna, che entrare nell’Euro avrebbe comportato la comunitarizzazione dei singoli debiti pubblici nazionali. Per giunta, ci ha privati della possibilità di ridurre il debito pubblico, in quanto ha peggiorato il rapporto pil/spesa pubblica, poiché, impedendo la svalutazione competitiva, ha bloccato lo sviluppo economico, ci ha fatto perdere sia quote di mercato estero e costretti a interno, che quote di occupazione. Si osservi come le aspettative popolari circa l’UE e l’Euro fossero sostanzialmente opposte, tra Italia e paesi forti, nel senso che questi ultimi li vedevano come occasione e mezzo per dispiegare ed espandere la propria forza politico-economica, e non certo per farsi assistere o per aiutare altri. L’ultima sveglia è arrivata mesi fa, allorché la Germania ha messo in chiaro e dimostrato coi fatti che non si farà assolutamente carico dei problemi dei paesi deboli, e che i popoli come i Tedeschi, che hanno le qualità giuste e le mettono in pratica – i popoli laboriosi, efficienti, seri, concreti, ligi alle norme – vanno avanti, reggendo il confronto con la globalizzazione, la Cina, l’India, la Turchia. I popoli parolai, inefficienti e assistenzialisti, sono per contro destinati a un rapido impoverimento. Impoverimento che oramai appare avere una causa non tanto contingente e politica, quanto etnico-culturale, radicata nella mentalità sociale, nelle prassi abituali del singolo popolo circa il lavoro, le regole, l’amministrazione. … …
UN’ANGELA PER LA “SOLUZIONE FINALE”? – 29.11.10 Berlino autorevolmente prescrive alle altre capitali dell’Eurozona di affrontare l’inverno con una dieta ipocalorica. Di conseguenza, in Italia, sull’agenda del che sarà in carica nella prossima primavera, campeggia l’esecuzione di un’imposizione comunitaria (cioè tedesca) ad abbattere fortemente o ad annullare il deficit di bilancio per riportare il debito pubblico al 60% del pil in 5 anni – cosa che si può fare solo tagliando gli investimenti e i servizi pubblici, e alzando le tasse, e che darà pretesto per far cassa svendendo i pezzi migliori del patrimonio pubblico ai soliti amici e parenti. Peccato che, come già provato e riprovato, e come la confraternita dell’Ecofin sa benissimo, questa ricetta provochi contrazione dei consumi e degli investimenti privati, quindi calo del pil e del gettito fiscale e della capacità di avviare il rimborso del debito pubblico. Cioè peggiori la crisi impedendo di uscirne. Tranne che in Germania, unico grande paese europeo che non sia in recessione bensì in forte espansione e che, quindi, abbia non danno, ma vantaggio (salvo quanto si dirà sotto) da una politica di rigore e raffreddamento, e che prevenga l’inflazione, soprattutto finché non sarà completata l’assimilazione perequativa dell’ex DDR, in cui fermentano ancora nostalgie comuniste e neonaziste. Quello che si sta per imporre a tutti i paesi europei è una politica di rigore che è stabilizzante e anticiclica per i paesi con economia in crescita, e depressiva (prociclica) per quelli con economia fiacca. E’ come se, in un gruppo di persone di cui alcune sono sovralimentate e sovrappeso, e le altre, la maggioranza, sottoalimentate come i prigionieri dei campi di concentramento, le prime imponessero alle seconde una drastica dieta dimagrante, chiamandola “virtuosità”. … … Se un paese come l’Italia, con un deficit e un debito pubblico alti, scarse infrastrutture, bassa innovazione, cedente competitività, in una fase di recessione come l’attuale, dovesse abbattere ulteriormente la spesa pubblica, innanzitutto ridurrebbe i redditi e la quantità di liquidi disponibile al mercato, e ciò di per sé indurrebbe più recessione. Non sarebbe una policy virtuosa, ma stolta e suicida. Inoltre, non potendo ridurre se non marginalmente la spesa corrente (costituita perlopiù da interessi passivi, stipendi, pensioni, sanità), dovrebbe fare due cose: azzerare praticamente la spesa per investimenti (ricerca, infrastrutture, innovazione) e aumentare la tassazione. La seconda cosa indurrebbe un calo della domanda interna. La prima cosa, impedendo l’ammodernamento e l’infrastrutturazione, e prevenendo il ritorno dei capitali privati nell’economia reale, produrrebbe con certezza l’effetto di rendere l’economia italiana rapidamente obsoleta e a livello nordafricano, di renderla non più in grado di competere con quelle avanzate e forti, soprattutto con la Germania (ed è appunto ciò che la Merkel vuole). Il conseguente calo del pil in breve tempo rigenererebbe un alto deficit e l’impossibilità definitiva di ridurre, o forse anche di sostenere, il debito pubblico. Si va verso il default. La ricetta di rigore imposta in sede UE dalla Germania, dietro i suoi falsi scopi dichiarati, ha quindi questo chiarissimo fine: sabotare ed eliminare, imponendo la pseudo-virtuosità, quei paesi europei (Italia, Spagna, Portogallo, Grecia, Francia) le cui economie potrebbero fare concorrenza a quella tedesca. La Germania vuole assicurarsi sviluppo e occupazione eliminando i concorrenti. Inoltre, mettendoli in condizione di non poter sostenere il loro debito pubblico, li forzerà a uscire dall’Euro, oppure creerà sull’Euro tensioni tali, da essere legittimata, o costretta, ad uscirne essa stessa, come già vuole il 65% dei tedeschi. Ma non lo poteva fare al tempo della crisi greca, e nemmeno oggi: prima deve completare l’opera, tagliare a fondo e per sempre (Endlösung, soluzione finale) le gambe ai concorrenti, in modo tale che non possano ricrescere, perché altrimenti questi potrebbero ancora farle un’efficace concorrenza. Li tiene stretti entro l’Euro, valuta forte, per soffocarne la concorrenzialità internazionale, la capacità di esportare, il potenziale manifatturiero, così che affondino nel debito estero. Solo dopo di ciò li lascerà, o li farà, uscire dall’Euro. La politica del governo tedesco mira pertanto a mettere in ginocchio l’Europa, per poi assumerne il dominio, l’egemonia, o – per dirla alla tedesca – la Führerschaft, e a farne il suo Lebensraum, lo spazio vitale, nel quale assorbire l’aliquota di tedeschi disoccupati già ora generata dalla sua politica monetaria “renana” di pareggio di bilancio, niente inflazione, alti tassi, alti investimenti. E in cui smerciare i suoi prodotti a superiore tecnologia, stabilendone il prezzo pressoché unilateralmente (price maker). Berlino vuole restare la sola potenza del Vecchio Continente, col suo contorno di piccoli paesi, satelliti della stirpe germanica e della sua valuta: i Währungsangehörigen. Le sue imposizioni di politica monetaria in sede comunitaria, per violenza e distruttività, sono equivalenti a una campagna militare. Sì, il sogno di conquista è tornato, a Berlino. Angela Merkel, come qualsiasi Bundeskanzler, risponde delle sue azioni solo ai Tedeschi, non agli altri Europei. Impone le sua politica economico-finanziaria a tutta l’Eurozona, però la decide guardando al consenso e all’interesse dei soli Tedeschi. A cui sacrifica l’interesse degli altri popoli. Questo si chiama imperialismo. Imperialismo ostile. Esso, relegando le istituzioni europee, coi vari Van Rompuy e Solana, al ruolo di comparse, di immagini di facciata, senza potere proprio, toglie alle istituzioni europee la capacità di rappresentare i cittadini europei. Quindi delegittima l’Unione dal punto di vista della democrazia: non esiste, infatti, legittimazione democratica senza rappresentanza. Oggi come le altre volte, i piani di supremazia della Germania sono tecnicamente ben architettati, ma sono basati sul principio del conflitto tra i propri interessi nazionali e tutti gli altri popoli e del non ricercare soluzioni accettabili anche per gli altri paesi; inoltre, non tengono conto delle vastissime forze che il loro stesso successo potrà suscitare e coalizzare, come già due volte è avvenuto nel secolo scorso, contro lo Herrenvolk, il “popolo dei padroni”. Difetto mentali che la politica tedesca non vuole ancora correggere. Continua a cercare il consenso interno intorno a piani che pongono la Germania come nemico rispetto ai paesi vicini. “Ich habe den Krieg nicht gewollt – Io non ho voluto la guerra”, fu la balbettante autodifesa del Kaiser, alla fine del 1918, tre anni dopo che i Francesi li ebbero fermati sulla Marne, al prezzo di molto sangue. Vedremo presto se Sarkozy ha quello stesso sangue, ossia se denuncerà e contrasterà come antieuropeo, antiumanitario ed egemonico il disegno tedesco; oppure se, nel timore di un confronto economico-monetario con Berlino, comprerà, con molte concessioni in termini di appoggio alla loro linea, una pace separata con gli interessi germanici, dimenticando che, una volta sistemati gli altri, toccherebbe ineluttabilmente anche alla Francia. E’ però in atto un trend evolutivo verso un altro scenario. La politica economica del governo Merkel sta sì dando forza e propulsione alle esportazioni tedesche e alla parte di industria che le alimenta (ossia al settore globalizzabile), ma il resto dell’economia tedesca, nel complesso, va male – peggio di quella italiana. Ciò da un lato conferma che la Merkel persegue obiettivi i grande potenza, di egemonia sull’Europa; ma dall’altro lato può indebolire il consenso interno della Merkel – o meglio, può alienarle la fiducia di tutta quella parte della popolazione e delle forze economiche che non traggono vantaggi concreti dall’espansione del settore globalizzato. L’importante è allora che i Tedeschi si accorgano che la politica economica imperialista del loro attuale governo è in realtà contraria ai loro interessi, che li sta impoverendo e, insieme, rinchiudendo in un isolamento internazionale che potrebbe avere risultati disastrosi per loro, e altresì per l’Europa, ancora una volta. … …
BERLINO DECRETA: SHOAH PER GLI EURODEBOLI – 07.12.10 Tremonti e Juncker, appoggiati dal commissario finlandese Rehn, e riprendendo un suggerimento di Mario Monti, hanno messo allo scoperto le mire biecamente nazionaliste ed anti-europee di Berlino. L’altroieri, proponendo l’emissione da parte dell’UE di Eurobond, ossia di un debito pubblico comune per rinforzare l’Euro e concretare il progetto di unificazione finanziaria europea, trasformando l’Euro in moneta unica (anziché insieme di parità fisse quale ancora oggi è), hanno messo Berlino alle strette: sì o no. E Berlino ha detto chiaramente “no”. Anche al rafforzamento del fondo di difesa dell’Euro. Gli Eurobond consentirebbero di finanziare il debito pubblico dei paesi dell’Eurozona a costi (tassi) inferiori degli attuali, quindi proteggerebbero l’Euro sui mercati internazionali e farebbero risparmiare i governi; consentirebbero più investimenti infrastrutturali e produttivi, quindi aiuterebbero a uscire dalla crisi e a recuperare produttività e competitività. Intanto, il mito del pareggio di bilancio ed epurazione dell’inflazione, come regola base dell’economia, viene oramai demistificato non solo oltreoceano, ma anche in Europa. Però l’interesse nazionalistico di Berlino è diverso: la Germania è già fuori dalla crisi (almeno nel comparto export) col suo + 3,6% di pil; già paga pochissimo, meno di tutti gli altri, sul proprio debito pubblico; già ha i mezzi per i suoi investimenti interni; e gli altri paesi europei è meglio che vadano a fondo, strangolati dal rigore di bilancio, dal debito pubblico, dalla concorrenza cinese, indiana, turca, e dalle virtuosità germaniche. Quando saranno al default, dovranno uscire dall’Euro. Oppure sarà la Germania a uscirne, come da tempo vuole la maggioranza dei Tedeschi. Dicendo no all’Eurobond, la Merkel ha gettato la maschera: i suoi intenti sono ostili e conflittuali. L’Euro, alla Germania, serve solo per sottomettere gli altri europei. E allora chiediamoci: conviene restare in un’UE e sotto una BCE cui cediamo la sovranità economica, se quell’Europa e quella BCE sono dominate da una Germania che ha deciso di farci (economicamente) fuori? Ovviamente, no. Se dobbiamo prepararci a un imminente lotta contro la Germania per la sopravvivenza economica, bisogna toglierle le armi che le abbiamo indirettamente dato, e svegliarsi dall’europeismo idealizzante e cieco alla realtà. Il conflitto entro la UE tra area germanica e area franco-mediterranea è un conflitto inevitabile, perché deriva direttamente dalle diverse mentalità e dai diversi comportamenti collettivi di queste due aree. Diversità che le rende disomogenee, con livelli diversi di efficienza, e perciò non amalgamabili tra loro, come l’acqua con l’olio, o il cerio coll’alluminio. L’Euro si salva se l’Europa si unisce economicamente e politicamente, ma le unioni politiche funzionano solo tra popoli con comportamenti politico-economici compatibili. Il progetto di unificazione europeo fallisce a causa di questa diversità, così come per analoga diversità fallisce il progetto di unificazione italiana. La Germania rifiuta di fare verso gli Eurodeboli ciò che il Lombardo-Veneto è costretto a fare verso il Meridione – Rampini docuit. I Tedeschi non vogliono fare la fine dei Padani. Popoli diversi per efficienza economica stanno meglio separati e senza monete comuni o cambi fissi tra le loro monete. I confini nazionali proteggono i popoli meno competitivi dando loro il tempo di adeguarsi agli altri, prima che questi li schiaccino. Se invece li si tiene legati insieme, si creano conflitti e sopraffazioni. I lavoratori tedeschi, per superare la crisi, hanno accettato con disciplina di rinunciare a una settimana di ferie e a fare un supplemento di orario non pagato – comportamenti impensabili in Italia, come in area germanica sono impensabili storie come quelle dei rifiuti napoletani e del clientelismo italiano. In area germanica, nel complesso, c’è un livello di rispetto delle regole e di fiducia reciproca, tra cittadini, imprese e istituzioni, molto più alto che nell’Europa mediterranea, quindi c’è un livello di efficienza superiore, e di sprechi inferiore. E’ un organismo socio-economico che prevale sugli altri nella competizione darwiniana. L’area germanica può quindi permettersi una strettezza nella spesa pubblica, che per gli Eurodeboli implica impossibilità di uscire dalla crisi per carenza di fondi per investimenti infrastrutturali. Non può permettersi di farsi carico di compensare le inefficienze relative degli altri popoli, anche perché così facendo le incentiverebbe – esattamente come avviene nel caso dell’unificazione italiana o come avveniva nella cessata Jugoslavia. Ma poi per quale motivo dovrebbe aiutarli, quando ha interesse a soggiogarli e a neutralizzarli come concorrenti sul mercato globale, e a farne un mercato passivo per i propri prodotti? L’odierno “nazionalismo tedesco” punta sul disprezzo della svalutazione della moneta legale (Euro), sull’inflazione “importata” (visto che quella interna è sotto controllo ed accettata dai cittadini / contribuenti), e sul ritorno ad una correlazione quasi perfetta tra la ricchezza creata nel periodo ed il tenore di vita dei cittadini. All’opinione pubblica tedesca ciò può essere fatto vivere e accettare come un ritorno del nazionalismo idealistico; ma, sul piano politico-economico, esso è l’antico “mercantilismo”, che fu un precursore della rivoluzione agricola e poi industriale inglese. … … Berlino giustamente paventa che, ad allora [2013], i debiti pubblici degli Eurodeboli salgano molto, e di doversi far carico anche di questo incremento. Ed è proprio perché il piano tedesco per la Shoah degli Eurodeboli deriva da un’esigenza di tutela di interessi economici, razionali, e non da fattori irrazionali (orgoglio nazionale, egoismo, scarsa fratellanza e cose simili), che bisogna difendersi agendo prontamente sul piano oggettivo, anziché invocare principi morali di fratellanza ed europeismo – quelli sotto il cui miraggio propagandistico è stata costruita questa situazione. L’ottimo Corradino Mineo, due giorni fa, su Rainews 24, ha ripreso e fatti propri i contenuti del mio precedente articolo, Un’Angela per la soluzione finale?, sottolineando come la Germania stia tornando al medesimo nazionalismo ostile ed egoista che, nel XX Secolo, la spinse a due guerre disastrose per sé e per l’Europa. Oggi le guerre non si combattono più con bombe, carri armati e fanterie, ma con la finanza. L’Euro e i vincoli finanziari di Maastricht danno alla Germania la possibilità di eliminare o sottomettere (sceglierà al momento giusto) le economie concorrenti. E lo sta facendo, metodicamente, sistematicamente, legalmente. Costringendo gli Eurodeboli a tagli di bilancio e a strette fiscali sul risparmio, cercherà di evitare di far scoppiare i titoli degli Eurodeboli che le banche tedesche hanno in pancia. La sua ideologia di non violenza, ostentata per qualche decennio, era solo un adattamento provvisorio alle circostanze. Il suo nuovo mito di superiorità è la purezza di bilancio e l’epurazione dell’inflazione. L’Eurozona è il suo K-Lager monetario dove ci sta affamando tutti. I vincoli di bilancio sono il suo filo spinato. L’Eurtotower è la torretta delle guardie. Le sanzioni per chi sfora, sono le frustate per gli internati che osano evadere. Corrono voci che Sarkozy sia ebreo. Ed è sicuramente vero, perché, di fronte a certo germanesimo, siamo ebrei tutti.