MONETA NOSTRA, GIUSTIZIA LORO
MONETA NOSTRA, GIUSTIZIA LORO
Stiamo conducendo una campagna culturale e giudiziaria per portare i giudici a riconoscere (o a rifiutarsi di riconoscere) l’incostituzionalità e illegalità dell’attuale sistema monetario, in cui le banche esercitano – senza autorizzazione legale e senza pagarci sopra le tasse – il potere monopolistico di creare denaro dal nulla, e in cui tutti gli altri soggetti, Stato compreso, sono costretti a prenderlo a prestito a interesse composto, subendo così un preordinato processo di indebitamento a strangolo di tutte la società, che la spreme fino a spogliarla dei beni, dei redditi, dei risparmi, della possibilità di fare politica, in favore del capitale finanziario, e attua così esattamente l’opposto di quanto prescritto dalla Costituzione, la quale letteralmente si fonda sul lavoro e sulla realizzazione dell’eguaglianza sociale.
Stiamo spingendo i magistrati a compiere una scelta riconoscibile da tutti: o dichiarano l’illegalità di questo sistema, oppure si schierano con esso, rendendo percepibile a tutti che might is right, cioè la forza fa il diritto, il diritto è la canonizzazione dei rapporti di forza materiale e di interesse economico, mentre la legge e i giudici servono a dare una parvenza di legittimità e di moralità al sistema risultante. In realtà, la legalità, lo stato di diritto, la giustizia, non possono esistere, sono chimere, perché i detentori del potere reale, materiale, dirigono sempre, nel complesso, l’azione del potere giudiziario come di quello legislativo, esecutivo, informativo.
Alcuni rari magistrati hanno già riconosciuto l’illegalità del sistema monetario, però è improbabile che lo facciano in molti, perché farlo significa porsi contro il sistema di potere che governa il mondo, compromettersi la carriera e magari perdere i grandi privilegi che il sistema tributa ai magistrati in cambio della loro funzione. La maggior parte di essi continuerà quindi a escogitare giustificazioni o a eludere il problema.
Espongo qui sotto per estratto una vicenda molto interessante, in cui ho fatto un’opposizione all’esecuzione, chiedendo la sospensione delle aste, come difensore di un professionista che aveva pagato con moneta nostra il debito di sua moglie per un mutuo bancario mandando la relativa pec alla banca mentre questa procedeva a mandare all’asta la casa della donna.
Siamo davanti al Tribunale di Savona. Ecco in sintesi i motivi di opposizione:
MOTIVI DI OPPOSIZIONE:
A-NULLITA’ –ILLICEITA’-INESISTENZA DEL PRETESO MUTUO
… la presente opposizione è stata impostata su tre eccezioni:
a)la moneta scritturale creata dalla banca di credito ed oggetto del preteso prestito non è una moneta perlomeno nei rapporti con parte opponente;
b)in subordine, quand’anche sia moneta, non è Euro, e la sua cessione, denominazione e contabilizzazione come se fosse Euro è illecita e determina la nullità o inefficacia del contratto di mutuo per aliud pro alio, inadempimento e altro ancora;
c)se il giudice non accede ad alcuna di queste due tesi, allora dovrà dichiarare il debito estinto per intervenuto pagamento mediante versamento di moneta scritturale creata da parte opponente al medesimo modo e titolo a cui la creò, per “prestargliela”, la parte bancaria.
Osserviamo che i pretesi mutui sarebbero stati posti in essere come segue: “La somma mutuata… … viene … … versata alla parte mutuataria suddetta mediante accredito sulla partita numero …”.
Osserviamo ancora, ai fini dell’eccezione a), che la somma, negli atti in questione, è denominata come “Euro”. In realtà questa denominazione non corrisponde al vero, poiché la banca non ha erogato euro, bensì promesse di euro, denominandole ingannevolmente come euro, e che queste, essendo una promessa, cioè essendo per essenza un titolo di debito, non possono essere considerate “moneta” (se non nei confronti di chi consapevolmente e deliberatamente dichiari di accettarle quali moneta, come fa ad es. lo Stato), dato che la proprietà della moneta è di estinguere, di far cessare, il debito; tanto meno può costituire Euro, cioè valuta legale.
Per spiegarci meglio: se Tizio deve a Caio 100 e gli dà in pagamento una banconota di 100, il rapporto di debito-credito cessa e non lascia né genera altri rapporti di debito-credito dietro di sé. La banconota è vera moneta. Moneta legale.
Al contrario, se Tizio deve a Caio 100 e in pagamento bonifica 100 dal proprio conto corrente bancario con la banca Alfa (che glieli ha mutuati) a quello di Caio con la banca Beta, realizza la cessione del proprio credito di 100 verso la propria banca Alfa in favore di Caio, e la banca Beta di Caio, accreditando i 100 a Caio, si sostituisce della posizione debitoria alla banca Alfa. Quindi abbiamo il passaggio da uno stato iniziale in cui Tizio è creditore di Alfa per 100 e debitore di Caio per 100, a uno stato finale in cui Tizio niente più deve a Caio (deve 100 ad Alfa) e Caio è creditore di Beta di 100. Ma, appunto, il rapporto di credito-debito iniziale resta, solo che cambiano i suoi soggetti. Per questa ragione la “moneta” scritturale bancaria non è giuridicamente una moneta: in tutta l’operazione suddescritta, non vi è un’entità definibile “moneta”, ma solo operazioni su contratti, consistenti nel cambiare i soggetti attivi e passivi dei contratti medesimi. Ci sono azioni, ci sono relazioni, non enti (e la moneta ha da essere un ente, se è). Però la pratica separa i simboli dalle relazione e li tratta come enti, come danaro, dotati di esistenza indipendente. Ma è un inganno, un errore di diritto, come confondere una cambiale con una banconota.
… …
2-ILLECITA CREAZIONE DI MONETA ELETTRONICA –NULLITA’ DEL CONTRATTO –MANCATA TRADITIO PECUNIAE –VIZIO DI CAUSA JURIS
Aggiungiamo ulteriori ragioni, rispetto a quelle già esposte, che escludono la legittimità della creazione di euro scritturali da parte delle banche diverse dal SEBC.
Art. 41 Cost.: “L’iniziativa economica privata è libera.
Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali. “
Orbene, dato che il grosso, circa il 90%, del money supply (M1) è creato dalle banche mediante l’erogazione di prestiti e pagamenti, il SEBC semplicemente non potrebbe perseguire il suo “obiettivo principale” di mantenere stabili i prezzi (cioè di evitare inflazione e deflazione” se il suo potere di regolare, cioè dosare, la moneta in circolazione fosse limitato alla moneta cartacea e metallica, restando la creazione di una “moneta euro contabile” nella libera facoltà e discrezione delle banche di credito, come ha affermato il G.E. E non si potrebbe nemmeno fare i controlli e gli interventi imposti dall’art. 41 Cost., commi 1 e 2. Né si può dire che la BCE regoli la creazione di moneta bancaria attraverso l’aggiustamento dei tassi e l’acquisto o vendita di titoli pubblici, anche perché, di fatto, non riesce a farlo, cioè neppure azzerando i tassi e ricorrendo al Quantitative Easing riesce a far ripartire il credito e a invertire la deflazione in corso.
E’ dunque evidentemente necessario che il controllo della BCE si intenda esteso anche alla moneta contabile. E che l’art. 128 sia interpretato nel senso che l’unica forma dell’Euro come moneta legale sia quella cartacea o metallica, e non quella contabile, e che quindi non esiste un euro di creazione creditizia, esterna al SEBC. Infatti, giuridicamente, ciò che le banche contabilmente creano nell’erogare prestiti (e pagamenti) è non euro, bensì promesse di euro (saldi di conti correnti, assegni, depositi a vista, titoli di pagamento a vista), promesse di valuta legale, cioè di banconote e conio. Promesse che, come tali, possono essere accettate fiduciariamente, ma perdono valore se la banca emittente diviene insolvente –cosa che non potrebbe avvenire col denaro vero. E che non siano euro “veri” è dimostrato dall’esistenza del sistema Target (coinvolgente il SEBC) per i pagamenti inter-statali, mentre i pagamenti da banca a banca del medesimo stato sono diretti.
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Tertium non datur:
-o si riconosce che ciò che le banche di credito danno negli apparenti mutui non è danaro (né analogo o assimilabile al danaro) e che quindi non vi è mutuo;
-oppure si afferma che esso è (considerabile ai fini dell’attuazione del mutuo come) danaro –e allora, per far salvo il mutuo, si va contro al TUB (DLT 385/1993 art. 10, c. 1: “La raccolta di risparmio tra il pubblico e l’esercizio del credito costituiscono l’attività bancaria”) e al Trattato di Lisbona, artt. 127 e 128, che riserva al SEBC la creazione della moneta, e l’art, 41 Cost. –norme che escludono l’applicabilità del principio liberale, secondo cui tutto ciò che non è espressamente proibito è lecito.
Se si opta per la seconda ipotesi, allora si dovrà anche riconoscere che i bilanci delle banche sono falsi, in quanto non espongono i ricavi da creazione monetaria (cioè le banche, non registrano nei loro libri il danaro contabilmente creato prima di usarlo, vuoi per prestarlo, vuoi per pagamenti diretti); e per conseguenza vi è una corrispondente evasione fiscale, che si ripercuote sulle finanze pubbliche e sulla collettività.
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… il Trattato di Lisbona riserva alla BCE (rectius: al Sistema Europeo delle Banche Centrali) la creazione di moneta, cioè della moneta legale, o cartamoneta (artt. 127, 128), che è quindi l’unica valuta legale; mentre il T.U. bancario autorizza le banche all’esercizio del credito (ossia al prestito della raccolta, al prestito di denaro già esistente) ma non alla creazione di mezzi monetari (DLT 385/1993 art. 10, c. 1: La raccolta di risparmio tra il pubblico e l’esercizio del credito costituiscono l’attività bancaria).
… …
- §
Per i sopraesposti motivi, il mio cliente si opponeva all’esecuzione e richiedeva la sua sospensione.
La banca si costituiva resistendo. Ha ammesso di creare euro scritturali, anzi che li crea il sistema bancario, e che ha facoltà di farlo perché lo fa nella regolamentazione apposita. Replicavo che, in realtà, li crea ogni banca singolarmente, col digitarli nel conto di disponibilità aperto al cliente o a se medesima (nel trading in proprio). Poi le altre banche del circuito nazionale e il settore pubblico, nel riceverli ai vari titoli, li accreditano come euro veri, in un gioco di sponda, nel comune interesse. Però non sono euro, come dimostra il fatto che, al fine dei pagamenti verso altri paesi dell’euro-zona, necessitano di essere convertiti in euro veri dalla piattaforma Target 2 contro accrediti-addebiti tra banche centrali nazionali. Sono “euro” circolanti solo entro l’Italia, quindi falsi euro. Le regole e la sorveglianza delle banche centrali riguardano l’erogazione del credito da parte delle banche non centrali, non la creazione di moneta, che è menzionata solo in quanto alle banconote e al conio con riguardo alla sola Banca centrale europea, e non con riguardo alle banche di credito, che sono sempre e solo definite come intermediarie del credito e del denaro, sebbene de facto la loro principale attività lucrativa sia la creazione del denaro. Il popolo viene tenuto volutamente all’oscuro di una realtà inaccettabile. Questa creazione, eseguita fuori bilancio e sottratta al fisco benché costituente ricavo, avviene senza alcuna autorizzazione normativa, come pure l’uso ingannevole della confusiva denominazione “euro”. Perciò delle due l’una: o si riconosce che essa è illecita e che nulli sono i contratti di credito; oppure si dichiara che è lecita, e allora è lecita per tutti, in mancanza di una legge che la riservi alle banche o che anche solo la menzioni, dunque vale il pagamento come fatto dall’opponente, la quale in effetti non ha restituito, ma trattiene, gli euro scritturali inviati da questi.
Il Tribunale ha rigettato la mia istanza si sospensione con una serie di motivi assai interessanti, che vengono qui di seguito partitamente riprodotti in corsivo, ciascuno seguito dalla sua confutazione.
1° MOTIVO
Scrive il Giudice: “L’opponente sostiene che la banca è autorizzata a esercitare il credito esclusivamente utilizzando le riserve monetarie affidatele dal pubblico nell’esercizio della raccolta di risparmio. Così non è: se è vero che la correlazione tra raccolta del risparmio ed esercizio del credito costituisce l’oggetto specifico dell’attività bancaria – e come tale è riservata agli Istituti a ciò espressamente autorizzati e soggetti a specifici controlli nel superiore interesse della tutela del risparmio – ciò non toglie che la banca come qualsivoglia altro operatore finanziario possa esercitare “ogni altra attività finanziaria secondo la disciplina di ciascuna” art. 10 comma 3 TUB; nulla esclude dunque che la banca per l’erogazione di finanziamenti utilizzi provviste non direttamente collegate alla raccolta del risparmio così come qualsiasi altro operatore autorizzato.”
Qui il giudice dell’esecuzione elude il problema della potestà di creare moneta, della quale nessuna “disciplina” di legge parla; e siccome trattasi di un business da circa 1.000 miliardi l’anno, questo non parlarne non può essere accidentale e privo di valenza giuridica. Fatto è che, difformemente delle già citate norme di diritto positivo, le banche, de facto applicano il principio della riserva obbligatoria (la “riserva obbligatoria” esiste ed è una voce di bilancio, la “riserva frazionaria” no), ossia il principio per il quale esse possono prestare un multiplo (in Italia, oggi, fino a 100 volte) del totale della riserva obbligatoria intrattenuta con la banca centrale, che a sua volta non è di moneta legale e che viene regolata ex-post, mensilmente e sulla media dei depositi. In tal modo il sistema bancario, prestando, crea mezzi monetari –cosa a cui il citato art. 10 non lo abilita, e che costituisce quindi, in base al diritto positivo, un’attività illegittima, rispetto a cui il giudice, ogni volta che si pronuncia, o dichiara la situazione di illegittimità e sanzionarla, oppure afferma il principio della banca legibus soluta, cioè al di sopra delle leggi. Il sistema di produzione della moneta scritturale bancaria da parte delle banche di credito, ora “banche universali” perché fanno anche “investimento” (ossia speculazioni e manipolazioni dei mercati), si sostanzia nel fatto che, se Tizio riceve un prestito erogato mediante –poniamo- un assegno circolare di 1.000 Euro della banca 1 e lo dà a Caio in estinzione di un debito, e Caio lo deposita sul suo conto corrente presso la banca 2, la banca 2 potrà, in base a questo incremento dei depositi da essa detenuti, prestare cento volte quanto depositato, con adeguamento della riserva obbligatoria, e così via. In tal modo, il sistema creditizio non si limita a intermediare, ma moltiplica il denaro, il money supply – cosa che non gli è consentita dalla legge positive, e su cui quindi il giudice non deve consentire che la banca guadagni. L’essenziale, in tutto ciò, è che la copertura della creazione di denaro scritturale da parte della banca di credito consiste in denaro scritturale creato da altra banca di credito, quindi è una non-copertura, una finzione, un inganno, perché la copertura, per essere tale, deve consistere in qualcosa di più solido di ciò che copre.
Inoltre va considerato che la banca crea questa moneta o pseudo-moneta non solo prestando, non solo by lending it into existence, ma anche investendola, by spending it into existence: quindi la funzione del crearla è indipendente da quella del credito.
Invero, nessuna norma di legge autorizza (o proibisce) la creazione di euro scritturali, né li menziona. Ma Target 2 dimostra che gli euro scritturali delle banche di credito non sono euro veri e che le Alte Parti dei trattati non li hanno considerati tali – e allora che cosa sono? E perché vengono contabilizzati come euro veri? I bilanci sono falsi. La GdF intervenga.
2° MOTIVO
Scrive il Giudice: “L’opponente sostiene la nullità del mutuo in quanto la moneta “scritturale” utilizzata dalla banca finanziatrice non sarebbe nei fatti esistente in quanto creata dal nulla e comunque non sarebbe assimilabile alla moneta avente corso legale nello stato. La tesi non può essere condivisa: oggetto del mutuo può essere oltre alla moneta avente corso legale anche qualsiasi altra “cosa fungibile” (art. 1813 cc.), espressione tanto generica che consente di comprendervi “la disponibilità economica” comunque creata purché idonea al fine dichiarato dell’acquisto di un immobile (e come tale prontamente utilizzata dall’odierna mutuataria).”
Ammesso e non concesso che un mutuo possa avere ad oggetto un quid diverso dalla moneta e da una cosa mobile, un mutuo in cui si dichiara che l’oggetto del mutuo è l’euro, e non un quid diverso dall’euro, è invalido e inadempiuto se la cosa prestata non è l’euro. Si configura un aliud pro alio, se non come una frode (515, 517 CP) nello spacciare come “euro”, ossia la valuta legale avente corso imposto per legge, ciò che “euro” non è (vedi Target 2) ; quindi il contratto è nullo. Il vizio è ben evidente e disvela l’inganno per il mutuatario e per il venditore. Nessuno (solo la banca), sapeva che non veniva erogato euro moneta reale, bensì, creata ex nihilo (e poi vedremo neanche contabilizzata e dichiarata a fini di imposizione fiscale) come una “disponibilità finanziaria”. La banca aveva l’obbligo negoziale di dichiarare alle parti contraenti la provenienza del “denaro”, la sua creazione, la sua vera natura. Nel contratto di mutuo doveva dichiarare che oggetto dello stesso era euro non moneta reale ma mera “disponibilità finanziaria”; a fronte di tale dichiarazione, conosciuta dalle parti, e da queste consapevolmente accettata, poteva formarsi quel consenso (in idem placitum) di cui parla il Giudice nella ordinanza. Il mutuatario doveva sapere cosa veramente riceveva, con cosa pagava il bene, a fronte di cosa rilasciava garanzia ipotecaria e terzi eventuali fideiussioni, ed il venditore doveva sapere bene cosa gli veniva propinato dalla banca. Nel contratto non si nomina euro scritturale, bensì euro tout court. I consensi delle parti sono stati prestati a fronte della dazione di euro e non di euro scritturali o mere disponibilità finanziarie, come ribattezzate dal Giudice. Il Giudice, acquisita la prova della dazione di altra cosa fungibile rispetto all’euro dichiarato, non può che dichiarare la nullità degli atti, anche per il profilo del totale vizio del consenso, carpito alle parti.
La tesi del giudice è confutata, in oltre, dal fatto che lo stato stesso riceve, usa, contabilizza questo quid scritturalmente creato dalle banche e mendacemente denominato come la moneta legale euro, non differenziandolo dalla valuta legale euro. Lo Stato fa da sponda alle banche in questa operazione. Se le cose stessero come afferma il giudice, cioè se fosse vero che le banche creino questo un quid (che non è moneta ma che egualmente va bene come oggetto di mutuo), allora lo Stato non potrebbe fare ciò che fa, ossia a)accettarlo in pagamento dei tributi; b)imporne l’accettazione come mezzo di pagamento dei propri debiti a soggetti che non accettino espressamente questo quid in pagamento, in luogo della valuta legale; c)imporne l’uso tra terzi privati; d)contabilizzarlo come se fosse quello che il giudice stesso dice che non è, ossia l’euro vero, valuta legale.
3° MOTIVO
Scrive il giudice: “L’opponente afferma la nullità del mutuo per la mancanza di effettiva traditio rei. Sul punto è sufficiente ricordare che nel nostro ordinamento esistono disposizioni di legge (art. 1822 cc e art. 39 TUB) nonché interpretazioni giurisprudenziali che riducono la valenza di natura reale del contratto in esame. In particolare secondo l’interpretazione giurisprudenziale univoca la nozione di consegna di cui all’art. 1813 c.c. non coincide con la mera dazione materiale del bene, ma va intesa in senso lato come “dazione in disponibilità giuridica” della cosa (ex multis cfr. Cass., 2 aprile 2007, n. 8120). Sotto questo profilo la “consegna” non deve necessariamente essere “fisica” (o “materiale”), ma può essere “simbolica” (o “spirituale”)”.
Le considerazioni svolte in questa parte si riportano a giurisprudenza nota, ma non applicabile alla presente fattispecie. Lo stesso Giudice ammette che non si è dato euro, ma altra cosa fungibile. Quella giurisprudenza si riferisce invece ad ipotesi totalmente diversa, ossia alla “supplenza” di forme di diverse di traditio rei di euro reali e non scritturali. Occorrerà certo attendere tempo e nuova giurisprudenza di legittimità sul tema. Quelle sentenze sono estranee alla fattispecie. Non vi è stata messa a disposizione giuridica degli euro perché la banca non ha una scorta di euro legali (banconote) in grado di coprire gli strumenti di debito con cui essa farebbe la messa a disposizione giuridica (il denaro scritturale è circa il 90% di M0, quindi 10 non può coprire 90; inoltre, di quel 10%, il 98% è detenuto da soggetti non banche. gli strumenti di pagamento bancari sono coperti tra l’1 e il 2 per 1.000. Inoltre non vi è messa a disposizione giuridica di moneta legale, perché la moneta scritturale non ha natura rappresentativa, ma si aggiunge quantitativamente alla cartamoneta, ovvero forma un aggregato monetario a sé rispetto alla moneta legale (banconote). Ancora, come già detto, non è moneta legale “euro” perché altrimenti non abbisognerebbe di Target 2. Infine non è assimilabile alla moneta vera, all’euro, perché è soggetta a rischio emittente (essendo giuridicamente un’obbligazione, una promessa, a differenza della moneta legale vera), ossia se la banca fa default, le promesse di pagamento da essa emesse, compresi i saldi di conto corrente, perdono valore, a differenza della moneta legale vera.
4° MOTIVO
Scrive il giudice: L’opponente sostiene che ove si acceda alla tesi della legittimità della creazione di moneta scritturale da parte dell’istituto di credito, altrettanto legittima dovrebbe ritenersi la creazione di moneta di eguale natura da parte del mutuatario stesso: entrambi i soggetti, infatti, non sono stati formalmente autorizzati alla creazione ex nihilo di moneta di scambio. Ed anzi l’obbligazione restitutoria non potrebbe avere ad oggetto altro dalla (inesistente) moneta scritturale in quanto bene costituente il tantundem eiusdem generis rispetto a quanto ricevuto. La tesi non può essere condivisa. Essa potrebbe forse avere un senso se la moneta scritturale eventualmente creata dal privato possedesse l’intrinseca idoneità a tradursi in beni concreti di consumo che è propria di quella erogata dalla banca (nel caso di specie utilizzata per l’acquisto di un immobile): così non è, e proprio tale inidoneità esclude in radice che possa parlarsi di tantundem eiusdem generis.”
Nessuna moneta ha “intrinseca” idoneità a tradursi in beni concreti: questa idoneità dipende dall’accettazione, ossia da comportamenti estrinseci, esterni alla moneta, della società, ossia l’accettazione del determinato mezzo monetario, a cui può aggiungersi la legge che imponga d’imperio l’accettazione. La ragione per la quale il denaro scritturale bancario ha potere d’acquisto mentre l’euro scritturale moneta nostra non lo ha, è che le banche si accettano e accreditano reciprocamente come vero euro il primo e non il secondo, e che la gente, dipendendo rigidamente da ciò che decidono le banche, le segue e accetta come monete e ciò che esse accettano come moneta, e solo quello.
Anche qui la erronea applicazione della norma, la contraddittorietà ed erroneità della motivazione, sono palesi. Se il Giudice ha accertato che il mutuo ha avuto ad oggetto “altra cosa fungibile” rispetto al denaro, il tantundem da restituire non può essere che la stessa cosa (così impone la legge). Se non l’euro scritturale indicato dal mutuatario, certo però non l’euro moneta reale. Chiarito che la erogazione ha avuto ad oggetto altro rispetto al denaro, e che l’azione della banca è invece fondata sulla richiesta di euro moneta reale, il diritto di credito azionato in forza di quel contratto, non esiste. La banca ha dato “altra cosa fungibile” (che ha denominato euro ingannando tutti i contraenti e carpendo anche la buona fede collettiva); quella deve riavere. Il mutuatario ha ritenuto di scorgere nell’euro scritturale il tantundem; il Giudice qualifica il tantundem del debitore diverso da quello creato dalla banca, sulla base di una sua semplice e superficiale illusoria ricostruzione, e lo ritiene non idoneo ad estinguere l’obbligazione. Però è altrettanto vero che proprio quel Giudice riconosce che non è stato mutuato il denaro; dunque denaro non può essere preteso in restituzione. Spetta al Giudice indicare cosa è il tantundem, una volta accertato cosa è stato erogato a mutuo.
Se vogliamo correggere il contratto di mutuo rendendolo non ingannatorio ma trasparente, allora in ogni parte dei contratti nei quali si parla di euro occorre sostituire le parole del Giudice “disponibilità finanziaria”; chiediamo al mutuatario di far prestare fideiussione ad un parente e di concedere ipoteca (garanzia reale); poi chiediamo al venditore di avere, in pagamento del bene reale, non moneta reale ma “disponibilità finanziaria”. Infine, nel contratto di mutuo dobbiamo stabilire un piano di ammortamento nel quale si creano rate di “disponibilità finanziaria”, che ripristinano nel mutuante le sue capacità di mutuare “disponibilità finanziaria”. E’ verosimile che, se il venditore avesse saputo ciò, quel contratto mai si sarebbe stipulato. Ma nella ricostruzione del Giudice si è stipulato quel contratto (con le c.d. disponibilità finanziarie come corrispettivo): un contratto immaginario, che esiste solo nella sua evidentemente infondata rielaborazione.
Seppur in modo non diretto, il Giudice a quo riconosce la creazione del denaro dal nulla da parte delle banche, e, nel caso specifico, di quella banca, attribuendo a tale operazione addirittura un valore quasi meritorio: la banca, creando moneta, adempirebbe una funzione sociale, mentre una pari creazione da parte di altri (privati), non avrebbe la stessa validità – in violazione dell’art. 3 Cost.
… …
ILLEGITTIMITA’ GENERALE DEL SISTEMA CREDITZIO
Nei suoi ragionamenti, il Tribunale di Savona si avvicina significativamente alla comprensione del vero fatto economico sottostante: la banca, creando gli pseudo-euro scritturali, raccoglie dalla società, Stato compreso, POTERE DI ACQUISTO = ACCETTAZIONE; ed è appunto il potere d’acquisto così raccolto l’oggetto reale degli prestiti / impieghi che essa poi realizza. L’euro scritturale creato dai privati non raccoglie potere d’acquisto = accettazione, quindi è impotente. I flussi del potere di acquisto sono anche il grande assente nella contabilità. Essi sono il sottostante ultimo dei flussi finanziari – stanno alla moneta come il bosone di Higgs sta ai barioni, dando loro la massa.
Ma vediamo perché l’euro scritturale creato dai banchieri raccoglie potere d’acquisto, mentre non lo raccoglie quello creato dai privati. La moneta scritturale bancaria raccoglie potere d’acquisto in quanto le banche, ossia la corporazione dei monopolisti legali del credito (inteso come intermediazione) si riconoscono reciprocamente queste creazioni monetarie scritturali, accreditandosele le une alle altre; e la gente, dipendendo dalle banche, prende per buono tutto ciò che le banche prendono per buono, e solo esso. Quindi il potere delle banche di credito di creare moneta dal nulla espandendo i rispettivi bilanci è una conseguenza mediata della posizione di monopolio legale del credito-intermediazione di cui godono le banche, nonché del fatto che lo Stato non interviene per imporre denominazioni separate (sia nei contratti che nei documenti contabili) per euro vero ed euro scritturali. L’euro scritturale creato dai privati, quello con cui l’esponente ha pagato la procedente, è in se stesso identico a quello che la procedente creò e prestò; la banca e il Giudice dicono che la banca non lo accetta perché non ha valore, e che non ha valore sostanzialmente perché la banca non lo accetta, non lo accredita. Quindi è un arbitrio della banca non accettarlo, non dargli valore. L’euro scritturale suo è identico a quello del deducente. Dipende solo da essa accettarlo, con beneficio innanzitutto proprio, perché realizza un (supposto) credito. Rifiutarlo è una sua scelta, che non può danneggiare l’esponente. Ma il potere giudiziario deve imporle di accettarlo, per par condicio, per il principio di eguaglianza. [Altrimenti riconosce ai banchieri il potere politico sovrano di decidere ciò che vale come moneta e ciò che non vale come moneta].
Il Giudice non ha considerato che il sistema bancario-monetario come da lui descritto vede le banche di credito sistematicamente omettere la contabilizzazione dei ricavi da creazione monetaria (i quali aumentano la disponibilità di cassa, quindi sono flussi positivi) sottraendo al fisco utili certi e documentali per circa 1.000 miliardi all’anno, quanti la Banca d’Italia ufficialmente dichiara che siano così creati, aggiungendo che si è scelto di non tassarli. E non ha rilevato l’illegittimità generale del fatto che le istituzioni dovrebbero reagire a tale realtà, ciascuna nelle sue competenze, facendo accertamenti dei redditi, recupero di tasse, interessi e sanzioni, aperture di fascicoli per falso in bilancio, evasione fiscale, costituzione di fondi extrabilancio, riciclaggio – e non lo fanno, nonostante sia gravissima la situazione della finanza pubblica, del sistema bancario, del prodotto interno lordo, dell’occupazione lavorativa. E nonostante il molto parlare di evasione come piaga nazionale. E non ha considerato che le istituzioni e i mass media, pur parlando continuamente di problemi e programmi economici, non parlano mai alla popolazione di questo business di ben 1.000 miliardi annui, di questa rinuncia a tassarlo, cioè a percepire 240 miliardi annui in più. Non parlano mai del fatto che lo Stato rinuncia a creare esso stesso la moneta, mentre permette di farlo alle banche private, e di farlo in esenzione fiscale – peraltro non mai stabilita da alcuna legge. Eppure parlare di questo business e di questa rinuncia fiscale è indispensabile per capire la situazione economico-finanziaria e le sue dinamiche. Evidentemente lo Stato non vuole che l’opinione pubblica la capisca – che la capiscano i disoccupati, i torchiati dal fisco, etc. E’ palese una sorta di accordo inter-istituzionale, in ambito di costituzione materiale contraria a quella ufficiale, per assicurare ai banchieri privati questo privilegio incostituzionale, e insieme nasconderlo alla popolazione.
Ma il gioco di sponda tra banche e istituzioni pubbliche è oramai stato scoperto e dimostrato, e la conoscenza di esso dilaga e diviene patrimonio dell’opinione pubblica, e sempre più si diffonderà sull’onda della crisi prodotta proprio da questa combine tra Stato e banche “universali”.
L’ordinanza reclamata, infine, non ha minimamente considerato gli effetti macroeconomici del monopolio suddetto con la conseguente potestà di monetazione, e la loro ricaduta incompatibile coi principi costituzionali di fondamentalità del lavoro, di eguaglianza, di tutela del lavoro e del risparmio, di subordinazione della libertà di impresa al bene collettivo, di obbligo di contribuzione in proporzione al reddito. Perciò si solleva l’eccezione di incostituzionalità di alcune norme, nell’interpretazione datane dal GE; e segnatamente dell’art. 1813 CC e delle norme del TUB quali artt. 10, 11 commi 1 e 2, 106 c. 2 e 114 sexies – (e altre eventuali) in base alle quali i giudici sovente, e in particolare il GE suddetto, legittimano l’attuale prassi di creazione monetaria scritturale da parte delle banche non centrali. Invero, qualora si convenga con la suddetta interpretazione delle citate norme di legge, conseguirebbe che, in base alla legge ordinaria, una categoria di imprese deterrebbe, in esclusiva e implicitamente e in tacita esenzione fiscale, la facoltà di aumentare il proprio potere d’acquisto dal nulla e unilateralmente, senza creare pari ricchezza reale e senza nemmeno pagare le relative tasse, quindi realizzando un’estrazione di reddito ai danni del resto della società e in particolare dei lavoratori, in flagrante violazione del principio di primato del lavoro, di tutela del lavoro, di tutela del risparmio, di subordinazione della libera impresa al bene collettivo.
Soprattutto a seguito dell’ammissione ufficiale della creazione monetaria scritturale da parte delle banche di credito e della sua omessa tassazione, è difficile difendere ulteriormente la pretesa legittimità del sistema monetario e creditizio, perché chi possiede una certa competenza in questa materia la vede con piena chiarezza.
In base a queste considerazioni e alle precedenti critiche alle motivazioni del Tribunale, ho proposto reclamo contro il provvedimento che ha respinto l’istanza di sospensione, consentendo di mandare all’asta la casa della moglie del mio cliente.
Ho anche eccepito l’incostituzionalità degli artt. 1813 CC, 10, 11 commi 1 e 2, 106 c. 2 e 114 del TUB per contrarietà – se intesi come li ha intesi il Giudice dell’Esecuzione nella reclamata ordinanza – agli artt. 1, 3, 36, 41 della Costituzione.