SCUOLA E SOPRAVVIVENZA
SCUOLA E SOPRAVVIVENZA
Nel nostro sistema socio economico che, con l’introduzione delle intelligenze artificiali, sta eliminando circa l’80% dei posti di lavoro (persino i cronisti! e di recente Google, Amazon, Meta, Microsoft ed altre abbiano licenziato il 5-6% dei propri ingegneri per sostituirli con programmi di Intelligenza Artificiale), affannosamente ci si chiede che tipo di formazione scolastica dare oggi ai giovani: come possiamo metterli in grado di rendersi utili a cotale sistema, come agganciarsi alla mutevole domanda di competenze e professionalità?
In questa domanda, in questa impostazione, vi è un errore di fondo.
Data la rapidità con cui il sistema si evolve, con cui rende obsolete le competenze oggi note, e con cui sopprime sempre più posti di lavoro umani rimpiazzandoli con i ritrovati tecnologici, semplicemente è impossibile prevedere che cosa esso richiederà da oggi a cinque o dieci anni e nel successivo corso della vita lavorativa degli odierni studenti. E’ impossibile adeguare la scuola, aggiornarla. Con certezza sappiamo soltanto che, in ogni caso, quel sistema richiederà sempre meno lavoratori umani, e che per gli umani ci saranno sempre meno impieghi, quindi sempre più inutilità, esuberi, espulsioni e conseguentemente sempre più bisogno di redditi di cittadinanza o simili. Esso continuerà ovviamente ad aver bisogno di un certo numero di supertecnici, superprofessionisti e scienziati, ma questi resteranno pochi, un’élite intellettuale e intellettiva – pochi punti percentuali. E il resto? Come gestire una disoccupazione o pseudo occupazione del 70% o più? Come dare cibo, casa e servizi a queste masse di superflui in arrivo?
Se consideriamo tutto ciò, ci apparirà evidente che è inutile scervellarsi per prevedere che cosa insegnare oggi ai diplomandi e laureandi del 2029 o 2034 per renderli utili al sistema da qui a dieci o vent’anni. Più esattamente, ci apparirà evidente che un sistema con queste caratteristiche, semplicemente, è ostile, distruttivo, incompatibile con le esigenze umane, appunto perché non consente agli esseri umani di programmarsi la vita nei loro tempi di studio, formazione, famiglia e lavoro. Non si cura del male che fa alla popolazione.
Ci apparirà, pertanto, evidente che ciò di cui i giovani abbisognano oggi, non è di adeguarsi ai futuri, inconoscibili e mutevoli bisogni del sistema, bensì di apprendere a fare a meno di questo sistema che ormai fa a meno di loro, a boicottarlo e combatterlo se necessario, a sfuggire e difendersi da esso. Di imparare a produrre o procurarsi in proprio il necessario, dal cibo agli indumenti ai farmaci alla moneta ai mezzi di difesa, materiali e anche psicologici, perché la pressione di un sistema socioeconomico che già li fa, e sempre più li farà,.sentire inutili, superflui, già sta esercitando, e non solo su di loro, effetti patogeni, depressivi, anomicizzanti.
Questo comportamento, questa evoluzione del sistema, conseguono automaticamente dall’economicismo contabile che intrinsecamente e impersonalmente lo guida, ossia dal fatto che, a guidare le sue scelte, sono algoritmi miranti al profitto contabile, numerico, il quale non può vedere altri valori che quelli numerici del denaro e delle statistiche, quelli cioè iscrivibili a bilancio. Esso ovviamente innanzitutto taglia i costi (quindi rimpiazza i lavoratori con l’I.A.). Esso persegue pertanto obiettivi utili solo ai manovratori del grande capitale e divergenti o incuranti delle conseguenze per la collettività. Inoltre, oggi non ha più il fattore moderante del bisogno di aumentare i redditi dei cittadini affinché comperino i suoi prodotti, perché va a cercarsi i mercati di sfogo in tutto il mondo, e ancor più perché oggi, grazie appunto al sostanziale monopolio in cui opera gran parte dell’economia (l’industria è controllata da pochi, enormi gruppi di capitate) e alle esigenze ecologiche (reali o strumentali), sta ristrutturando la società per ridurre i consumi e spostarli su beni a basso impatto ambientale e basso assorbimento di materie prime, ossia sui farmaci – obiettivo raggiungibile rendendo la popolazione rigidamente bisognosa di cure, ad es. vaccinazioni continue e insieme patogene e immunodepressive. Sostanzialmente, il capitalismo in passato si procurava introiti, consensi e legittimazione popolare mettendo a disposizione delle famiglie dei lavoratori grandi quantità di beni di consumo abbordabili; oggi, al contrario, abbisogna di sbarazzarsi di gran parte dei lavoratori umani divenuti inutili, e al contempo si accinge ad abbattere i consumi di materie prime ed energia per rispettare lo “sviluppo sostenibile”.
Non si pensi che il sistema suddetto possa essere corretto da parte della politica con richiami e riforme: al contrario, esso stesso remunera i decisori politici e condiziona l’azione di governi e parlamenti, dato che questi, e tutte le istituzioni pubbliche, come dimostra il prof. Colin Crouch in Postdemocrazia, sono ormai sganciati dal popolo, e sono invece al guinzaglio della grande finanza privata, la quale li sorregge o affonda manovrando il rating e l’acquisto o svendita dei titoli del debito pubblico. Infatti, l’azione politica è sempre apertamente a suo favore e a tutela dei suoi interessi, come prova, tra le altre cose, la continua, progressiva concentrazione della ricchezza con pari diffusione della povertà durante gli ultimi decenni, dovuta anche alle politiche bancarie e al trattamento tributario di assoluto e ingiustificato favore per le grandi corporations.
Come esposi già nel 2010 in Oligarchia per popoli superflui, i popoli, ci piaccia o no, sono diventati superflui (quindi ininfluenti) nel sistema; ed essere superflui sotto un regime oligarchico-plutocratico globale, oggettivamente, non lascia speranze che quel regime si trasformi per corrispondere ai bisogni della gente. Lo Stato si disinteressa al bene collettivo proprio come il grande capitale che lo manovra, anche perché, come spiegavo nel citato saggio, è venuta meno la solidarietà verticale tra oligarchie territoriali, popoli e territori: per l’oligarchia globalizzata e de territorializzata, ogni popolo è sostituibile e spendibile. Dunque, la gente dovrebbe puntare esplicitamente a difendersi da tale sistema per sopravvivere nel migliore dei modi che le circostanze via via permetteranno, non già ad adattarsi alle sue richieste.
Se un siffatto sistema consentisse alla scuola di riformarsi nell’interesse reale dei giovani, le materie obbligatorie di insegnamento di una scuola adeguata ai tempi, oltre a quelle umanistiche per sviluppare e articolare la psiche, dovrebbero pertanto essere:
1)Autoproduzione alimentare
2)Igiene alimentare, ambientale, mentale
3)Prevenzione e cura delle malattie, pronto soccorso, erboristeria
4)Tecniche di sopravvivenza
5)Elettronica, informatica e hackeraggio
6)Chimica
7)Elementi pratici di diritto
8)Matematica, statistica, calcolo delle probabilità
9)Propaganda e manipolazione mentale.
10)Elementi di sociologia ed economia
11) Coscienza di classe e lotta di classe
12) Autodifesa
13) Attenzione
14) Una branca artigianale a scelta.
Circa la voce “Attenzione” chiarisco: la dipendenza dei giovani odierni, nello studio come nell’entertainment e nella socializzazione, dai monitors e dall’informatica, li abitua a che la loro attenzione venga guidata e sta sensibilmente riducendo la loro padronanza della propria facoltà attentiva, ossia di dirigerla e fissarla dove serve. Tale padronanza va recuperata per recuperare la libertà.
Ciò premesso, la scuola “adeguata ai tempi” potrà avviare i giovani ad auto-occuparsi in comunità di autoconsumo, stanziabili anche in poderi agricoli dismessi (ve ne sono in abbondanza), e che tra loro scambieranno le eccedenze, anche servendosi di un sistema monetario o di compensazione ad hoc. Idealmente, esse potranno formare una rete che sarebbe la Respublica delle persone in alternativa allo Stato ormai controllato dal grande capitale. E proprio per questo è probabile che queste comunità verrebbero molto osteggiate e infiltrate di sabotatori.
Pochi giovani e pochi genitori saranno pronti a capire e ad accettare quanto sopra – preferiranno andare con la corrente, che li farà sentire più omologati e protetti. Se vogliamo una scuola di questo tipo, dobbiamo pensare a organizzarla fuori dallo Stato, perché è prevedibile che le richieste del sistema spingeranno la scuola pubblica in senso opposto, ossia a formare generazioni sempre meno autonome, critiche e consapevoli, e sempre più passive, resilienti, dipendenti, appiattite, favorendo lo svilupparsi di quelle caratteristiche auto-inibenti della psiche, che, paradossalmente, sono ricercate e premiate dalle grandi organizzazioni pubbliche e private, come descrive il prof. Mats Alvesson nelle sue ricerche sui vantaggi funzionali della stupidità, e come si riscontrano effettivamente nelle verifiche del profitto scolastico e delle variazioni intergenerazionali dell’intelligenza.
Rinvio, per tale campo, all’intervista resa da Giorgio Matteucci, (autore de “Il libro nero della scuola”, Arianna Editrice 2022) a Luigi Tedeschi per Italicum (https://www.centroitalicum.com/il-libro-nero-della-scuola/), dove si riferisce che, su spinta e incentivi della politica nazionale ed europea, nonché di privati come Bill Gates, la didattica informatica è ormai entrata massicciamente nella scuola, e sta permeandola nonché espellendo gradualmente da essa sia le materie umanistiche formative della personalità che i libri, per sostituire questi ultimi con la cultura omogeneizzata e a-critica, tecnicista, dispensata da Hi Tech (cioè da capitalisti privati che si sostituiscono allo Stato nella formulazione dell’istruzione). In parallelo, “le rilevazioni Ocse-Pisa mostrano che negli ultimissimi anni vi è stato un drammatico calo delle prestazioni nella comprensione del testo …. Gli stessi libri di testo scolastici ed universitari, lì dove ancora si usano, sono semplificati, ridotti in dimensione e infarciti di immagini o rimandi a contenuti multimediali. I Dirigenti Scolastici istigano gli insegnati delle proprie scuole a marginalizzare l’uso dei libri, in favore dei nuovi strumenti digitali generosamente finanziati dalle istituzioni nazionali e comunitarie. La Fondazione Gates, il principale finanziatore della scuola pubblica e privata degli Stati Uniti negli ultimi vent’anni, auspica apertamente “l’obsolescenza dei libri”. La transizione dai libri agli strumenti informatici è sospinta dal noto e potente effetto dopaminergico (cioè che dà piacere, rinforzi positivi) di questi ultimi (mentre al contrario studiare un libro richiede sforzo). Al contempo, la scrittura manuale viene soppiantata da quella digitale, e ne risulta un mancato sviluppo-integrazione di circuiti neurali cognitivi e sensomotori. Viviamo “l’incombente totalitarismo tecnocratico imposto alla istruzione… conforme al progetto di pianificazione economica globale teorizzata dal Grande Reset di Davos”, cioè acriticamente neo-liberista.
In parallelo alla informatizzazione privatistica della scuola formalmente pubblica, è stato rilevata l’inversione dell’indice di Flynn, che aveva registrato, fino a dieci anni fa, una crescita media del Q.I. del 3% di generazione in generazione: ora il Q.I. sta calando ancor più rapidamente. La stupidità funzionale desiderata dalle corporations, secondo gli studi di Alvesson e altri, ossia il rimbecillimento artificiale delle nuove generazioni di potenziali lavoratori, si sta inverando.
23,07.2023 Marco Della Luna (avvocato, docente di psicologia politica)