LE RIFORME DELLA CASTA PREDONA
LE RIFORME DELLA CASTA PREDONA
Mentre fioccano dati sempre peggiori in campo economico, i partiti italiani, quasi tutti, si uniscono per approvare un insieme di riforme che niente hanno a che fare con l’efficienza e la competitività e il rilancio economico del paese, ma che tutte servono a diminuire la partecipazione democratica dei cittadini, il controllo giudiziario indipendente sull’operato dei politici e ad aumentare il potere della partitocrazia nonché, soprattutto, la sua capacità di mangiare addosso alla gente, indisturbata e impunemente. La casta ladra vuole meno interferenze dei cittadini e dai magistrati.
Ecco l’elenco delle riforme in questione:
Aumento da 50.000 a 250.000 delle firme per le leggi di iniziativa popolare.
Aumento da 500.000 a 800.000 delle firme per proporre un referendum abrogativo. Restrizione del referendum abrogativo alle sole norme che non siano connesse ad altre – quindi a ben poche.
Abolizione della eleggibilità popolare dei consiglieri provinciali, che ora vengono nominati da organi di partito.
Abolizione della eleggibilità popolare dei senatori, che ora vengono nominati pure dai partiti.
Senato riorganizzato in modo da fungere da moltiplicatore di spesa pubblica, soprattutto regionale, come spiegato dall’articolo di Alesina e Giavazzi sotto allegato.
Camera interamente dominata dai segretari dei partiti – praticamente non vi è più una camera che rappresenti il popolo.
Esclusione di milioni di elettori di piccoli partiti dalla rappresentanza nella camera.
Segretario del partito di maggioranza relativa che, anche solo sulla base del 20 o 22% dei voti, decide tutto.
Presidente della Repubblica nominato praticamente dal segretario del partito di maggioranza.
Corte costituzionale e CSM indirettamente nominati, in buona parte, dal segretario del partito di maggioranza.
Commissioni di controllo controllata dal segretario del partito di maggioranza.
Controllo partitico aumentato sulle procure della Repubblica.
Bisognava trovare una soluzione a tutti questi scandali dal Mose all’Expo all’Aquila. Bisogna impedire che vengano alla luce quello della sanità di certe regioni e dell’Alta velocità. Gli apparati dei partiti devono potere fare in sicurezza e il loro lavoro di prelievo sulle risorse pubbliche. Facile unire tutte o quasi le forze partitiche intorno a siffatti interessi.
Il campionato mondiale di calcio doveva fornire opportuna distrazione dell’opinione pubblica dal lavoro di trattative necessario per realizzare questa serie di riforme, ma la Nazionale ha sfloppato. Per fortuna una distrazione alternativa è stata trovata nella vicenda di Yara Gambirasio con il caso Bossetti, reso ancor più appassionante dai risvolti adulterini e genetici.
Non dimentichiamo che questo parlamento può continuare nelle sue suddette riforme grazie al fatto che la Corte costituzionale, con la famosa sentenza 1/2014, nel dichiarare l’illegittimità della sua elezione con quel premio di maggioranza che appunto consente oggi queste riforme, ha violato l’articolo 136 della costituzione che stabilisce che le norme dichiarate costituzionalmente illegittime perdono subito efficacia. Ha violato questo articolo, e si è contraddetta, affermando che questo Parlamento, che legifera grazie ha un premio di maggioranza incostituzionale, però legittimò e legittimato anche a fare le riforme costituzionali.
Quanto sopra sarebbe abbastanza per costringere questo stato pagliaccio a rinunciare alla presidenza semestrale dell’Unione Europea per palese indegnità e violazione dei principi basilari della legalità e della democrazia. Ma ai tecnocrati dell’Unione Europea torna utile proprio uno stato pagliaccio e una serie di riforme che consente di derubare meglio gli italiani del loro risparmio e delle altre risorse rimaste.
Fate le valigie, finché avete ancora qualcosa da metterci dentro. 12.07.14 Marco Della Luna
P.S. Prego notare che il processo di isolamento dei vertici decisionali dal controllo, dall’influenzamento e dalla partecipazione della base – cioè il processo di ristrutturazione in senso autocratico del sistema – procede parallelamente nell’ordinamento politico e nelle grandi aziende, nelle quali il personale più competente, consapevole e dotato di contratti tutelanti viene rapidamente sostituito (ricorrendo a scivoli, accompagnamenti, prepensionamenti, etc.) con personale sprovveduto e assunto con contratti che lo rendono molto debole e ricattabile, oltreché precario e malpagato. E’ un nuovo sistema sociale, quello che vediamo realizzarsi giorno dopo giorno.
6 luglio 2014 Nuovo senato e interessi delle regioni I MOLTIPLICATORI DELLA SPESA di Alberto Alesina e Francesco Giavazzi Nei giorni scorsi i senatori hanno modificato la legge costituzionale che definisce i poteri del «nuovo Senato», ampliando le sue competenze sul bilancio dello Stato. Il nuovo testo rischia di aprire un perenne contenzioso fra Camera e Senato rendendo molto più difficile il controllo dei conti pubblici. L’emendamento alla legge, proposto dai due relatori, Finocchiaro (Pd) e Calderoli (Lega Nord), modifica l’articolo 81 della Costituzione là ove esso attribuisce il potere di approvare «le norme fondamentali e i criteri volti ad assicurare l’equilibrio tra le entrate e le spese dei bilanci e la sostenibilità del debito del complesso delle pubbliche amministrazioni», in altre parole le leggi di bilancio. L’emendamento prevede che tali leggi «siano esaminate dal Senato della Repubblica che può deliberare proposte di modificazione entro quindici giorni dalla data della trasmissione (dalla Camera). Per tali disegni di legge il Senato della Repubblica delibera a maggioranza assoluta dei suoi componenti». Se il Senato propone modifiche, «la Camera, entro i successivi venti giorni, si pronuncia in via definitiva». Apparentemente vi sono quindi due protezioni: il Senato può modificare le leggi di bilancio solo votando a maggioranza assoluta, e la Camera può vararle anche se il Senato le ha bocciate. Ma si tratta di protezioni molto deboli. Il nuovo Senato dovrebbe essere composto in maggioranza da rappresentanti designati dalle Regioni. È facile prevedere che i nuovi senatori faranno gli interessi delle assemblee che li hanno designati, in modo largamente indipendente dal partito in cui militano. Nel nuovo Senato, così, ogniqualvolta vi sarà da proteggere le spese delle Regioni la maggioranza assoluta sarà pressoché automatica. Non appena il governo propone una legge di bilancio, le Regioni subito protestano sostenendo che non ricevono fondi sufficienti, in particolare per la sanità. Ciò che accadrà è che il Senato boccerà le leggi di bilancio sostenendo che esse non assegnano fondi sufficienti alle Regioni. E la Camera finirà per modificarle. Il nuovo testo della legge è quindi un significativo peggioramento della situazione attuale, in cui i senatori rappresentano i cittadini che li hanno eletti e non sono solo dei portavoce delle Regioni. Il problema è questo. La spesa delle Regioni è per lo più finanziata da tasse nazionali, pagate allo Stato. Le Regioni quindi non internalizzano i costi delle loro spese (talvolta faraoniche) appunto perché non sono responsabili delle tasse che le finanziano. È un federalismo costruito male e creatore di deficit. Il nuovo Senato formalizza e rafforza questo modello sbagliato . Certo, rimane la salvaguardia della Camera la quale, essa pure a maggioranza assoluta, può varare una legge di bilancio anche se bocciata dal Senato. Ma comunque l’emendamento Calderoli-Finocchiaro aumenterà il potere contrattuale delle Regioni e quindi la capacità di spesa di enti che sono diventati la maggior fonte di squilibrio dei conti pubblici. È infatti impensabile che anno dopo anno la Camera approvi leggi di bilancio regolarmente bocciate dal Senato. L’emendamento ha quindi creato una legge distorta, che favorisce chi deriva benefici dalla spesa senza sopportarne i costi.