CHAOS PRIMORDIALE E LIBERTA’ DELL’ESSERE
CHAOS PRIMORDIALE E LIBERTA’ DELL’ESSERE
Osservazioni filosofiche su Da Eleusi a Firenze, di Nicola Bizzi
Recentemente la casa editrice Aurora Boreale ha pubblicato un imponente volume di Nicola Bizzi – storico fiorentino esperto di mitologia classica – dedicato alla sinora più completa e profonda esposizione dell’esoterismo (disciplina iniziatica di salvazione) mediterraneo, i cui maestri, circa 3.000 anni or sono, fondarono la scuola e i misteri di Eleusi, i più antichi e importanti della civiltà greco-romana, e a cui si iniziarono grandi pensatori, statisti, imperatori. L’indagine di Bizzi affonda fino alle radici recondite della nostra civiltà e del nostro pensiero – radici sorprendenti, ignote all’insegnamento scolastico.
La tradizione eleusina, demetrico-titanica, per-ariana e pre-olimpica, avente caratteri più pacifici e matriarcali, fu sconfitta su alcuni piani dagli dei olimpici – vedasi la titanomachia esiodea – ma è continuata su altri piani e ha fortemente influito nei millenni, fino ai nostri giorni, sul processo non solo culturale ma anche, soprattutto con la sua sotto-scuola pitagorica, economico e politico.
Gli eleusini furono a lungo perseguitati dai cristiani; la loro scuola, dopo varie devastazioni, nel 392 fu chiusa definitamente dall’imperatore cristiano Teodosio; essi dovettero passare quindi alla clandestinità concentrandosi in Bisanzio e nascondendosi dietro attività e istituzioni culturali. Secoli dopo, minacciati dall’avanzata degli islamici, ripararono in Firenze, da dove furono scaturigine e fucina del Rinascimento, anche nella sua possente dimensione bancaria – il che fornì loro, o a parte di loro inclinante ai numeri e alla finanza, i mezzi per espandere la loro azione nel mondo. Insomma, l’opera di Bizzi ci guida a una significativa e arricchente ristrutturazione della comprensione storica.
Essa al contempo suggerisce una riflessione ancora più importante perché ancora più fondamentale per lo sviluppo della nostra civiltà. Le fonti principali per le origini della scuola eleusina sono la Teogonia di Esiodo, gli Inni Omerici, la tradizione misterica interna alla Scuola stessa: tutte fonti che si pongono a monte del bivio epistemologico della storia del pensiero greco, bivio segnato da Talete nel 600 circa A.C. e poi dagli altri proto-filosofi della scuola ionica. Con Talete, il logos si diparte, si differenzia dal mythos, costituendosi come metodo di conoscenza razionale, che a sua volta si suddividerà in due filoni, quello propriamente filosofico, e quello delle scienze naturali, che sono continuati sino ad oggi, o a ieri, in contrapposizione al pensiero di tipo mitico, il quale non cerca spiegazioni razionali e controllabili.
Esiodo, esponente e bardo del mythos (parola la cui radice esprime lo stringersi, il socchiudersi della bocca, myein in greco), volendo spiegare l’origine delle cose, degli dèi, dell’uomo, dell’ordine del mondo (kosmos), chiede ispirazione alle Muse, ritenendo la cognizione umana inidonea a spiegare il fondo e la fonte degli esseri. All’opposto, Talete, primo philosophos (da intendersi come “pensatore razionale”), cerca e trova, o crede di trovare (come poi faranno gli altri protofilosofi), il principio ultimo (archè) – un principio immanente, non divino – mediante il suo proprio intelletto umano e la sua propria osservazione. Lo individua, risaputamente, nell’acqua.
Esiodo presuppone, per contro, un essere divino, un principio per sua essenza indeterminato, che chiama Chaos – parola avente la radica *cha/gha del latino hisco, hiatus, indicante lo stare aperto; e che, in greco, non significa ciò che intendiamo in italiano, ma significa apertura indeterminata, infinita potenzialità o totipotenza – idea idonea ad esprimere la matrice di tutte le cose.
Con Talete e i successivi pensatori razionali, la via del logos si separa da quella del mythos anche entro la religione, dove produce nella teo-logia, un tentativo di dimostrare razionalmente l’esistenza di dio, la compatibilità della fede con l’esperienza, e la coerenza logica interna degli insegnamenti della fede, nonché di risolvere le sue contraddizioni logiche mediante opportune formulazioni e riformulazioni degli articoli di fede.
La via del logos gradualmente, nei secoli, perviene con Kant alla dimostrazione logica dell’impossibilità a priori di una conoscenza metafisica (trascendente la realtà sensibile), quindi anche di Dio; e addirittura, con la filosofia del secolo scorso fino al c.d. pensiero debole, ad affermare l’impossibilità di una qualsivoglia conoscenza epistemica (certa, definitiva), oggettiva e non soggettiva o relativa.
Al contempo, il pensiero logico, col suo ramo scientifico e particolarmente fisico-quantistico e fisico-relativistico, ha scoperto che i presupposti stessi del conoscere oggettivo, le cose più certe del mondo “reale” – ossia spazio, tempo, causazione, materia – non esistono propriamente, in senso assoluto, oggettivo. Anche l’energia, come concetto, è entrata in crisi, perché l’energia dovrebbe definirsi come ciò che produce mutamenti nella materia; dunque, se la materia non si trova più, nemmeno nelle particelle subatomiche, anche l’energia non può essere definita.
Ecco dunque che il logos, la filosofia e la fisica contemporanee si ritrovano, paradossalmente, come per nemesi, nella condizione di Esiodo che pensa in termini di Chaos, poiché hanno scoperto che non sanno definire le proprietà di fondo, le caratteristiche ultime, indefettibili, dell’essere, della realtà – le quali però certamente non sono spazio, tempo, causazione, materia, energia. E non sanno nemmeno spiegare l’origine delle cose e dell’ordine cosmico, cioè come il complesso ordine naturale e la vastissima varietà degli enti – dalla galassia all’essere umano – possano esser derivati da un livello di ordine zero e complessità zero, quali erano quelli dell’ipotetico big bang, stante il principio universale dell’entropia, ossia che, in qualsiasi sistema chiuso in divenire, il livello di ordine tende a calare, non ad aumentare. Anzi, il logos non sa nemmeno rispondere al quesito più elementare di tutti, alla Seinsfrage di Heidegger: perché ci sono enti, anziché il niente?
Siamo con tanto ritornati, sia pure arricchiti da un bagaglio di conoscenze ed esperienze e capacità critico-metodologiche, alla situazione di coscienza che sa di non sapere quale sia il fondo e l’origine e la natura degli enti, noi compresi. Siamo ritornati alla coscienza chaotica (sempre intendendo Chaos nel senso greco, e non in quello nostrano).
Ma in questo apparente fallimento ravviso un importantissimo aspetto favorevole. Questa coscienza, sul piano pratico, è fonte e ragione di speranza, perché essa, in una fase storica in cui il potere costituito sta evolvendosi in una tecnocrazia onnipervadente che priva gli uomini di libertà e di privacy instaurando un ordinamento orwelliano esteso alla manipolazione genetica, ci rassicura circa la libertà dell’essere rispetto a chi vuole ingabbiare l’essere con, appunto, i mezzi tecnologici. Ci rassicura, che nessun apparato tecnico potrà mai impadronirsi dell’essere e delle sue proprietà, che rimangono Mistero.
Il paradigma materialista dell’esistente, dominato dalla finitezza quantitativa (limitata disponibilità) e dalle proprietà fondamentali della spazialità, della temporalità e della causalità – il paradigma presupposto della motivazione al dominio del mondo, dell’essere ‒ è ormai chiaramente risultato essere illusorio, irreale, alla luce delle scoperte della contemporanea ricerca condotta dalla fisica quantistica e dalla psicologia sperimentale, anche in quanto al dualismo cartesiano “mondo”-psiche, e altresì circa le proprietà della psiche stessa, e circa le sue risorse, le sue facoltà potenziali, come indicato del celebre paradosso EPR, o Einstein, Podolski e Rosen (ne cito solo uno), che rivelano una dimensione del reale al disopra della spazialità. Come si può escludere logicamente l’ipotesi immaterialista o idealista (in senso filosofico, soprattutto bradleyano) che l’essere semplicemente sia pensiero o idea?
Non sappiamo quale sia la funzione del 90% e oltre del nostro DNA, quali facoltà latenti possa dispiegare; non sappiamo come siano originate le specie viventi, né come sia avvenuto il salto genetico che ha prodotto l’homo sapiens, attraverso un insieme di importanti e rapidissime mutazioni migliorative comparse simultaneamente in un’intera popolazione. La spiegazione darwinistica, basata sulla selezione dei portatori di mutazioni accidentali migliorative, non regge,
Non sappiamo nemmeno che cosa realmente siamo noi stessi, perché la psiche, col suo insondabile inconscio, ha proprietà e facoltà che essa stenta a immaginare, proprietà e facoltà in parte scoperte e dimostrate sperimentalmente, le quali si attivano soprattutto nelle circostanze di particolare sollecitazione. Insomma, il rapporto della psiche (sia dei singoli che delle collettività) con la realtà (apparentemente) non-psichica è fondamentalmente sconosciuto, ma chiaramente esiste, e altrettanto chiaramente è biunivoco e non di separazione dualistica di tipo cartesiano, e può farsi assai dinamico.
Lo stesso mondo naturale esistente eccede enormemente, per quantità e proprietà, il mondo conosciuto. Della materia oscura – di cui si sa che esiste perché si rileva l’azione della sua forza gravitazionale ma non la si può “vedere” nemmeno strumentalmente – si è scoperto che fornisce la struttura organizzativa della materia nell’universo, ordinando la distribuzione delle galassie, oltre a fornire il germe da cui nascono le stelle. Essa, e l’energia oscura, sono circa 10 volte maggiori della materia e dell’energia visibili.
Insomma, non è nemmeno pensabile un controllo tecnologico complessivo e permanente della realtà, mentre abbondano gli spazi per l’imprevedibile, che vanifica ogni possibile strategia di controllo e padroneggiamento del divenire.
25.12.17 Marco Della Luna