IL FATTORE ECONOMICO NELLA SOCIETA’
In sociologia, tradizionalmente si controverte se tutti i fatti sociali, o il divenire sociale nel suo complesso, possano essere spiegati col fattore economico, come sostiene il marxismo, oppure siano determinanti anche altri fattori.
Operano invero anche altri fattori, come la religione, la sete di potere, il sesso, la filantropia eccetera. Ma, su tutti, quello economico è prevalente perché solo la ricerca di guadagno mette d’accordo praticamente tutti ed è in grado di coordinare molte persone in modo stabile e complesso; e solo il denaro è frazionabile, trasferibile, conservabile, numerabile, quantificabile. Solo per esso quasi tutti sono pronti a fare o a dare qualsiasi cosa. Una grande organizzazione, come una multinazionale o un governo, mossa dalla avidità, dalla ricerca del profitto, passa sopra tutti gli altri fattori socialmente rilevanti, arriva a sacrificare milioni di vite. Quindi, quand’anche l’avidità fosse derivabile dalla pulsione sessuale come vorrebbe Freud, il fattore economico conserverebbe la sua specificità funzionale, anzi funzionamentale, e resterebbe predominante su tutti.
La fame di denaro non solo aggrega in organizzazioni stabili ed estesissimi i soggetti sociali, ma, essendo queste grandi organizzazioni impersonali, le anestetizza contro l’empatia umana e ogni valore alternativo e contrastante con quello del profitto, compresi quelli ecologici. Cioè le astrae dagli altri fattori socialmente attivi, che eserciterebbero un effetto moderatore.
Le altre passioni umane non possono fare altrettanto in fatto di aggregazione e di anestesia. La passione erotica può dar luogo all’aggregazione di un gruppo di stupro o di orgia, che è piccolo e dura pochissimo. La passione filantropica dà luogo a un volontariato che diventa forte e potente solo se e quando si trasforma in azienda sostanzialmente mirante al profitto o finanziata da imprese miranti al profitto. La passione religiosa può aggregare molte persone anche in una guerra come quelle di conquista islamica nel medioevo, ma nella storia i casi di questo tipo sono rari e in ogni caso anche le guerre religiose dipendono dal fattore denaro sia per i loro costi che per i loro scopi e rendimenti, mentre la ricerca del profitto non dipende da fattori diversi da se stessa e dal denaro.
Nel secondo dopoguerra, la prevalenza del denaro sugli altri fattori sociali si è moltiplicata a dismisura per effetto della centralizzazione del controllo finanziario attraverso l’instaurazione di un controllo centralizzato della creazione monetaria, della allocazione del credito e del rating. La Banca dei Regolamenti Internazionali, la Fed, la BCE, l’IMF, la WB coprano quasi tutto il mondo. Il potere finanziario centralizzato oggi condiziona o prende direttamente le scelte politiche, e dispone di una sua industria culturale che produce mode, morali, desideri, la percezione condivisa della realtà, le nuove ideologie cerca diritti dell’uomo e religione, nonché le “verità” scientifiche che le sono funzionali. Praticamente, ha un ampio controllo di quasi tutti gli altri fattori sociali, ridotti alla quasi impotenza e in ogni caso alla incapacità di esercitare una funzione moderatrice e riequilibratrice sistemica. Hanno parimenti perso prestigio e influenza su tutti i piani. Lo squilibrio unilaterale del sistema che ne risulta è vistoso e irrimediabile dall’interno del sistema stesso.
Se poi andiamo a guardare dentro questo fattore prevalente, vedremo che il valore guida non è semplicemente il profitto, bensì il profitto contabile, speculativo-improduttivo, e di breve o brevissimo termine. Esso imprime all’economia e alla società un’ottica miope, un’ottica dell’uovo oggi e niente gallina domani, cioè che scoraggia l’investimento impegnativo, contrasta il bisogno fisiologico umano di pianificazione e stabilità, e scarica sul futuro i costi del tempo presente.
06.08.23 Marco Della Luna