ENRICO LETTA E IL GOVERNO BILDERMERKEL

 Enrico Letta e il governo Bildermerkel:

tanto rumore per il solito  governo commissariale

 Si dà grande risalto mediatico al fatto che PD e PDL si mettano insieme nel governo, per nascondere il fatto veramente importante, ossia che lo fanno per portare avanti decisioni che sono prese da altri e da fuori dai confini italiani, e che sono imposte, e che vengono mantenute sebbene si dimostrino rovinose. La contraddizione, lo scontro di interessi, non è tra PD e PDL, ma tra chi impone quelle decisioni e la gente che ne subisce gli effetti.

 Il potere politico è nelle mani di chi ha le leve macroeconomiche, soprattutto di decidere quanta moneta mettere in circolazione, a chi darla, a che tassi, a che condizioni, e di decidere se e quanto lo Stato possa investire, anche a deficit, per indurre l’attivazione dei fattori di produzione, l’occupazione, la crescita. E decidere sulla regolazione dei cambi valutari, regolamentare le importazioni di beni, servizi e capitali. Uno Stato che non detenga questo potere, può tirare un po’ in su o un po’ in giù la coperta, e poc’altro. Cioè può spostare un po’ di soldi da un capitolo all’altro della spesa pubblica, può spostare un po’ di peso fiscale da una categoria a un’altra di soggetti, può riconoscere i matrimoni omosessuali e le coppie di fatto, ma non può intervenire sulla recessione strutturale.

 I paesi dell’Eurozona hanno devoluto questi poteri, interamente, ad organismi esterni. Alla BCE in quanto alla moneta, imponendo insieme vincoli rigidissimi di pareggio di bilancio. Inoltre, la BCE notoriamente ha il fine prioritario di proteggere il potere d’acquisto dell’Euro senza curarsi della recessione, e non può comprare titoli pubblici dai governi, cioè non può finanziarli direttamente, diversamente da altre banche centrali, come la Fed. Essa, programmaticamente, non può intervenire per invertire una recessione strutturale, né per riequilibrare le disponibilità monetarie e creditizie nei vari paesi dell’Eurozona; e invero non lo fa, lascia andare avanti le cose. Al più, lancia allarmi e interviene comprando titoli, sui mercati secondari, di quei paesi che sono a rischio di lasciare il tavolo dell’Euro per default.

 Il suddetto insieme di scelte presuppone una precisa decisione, ossia che, da un lato, il settore pubblico non sia in grado di usare le leve macroeconomiche (investimenti produttivi e infrastrutturali) per indurre crescita e piena occupazione, nonché di prevenire o risolvere le recessioni; e che, dall’altro lato, i mercati, lasciati sa se stessi, siano in grado di raggiungere quegli obiettivi, e per giunta, assieme ai vincoli di bilancio e al controllo monetario (fissazione dei tassi, soprattutto) da parte della BCE, siano in grado di operare anche la convergenza tra i vari sistemi economici dei paesi dell’Eurozona, senza bisogno di un budget federale e di un governo federale che intervengano per redistribuire le risorse finanziarie che, per varie ragioni, si concentrino in modo squilibrato e squilibrante in certi paesi, sguarnendo altri paesi. 

Si noti che questa fondamentale ed epocale decisione è stata presa senza proporne i termini all’opinione pubblica, senza coinvolgimento democratico,e viene realizzata attraverso una lunga, pluridecennale serie di trattati, leggi e riforme, i cui effetti non vengono spiegati se non falsamente, rimangono latenti per alcuni anni, in modo che la gente si abitui, e poi esplodono quando è troppo tardi per tornare indietro. Questa medesima decisione non viene mai posta nel dibattito pubblico, a cui si offre, invece, il dilemma se ci si possa alleare con Berlusconi oppure no.

 La predetta decisione si traduce nell’adozione di una concezione generale di come di fatto l’economia funziona e di come la si possa guidare, e dovrebbe essere oggetto di revisione, ossia di controllo empirico della sua correttezza. Cioè si dovrebbe controllare se produca i risultati predetti e desiderati, oppure no; nel secondo caso, andrebbe revocata siccome confutata dai fatti – così come avviene con qualsiasi teoria applicata alla realtà, con qualsiasi diagnosi, con qualsiasi ricetta.

Orbene, noi abbiamo che i fatti la confutano – la presente crisi recessiva, col suo perdurare, la confuta, assieme al crescente divario tra i paesi dell’Euro – però essa viene mantenuta; quindi questa decisione di mantenerla nonostante si dimostri errata e dannosa, va interpretata. Le ipotesi interpretative che mi vengono in mente sono che essa produca risultati diversi da quelli promessi, anzi contrari ad essi, ma sia conforme agli interessi di coloro che la mantengono, che hanno la forza di imporla. Interessi in termini di profitto (aumento dei redditi, concentrazione della ricchezza nelle loro mani) e/o in termini di ristrutturazione sociale e politica (concentrazione del potere nelle loro mani, in un modello sociale ove il vertice della piramide detiene un potere non contendibile e non sindacabile, mentre una minoranza di tecnici e funzionari gode di vari gradi di benessere e privilegio, e il grosso della popolazione è povero sia di denaro che di diritti e politici e civili, e sta sostanzialmente e passivamente a disposizione “del mercato”, privo di qualsiasi strumento per influenzare l’andamento della storia). Per meglio portare avanti questo piano, si fa in modo che esso dia un vantaggio concreto, per un certo tempo, ai paesi più forti (Germania in testa), permettendo loro di risucchiare capitali, aziende e tecnici dai paesi più deboli, abbattendo la loro competitività industriale. Così i paesi più forti stanno al gioco. Il vecchio divide et impera funziona sempre.

 Complotto? No, applicazione alla società dello schema gestionale della zootecnia, stabile e sicuro. E, nei circoli che hanno preso quella decisione, che hanno formulato quell’insieme di scelte che producono questo insieme di effetti (Aspen, Trilateral, Bilderberg, etc.), troviamo, almeno dal 1995, anche Enrico Letta, che quindi è parte e origine di quei mali che, al popolo, si racconta che dovrebbe risolvere attraverso la tormentosa unione con Berlusconi combinata dalla saggezza di Napolitano nello spirito del patriottismo, rinegoziando anche il patto di Maastricht con i poteri forti. Si potrebbe immaginare una balla più grossa?

 In ogni caso, Stati ed istituzioni politiche elettive, c.d. democratiche, conservano, nei paesi dell’Eurozona diversi dal paese creditore egemone, poteri marginali; quindi sono giuridicamente declassate ad autonomie locali, tanto più che la maggioranza dei provvedimenti legislativi adottati in tali paesi è in realtà un recepimento di norme decise dall’Unione Europea.

Marginali sono anche le scelte di politica interna, sicché è risibile presentare come importante la scelta di fare un governo con Berlusconi. Cambia ben poco. I governi Berlusconi, esattamente come quelli Prodi e D’Alema, hanno seguito la linea dettata da Berlino e Bruxelles, e il modello economico prescritto da Washington. Il governo Letta farà la medesima cosa, anche perché Enrico Letta, come pure suo zio Gianni, è uomo della finanza internazionale, esecutore dei suoi piani “europeisti”, difensore dei suoi dogmi, come ha messo nero su bianco nel suo libro Euroi sì: morire per Maastricht. Abbiamo quindi la prova scritta dei suoi obiettivi.

 Ma enfatizzare l’inciucio PD-PDL o la novità del governissimo è risibile anche perché l’inciucio destra-sinistra, DC-PCI, è in atto dalla fine degli anni ’40, col ben noto sistema di spartizione dei territori, delle poltrone, della spesa pubblica, dei ruoli morali e politici – sistema in cui, di fatti, il PCI votava oltre l’80% delle leggi di spesa. Il governissimo è sempre stato il vero sistema di gestione del Paese.

 La novità è semmai che i due maggiori partiti si accordano per mettere insieme la faccia nella gestione di un periodo pessimo, che genera scontento crescente nella base, e in cui si adotteranno provvedimenti ancora più impopolari. Il fatto di metterci la faccia insieme consentirà loro di fare porcate ancora più grosse di quelle passate, perché nessuno dei partiti della coalizione dovrà temere che altri partiti si avvantaggino delle misure impopolari e recessive che esso approverà, per conto di terzi. Porcate e, temo, violenze, perché la recessione continua e continuerà a peggiorare, e bisognerà ricorrere alla violenza e all’intimidazione per mantenere la gente nell’obbedienza al sistema, lasciandole come unica via di sfogo l’emigrazione, oltre al suicidio.

 Il fattore di instabilità di un simile governo marionetta di coalizione non è nella fittizia e recitata contrapposizione morale e ideologica o programmatica delle forze che lo compongono, bensì nella reale contrapposizione tra gli interessi della casta nazionale e dei suoi burattinai stranieri, che questo governo porta avanti, e quelli della popolazione generale. E questa contrapposizione reale continuerà a generare e a gonfiare forze rappresentative della protesta dei delusi e degli oppressi di ieri e di oggi, anche se questa volta si riesce a integrare la Lega e a inertizzare provvisoriamente Grillo.

 L’opportunità che governi come gli ultimi due offrono e sempre più offriranno, è che con essi non si riesce più ad evitare che l’opinione pubblica percepisca e discuta il dato di fatto centrale, ossia che i governi italiani sono tutti e inevitabilmente governi Bildermerkel commissariali e che i loro programmi effettivi sono imposti da burattinai stranieri per gli interessi loro e a danno di un Paese e di un elettorato ormai svuotati di ogni autonomia, ridotti a colonia, e i cui riti elettorali e parlamentari non hanno alcun effetto o utilità.

28.04.13 Marco Della Luna

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23 risposte a ENRICO LETTA E IL GOVERNO BILDERMERKEL

  1. Ma vediamo allora chi dovrebbe comprare i nuovi prodotti italiani. I lavoratori nostrani abbiamo detto no perché sono tutti più poveri. La classe benestante ha in genere più tendenza ad accumulare ricchezza rispetto a consumare. Gli altri paesi dell’eurozona no, perché stanno seguendo tutti con i paraocchi lo stesso schema di Monti, cercando di diventare degli esportatori netti. Con i paesi emergenti, come Brasile, Cina, Russia, non si può competere perché sono tutte nazioni sovrane che possono utilizzare quanto vogliono la leva del debito pubblico per sostenere le loro imprese e possono in particolare svalutare continuamente la moneta nei confronti dell’euro, che come sappiamo è una moneta a tasso di cambio rigido che non può essere deprezzata nè dalle nazioni che la utilizzano nè dai normali aggiustamenti della bilancia dei pagamenti (unico caso al mondo). Quindi? Pregare e attendere il miracolo, perché i tecnocrati vanno avanti lo stesso a testa bassa, anche contro qualunque evidenza logica, mentre noi distratti da mille e più divagazioni non ci accorgiamo che lentamente ci stanno togliendo la terra da sotto i piedi lasciandoci nel baratro.

  2. Bessie Rich scrive:

    Condivido nelle linee generali l’articolo di Della Luna, ma ci sono almeno due punti che vedo in modo diverso. 1) L’insistere dei media sull’inciucio di PD e PdL lo vedo molto utile a mostrare il vero volto di questi due partiti. Per decenni la loro strategia era stata basata sulla demonizzazione pubblica dell’avversario, mentre sotto banco si facevano accordi. Adesso questa strategia è saltata, tutti vedono la contraddizione tra le dichiarazioni dei due partiti di massa e le loro azioni. Sulla contraddizione si può far leva per far saltare il sistema. 2) Il resto dell’articolo manifesta un punto di vista economicista-monetario, per cui non si può far niente perchè i tassi di cambio sono decisi fuori dall’Italia. Ma mentre Della Luna dice che le possibilità di manovra sono nulle, a me appaiono invece ridotte, non nulle. Vale la pena di fare un esempio. Un mantra che ogni tanto si ripete è “sostenere i consumi per far ripartire l’economia”. Questo è proprio l’errore da non fare. Invece di finanziare i consumi si può sostenere l’autoproduzione di energia elettrica, con riflessi sulle aziende, sulle competenze, sull’occupazione e infine sui consumi. In generale, a parità di denaro circolante, si può agire sui fondamentali: agricoltura, energia, scuola, sanità, causando una diminuzione della spesa estera e una maggiore circolazione interna del denaro, oppure si può buttare il denaro stimolando i consumi. Non è difficile vedere che i Quisling che ci governano fanno esattamente il contrario di ciò che serve. Ma allora il problema è prima politico e poi economico. Bisogna abbattere questa casta.

  3. frà scrive:

    Buonasera, grazie di questo blog innanzitutto. Quello che mi chiedo e rivolgo la domanda a Lei è perchè non ricorrere alla sola cosa che abbiamo cioè la Costituzione? Se i trattati europeo sono per la nostra Costituzione incostituzionali, non c’è un modo per invalidarli? appelandosi alla Corte Costituzionale o alla Corte di Giustizia europea, o facendo una class action contro chi ha violato la Costituzione..Mi chiedo non c’è un modo legale, seppur piccolo, per fermare tutto questo?

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  5. Thomas K. Brown scrive:

    Nei Paesi democratici esiste un dibattito sulle modalità di prelievo e sull’impiego delle tasse. Le tasse, al contrario del pensiero comune, non servono a ripagare il debito pubblico , finanziare servizi come scuole, sanità, assistenza. Le tasse (o imposte nei Paesi come l’Italia), negli Stati a moneta sovrana (cioè una moneta fluttuante e non convertibile), servono a dare valore alla moneta priva di valore intrinseco (il sistema prende il nome di “Tax Driven Money”), regolare la domanda aggregata, ovvero il potere di spesa dei cittadini, e drenare liquidità che potrebbe portare a inflazione nel caso di aumenti di domanda aggregata. Questo perché la tassazione è sempre una fase successiva alla spesa pubblica dello Stato. L’economista americano Warren Mosler ha descritto questo procedimento con un esempio molto semplice: «La moneta è emessa dallo Stato, che è l’unico che la può creare legalmente dal nulla. La moneta è emessa nel momento in cui lo Stato attua la spesa pubblica. Finché lo Stato non spende, dunque, i cittadini non potranno avere il denaro necessario per pagare le tasse. Una volta che lo Stato avrà emesso moneta per la spesa allora i cittadini avranno il denaro necessario per pagare le tasse».

  6. “Complotto? No, applicazione alla società dello schema gestionale della zootecnia, stabile e sicuro”.

    RINGRAZIO MARCO DELLA LUNA DELLE SENSIBILI INTUIZIONI,.. ECCO PERCHE’ IL SISTEMA BANCARIO/FINANZIARIO INTERNAZIONALE, COME OGGI SI PRESENTA,..MEDIOEVALE, AUTOREFERENZIALE ED INTRASPARENTE VA’ RADICALMENTE CAMBIATO,…. ABBIAMO LA RICERCA NEL MONDO CHE CORRE COME LE FERRARI E I SISTEMI ECONOMICI COME VECCHIE TARTARUGHE,..PRESE A PROTEGGERE SE’ STESSE,… NELLO SCHEMA GESTIONALE DELLA ZOOTECNICA,..STABILE E SICURO,…

    QUANDO CAMBIERA TUTTO QUESTO,..ALLA BLINDEBERG ORGANIZZEREMO UN FESTOSO AGRITURISMO,….
    GIANCARLO PORCINI, SALERNO MAGGIO 2013,…

  7. Ugo Lorenzi scrive:

    Buongiorno, Avvocato.

    Se il suo commento: “Sì, ritengo ciò che Lei delinea. Emigrare servbe a guadagnare tempo. Per finire decentemente la vita terrena, o magari per aspettare un cambiamento sitemico in senso migliorativo.” era riferito alla mia precedente osservazione La ringrazio.
    Purtroppo da una prima panoramica scopro che non è facile emigrare (servono soldi che non ho, circa 200mila dollari per l’Australia e l’equivalente per il S.Africa per esempio, mentre pare che Argentina e Cile al momento non siano molto favorevoli ad aprire possibilità per immigrati: Parlo di andare ad aprire un’attività, non di trovare un datore di lavoro in loco, che è più facile economicamente ma meno definitivo, almeno a mio parere.)
    Se le premesse sono queste, chi dovesse eventualmente restare qui dovrebbe allora ‘barricarsi’ nel senso di cambiare significativamente il proprio stile di vita. Entrare in una fase di quiescenza biologica minimizzando le attività vitali. In altre parole, fare come detta l’adagio mafioso: chinarsi come il giunco al passare della piena e attendere che la piena si sfoghi. Per loro funziona ma stavolta la piena è impetuosa.
    Sarà dura.
    Nel frattempo l’informazione lucida e superpartes resta preziosa!
    Grazie.
    U Lorenzi

  8. Beatriz Hester scrive:

    Wolf sostiene in sostanza che le ragioni per cui la zona euro non si è ancora sciolta, nonostante le politiche distruttive, e per cui potrebbe durare più del previsto, sono che una rottura sembra anche peggiore. La domanda potrebbe essere per chi. La Grecia è il banco di prova. Anche se una’uscita della Grecia non avrebbe ripercussioni economiche significative sul resto della zona euro, la paura è che porterebbe al contagio, dal momento che se la Grecia uscisse, questo dimostrerebbe agli altri paesi della periferia che anche loro potrebbero farlo.

  9. ebbene si, Grecia e Portogallo non hanno una struttura economica che gli consenta di uscire dalla crisi. L’Irlanda può farlo attraverso le esportazioni, le altre due no, in quanto hanno consumato facendo leva sul debito e dove le esportazioni sul pil sono irrisorie. In una UE federata qualcuno avrebbe ripianato i debiti, un po come fa il ns stato centrale con le regioni meridionali. Credo ci siano due soluzioni: guidare questi paesi all’uscita dell’UE e girare a write off le perdite delle banche europee, coperte dal ESM o dalla BCE; la seconda ipotesi e supportare questi stati, ripianando i loro debiti sulle spalle degli altri partner, dove alcuni di essi sono già abbastanza indebitati. la soluzione nn è assolutamente facile, anche perche un eventuale default ridurrebbe questi paesi alla miseria.

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  13. Santi Diliberto scrive:

    Signor Marco della Luna,
    desidero complimentarmi vivamente per questo suo articolo, che rispecchia in pieno la situazione reale del nostro paese, come come quella della Grecia (paese in cui attualmente vivo) e di tutti gli altri paesi del Sud Europeo.

  14. Albertoluigi scrive:

    Complimenti per la lucida analisi della situazione nazionale ed europea

  15. ahfesa scrive:

    Caro Avvocato,

    lei dice il vero, ma non ha tenuto conto di una cosa.
    Quando ero ragazzo per il mio datore di lavoro andavo spesso, da solo perché nessun collega ci voleva venire ed io avevo bisogno del salario extra, nei paesi oltre cortina. Quando arrivavo al confine vedevo le torri con le mitragliatrici (puntate verso l`interno) i due reticolati (gli ungheresi ne avevano un terzo in mezzo elettrificato a 380v) i campi minati e ragazzi come me mi minacciavano con la baionetta inastata se mettevo una mano in tasca o un piede fuori dalla linea che delimitava l`itinerario per raggiungere il fabbricato della dogana. Vedevo le città di quei paesi con i loro vialoni deserti, la gente schiva, timorosa, rassegnata. E vedevo anche la corruzione sfrenata e l`inefficienza burocratica dilagante. Però come tutti pensavo che quella spaventosa macchina di oppressione (per altro da noi gabellata da politici ancora oggi imperterriti in servizio con prestigiosissime cariche, come il miglior futuro per il genere umano) fosse destinata a durare per decenni, per poi magari sparire con altrettanto spaventoso sconquasso planetario. Ed invece nel giro di 15 anni da allora si é dissolta nel nulla.

    E la ragione – dopo – mi é parsa ovvia: non c`erano più i mezzi finanziari e materiali per continuare. La corruzione e la burocrazia mangiavano le risorse e la gente senza speranza e senza futuro, pur non ribellandosi apertamente, non lavorava più, faceva resistenza passiva, mandando in rovina lentamente ma inesorabilmente il sistema oppressivo.

    Certo molti hanno sofferto e parecchi ci hanno anche lasciato la vita, ma il mostro era davvero come diceva curiosamente per contrappasso Mao, una tigre di carta.

    Ecco noi siamo sulla stessa strada. Difatti il sig. Letta, sulle cui finalità non serve disquisire, non é altro che un ulteriore passo verso quella direzione.

  16. Giusy scrive:

    Lira, rimembri ancora
    quel tempo della tua vita normale,
    quando serenità splendea
    negli occhi ridenti degli Italiani,
    e tu, inesauribile e sovrana, il riversar
    di povertà impedivi?

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  18. Ugo Lorenzi scrive:

    Buongiorno,
    credo non a caso, Lei non cita tra le possibili alternative la rivolta popolare
    (di cui peraltro non si scorgono ancora credibili avvisaglie e che forse andava organizzata prima).
    Ritiene quindi che Il Sistema, prima di passare all’attacco, abbia scientificamente procurato strumenti di contenimento e manipolazione dei popoli; che insomma siano ‘passati all’attacco’ nel momento ritenuto più giusto?
    Niente azzardi quindi da fine impero, colpi di coda di sistemi in crisi ecc ma punto di svolta verso una più ferrea e rigorosa ‘governance’?
    Se è così: emigrare verso paesi ora in condizioni migliori servirebbe a dilazionare soltanto l’appuntamento con situazioni peggiori (quelle che si verificheranno qui a breve)?
    Spero in una Sua risposta non pessimistica riguardo a quanto sopra ma, se ben ho interpretato le Sue argomentazioni non ci conto molto.
    La ringrazio in anticipo.
    U.Lorenzi

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