UN GIUDICE AMMETTE: LA MONETA BANCARIA NON E’ MONETA LEGALE
UN GIUDICE AMMETTE:
LA MONETA BANCARIA NON E’ MONETA LEGALE
Un evento giudiziario che segna una svolta nello smascheramento dell’illegittimità di fondo del potere politico-economico dell’élite bancaria:
Finalmente un giudice riconosce che la moneta bancaria non è moneta legale (euro).
Per salvare dalla vendita all’asta, richiesta da una banca, la casa di un mio cliente, ho presentato al giudice dell’esecuzione immobiliare (GE) un’istanza di sospensione, basata anche sulla contestazione di nullità del contratto di mutuo perché la banca in questione, come fanno tutte le banche, aveva prestato, spacciandola per euro (moneta legale), una moneta scritturale privata, da essa stessa creata senza autorizzazione,
Il giudice in questione, di cui non faccio il nome per comprensibili ragioni, non ha sospeso l’esecuzione, ma ha fatto un’ammissione sorprendentemente audace, per un giudice, ossia che effettivamente il denaro creato e prestato dalla banca non è la moneta legale euro, bensì possa essere convertito in essa quando si preleva in contanti. Una tale ammissione mina le basi stesse del sistema di potere politico-economico che domina e sfrutta la società contemporanea.
Scrive il giudice, nella sua ordinanza: «3) Le articolate deduzioni relative alla sostanziale inesistenza di ogni mutuo apparentemente erogato dagli Istituti di credito (perché “la moneta scritturale creata dalla banca di credito non è una moneta perlomeno nei rapporti con parte opponente”, o, in subordine , perché, “quand’anche sia moneta, non è Euro, e la sua cessione e contabilizzazione come se fosse Euro è illecita e determina la nullità o inefficacia del contratto di mutuo per aliud pro alio, inadempimento e altro ancora”) si scontra[no] con la realtà, in cui, accordato il mutuo ed aperto un conto di disponibilità per il cliente, costui “potrà usare il saldo attivo di questo conto trasferendolo in tutto o in parte a soggetti verso cui vuole eseguire pagamenti”, ovvero ritirare la somma presso lo sportello della banca, ricevendo moneta avente corso legale in misura equivalente al saldo di tale conto.»
Queste le parole del giudice, con sottolineatura mia.
Il cliente, insomma, dice il giudice, se ha un attivo sul conto corrente, può o fare bonifici dal conto corrente, oppure ottenere moneta legale mediante prelevamenti, cioè facendosi dare banconote. Cioè può convertire la moneta bancaria in moneta legale, in euro. Il che implica il riconoscimento che l’attivo di conto corrente non è moneta legale.
Così dicendo il giudice ha affermato un dato di realtà fondamentale; poi però non ne ha tratto le necessarie conseguenze giuridiche.
Ricordiamo che l’oggetto della licenza bancaria, ex art. 10 TUB, è l’esercizio e l’intermediazione del credito, non la creazione della moneta, la quale non può considerarsi come implicita nell’esercizio del credito, così come la fabbricazione di automobili non può considerarsi implicita nel noleggio di automobili. La creazione di moneta non rientra nemmeno nell’emissione di moneta elettronica, consentita alle banche di credito e ad altri soggetti soltanto contro copertura in fondi pre-esistenti.
La creazione dell’euro, della moneta legale, è riservata al Sistema Europeo delle Banche Centrali: artt. 127 e 128, 1° c TFUE; art, 10 TUB; artt. 347 e 453 CP, ed è vietata alle banche non centrali – e queste sono norme pubblicistiche, imperative, penalmente sanzionate. Il giudice non le nega – non potrebbe farlo – e non nega che le banche di credito creino moneta contabilmente nel prestarla; però salva l’operato bancario dicendo che vi è una “realtà, in cui, accordato il mutuo ed aperto un conto di disponibilità per il cliente, [il cliente mutuatario] “potrà usare il saldo attivo di questo conto trasferendolo in tutto o in parte a soggetti verso cui vuole eseguire pagamenti”, ovvero ritirare la somma presso lo sportello della banca, ricevendo moneta avente corso legale in misura equivalente al saldo di tale conto.” Con tanto, e soprattutto col dire che il saldo attivo può essere convertito in moneta legale, il GE ha riconosciuto che il saldo attivo, ossia la moneta scritturale bancaria, non è la moneta legale euro (anche se la banca la denomina euro). Però il GE, in primo luogo non rileva che, nel caso in esame (come praticamente in tutti i casi), questa conversione-ritiro in moneta legale non è avvenuta, quindi il suo ragionamento non può applicarsi; in secondo luogo, e soprattutto, egli omette di trarre le necessarie conclusioni giuridiche – pubblicistiche, penalistiche, civilistiche – del predetto riconoscimento. Conseguenze obbligate: la banca ha creato e smerciato come euro-moneta legale ciò che euro-moneta legale non è; quindi:
-non può ritrarre da tale operazione un credito in euro a titolo di mutuo, perché il mutuo dà diritto alla restituzione di un tantundem ejusdem generis (non cuiuslibet generis);
-ha dato un aliud pro alio;
-ha creato moneta falsa oppure usurpato una funzione pubblica (l’elemento soggettivo del reato è da vedere, ma quello oggettivo è innegabile);
-il contratto è nullo per contrarietà a norme imperative e illiceità di oggetto e di causa.
Il GE sostanzialmente vuole salvare la sullodata prassi bancaria dicendo che questa è la realtà – cioè, all’atto pratico, invoca la res facti, l’usanza, come fonte normativa capace di abolire, sostituire o derogare le norme pubblicistiche, persino quelle penali e internazionali. Ovviamente tale ragionamento è insostenibile sul piano del diritto, perché esso nega il diritto come tale, la rule of law.
E’ doveroso però aggiungere una considerazione di ordine costituzionale: legittimare, come fa il giudice dell’esecuzione, e come fanno tutti i giudici che hanno trattato la questione, la prassi delle banche di credito di creare (falsa) moneta (legale) smerciandola come moneta legale, non è neutra rispetto ai principi fondamentali della Costituzione, anzi è incompatibile con essa (quindi è errata e illegittima), segnatamente con l’art. 1 in quanto al fondamento sul lavoro della Repubblica, con l’art. 3 in quanto al principio di eguaglianza e al dovere di attuare l’eguaglianza sostanziale: se a una classe di soggetti economici, gli imprenditori bancari, si dà licenza di creare moneta dal nulla spacciandola per moneta legale, per giunta senza dichiarare la creazione come ricavo quindi senza pagarci sopra le tasse, allora automaticamente questa classe sociale si impadronirà del potere politico e detterà le politiche economiche nonché guiderà la legislazione e l’azione di governo verso una sempre crescente concentrazione di reddito, patrimonio e potere nelle sue proprie mani, perché tutta la società e lo Stato stesso (che è stato privato del controllo della moneta) hanno necessità di prendere denaro a prestito dalle banche private (acquirenti del debito pubblico), col risultato del totale disempowerment politico dei cittadini e della riduzione della quota-lavoro a favore della quota-capitale finanziario nella distribuzione del reddito nazionale, comportante una crescente diseguaglianza sociale – il che è esattamente lo scenario che stiamo osservando in Italia e altrove nel mondo.
Per chi vuole approfondire, aggiungo il nucleo delle contestazioni tecniche che ho svolto in questa causa contro la creazione di moneta contabile da parte delle banche di credito (diversamente da altri avvocati, metto queste informazioni a disposizione di tutti, gratuitamente, perché ritengo immorale nascondere alla gente risorse che potrebbero liberarla dall’ingiusta oppressione del debito):
«NULLITA’ – ILLICEITA’- INESISTENZA DEI PRETESI MUTUI –Violazione degli artt. 1346, 1418 CC in relazione agli artt. 127 e 128 TFUE, 347, 453, 514-517 CP
Nell’apparente contratto di mutuo le parti convengono che BNL eroga € 80.000, e che il mutuatario immediatamente “riversa” la medesima somma alla banca come pegno infruttifero irregolare.
Il Notaio non dichiara che l’erogazione e il riversamento siano avvenuti in sua presenza.
L’erogazione di 80.000,00 in realtà non è mai avvenuta, se non sulla carta, scritturalmente.
Banca d’Italia, con l’Avviso al pubblico del 06.06.17, https://www.bancaditalia.it/compiti/vigilanza/avvisi-pub/, dichiara: “La Banca d’Italia precisa anzitutto che sulla base della normativa internazionale e nazionale, l’unica forma di moneta legale – ossia dotata del potere di estinguere le obbligazioni in denaro – è la moneta emessa dalla Banca Centrale Europea (BCE)”. Banca d’Italia ammette che però le banche di credito italiane creano mediamente 1.000 miliardi all’anno di euro scritturali (si veda il Supplemento al Bollettino statistico pubblicato dalla Banca d’Italia, “Moneta e banche https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/moneta-banche/2017-moneta/suppl_01_17.pdf in particolare Tavola 1.2.a.”
Invero, il TFUE è molto chiaro circa la privativa di emissione di moneta legale euro:
Art. 127: “1. L’obiettivo principale del Sistema europeo di banche centrali, in appresso denominato “SEBC”, è il mantenimento della stabilità dei prezzi. Fatto salvo l’obiettivo della stabilità dei prezzi, il SEBC sostiene le politiche economiche generali nell’Unione al fine di contribuire alla realizzazione degli obiettivi dell’Unione definiti nell’articolo 3 del trattato sull’Unione europea. Il SEBC agisce in conformità del principio di un’economia di mercato aperta e in libera concorrenza, favorendo una efficace allocazione delle risorse e rispettando i principi di cui all’articolo 119…”
Articolo 128 “1. La Banca centrale europea ha il diritto esclusivo di autorizzare l’emissione di banconote in euro all’interno dell’Unione. La Banca centrale europea e le banche centrali nazionali possono emettere banconote. Le banconote emesse dalla Banca centrale europea e dalle banche centrali nazionali costituiscono le uniche banconote aventi corso legale nell’Unione…. “
Art. 41 Cost.: “L’iniziativa economica privata è libera.
Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali. “
Orbene, il SEBC semplicemente non potrebbe perseguire il suo “obiettivo principale” di mantenere stabili i prezzi (cioè di evitare inflazione e deflazione” se il suo potere di regolare, cioè dosare, la moneta in circolazione fosse limitato alla moneta cartacea e metallica, restando la creazione di una “moneta euro contabile” nella libera facoltà e discrezione delle banche di credito. E non si potrebbe nemmeno fare i controlli e gli interventi imposti dall’art. 41 Cost., commi 1 e 2. Né si può dire che la BCE regoli la creazione di moneta bancaria attraverso l’aggiustamento dei tassi e l’acquisto o vendita di titoli pubblici, anche perché, di fatto, non riesce a farlo, cioè neppure azzerando i tassi e ricorrendo al Quantitative Easing riesce a far ripartire il credito e a invertire la deflazione in corso.
E’ dunque evidentemente necessario che il controllo della BCE si intenda esteso anche alla moneta contabile. E che l’art. 128 sia interpretato, come fa la Banca d’Italia a parole, nel senso che l’unica forma dell’Euro come moneta legale sia quella cartacea o metallica, e non quella contabile, e che quindi non esiste un euro di creazione creditizia, esterna al SEBC.
Le conseguenze giuridiche di quanto sopra sono molteplici, e tutte portano a una conseguenza pratica: la banca non può pretendere il rimborso dei suoi “prestiti” né il pagamento degli interessi, perché i contratti sono nulli.
Innanzitutto, usurpando una funzione pubblica riservata dalla legge e dai trattati alla BCE, le banche commettono sistematicamente il reato previsto e punito dall’art. 347 del Codice Penale (Chiunque usurpa una funzione pubblica … … è punito con la reclusione fino a due anni.) e/o il reato previsto e punito dall’art. 453 (È punito con la reclusione da tre a dodici anni e con la multa da lire un milione a sei milioni 1) chiunque contraffà monete nazionali o straniere, aventi corso legale nello Stato o fuori…).
La moneta così creata è corpo di reato e va sequestrata, e ogni contratto con la banca, utilizzante questa moneta, è nullo per illiceità dell’oggetto, e la banca non può pretendere in restituzione un quid ejusdem generis di ciò che ha dato, perché si tratta di un genus illecito.
In secondo luogo, se ciò che la banca ha creato e prestato come “euro” non è moneta legale, essa, non avendo mai erogato moneta legale euro, non ha mai eseguito il prestito.
In terzo luogo, la banca ha dato un aliud pro alio. Che si tratti di un quid alii, diverso per essenza, è evidente: la moneta legale è solo quella creata dalla BCE; solo essa non nasce come monetizzazione di un rapporto obbligatorio; solo essa ha la capacità di estinguere i rapporti di credito-debito senza crearne degli altri; solo essa è ontologicamente indipendente dalle sorti (dall’eventuale insolvenza) delle banche; la moneta contabile bancaria è per contro sempre consistente, giuridicamente, in una promessa di pagamento (tale è il saldo attivo di conto corrente o di libretto di risparmio o l’importo dell’assegno circolare) avente ad oggetto una qualsiasi valuta legale a scelta delle parti (Euro, Dollari, Yen, Sterline…); essa quoad existentiam dipende dalla solvibilità della banca depositaria-debitrice., e non è fiat (cioè non è dotata di accettazione imposta d’imperio dallo Stato: il bonifico di una banca insolvente non vale nulla); inoltre – e questa è la prova del nove – un bonifico in “euro” da una banca di un paese dell’Eurozona a una banca di un altro paese dell’Eurozona non avviene direttamente – cioè non avviene come tra due banche del medesimo paese – ma avviene attraverso la piattaforma Target 2, ossia attraverso le banche centrali nazionali e la BCE, mediante indebitamento della banca centrale nazionale del paese da cui parte il bonifico verso quella del paese a cui il bonifico è diretto, il che dimostra che l’”euro” contabile delle banche italiane è un’unità di conto avente natura obbligatoria e valida solo entro i confini italiani, e non è l’”euro” contabile delle banche degli altri paesi dell’Eurozona, né l’euro vero (quello cartaceo o metallico), né quello delle riserve presso la BCE.
In quarto luogo, la banca ha creato contabilmente mezzi monetari non-euro dichiarandoli e contabilizzandoli come euro, come moneta legale, pur sapendo di non avere la facoltà di crearla e di agire contro le leggi e i trattati.
In quinto luogo, ha spacciato per euro ciò che euro non è, al fine di ottenere l’impegno del cliente a rimborsare euro non ricevuti: quindi ha adibito dolo, frode, per ottenere un profitto ingiusto, smerciando un quid intrinsecamente illecito.
… …»
28.01.18 Marco Della Luna