IL CONTE GALLEGGIA SULLA COSTITUZIONE LIQUIDA
IL CONTE GALLEGGIA SULLA COSTITUZIONE LIQUIDA
Contro la maggioranza elettorale italiana è ripartita la macchina del golpe finanziario con lo spread e le indebite pressioni di Berlino, Bruxelles e BCE transitanti per il Colle anche come veto di nominare al Mef il prof. Paolo Savona, l’eurofilo e bancofilo pentito. Nei prossimi giorni si vedrà se Mattarella respingerà lo straniero o gli aprirà le porte. Se non accetterà Savona e la volontà popolare italiana, allora o metterà su un governo suo proprio, e questo sarà un golpe aperto; oppure scioglierà le camere e si andrà ad elezioni che saranno non solo pro o contro l’egemonia bancaria e tedesca, ma anche pro o contro gli atti del presidente. Egli, la fedeltà o infedeltà alla repubblica della sua condotta istituzionale, diverrebbe oggetto centrale del dibattito elettorale. Perciò è meglio, qualora sciolga le camere, che si dimetta, passando le funzioni al presidente del senato.
In sostanza, i fatti che stiamo osservando negli ultimi anni e, ancor più, nelle ultime settimane, dimostrano che le forze materiali e le volontà extra-giuridiche si affermano, giorno dopo giorno, irresistibilmente sfondando e seppellendo le norme formali e le garanzie – le norme costituzionali e quelle delle leggi ordinarie – senza che vi siano reazioni.
I fatti sono che abbiamo, nella Costituzione, un articolo 1 che riconosce la sovranità al popolo e un articolo 11 che consente limitazioni alla sovranità nazionale solo per ragioni di pace e giustizia nonché a condizione di parità, mentre nella realtà la sovranità legislativa, economica, fiscale e monetaria è stata non limitata, ma incostituzionalmente ceduta all’UE alla BCE etc. per motivi diversi dalla pace e dalla giustizia nonché a condizioni di subordinazione.
I fatti sono che abbiamo un art. 3 della Costituzione che vincola lo Stato a promuovere l’eguaglianza sostanziale tra i cittadini, un art. 36 che tutela il reddito da lavoro, un art. 41 che vincola l’impresa privata al bene pubblico e un art.47 che tutela il risparmio, ma lo Stato, la BCE e l’UE hanno operato esattamente in senso opposto, e continuano a farlo.
I fatti inoltre sono il colpo di stato del 2011, che afferma la sovranità della BCE e della Germania sull’elettorato italiano; sono la sentenza della Corte Costituzionale che dichiara incostituzionale la legge elettorale ma legittimo il parlamento e la maggioranza parlamentare artefatta generati da quella legge incostituzionale; sono quella maggioranza che elegge presidente della repubblica uno dei giudici costituzionali che avevano dichiarato incostituzionale la legge che la aveva prodotta.
I fatti, ancora, sono che abbiamo uno statuto della BCE che dispone che BCE, governi nazionali e governo comunitario non possano influenzarsi reciprocamente; ma nella realtà la BCE condiziona e guida le politiche nazionali con la minaccia di non comperare più i titoli del paese disobbediente, cioè di definanziarlo e farlo saltare.
I fatti più recenti sono strutturalmente complessi e configurano uno scenario di decomposizione generale della trama costituzionale nei suoi vertici istituzionali: capo dello stato e capo del governo.
Abbiamo la maggioranza degli elettori che vuole mettere in discussione i trattati europei e l’Euro (gli euroscettici in Italia ormai sono oltre il 70%), e la maggioranza parlamentare vuole fare un governo conforme a questa volontà, ma il predetto presidente della repubblica illegittimamente eletto, in contrasto con la volontà popolare, in violazione del suo dovere di difendere l’indipendenza della repubblica, e in ottemperanza alla volontà dei potentati europei, gli impone di nominare un premier e ministri che siano o perlomeno si dichiarino europeisti promettendo di non contestare i trattati.
Abbiamo una legge elettorale esplicitamente disegnata per produrre coalizioni di partiti, e abbiamo una coalizione che ha ottenuto la maggioranza relativa, ma il presidente della repubblica non ha dato al capo di questa coalizione nemmeno l’incarico esplorativo per formare il governo.
Abbiamo un partito di maggioranza relativa, principale componente della maggioranza, che, contrariamente all’art. 67 Cost., non concepisce i propri parlamentari come parlamentari – cioè rappresentanti dell’intero popolo, dotati di discrezionalità politica per le varie scelte – bensì come delegati, mandatari, che sono tenuti ad eseguire una volontà predefinita degli attivisti del partito, come volta per volta raccolta e dichiarata da una piattaforma informatica privata, soggetta peraltro al placet di un garante supremo non eletto.
Abbiamo che questo medesimo partito, che si definisce non-partito e sanziona con pesanti multe i suoi eletti che non stiano nei ranghi, è legato e forse sottoposto a società commerciali (Piattaforma Rouseeau, Casaleggio e partners) di cui non è chiaro chi le controlli e da dove, anche se è abbastanza evidente che la testa era negli USA; tutto ciò può essere un bene, piuttosto che un male, ma è anomalo e misterioso.
Abbiamo i due partiti di maggioranza che fanno approvare dalle loro basi il patto di governo, impropriamente denominato “contratto”, prima di presentarlo al presidente e al parlamento e prima di designare il capo del governo.
Abbiamo un capo del governo tecnico, non eletto, privo di qualificazioni e di standing politico, scelto dai partiti di maggioranza in un compromesso col Quirinale, e che chiaramente è egli stesso un delegato, un mandatario tenuto ad eseguire il “contratto” deciso da altri, in rottura dell’art. 95 Cost., che stabilisce che il capo del governo dovrebbe dirigere l’azione del governo e la sua politica generale.
Il quadro generale vede quindi una costituzione liquefatta, completamente demolita dai rapporti delle forze materiali e degli interessi – con gli interessi e le forze esterni all’Italia che partecipano e si impongono attraverso il capo dello stato italiano. L’osservanza della costituzione, almeno nei principi, dovrebbe essere il fondamento della legittimazione del potere statuale; ma quel potere li viola sistematicamente. Si sta dando, e ci sta imponendo, un’altra costituzione. E la sta formalizzando con norme prodotte ad hoc.
Adesso tutto questo sta diventando chiaro e tangibile a tutti. Tutti hanno l’opportunità di percepire che la Costituzione repubblicana è defunta, che non garantisce, che non fa argine ai poteri di fatto, interni ed esterni, e che l’Italia è un protettorato di interessi esterni. D’ora in poi sarà acquisizione popolare che il sistema reale non è quello formale, che il Rubicone viene continuamente attraversato. Un’era è finita, l’era dell’illusione che le parole scritte sulla carta abbiano potere rispetto ai poteri materiali. Il dibattito politico futuro sarà diverso, sarà più vicino alla realtà.
Veniamo al prof. G. Conte. E’ oramai assodato che egli ha arricchito il suo curriculum vitae et studiorum con attività non svolte. Presumo che Conte non sia convinto di aver fatto le cose che ha scritto nel suo curriculum senza averle fatte (se fosse convinto di averle fatte, allora il problema Conte sarebbe diverso). Perché lo ha fatto, sapendo che prima o poi sarebbe stato tutto scoperto? Forse perché si sentiva protetto e che chi doveva controllare chiudeva un occhio. Il guaio sarebbe se si scoprisse che l’abbia fatto per ottenere incarichi accademici supplendo alla scarsità delle sue pubblicazioni – cioè che abbia ottenuto cattedre e altri incarichi pubblici mediante la frode. Tali scoperte lo discrediterebbero completamente all’estero (in Italia queste cose sono accettate, sono in continuità con la tradizione). Ma, se è vero ciò che scrivano i giornali sulle sua amicizie in Vaticano, con la famiglia Boschi, coi figli di Napolitano e di Mattarella (come lui giovani professori in Toscana), allora Conte è blindatissimo, ed è altamente improbabile che chiunque fosse al corrente di simili cose le faccia trapelare. Anche considerando che l’università italiana è tradizionalmente nepotista (vedi: Parentopoli. Quando l’università è affare di famiglia – di Luca Nino, Marsilio 2009), ed anche per questo è poco qualificata, poco qualificante e screditata nel mondo, con poche eccezioni.
Nello scenario delineato nei soprastanti paragrafi, è marginale che il capo del governo designato abbia millantato attività accademiche e professionali non svolte – attività per dipiù non qualificanti per il suo ruolo specifico, trattandosi di attività di diritto civile. E’ marginale perché, nello standard e nel sentire politici tradizionali italiani le millanterie e la coerenza hanno scarso peso. Marginale, ma indicativo che quest’uomo è in continuità col passato, col costume nazionale, quindi non completamente credibile per presiedere il “governo di cambiamento”. Peraltro, se il compito assegnatogli non è di fare il capo del governo realmente, ma di eseguire un mandato limitato anche nel tempo, oltre che definito da Salvini e di Maio, quella sua continuità cogli inveterati costumi nazionali non è importante.
Da ultimo, qualche considerazione generale sul diritto come scienza.
Il diritto si eleva alla dignità di scienza quando va oltre l’analisi delle norme (del loro significato individuale e sistemico, delle loro contraddizioni, etc.) e si mette a osservare i fatti e le loro correlazioni, ossia come i sistemi socio-politico-economici e i soggetti (uomini, persone giuridiche pubbliche e private, istituzioni, Stati, organismi sovra-statuali), sia individualmente che aggregatamente, si comportano e come modificano il loro comportamento, particolarmente rispetto alle norme già esistenti e a quelle che via via vengono introdotte. Invero, la società e le istituzioni operano in modo sistematicamente diverso da come la Costituzione e le leggi prescrivono che si comportino; e spesso le modificazioni dei comportamenti suddetti, prodotte dall’introduzione di una norma, sono diverse o contrarie all’intento di quella norma, o mens legislatoris.
Il diritto diventa scienza, insomma, quando si mette a osservare e misurare le interazioni tra le due variabili in azione: le variabili “norme di diritto” e le variabili “comportamenti di fatto” (ad esempio: come l’introduzione di un determinato divieto od obbligo modifica il comportamento dei soggetti interessati), per estrapolare le costanti di queste interazioni, le correlazioni tra le varie modificazione delle norme e le varie modificazioni dei comportamenti – costanti che sono le norme di fatto (empiriche, scientifiche), cioè reali.
26.05.18 Marco Della Luna