STUDIARE LE CRISI COME OPPORTUNITA’
COME STUDIARE GLI EFFETTI DELLE CRISI
Un centro di studi geopolitici mi ha sottoposto, per un parere, qualche studio sugli effetti della corrente crisi e su come gestirla. Questo lavoro è indubbiamente chiaro e valido; ma va integrato metodologicamente con l’aggiunta di una prospettiva essenziale: quella dell’analisi degli interessi e degli atti dei detentori del potere di intervento, formale-giuridico (le istituzioni) e materiale-economico (le imprese, lecite e illecite – alludo alla criminalità organizzata).
È questo il fattore più importante per predire il corso degli eventi, anche se il margine di incertezza e di accidentalità rimane.
Occorre evitare di restare nel frame mentale del pensiero comune, che tende a proiettare sui decisori quei ruoli, interessi e motivazioni analoghi a quelli del padre di famiglia, ossia primariamente interessati al bene collettivo e non strumentalizzanti, che i decisori stessi ovviamente dichiarano al popolo nel chiedere sacrifici. Questa esigenza metodologica è vieppiù pressante, in quanto, nei periodi di crisi, sotto l’effetto emotigeno degli eventi e della narrazione ricevuta, il pensiero popolare tende a regredire a modalità primitive e irrazionali, delle quali si tiene conto nelle modalità di comunicazione top-down.
La gestione per l’Italia della corrente crisi pandemica mostra molto chiaramente che, di fronte a una crisi, vanno descritti e studiati non solo gli interessi collettivi e le sofferenze collettive, bensì anche le opportunità aperte dalla crisi per gli interessi e gli obiettivi di coloro che detengono il potere di gestire e regolare, rispetto agli strumenti che hanno a disposizione nonché ai vincoli verso poteri e interessi, nazionali ed esteri, a cui sono soggetti.
Infatti ciò che regolarmente accade, nel corso delle crisi, è una corsa ad approfittare di esse sia per aumentare e consolidare, perpetuare o conquistare posizioni di potere politico o di mercato, e in generale al profiteering, da parte dei detentori di potere, cioè di posizioni di vantaggio rispetto alla popolazione generale, sia dall’interno che dall’estero, sia lecite che illecite penalmente.
Vanno altresì considerati gli interessi di coloro che hanno la forza di influenzare i regolatori, cioè gli interessi di grandi capitali e della grande criminalità organizzata, nonché della Chiesa, come agenzia di controllo dell’opinione e dei comportamenti popolari.
Essendo le crisi stati di necessità in cui il potere costituito (formale o fattuale) può ampliarsi e può compiere operazioni (riforme strumentali, o grandi appalti senza controlli) che in tempi normali multiple ragioni giuridiche e politiche e sociali non consentirebbero, i decisori vedono e trattano le crisi primariamente come opportunità per se stessi e per i loro sponsor, non come problema della collettività. Questo già è stato chiaramente insegnato dalla gestione delle crisi del 2008 e del 2010 anche nelle relazioni tra Stati.
Gli ordinamenti reali oggigiorno sono essenzialmente e notoriamente estrattivi, ossia concentrati sull’estrazione di ricchezza prodotta dalla parte produttiva della società, del risparmio, degli investimenti – estrazione compiuta mediante tassazione, bump & dump, usura, prestiti predatori e frodi finanziarie: queste pratiche, facilitate da opportune riforme di deregolamentazione del settore fatto eseguire soprattutto degli anni ’90, hanno invertito decenni di redistribuzione democratica del reddito e della ricchezza fino a riprodurre i rapporti che si avevano in Europa oltre un secolo fa.
La crisi offre opportunità sia per una più intensa estrazione e concentrazione di ricchezza, che per l’abbattimento delle strutture giuridiche, politiche, sociali e costituzionali nonché culturali che ostacolano la realizzazione di un ambiente ottimale per l’operatività estrattiva e politica del capitale finanziario e per l’esercizio del sociale control. Monti e Attali, economisti di apparato, hanno apertamente dichiarato che le crisi aiutano a portare avanti i piani di riforme strategici; Attali ha fatto espresso riferimento a crisi epidemiche.
Pertanto i decisori, in un’ottica di perseguimento razionale del loro interesse, sogliono da un lato considerare di protrarre, se non di generare, gli stati di emergenza; e dall’altro lato, sogliono preordinare soluzioni repressive nei confronti della popolazione esasperata laddove risultino insufficienti la propaganda e lo story telling. In ambito comunitario, a questo si è già pensato con l’Eurogendfor, che ha il suo quartier generale in Italia, probabilmente perché l’Italia è il paese che viene dopo la Grecia sulla lista è in cui quindi ci sarà probabilmente presto bisogno di una attività repressiva del malcontento popolare non affidabile a forze dell’ordine nazionali, che potrebbero solidarizzare con la popolazione sofferente.
Il governo Conte ha dato prova di saper approfittare della crisi per prendersi poteri in deroga e violazione di diritti, libertà e fisiologia costituzionali, scavalcando il parlamento e la legge già con il decreto del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio, e poi coi noti dpcm compressivi di diritti costituzionali protetti da riserva di legge formale.
Ciò ha fatto nell’interesse proprio e nell’esecuzione del mandato, comune ai governi italiani recenti, a demonetizzare e indebitare l’Italia onde propiziare una estesa cessione dei suoi asset a capitali stranieri sul modello applicato alla Grecia e una generale riforma del tipo applicato in Grecia via Mes e Troika, con trasferimento di importanti solid assets strategici e persino pubblici (porti, aeroporti, isole) a capitali privati in cambio di denaro contabile. Appunto, si è applicato il modello estrattivo. Lo schema ricorrente nell’azione della comunità bancaria sia direttamente che attraverso le istituzioni europee e il FMI è il seguente: creare nei paesi-bersaglio crisi finanziarie (mediante rating, shorting, attacco il debito pubblico, ritrazione di capitali etc.); costringere quei paesi a chiedere prestiti, che essa eroga in moneta contabile da essa creata a costo zero; esigere in cambio cessioni di sovranità, di assets reali (realizzati con costi reali), e riforme che rendano quei paesi ancora più dipendenti dalla comunità bancaria.
Il governo italiano, al fine di realizzare uno stato generale di illiquidità e crisi aziendale e popolare che propizierà quanto sopra, ha omesso di adottare strumenti monetari nazionali consentiti dalla normativa europea.
Il creare una situazione di crisi finanziaria delle piccole imprese consentirà, soprattutto nel Meridione, alla criminalità organizzata di rilevarne un notevole numero, in quanto dotata dei capitali di cui le imprese in crisi avranno bisogno. Le mafie, che assieme al capitalismo franco tedesco sono il potere politico più forte in Italia, hanno quindi usato la crisi e la gestione governativa della medesima a proprio vantaggio e appoggeranno o non contrasteranno il governo.
Le mafie hanno inoltre, con la minaccia di suscitare sollevazioni popolari nel Meridione, minaccia della quale anche il Copasir si è interessato, ottenuto dal governo Conte la liberazione di molti loro esponenti anche di primo piano dalla detenzione, con la giustificazione di un rischio di contagio, palesemente infondata stante che questi erano in celle singole e isolati sotto 41-bis.
Evidentemente vi è stata una trattativa stato mafia molto seria, che riflette i rapporti di potere reali, e di cui per ora abbiamo visto i due suddetti risultati, ma che verosimilmente comprende altri capitoli.
23.04.2020 Avv. Marco Della Luna