RENZI TIRA DIRITTO: IL FASCINO DELL’IRRAZIONALE
RENZI TIRA DIRITTO Napolimonti, Napoliletta, Napolirenzi… sotto il terzo Governo Napolitano consecutivo, sempre non eletto, l’Italia tira diritto sulla sua rotta di recessione, indebitamento, disoccupazione, deindustrializzazione, cessione di aziende strategiche a stranieri (cinesi, da ultimo) e cessione di sovranità in favore dei potentati finanziari stranieri che da un quarantennio dettano le (intenzionalmente) erronee ricette monetarie, bancarie, fiscali, daziarie. Queste – ormai è innegabile – hanno prodotto la carenza di liquidità per investimenti pubblici e privati, che è la causa più profonda e insieme più diretta del disastro economico in corso. Causa anche dell’insostenibile indebitamento pubblico. Le riforme renziste non hanno utilità per l’economia, alcune perché di ambito non-economico (istituzioni, elezioni), e tutte per via dei diversi anni necessari a metterle in opera (riforma della p.a., della “giustizia”). La p.a. e la “giustizia” sono state riformate già molte volte, sempre senza successo: infatti, con le leggi non si cambiano abitudini e mentalità, né si genera una prassi di legalità in una cultura di potere cui essa è estranea. Lo scopo-effetto delle riforme elettorale e costituzionale renziste, come spiegato in precedenti articoli, è quello di blindare la partitocrazia, sia assicurandole sfruttamento delle risorse pubbliche e private, sia sottraendola maggiormente alla scelta popolare e al controllo giudiziario, sia eliminando di diritto e in pratica il controllo di un’opposizione parlamentare. Per questo, per suo tornaconto, tutta la partitocrazia le vota. Le riforme del lavoro, come l’esperienza oramai ha dimostrato, addirittura, hanno caratteri controproducenti, perché colpiscono sia la qualificazione-professionalità dei lavoratori, che la loro capacità di spese, quindi la domanda interna. Il loro scopo-effetto primario è quello di aumentare il divario di diritto, di dignità e di forza, oltre che di reddito e sicurezza, tra management e capitale da una parte e prestatori d’opera dall’altra parte, che vengono livellati al basso. Si aumenta, insomma, divario di classe, la diseguaglianza sociale, per dirla chiaramente, alla faccia dell’art. 3 della Costituzione, principio fondamentale di legittimità del potere pubblico. Ma questa è solo l’ultima di una lunga serie di riforme della prima parte della Costituzione che “ci chiede il mercato” o “ci chiede l’Europa”, e che la partitocrazia ha fatto surrettiziamente, per le vie brevi, senza passare per la procedura di revisione costituzionale. La popolazione generale ha sotto gli occhi tutto questo insieme di riforme che stravolge pesantemente la Costituzione e i rapporti di classe, ma non lo afferra, non si interessa. Lascia fare. Anzi, come dimostrano i sondaggi, non conosce nemmeno che cosa si stia facendo con i fondamenti stessi della democrazia parlamentare. I mass media oscurano le voci critiche, l’opposizione reale. Queste sono relegate a trasmissioni di approfondimento. Tutto, sotto Renzi, sta trasmettendo la percezione di un clima di consenso intorno al programma di riforme, di certezza della loro bontà, utilità, fattibilità. Mentre fioccano dati economici pessimi, Renzi si presenta al grande raduno degli scout e parla alle migliaia di giovani ordinati in uniforme, impartendo loro le sue solite certezze decisioniste che superano i banali dati e problemi tecnici, di cui la gente è stanca. “Faremo le nostre riforme, nessuno può fermarci, chi fa opposizione è un frenatore, sciacallo, gufo, difensore di privilegi di casta.” Il tempo del dialogo e del confronto è finito. Se già il leader sa che cosa va fatto, a che serve discutere? A che serve il pluralismo? A che serve l’opposizione? A perder tempo? Renzie knows best! L’amato papa Francesco gli dà un notevole contributo di legittimazione morale, rivolgendosi alle migliaia di scout con un intervento telefonico di sostegno alla fiducia e all’innalzamento dell’età pensionabile. Il consenso è palpabile quanto corale e coreograficamente visibile. L’atmosfera è molto mussoliniana, ma ciò non disturba le moltitudini né i giornalisti che hanno il compito di trasmetterla a tutta la Nazione. Gli italiani si sono nuovamente rivolti al tipo di leader, di carisma, di certezze, di scenografie, di semplicismi e muscolarità volitiva, che sembrava finito col Ventennio. Il popolo, così come manca di memoria storica, manca pure di conoscenza analitica e razionale della situazione problematica e dei suoi meccanismi – esso ne ha una sensazione complessiva. E non elabora una soluzione oggettiva e razionale, ma si attacca a un leader che dia una sensazione di saper riportare benessere e sicurezza. La tecnica politica sta quindi nel costruire questa sensazione. Una volta che ci si sia riusciti, attraverso quel leader si può fare tutto, perché la gente non sta a controllare che cosa faccia in concreto, a che serva, e a chi. Non considera la scadente realtà umana del leader, fatta di slealtà (Enrico stai sereno), incompetenza (in economia e in inglese), inesperienza (da sindaco a primo ministro), e soprattutto di inaffidabilità oggettiva (promesse di una riforma al mese, promessa di flessibilità europea ottenuta, e altro). Intanto, la BCE parla, e afferma che l’Italia sta restando indietro rispetto agli altri paesi comunitari perché non ha fatto le riforme che andavano fatte, e che quindi ora dovrebbe cedere sovranità all’UE (ossia alla trojka, composta dalla Commissione, non eletta, dal direttorio della BCE, ancor meno eletto, e al FMI) per farsele fare da fuori dei propri confini e delle proprie residue istituzioni elettive. Ma la BCE non dice che l’UE e la Germania in particolare hanno sempre violato gli obblighi di convergenza economica in fatto di accumulo illegittimo di surplus commerciali e che hanno sempre tollerato o praticato falsi contabili, e che queste violazioni hanno danneggiato soprattutto l’economia italiana, la quale, assieme a quella tedesca, è l’altra economia a vocazione manifatturiera dell’UE. Dal fatto che non dica questo e non richiami all’osservanza delle regole violate dalla Germania, ma biasimi solo l’Italia, è evidente che la BCE è al servizio degli interessi del capitalismo tedesco contro gli interessi italiani, in un disegno che dèstina l’Italia a fare da paese operaio a basso reddito nel ciclo produttivo della grande Germania, e a tal fine lo dèstina anche a cedere sovranità per divenire una colonia tedesca, attraverso l’interfaccia-foglia di fico UE-BCE. Renzi si è dichiarato pienamente d’accordo con la BCE, e anch’egli ha omesso di parlare delle violazioni tedesche e comunitarie del patto di convergenza, e dei loro imbrogli contabili. Perciò quando poi ha aggiunto che le riforme per l’Italia non si faranno oltre confine, ma le farà lui, non lascia dubbi che le farà – se ci riuscirà – per interessi stranieri. La principale causa della recessione italiana è il liquidity/credit crunch, ossia la privazione di liquidità nell’economia reale – cioè di soldi per infrastrutture necessarie, investimenti produttivi, assunzioni, pagamento dei debiti. Se – ripeto: se si vuole invertire la tendenza recessiva, la riforma necessaria da fare è la riforma monetaria e bancaria. Cioè semplicemente rovesciare il sistema costruito dalle riforme degli ultimi 40 anni. 12.08.14 Marco Della Luna