L’ORACOLO DELLE URNE
L’ORACOLO DELLE URNE
Il dato fondamentale, confermato da questa tornata elettorale, è che l’Italia è un paese tanto diviso al suo interno, che può essere governato solo dal suo esterno, come un protettorato – e probabilmente gli architetti della City che progettarono e guidarono la costituzione del Regno d’Italia (e che poi assemblarono altri stati-arlecchino come Iraq, Siria, Cipro, Libano, Sudan, Jugoslavia…) avevano proprio questo intendimento: creare un paese le cui divisioni interne consentissero di manipolarlo dall’esterno, e insieme incapace di una politica di interesse nazionale. L’Italia unificata è un artefatto dell’imperialismo britannico.
Non si può nemmeno dire che si sia realizzata una maggioranza in forma di convergenza antisistema tra M5S e Lega: infatti il primo ha raccolto soprattutto voti di meridionali desiderosi di assistenza pubblica, intervento statale, reddito di cittadinanza a spese del Nord; mentre la seconda ha raccolto soprattutto voti di settentrionali desiderosi di meno tasse, meno stato, meno trasferimenti dal Nord al Sud, e più autonomia (vedi i recenti referendum di Veneto e Lombardia). Qualora il M5S vada al governo (con parte della sinistra – è possibile) dovrà aumentare le tasse patrimoniali e successorie per finanziare il “reddito di cittadinanza” e altre generosità promesse al suo elettorato – e ciò produrrà una fortissima, forse dirompente tensione con il Nord, e un ulteriore decrescita economica.
Nell’attuale parlamento non si può formare alcuna maggioranza che non sia frutto di un inciucio in beffa alle promesse fatte agli elettori e che non risulti in una coalizione anomala e intrinsecamente instabile. Il Capo dello Stato che dirigerà le operazioni per formare un nuovo governo è egli stesso in contraddizione con se medesimo, perché eletto da un parlamento a sua volta eletto con una legge che egli stesso, come giudice costituzionale, giudicò incostituzionale.
In un corpo elettorale tanto profondamente diviso sia negli interessi pratici che sul piano ideologico, cioè diviso sia perché vi sono grosse masse di elettori con interessi oggettivamente contrapporti (Nord-Sud), sia perché le forze politiche si negano reciprocamente la legittimazione politica e morale (“Berlusconi è un mafioso, il M5S è una setta pericolosa, la Lega e FdI sono razzisti-fascisti, il PD è servo di banchieri delinquenti”, etc.), il premio di maggioranza, anche via ballottaggio, non funzionerebbe come fattore di unificazione, anzi sarebbe pericoloso, perché porterebbe una forza minoritaria (rappresentante il 35-40% dell’elettorato) nonché illegittima agli occhi di almeno metà dell’elettorato, a una posizione di potere autosufficiente non solo per l’attività di governo e di ordinaria legislazione, fisco compreso, ma anche per cambiare le regole del gioco (legge elettorale, cittadinanza, costituzione) e per fare le nomine degli organi di garanzia (presidenti della Repubblica, delle Camere, delle autorità garanti, etc.). E siccome questa forza maggioritaria dovrebbe gestire periodi duri per la popolazione, avrebbe presto una forte maggioranza popolare contro di sé.
L’unica via di uscita sarebbe una riforma costituzionale che affidasse le funzioni di garanzia e regole comuni a un Senato eletto col metodo proporzionale puro, e le funzioni di legislazione ordinaria e fiducia al governo a una Camera eletta con un premio di maggioranza al ballottaggio, stabilendo che il Senato non possa essere sciolto ma si sciolga solo alla scadenza ogni 5 anni, e che la Camera invece si sciolga ogni 4 anni e possa essere sciolta anticipatamente come avviene ora.
In tal modo, il premio di maggioranza non comporterebbe che il partito o la coalizione che lo ottiene possa cambiare le regole di fondo a sua convenienza e nominarsi alle cariche di garanzia i personaggi che gli fanno comodo per coprire le trame dei suoi interessi.
Ma persino una tale riforma non risolverebbe il difetto fondamentale del Paese: le divisioni e contrapposizioni storiche, consolidate, oggettive, soprattutto tra Nord e Sud.
L’ideale sarebbe quindi cogliere l’opportunità offerta da questo risultato elettorale, con la divisione del Paese in un Sud stellato, in un Nord centroleghista e in un’Etruria (per ora) di centrosinistra, per sciogliere l’artificiosa unificazione delle nazioni italiane nelle tre suddette parti, facendone tre repubbliche indipendenti, corrispondenti ciascuna alle rispettive caratteristiche sia politiche che economiche (Aree Monetarie Ottimali).
Ancora più semplice sarebbe se il M5S e il PD si alleassero per governare: allora basterebbe fare due repubbliche e il confine potrebbe correre sul crinale appenninico, se non lungo il Po.
05.03.18 Marco Della Luna