RISPOSTE AI CRITICI
I miei recenti articoli sulle scelte di politica economica europea del Governo tedesco mi hanno attirato molteplici critiche. Vorrei qui replicare, scusandomi con chi si sentirà non menzionato. Qualcuno ha affermato di conoscere i miei scritti e di condividerli complessivamente, tranne che trova i due predetti articoli incoerenti con i principi di libero mercato. A questo qualcuno rispondo che, se avesse letto i miei scritti, avrebbe notato che io nego sia l’esistenza che la possibilità di un libero mercato (come pure della democrazia rappresentativa), ossia di un mercato trasparente e non violentato dall’esterno mediante poteri monopolistici: commodities, servizi primari, informazione, credito e moneta, tecnologie di punta (militari e genetiche), etc., sono tutte oggetto di monopoli cartellistici. Altri mi hanno detto che la causa della stagnazione economica italiana non è la mancanza di disponibilità monetaria, ma la cattiva qualità della classe dirigente. Replico che è nozione economica comune, che la disponibilità monetaria dovrebbe essere tale da consentire il pieno impiego dei mezzi di produzione, mentre chiaramente in Italia e pressoché in tutto l’Occidente la disponibilità monetaria è ben sotto tale livello – e chiunque abbia a che fare con l’economia reale, con la capacità produttiva che si ferma, con i negozi che chiudono o si restringono per mancanza del denaro necessario per pagare prodotti e servizi esistenti, non scriverebbe mai una sciocchezza come quella. E’ peraltro vero, e l’ho più volte scritto, che, quand’anche in Italia si facesse una riforma tale da assicurare un’adeguata disponibilità monetaria, probabilmente non si avrebbe uno sviluppo decente, a causa della pessima qualità della classe dirigente. Altri lettore mi hanno rimproverato di propugnare l’indipendenza della Padania equiparando ingiustamente alla grande borghesia tedesca la stracciona imprenditoria padana. A questi signori eccepisco che la produttività del Nord Est supera quella media tedesca, nonostante il peso del saccheggio che subisce per assistere il Sud e nonostante sia sabotata da una burocrazia paralizzante e perlopiù meridionale. Ad ogni buon conto, io raccomando non di lottare per l’indipendenza della Padania (la quale, se verrà, verrà per altre vie), ma di emigrare. Qualcun altro mi ha rimproverato di colpevolizzare i bravi Tedeschi dei mali che gli ignavi Italiani si infliggono (per scarso spirito civico, o continuando a votare i loro politici marci e inetti). Ha letto male: da un lato, io vado da sempre evidenziando l’inguaribile inefficienza della classe dirigente italiana, mentre dall’altro, nei due predetti articoli, ho detto che il Governo Merkel sta facendo gli interessi della grande borghesia tedesca, meno quelli della popolazione generale germanica, e per far ciò sta strangolando i paesi eurodeboli – ma questa sua linea di contrapposizione di interesse contro un vasto insieme di altri paesi, potrebbe raccogliere, per la terza volta dal 1915, una grande coalizione di forze contro la Germania, e quindi tradursi in un autogol. E, in ogni caso, per quanto responsabili della propria inferiorità, gli Eurodeboli dovrebbero tutelarsi come meglio possono contro l’azione tedesca, in quanto questa è contraria ai loro interessi: right or wrong, my pocket. Peraltro vorrei richiamare quanto esposto in un mio saggio del 2008, Polli da spennare, a dimostrazione che Berlino non compete lealmente, ma molto slealmente, giocando sporco, e che ha dispiegato la sua influenza politica sul governo italiano per indurlo a rinunciare a fare i propri interessi, che erano in contrasto con la strategia di dominazione germanica, e per spingerla a scelte che aggravassero il debito pubblico e . La mia fonte è il diretto interessato, Antonino (Nino) Galloni, discepolo del grande Federico Caffè, e critico prima della politica monetaria (catastrofico “divorzio” di Bankitalia dal Tesoro, conseguente impennata del debito pubblico). Galloni, dirigente generale nonché principale consigliere del Ministero del Bilancio, dopo l’estate del 1989, inizia a lavorare alla Relazione Previsionale e Programmatica per il 1990: con essa intendeva scardinare l’illogica e dannosa impostazione finanziaria della politica economica italiana fino a quel momento. Vengono organizzati convegni e conferenze; un Seminario alla Bocconi cui partecipa, oltre al Ministro Pomicino, anche Mario Monti (molto critico e preoccupato non tanto per le idee di Galloni, peraltro note perché vicine a quelle di Federico Caffè e Paolo Leon, quanto per il credito che egli sembrava acquisire presso alcuni ambienti politici e governativi democristiani, la cosiddetta sinistra sociale di Donat Cattin, la parte contraria a De Mita nella sinistra politica come Granelli e Bodrato e ora, addirittura, la componente andreottiana…); Galloni compare come pericolo nazionale in articoli di prima pagina su Repubblica: ad esempio, quello di Massimo Riva. In poco tempo si scatena una pressione fortissima sul Ministro da parte della Banca Centrale, della Fondazione Agnelli, della Confindustria e, infine, da parte – nientemeno – del cancelliere Helmut Kohl finché il Ministro del Tesoro, Guido Carli, chiede formalmente al collega la estromissione dell’economista non-traditore Galloni. Il Ministro Pomicino chiama il suo Consigliere (Capo della segreteria tecnica del Ministero del Bilancio) e lo informa della situazione. Il governo italiano è sotto schiaffo tedesco e deve cambiare politica, deve rinunciare a risanarsi. Galloni lascia l’amministrazione finanziaria per la seconda volta.
Questa vicenda, che riporto da fonte diretta nel mio Polli dal Spennare (2008), nel capitolo “Storia di un tentativo”, dimostra anche ai più scettici che il sistema-paese Germania è più efficiente del sistema paese-Italia non solo perché ha una popolazione che fa sistema, fa organico, è più seria; ma anche perché usa la sua forza per impedire all’Italia di migliorare la propria condizione ed efficienza. Del resto, il 09.12.10 a Radio Radicale Giuliano Amato ha osservato che le recenti dichiarazioni di Angela Merkel, che escludevano sia l’ampliamento del fondo di sostegno all’Euro, sia l’emissione di Eurobond, sia interventi tedeschi a sostegno di paesi dell’Eurozona in difficoltà, è di fatto un’istigazione ai mercati a speculare contro i debiti pubblici irlandese, portoghese, greco, spagnolo, italiano. E’ un atto ostile, di sabotaggio, perdipiù compiuto in una fase particolarmente critica. Amato ha anche rammentato ai distratti che la Costituzione tedesca, diversamente da quella italiana e da altre, ha una clausola che riserva alla valutazione della Corte Costituzionale le norme contenute nei trattati, sicché può esimersi dall’osservanza di accordi internazionali che ne ledano gli interessi. Io aggiungo che la Costituzione francese non consente la limitazione della sovranità nazionale, come invece consente quella italiana. Insomma, e col proposito di fare una sistematica indagine di diritto comparato su questo punto, l’Italia, rispetto ai due altri maggiori paesi dell’Eurozona, è in una posizione inerme, prona, pronta a subire – quindi asimmetrica, e non di parità: il che dovrebbe escludere, però, la limitazione della sovranità, perché il prefato art. 11 esige che questa limitazione avvenga solo a condizioni di parità. Purtroppo nessuno lo dice, e l’Italia subisce la sopraffazione dei partners più forti, che la vogliono (da sempre) debole e dipendente, attraverso la facciata, nobile e idealizzata, delle Istituzioni Europee. Amato ha anche rilevato che gli Italiani dovrebbero pure cambiare la loro classe politica inefficiente, per risollevarsi e mettersi in una posizione di maggiore competitività con i partners europei e non. Giusto – solo che i partners predetti fanno in modo di appoggiare i decision-makers italiani che fanno gli interessi dei medesimi partners più di quelli italiani, e fanno togliere di mezzo quelli che difendono gli interessi italiani. Ricorderà, Giuliano Amato, i 70.000 miliardi buttati al vento (o all’insider trading) nel 1992 per ritardare di due settimane la oramai certa svalutazione della Lira. Ebbene, quell’operazione si tradusse in un affarone per il capitale straniero che poi fece man bassa di assets pregiati italiani a prezzi svalutati. E’ la famosa storia del Britannia Party.
Da ultimo rispondo all’amico Nino Galloni, che approva i miei due articoli sulla Merkel, mentre dissente dall’articolo Verde, fame e nucleare, proponendo una visione opposta, ottimista. Scrive:
«Ho letto l’articolo ieri ed avrei, questa volta, alcune chiose da farti: in generale mi sembra che tu utilizzi – in alcune parti del tuo testo – equazioni lineari quando, invece, la realtà ci era sempre sembrata un pochino più complessa! (Vedi il nostro La moneta copernicana, ad esempio)
La scarsità dei metalli è vera finchè non si introducono le nuove tecnologie che li sostituiscono o ne utilizzano quantità decrescenti per unità di prodotto (questa è la vera linea di difesa e valorizzazione dell’ambiente non certo le bufale dei cosiddetti ambientalisti che – hai ragione – da bravi neo-malthusiani propongono o dovrebbero proporre il genocidio di massa: a Napoli e dintorni o in Congo (RDC) ho visto una certa pianificazione di esso; ma il progetto di eliminazione dell’umanità non mi sembra destinato al pieno successo).
Un’impostazione troppo pessimista – irrazionale almeno quanto quella ottimistica – finisce per aumentare i dolori e le difficoltà che, in campo economico e monetario sarebbero risolte dando il pieno sviluppo alle capacità umane ed alle opportunità attualmente disponibili: dall’aumento di offerta di moneta e credito fino al limite del pieno impiego dei fattori alla utilizzazione delle disponibili tecniche sociali e produttive più avanzate. Il problema è politico: cambiare in campo monetario e produttivo comporterebbe spostamenti nei rapporti sociali ed internazionali che i poteri forti temono per definizione; così facendo non condannano solo noi alla rovina, ma anche sè stessi (come diceva Roosevelt).
Ieri stavo a Napoli ed ho potuto assaporare nell’atmosfera di completo sbando di quella città l’inizio di una nuova era con nuovi progetti ecc.
Marco, l’Italia ha bisogno, per riprendersi, di una nuova Caporetto dove – una seconda volta – il popolo faccia tutto il contrario di quello che gli viene ordinato: allora si disse ai soldati di resistere e se l’avessero fatto saremmo rimasti veramente senza esercito e senza difesa, invece la fuga li portò a salvarsi e, quindi, a potersi riorganizzare. Oggi che la classe dirigente, da decenni, sta preparando la nuova Caporetto, possiamo nutrire la speranza di una riorganizzazione non lontana. A proposito di Caporetto, e del cosiddetto CHAOS (su cui sto lavorando!), bisogna considerare gli “imprevedibili” o “imprevisti” piani della VITA che, a volte ci stupiscono… »
Al che io replico:
Spero che tu abbia ragione e io torto e che ci siano, pronti ad entrare in azione, fattori risolutivi, che per ora non conosco. Il rimedio all’esaurimento di materie prime si potrà trovare realmente solo riuscendo a modificare, a costo energetico ragionevole, il numero atomico degli elementi – a cambiare un elemento in un altro – cosa che mi risulta già in parte possibile.
Il problema dell’energia però va oltre questo, così come quello dell’avvelenamento della biosfera: questi non li risolvi proprio, se non abbattendo il carico antropico del pianeta. Gli umani – con eccezione dei popoli decadenti -, finché han da mangiare, fan figli, incuranti di ciò che sarà di loro.
Per contro, le masse di umani oggi sono superflue per il potere, anzi nocive, destabilizzanti, inquinanti.Pertanto, in base ai dati a me noti, ti confermo la previsione di eliminazione, più o meno guidata, nei prossimi 10-20 anni, dell’eccesso di carico antropico rispetto alla quantità sostentabile in modo ecocompatibile. Sbagli a definire ciò un male: per morire, si deve morire ad ogni modo; meglio prima che la vita peggiori (anche solo per l’invecchiamento); il mezzo miliardo che rimarrà su una Terra liberata e risanata godrà di un’esistenza invidiabile – ma solo se il cambiamento sarà eseguito in modo “pulito”.
Non può sussistere analogia con Caporetto. E’ vero che la fuga di massa, contraria agli ordini degli Alti Comandi responsabili della disfatta, preservò allora le forze per la difesa e il contrattacco; ma quello non fu un comportamento consapevole, pianificato e coordinato di una collettività, bensì la somma delle reazioni automatiche, biologiche, istintive dei singoli interessati, i quali, vedendo un pericolo ben riconoscibile venire da una direzione ben riconoscibile e identica per tutti, presero tutti a fuggire nella direzione opposta a quella: comportamento meccanico, pre-codificato istintualmente (reazione di fuga). Quello in cui speri tu sarebbe invece un comportamento consapevole e coordinato di milioni di persone a tutela di un loro interesse diffuso. Un tale comportamento non si può avverare, perché a)pochissimi si rendono conto di che cosa sia il pericolo oggi e da che “direzione” venga; b)ancora meno concepiscono come fuggirne; c)se anche fossero in contatto tra di loro, dovrebbero coordinarsi, d)se anche si coordinassero, pochi come sono, non avrebbero peso. Il comportamento emergenziale è sempre meccanico, soprattutto su scala collettiva. L’alternativa è tra una fine del topo agitata e una fine del topo sedata. Ciò che le persone consapevoli e industriose potrebbero fare, invece, è evitare quanto evitabile del danno, anche dandosi una mano tra loro. Questo è ciò che io propongo: soluzioni limitate, private, centrate sulla riduzione della sofferenza, non sulla soluzione di problemi mondiali, che è di fatto, allo stato, e per quanto so, semplicememnte impossibile.
16.12.10