VERTICE DI BRUXELLES: ESITO PERVERSO E PREVEDIBILE

VERTICE DI BRUXELLES: ESITO PERVERSO E PREVEDIBILE

Il vertice di Bruxelles del 28-29 giugno 2012 ha portato a un accordo di reciproca convenienza nel breve termine tra capitalismo tedesco e partitocrazia mediterranea:

– le distorsioni strutturali provocate dall’Euro, cioè dal sistema di cambi bloccati tra le valute dei paesi partecipanti, che producono flussi continui di capitali dai paesi deboli alla Germania (fuga nel Bund, attivi commerciali), non sono state toccate, sicché la Germania continuerà a finanziarsi a spese di Italia e soci, che continueranno a demonetizzarsi;

-in cambio, la Germania mette teoricamente a disposizione denari per lo scudo antispread, ossia per comprare i titoli del debito pubblico dei paesi deboli qualora lo spread salga tanto da mettere in crisi nell’immediato i loro bilanci e la loro permanenza nell’Eurosistema; ciò consente ai tedeschi di continuare lo sfruttamento della suddetta situazione, e alle partitocrazie mediterranee, nonché al governo Monti,  di continuare la loro mala gestione della cosa e della roba pubblica, risparmiandosi di fare i conti con i fattori profondi dell’inferiorità del sistema Italia rispetto al sistema Germania: quegli sprechi, quelle mangerie nella spesa pubblica per forniture e appalti gonfiati, per posti di lavoro clientelari e assistenziali – cioè per tutte quelle cose di cui vivono, in termini di voti e profitti, i partiti senza il cui voto ogni governo cade.

Naturalmente, il suddetto accordo serve a mascherare la realtà, è una toppa su una pezza, potrà durare poco, uno o due anni al massimo – probabilmente meno, appunto perché è una soluzione per continuare nella distorsione, nell’inefficienza.  Lo spread tra btp e Bund, nel medio termine, è insostenibile  anche se scende e resta al 3%, dati i suoi effetti cumulativi.  Analogo discorso varrebbe per gli eurobond, a cui giustamente Berlino continua ad opporsi in modo assoluto.

 E’ possibile che quell’accordo abbia un protocollo segreto annesso, in cui l’Italia si impegna a tagliare e razionalizzare la spesa pubblica come condizione per beneficiare dello scudo antispread e marciare verso forme di integrazione più sostenibili – chissà quali – e che sia in virtù di tale protocollo, che ora Monti sta cercando di ridurre la spesa pubblica. Ma il suo è uno sforzo sterile, o una mera messa in scena, per due principali ragioni.

Innanzitutto, si parla di 4,2 miliardi l’anno,  al massimo di 9, ossia di solo lo 0,5-1%, quando almeno metà della spesa per acquisti e appalti della p.a. è frutto di gonfiaggio, quindi si dovrebbero introdurre i costi standard e sarebbero da tagliare 85 miliardi;  così pure per le opere pubbliche: – 15 miliardi; e almeno 1/3 della spesa per pubblici dipendenti è ingiustificata in  quanto a bisogni e rendimenti, quindi si potrebbero risparmiare altri 75 miliardi. Avremmo così un risparmio di 175 miliardi l’anno, un 20% abbondante. Se si vuole essere seri ed efficienti, bisogna tagliare così, e costringere chi rimane a lavorare con impegno. Ma quanti redditi verrebbero meno, soprattutto nel Meridione e a Roma? E quanti voti in parlamento?

In secondo luogo, non si tratta solo di quanto si spende, ma di come si spende, e di chi decide ed esegue la spesa. Oggi, in Italia, chi propone, progetta, dirige la spesa pubblica sono quasi solo uomini di partito, quasi tutti privi di cultura e competenza tecnica e di interesse per gestire bene la cosa pubblica. Essi rispondono alle segreterie locali e centrali dei partiti, e alle loro clientele, a comitati di affari e non di rado a cupole mafiose. Lo scopo che perseguono, sostanzialmente, è arricchire se stessi e altri attraverso la spesa pubblica. Quindi i progetti che fanno e le somme che spendono producono, e continueranno a produrre, scarso beneficio per il paese, scarsa utilità, scarsa propulsione. Ma chi li va a sostituire? Con quali strumenti giuridici? E dove sono i tecnici preparati ed esperti per rimpiazzarli? E se anche si potesse sostituirli, di nuovo, quanti voti resterebbero in parlamento per il governo che lo facesse?

Sarebbe possibile correggere i suddetti fattori di distorsione, inefficienza e arretratezza, soltanto se ci si sbarazzasse dei partiti e dal parlamento. Con l’imposizione di Monti la democrazia – si dice – è stata sospesa; bene, è stata sospesa a metà, perché l’esecutivo dipende ancora dai partiti, che pure hanno la fiducia di solo il 4% della popolazione: qualcuno (in Italia o da fuori) si deciderà mai a sospenderla per la restante parte, così che si possa fare il necessario lavoro, e non la solita pagliacciata? Finché si guadagna maggiormente a tirare avanti così, finché c’è da spolpare, è improbabile, molto improbabile.

04.07.12 Marco Della Luna

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