COMUNITARISMO E REALISMO
Comunitarismo e Realismo
Il comunitarismo, il modello socio-politico propugnato dal sociologo Ferdinand Tonnies, è in astratto desiderabile perché appare un tipo di organizzazione politica e culturale che rispetta le diversità, le identità, le autonomie le libertà dei singoli e dei gruppi o popoli, costituiti e viventi come organismi coscienti e cultori di un proprio bene comune, quindi solidali, etici, in contrasto con il tipo di organizzazione socio politica ed economica che si sta realizzando, fortemente accentrante e omogeneizzante, individualistica e competitiva: Malthus, Darwin… Ma il fatto che l’organizzazione che si sta realizzando ha queste ultime, indesiderabili caratteristiche e non quelle opposte, non è accidentale, bensì conseguenza di fattori facilmente riconoscibili e straordinariamente potenti. In pratica, sta avvenendo una evoluzione del metodo di controllo sociale dovuta allo sviluppo tecnologico, il quale oggi consente alle poche persone che lo hanno a disposizione di organizzare il governo della popolazione in modo zootecnico, interamente controllato, senza quasi più spazi per spontaneità e libertà di scelte, tanto meno autonomie, analogamente a come avviene con bestiame allevato in stalla. Il genere umano già ora si ritrova suddiviso in recinti di contenimento e di gestione più e meno differenziata, recinti che sono gli ex Stati nazionali, entro i quali gli esseri umani vengono monitorati e gestiti praticamente in tutto, dall’alimentazione ai farmaci ai trasporti all’istruzione agli spostamenti ai consumi, attraverso smart grids, reti di distribuzione e controllo di servizi essenziali, reti centralizzate nelle mani di pochissimi grandi gruppi multinazionali che si muovono al di sopra dei governi. Il famoso trattato commerciale transatlantico Ttip sarà un notevole passo avanti in questo senso e verso la completa mercificazione di tutto. I legami solidaristici, comunitaristici, i valori legati alle comunità naturali e locali, compresa la famiglia, vengono sistematicamente dissolti o svuotati, resi insignificanti. Non è solo la fine di modelli sociali e politici tradizionali, è la fine della civiltà occidentale e dell’umanità occidentale.
Il dominio sociale nell’antichità era basato sulla manipolazione religiosa, sulla forza, sull’intimidazione. In tempi più recenti, anche a causa dell’affievolimento del senso etico religioso (affievolimento necessario a sostenere i consumi e i profitti industriali), si è affermato lo strumento di controllo sociale finanziario, soprattutto l’indebitamento: Stati, aziende, classi sociali, famiglie, sono comandabili col bastone bancario.
Oggi il dominio sociale è però sempre più attuato mediante strumenti principalmente tecnologici, si avvale di grandi capacità di sorveglianza e tracciamento di persone, beni, attività; ma anche mediante la costruzione di dipendenze rigide da reti di distribuzione monopolistiche. La stessa crisi economica è stata indotta in modo deliberato, programmaticamente, e viene mantenuta anche se si potrebbe uscirne con strumenti monetari disponibili, perché essa è uno strumento di realizzazione del sistema di controllo zootecnico della specie umana, in quanto consente di fare vivere la gente nell’insicurezza e della povertà, creando false e artificiose scarsità, soprattutto monetarie, così da renderla disponibile ad accettare, come condizione per ritrovare un poco di sicurezza e benessere, riforme politiche costituzionali tecnocratiche e un sistema di sorveglianza, tracciatura e condizionamento, a cui essa altrimenti farebbe resistenza. Insomma, l’astuzia del sistema adopera ai propri fini anche la sofferenza che il suo modello genera.
Questo tipo di organizzazione sociale è per sua natura globale e standardizzante, è il modello universale odierno. Il vero progetto politico dei nostri tempi, è la sua realizzazione, non la ricerca illimitata del profitto, il quale ormai conta poco in sé, anche perché ha perso significato: oggi è un dato essenzialmente contabile, che viene generato mediante la creazione di strumenti finanziari elettronici, quindi il sistema bancario lo può produrre in modo praticamente illimitato, ad libitum, mediante giochi di scritturazioni elettroniche reciproche: un procedimento in cui lavoratori e consumatori, cioè i popoli, non servono praticamente più, sicché non serve più rispettare le loro esigenze esistenziali né ottenere il loro consenso: sono divenuti superflui e fungibili, non hanno più forza di contrattazione, come spiegavo nel mio saggio del 2010, Oligarchia per popoli superflui. Interessa essenzialmente perfezionarne la gestione anche in funzione di gestire un ecosistema planetario che si avvicina a punti di rottura.
In conclusione, il quadro evolutivo del mondo reale rende irrealizzabile il progetto comunitarista e in generale ogni progetto che presupponga ampi spazi di scelta per la popolazione generale e che ponga barriere alla penetrazione della sorveglianza e della gestione all’interno sia delle società che delle singole persone, nonché ogni progetto di tipo orizzontale, ossia di potere partecipato e dal basso, che, per sua natura, contrasta con il fine primario della dominazione verticale. Essenzialmente, la libertà di cui la gente ha goduto fino ad oggi o fino a ieri, era la libertà delle galline quando erano allevate all’aperto nei pollai e potevano muoversi e razzolare liberamente, beccare i sassolini e le foglioline che cadevano nel recinto – cioè prima della tecnologia per allevarle al chiuso, in batteria, con alimentazione, illuminazione, temperatura, ormoni, vaccini e antibiotici erogati in modo computerizzato.
Tutto questo, restando nel campo dell’ingegneria sociale, cioè senza parlare dell’ingegneria genetica sul genoma umano, che pure è già iniziata e che indubbiamente avrà un crescente e minaccioso peso sulle condizioni di vita generali, assieme alla biometria. Il sogno di ogni dittatore – controllare il mondo ma anche ogni singolo uomo dalla sua scrivania in tempo reale – è reso realizzabile dalla tecnologia.
In un simile quadro, in cui è praticamente certo che la vita umana verrà degradata e resa pessima, indegna di essere vissuta, mentre non ci sarà possibilità di resistenza efficace, è sempre più chiaro che un progetto realistico e razionale è necessariamente un progetto di rinuncia e distacco di tipo buddhista o stoico, che includa anche la preparazione psichica e filosofica al suicidio, ad esser pronti a sfuggire da attacchi e oppressioni insopportabili. Ossia, è giunto il tempo di progettare non la prosecuzione della vita, non la sua riproduzione, non il suo miglioramento, ma la sua ultimazione, la sua liquidazione, la sua estinzione consapevole e volontaria. L’orrore per ciò che sta avvenendo all’uomo impone il mutamento delle mete esistenziali, la scelta di obiettivi possibili seppur diversi da quelli usuali. È tempo di prepararsi ad andarsene. È tempo di prendere coscienza pratica che effettivamente desiderio e attaccamento sono causa di sofferenza e oscurità. È il tempo in cui tormentosamente finiscono i piaceri, e la gioia può rinascere dallo sciogliersi degli attaccamenti e dal lasciar andare le identificazioni tutte, assieme a tutte le paure, a tutte le nostalgie.
21.04.15 Marco Della Luna
P.S. Devo due repliche al commento di Ahfesa:
1)Il buddhismo non è una religione (se non a livello popolare – ma a livello popolare tutto diventa religione, anche il calcio), e non ha una prospettiva terrena (intramondana), perché ritiene che la natura propria della mente sia beatitudine e luce, e insegna a realizzarla.
2)E’ vero che ogni sistema di potere, storicamente, si è guastato ed è morto, quindi probabilmente anche quello in via di consolidamento oggi è destinato a finire un domani; ma è anche vero che i sistemi di potere possono durare decenni e secoli, occupando e degradando la vita di intere generazioni; quindi è opportuno prepararsi una via di fuga, non escluso il suicidio.