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LA TASSA IN FONDO AL TUNNEL

La faccenda della tratta ad alta velocità Torino-Lione è un’importante dimostrazione pratica di tecnica politica per la gestione di interessi e consenso lungo l’asse temporale. Inoltre, rilancia la questione: in che misura gli eletti dal popolo possono rappresentare gli interessi diffusi e di lungo termine?

L’Italia ha bisogno urgente di determinate opere infrastrutturali utili – ossia fatte non solo per attuare spesa pubblica, far lavorare le imprese e assumere mano d’opera, ma capaci di aumentare la funzionalità del sistema-paese. Però i manovratori danno la precedenza ai bisogni loro propri. Oggi si discute moltissimo del Tav Torino-Lione, che è un’opera di valore relativamente non grande, e poco delle molte altre e più rilevanti opere infrastrutturali. Forse il polverone del Tav copre manovre di maggior momento. Lo scopriremo… a suo tempo.

Vi è un’alta probabilità che il governo, almeno fino a settembre, non rinunci al Tav e avvierà le operazioni di appalto, a prescindere dalla sua controversa utilità economica e ambientale; e ciò per due principali ragioni, entrambe politicamente valide:

-perché tirarsi indietro ora, oltre a costare in termini di sanzioni, rimborsi e perdite di finanziamenti, sarebbe soprattutto uno strappo politico con l’UE, possibile solo entro un quadro di rottura complessiva, che il governo per ora sta evitando, anche a costo di sostanziali rinunce e sottomissioni a Bruxelles; e la evita a buona ragione, non essendovi palesemente, allo stato, le condizioni politiche ed economiche per affrontarla; però un domani non lontano tali condizioni potrebbero maturare per effetto del serio peggioramento della situazione economica e finanziaria, che potrebbe anche spingere l’Italia fuori dall’Euro; in tali scenari, i lavori per il Tav probabilmente verrebbero abbandonati anche se nel frattempo già avviati;

-perché il Tav Torino-Lione lo vuole una lobby di grandi imprese che già contano di ricavarne grandi guadagni a breve, ed esercitano pressioni su media e politici affinché si faccia; i capi dei partiti non hanno interesse ad opporsi a questi guadagni perché resterebbero sconfitti e perderebbero i benefici economici dell’intermediazione politica; quindi propugnano il Tav, cavalcano la tigre, gli animal spirits del profitto; si oppongono solo i capi del M5S, che ricavano i loro consensi dai No-Tav, quindi hanno interesse a tener duro; tale fermezza, a condizione che al momento giusto sappia flettersi, può aiutare una rinegoziazione delle condizioni finanziarie dell’opera in senso più equo e favorevole all’Italia.

Gli imprenditori interessati al Tav guadagneranno dal Tav in ogni caso, cioè anche se il Tav alla collettività costerà (in termini di tasse per pagarlo) più di quanto renderà e anche se non verrà ultimato, perché guadagneranno sulle commesse; e mentre i guadagni per le imprese sono certi, rapidi e concentrati, i costi per la collettività sono differiti nel tempo e spalmati sull’intera società, quindi meno percepibili, e percepibili solo in ritardo, a cose fatte – come di regola avviene con le grandi decisioni.

La questione nodale e irrisolta, sul piano economico, è questa: il Tav costerà allo Stato, quindi al contribuente, 9 miliardi preventivati e probabilmente 12 o più a consuntivo; ma quanti ne renderà, considerando anche i costi e i benefici ecologici? E quanto renderà al Paese?

Lo studio dei costi e benefici fatto nel 2010, basandosi su certe previsioni sull’andamento dell’economia e dei trasporti, stimava che, entro il 2035, avrebbe reso più della spesa. Dal 2010 ad oggi quelle previsioni sono state smentite dai fatti in senso riduttivo. Quindi è confutata quell’analisi. Del resto, fare previsioni economiche avanti di 25 anni è assurdo: lo si fa per finta, per poter fornire una fittizia giustificazione oggettiva a una decisione presa su altre basi.

Dal controverso studio ultimamente fatto dal prof. Marco Ponti (studio che io ovviamente non ho i mezzi per controllare né in quanto ai dati su cui si basa, né in quanto al metodo che adopera), in essenza, si ricava questo: ai fini economici e ambientali il Tav Torino-Lione non conviene al Paese nel suo insieme, perché la domanda attuale e potenziale per quel transito è molto piccola in rapporto al costo dell’opera, che quindi non si ripagherà mai. Se questo studio è attendibile,  aggiungo io, quei 9 miliardi sarebbe razionale investirli in opere più utili e realizzabili in tempi più brevi, due o tre anni anziché 20, come il potenziamento dei trasporti per i pendolari e il potenziamento dei porti.

Inoltre, secondo lo studio del prof. Ponti, per lo Stato e per il contribuente il Tav comporterà una perdita di 7 miliardi circa, che si tradurranno in tasse, perché costerà almeno 9 miliardi e ne renderà circa 2: la tassa in fondo al tunnel.

Se poi non si realizzerà l’intero asse ferroviario ad alta velocità, a Est e a Ovest di Torino, diciamo dalla Spagna perlomeno fino a Kiev, allora il Tav Torino-Lione sarà sicuramente fallimentare.

Agli imprenditori che guadagneranno sugli appalti o che risparmieranno sui loro costi di trasporto, queste considerazioni non interessano, perché appunto guadagnano in ogni caso, mentre le perdite si scaricheranno nel tempo sullo Stato, quindi sui cittadini. I cittadini sono portatori di un interesse diffuso, quindi debole: sono poco consapevoli, poco organizzati e non guardano avanti 25 anni. Gli imprenditori sono forti, organizzati, consapevoli. agiscono sulla politica e sui media, i quali a loro volta, per interesse economico, agiscono sui cittadini per persuaderli che il Tav è nel loro interesse anche se non lo è. Questo è il funzionamento normale della democrazia, ossia l’uso di agenzie di influenzamento (partiti, sindacati, mass media, chiese) per la produzione del consenso popolare verso ciò che decidono le classi dominanti. Del resto, se il Tav è un’opera inutile e sbagliata, ciò apparirà all’opinione pubblica fra venti e più anni, quando i suoi responsabili e i loro sostenitori non potranno più essere chiamati a risponderne.

E’ valida tecnica politica comperare consensi nel presente trasferendone il costo sul lungo termine.

Vi è un fattore ulteriore, che i media sottacciono, e che pure non tocca gli imprenditori interessati agli appalti: a quanto mi raccontano alcuni conoscenti della Val di Susa, quei monti sono ricchi di amianto. Vi è pure una miniera di amianto, a Berlingero, che è stata chiusa a seguito del diffondersi dei tumori tipici dell’amianto. Secondo molti abitanti della zona, lo scavo della galleria comporterà l’estrazione e la discarica di milioni di metri cubi di rocce ricche di amianto, e la diffusione di grandi quantità di nanoparticolato di amianto nell’atmosfera. I tumori si manifesteranno però dopo parecchi anni, a opera compiuta o quasi.

Per contro, abbiamo tecnici qualificati che rassicurano di aver fatto scavi di controllo e di non aver trovato amianto nel percorso del Tav. Ma i tecnici rassicuravano anche sulle dighe del Vajont e di Stava…

20.03.19 Marco Della Luna

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1 risposta a PROBABILITAV

  1. ahfesa scrive:

    Il TAV

    Antefatto: io sono ragioniere, dunque per definizione ho un fermacarte al posto del cuore e sono sospettosissimo. Quindi davanti al profluvio di cifre e prese di posizione sul tema mi sono semplicemente domandato perchè tutti dicano pubblicamente la loro (anche assai fantasiosa) meno una categoria di persone: I ferrovieri, intesi come quelli che operano professionalmente in ferrovia.

    Eh sì perché gli addetti ai lavori, senza addentrarsi in complicati ragionamenti ed inferenze sul lontano futuro, pongono alcune semplici eccezioni che anche il profano può facilmente recepire. Vediamone alcune:

    a) Se prendiamo l`orario ufficiale FS del dicembre 1963 scopriamo che da Torino a Lione ci volevano esattamente 3 ore e 58 minuti tabellari. Il materiale era un`automotrice italiana per l`intero percorso senza cambi e con 5 fermate. La linea ferroviaria aveva delle grosse criticità, ovvero il tratto a binario unico recentemente convertito dal trifase in continua tra Bussoleno e Salbertrand che imponeva pesanti limitazioni di velocità, l`uscita lato francese della galleria del Frejus con grossi problemi idrogeolocici, la rampa di Orelle il cui tracciato imponeva il raddoppio della trazione per il materiale ordinario e grosse limitazioni di esercizio, nonché la terza rotaia che a parte I vincoli di circolazione limitava la massimo la velocità a 100 Km/h
    Roba antidiluviana direte voi. Vediamo oggi.
    Secondo il vigente orario il treno più veloce é un favoloso TGV fino a Chambéry, poi con due cambi si passa su materiale ordinario fino a Lione. Ovviamente in Italia l`intera linea é stata raddoppiata e corretta eliminando gran parte dei vincoli tra Bussoleno e Salbertrand, l`uscita del tunnel é stata rifatta e spostata eliminando quasi tutti I problemi di smottamento, la terza rotaia é al museo e si viaggia a 160 Km/h in fondovalle, la rampa di Orelle per il traffico viaggiatori non presenta problemi salvo I 100/120 km h, MA la meraviglia mette 4 ore e 16 minuti tabellari. Cioé in 56 anni e con lavori se non faraonici certamente importantissimi si é PEGGIORATO di 16 minuti con in più due cambi di treno.
    Naturalmente questo é il miglior servizio perché il tempo medio di percorrenza sulle 6 coppie oggi esistenti in orario é SEI ORE e 39 minuti.
    Banale deduzione: Prima di parlare di tunnel di 54 KM forse sarebbe bene arrivare ad un corretto sfuttamento della linea ripristinando I tempi di 60 anni fa a magari pure migliorandoli radicalmente come é evidentemente possibile, anche perché il sistema di segnalamento e gestione del traffico é radicalmente mutato sui due lati del confine.

    b) È ovvio che se si limita il discorso alla tratta tra Torino e Lione il rifacimento con duplicazione parziale della linea ed il solito tunnel di 54 Km sono certamente ridondanti e moltipicano poi I costi di mantenimento e sicurezza, perchè a meno di un inusitato incremento del traffico il risparmio di tempo non riuscirà mai a compensare tutti costi ed I disagi dell`opera. Difatti in soldoni pure partendo dai tabellari 3h 58m del 1963 si potrebbe scendere in termini di resa commerciale al massimo di un`ora soltanto e forse neppure data la problematica del collegamento tra linea AV e centro urbano, nonchè alcuni tratti esitenti, fuori dalla Maurienne, in territorio francese di diffcilissima sistemazione.
    Se invece si considera l`intero corridoio 5 (che tecnicamente partirebbe da Venezia e non da Lisbona come si gabella) allora l`opera acquisirebbe certamente un significato e certamente sarebbe in astratto utile.
    Ma anche qui esistono sul tracciato immaginato dall`agiografo dell`UE alcune criticità dirimenti. Ne cito solo due. La tratta Lisbona Madrid che utilizza un tracciato ottocentesco, a scartamento largo, con sistemi di gestione del traffico vetusti, tanto che il miglior servizio per percorrere I circa 640 Km tra le due capitali impiega oggi 10 ore e 40 minuti, viaggiando alla velocità di un ciclomotore. Poi la tratta slovena Villa Opicina Lubiana, ex Ferrovia Meridionale K.K.Sts.B. il cui tracciato é ottocentesco e soggetto a forti problemi idrogeologici. L`unico che ci mise le mani fu Mussolini che rifece l`armamento ed elettrificò in 3kV. E noi italiani lavorammo così bene che gli stessi impianti con le stesse mensole della trazione elettrica e sottostazioni quasi centenarie funzionano benissimo ancora oggi e sono perfettamente visibili a chiunque. Chiaramente entrambi I tratti in questione dovrebbero essere interamente rifatti a nuovo, ma spagnoli, portoghesi e sloveni dichiarano di non avere neppure lontanamente I mezzi necessari. Si potrebbe anche discutere della tratta tra Venezia e Aurisina, come della gestione del nodo di Mestre, ma non complichiamo.

    c) Vi é anche un problemino di geografia fisica. Ora se l`intento é collegare la Penisola Iberica con I Balcani e l`Est Europa, l`itinerario tracciato presenta un difetto esiziale: si devono attraversare sue volte le Alpi: prima con 54 Km di tunnel e poi con la tormentata linea carsica. In compenso proveniendo dalla Spagna per accedere alla linea transalpina della Maurienne si deve risalire la valle del Rodano fino a Lione passando per Perpignan, Montpellier, Nîmes, Valence. Quindi ci sono altri 200 Km per giungere al valico. Ma a questa stregua diventa molto più economico il proseguire verso nord-est via Bourg-en-Bresse Besançon Mulhouse, entrando quindi in Germania e da lì utilizzando la già eccellente rete DB e proseguire o verso l`Est Europa o attraverso l`Austria verso I Balcani. Non servirebbe un tunnel di 54 Km, le infrastrutture esistenti sono già ottime anche in territorio francese. E poi si avrebbero linee praticamente di pianura, con deboli pendenze, fondamentali per prestazioni e consumi. Quindi anche sulla direttrice peggiore cioé Lisona/Kiev si allungherebbe di meno di 200 Km (cosa insignificante per le merci) e si risparmirebbero miliardi. Dal lato Italia avrebbe molto più senso potenziare la linea di valico attuale (per altro già di parecchio sottoutilizzata) e continuare con l`AV da Torino a Trieste. Faccenda questa infinitamente più abbordabile e vantaggiosa per noi.

    d) Infine il faraonico progetto TAV si ferma a Chambéry, almeno nella fase esecutiva. Nessuno, salvo errore, ha ancora stabilito come risolvere le problematiche relative al tratto lungo il lago del Bourget e da Culoz a Ambérieu. Linee queste accettabilissime per il traffico normale (anche se migliorabili) ma inadatte all`AV. Cioé senza interventi si avrebbero treni che sfrecciano a 250 km/h sotto il Fréjus e poi vanno ad 80 Km/h da Chambéry à Culoz e magari a 120 fino ad Ambérieu che é oramai a 40 Km da Lione. E quando finalmente arrivano a Saint Clair si infognano nel collo di bottiglia verso Part-Dieu, bivi Guillottière, per finire a Perrache: magari mettendoci anche 25 minuti per coprire quegli ultimi 10 Km malcontati tra un segnale rosso e l`altro.

    Come vedete dunque non servono costosissimi studi econometrici per capire che il progetto deve essere attentamente rivisto e questo solo per ragioni tecniche del tutto indipendenti dall`opinione politica.
    Ma capisco anche che questo suoni discaro ai grilliti perchè procura voti ed ai filo UE (impresari, banchieri, burocrati, ben pensanti, globalisti, risorse, ecc) perchè procura soldi. Soldi che saremo sempre noi a pagare beninteso. Mai io mi auguro una sola cosa: che non finisca come il ponte sullo stretto di Messina: ovvero quella cosa che é già costata miliardi e che non c`é.

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