IL SACRIFICIO DEMOCRATICO DI SIRI

IL SACRIFICIO DEMOCRATICO DI SIRI

Gli operatori politici devono tener conto essenzialmente dei loro interessi e della realtà. L’interesse dei capi grillini (le cui mosse in economia sono state molto dannose) è di portare la competizione con la Lega sul piano della moralità politica e della Giustizia per farsi più forti e più belli agli occhi del loro elettorato attuale e potenziale. La realtà di cui tener conto è che l’elettorato, soprattutto quello di riferimento del Movimento 5 Stelle, è sprovveduto ed emotivo, assetato di colpevoli cui imputare un malandare le cui cause vere non può capire. L’operazione ha fatto risalire il Movimento nei sondaggi, e scendere la Lega.

Realisticamente, nell’interesse del suo partito, Siri forse si doveva dimettere subito, proprio per tenere conto dei limiti cognitivi ed emotivi della base popolare, la quale, vivendo mentalmente in un mondo immaginario, non vede le ragioni per cui Siri dovrebbe, al contrario, nell’interesse di tutti e della legalità costituzionale (sempre che non vi siano ragioni ulteriori in senso contrario rispetto a quelle rese note sinora) restare al suo posto.

Le ragioni sono le seguenti.

In primo luogo, Siri, ad oggi non è accusato ma solo indagato, il pubblico ministero non ha ancora esercitato l’azione penale, il giudice delle indagini preliminare non lo ha ancora rinviato a giudizio, e forse verrà addirittura disposta l’archiviazione della sua posizione. Nessun personaggio istituzionale è stato finora rimosso in una tale situazione.

In secondo luogo, anche se fosse già imputato, dovrebbe applicarsi la presunzione di non colpevolezza, perché essa è un principio di civiltà giuridica irrinunciabile.

In terzo luogo e in generale, il sistema giudiziario italiano non è affidabile perché è tra i meno efficienti al mondo, a livello dell’Africa nera.

In quarto luogo, notoriamente il potere giudiziario è in parte politicizzato e non di rado viene strumentalizzato per la lotta partitica soprattutto nell’approssimarsi di elezioni.

In quinto luogo, se si dà al pm (che talora agisce per scopi politici) il potere di causare le dimissioni degli eletti dal popolo, si sovverte il principio democratico, subordinandolo alle decisioni insindacabili di un soggetto che non è nemmeno responsabile delle sue azioni, oltre a non avere mandato elettorale. Ciò è peggio di qualsiasi cosa dal punto di vista costituzionale, è peggio persino dal lasciare in una carica istituzionale un personaggio che sia stato definitivamente condannato: è peggio perché è sovversivo del principio fondamentale della democrazia.

Se l’elettorato grillino capisse questa cosa elementare, se capisse quindi il carattere illegale e la portata profondamente eversiva della rimozione di Siri, si rivolterebbe contro Giggino ed esigerebbe le dimissioni di Conte, che ha deciso e firmato quella rimozione, assumendosene la responsabilità politica.

 

Quanto sopra vale per i processi in generale, mentre per il caso di Siri in particolare dobbiamo considerare i due procedimenti penali che lo interessano.

Il primo è quello in cui ha patteggiato una pena per l’accusa di bancarotta fraudolenta. Il patteggiamento non è una valida ragione perché si dimetta.

Infatti, in primo luogo, il patteggiamento non è un’ammissione o un accertamento di reato.

In secondo luogo, il motivo per cui Siri ha patteggiato potrebbe essere che, di fatto, i processi per bancarotta fraudolenta in Italia spesso vengono gestiti in modo illegale, ossia ti accusano e ti condannano anche in assenza della prova che tu abbia commesso una distrazione patrimoniale o un qualsiasi altro fatto specifico. Oppure, nei casi in cui vi sono più amministratori della impresa fallita, succede che spesso vengono condannati tutti e senza andare a vedere chi abbia fatto che cosa, applicando una sorta di responsabilità oggettiva-collettiva, e spesso in assenza di prove delle responsabilità personali e dei fatti specifici, in totale violazione del principio di personalità della responsabilità penale, dell’onere della prova e della presunzione di non colpevolezza. Può darsi che Siri fosse innocente e abbia patteggiato per evitare di subire cose simili.

L’altro procedimento penale che interessa Siri, quello ancora in fase di indagini preliminari e riguardante supposti rapporti con la criminalità organizzata, ancor meno dovrebbe essere considerato come necessitante le sue dimissioni.

Infatti, in primo luogo, la mafia in Italia è stata portata dentro le istituzioni dagli americani durante l’invasione dell’Italia nella Seconda Guerra Mondiale, come ricostruiscono numerosi studi storici, e da allora essa fa parte istituzionalmente dello Stato italiano: ci piaccia o no, lo Stato italiano è uno stato-mafia (come altri). Anzi, da allora le varie mafie, camorre, ndranghete hanno aumentato gradualmente il loro potere economico e politico, il loro controllo sul territorio e su buona parte dei collegi elettorali del meridione, sì che governare senza un accordo con esse (a livello locale come a Roma) è impossibile; e la pretesa che i governi italiani combattano la criminalità organizzata, quella grande e non quella minore, quella che taglieggia i bottegai o spaccia per strada, è assurda oggettivamente anche se creduta popolarmente e vendibile alle masse elettorali. Insomma, dal dopoguerra l’Italia è occupata istituzionalmente dalle mafie, e militarmente dagli USA (133 basi dichiarate).

Ancor più importante: molti studi economici e sociologici evidenziano come, su scala mondiale, la criminalità organizzata è divenuta estremamente potente sul piano politico e addirittura possa soppiantare i governi, girando somme enormi riveniente da traffici illeciti (droga, armi, riciclaggi). Su questa enorme liquidità, che per il 60% circa si ricicla nelle banche statunitensi, si regge la stabilità di interi sistemi bancari del “mondo libero”.

In conclusione, lo scandalizzarsi per (l’ipotesi di) contatti tra qualche personaggio politico o istituzionale e ambienti affaristici della criminalità organizzata, è pura ipocrisia o grave ingenuità.

Peraltro, via via che si fanno istituzionali, le mafie, pur conservando il loro scopo di profitto e controllo politico, modificano i loro metodi e diventano per così dire civili. La mafia burocratica, la mafia ministeriale, la mafia legislativa, la mafia giudiziaria assomiglia ben poco alla mafia dagli stereotipi, alla mafia della coppola e della lupara; è una mafia in doppiopetto, felpata, che spende molto per legittimarsi e uccide moderatamente, che controlla i mass media, che modella l’opinione pubblica e la sua percezione del mondo, che in sostanza si è assimilata alla gestione normale del potere politico e al suo stile usuale (salvo mantenere modalità vetero-mafiose in campi come l’esazione fiscale nostrana).

In fondo, l’organizzazione criminale di tipo mafioso altro non è che una forma molto efficiente, e pertanto vincente, di organizzazione e gestione di interesse e potere. Per questo si afferma e dilaga e soppianta altre istituzioni e controlla i cartelli delle materie prime, dell’informazione, e soprattutto del credito, della moneta, del rating. È una realtà pragmatica, che è errato inquadrare e giudicare limitativamente con categorie giuridiche, morali e emotive, per quanto essa possa essere ripugnante emotivamente e moralmente.

 

Nella sua auto-narrazione, il sistema si professa come fondato su precisi principi: la trasparenza e sincerità, la complessiva conformità a etica e legge, la democraticità dell’azione politico-istituzionale. Ma questi principi sono solo la verniciatura della realtà, la quale funziona in modo completamente indipendente da essi. Essi hanno a che fare con la realtà solo nel senso che sbandierarli serve a nasconderla. La violazione delle regole legali e dei principi morali, assieme all’inganno, è funzionale e indispensabile per il profitto e per il potere. Però, nella narrazione per il popolo, il malandare delle cose e le ingiustizie non possono essere attribuiti a questa realtà, perché si disturberebbe il consenso, bensì a capri espiatori (gli ebrei, i comunisti, i fascisti, il nemico di classe, gli infedeli, etc.). Ogni sistema di potere completa la sua propria auto-narrazione aprendo, al proprio interno, uno spazio di dialettica consentita, onde ciascuno possa trovare il colpevole per lui più verosimile per le ingiustizie e per il malandare (il liberismo, il socialismo, l’Europa, gli euroscettici, etc.) e possa aderire a un partito che promette di risolvere i mali sconfiggendo quel colpevole. In questo modo, si produce e mantiene il consenso popolare, detto democrazia.

10.05.19 Marco Della Luna

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1 risposta a IL SACRIFICIO DEMOCRATICO DI SIRI

  1. ahfesa scrive:

    Caro avvocato e stimati lettori,

    Quanto rappresentato sul caso Siri mi trova completamente d`accordo. Difatti, salvo l`ignoranza di fatti dirimenti, già a naso le « accuse » contro il sottosegretario mi paiono molto nebulose ed aleatorie. Ed io, non solo non sono simpatizzante dei verdecornuti leghisti, ma anche sono stato e sono tuttora un convinto sostenitore della necessità di esautorare berluscones e pidini (ed anche leghisti e marziani se il caso) quando implicati in evidenti malversazioni e ruberie.

    Però devo esternare due mie personalissime opinioni.

    Innanzitutto quando si parla del contrasto contro le malefatte di chi occupa un incarico pubblico, o una carica di notevole rilevanza morale o sociale, si avanzano due metodi, i quali pure tendendo entrambi allo stesso risultato, cioé la reale salvaguaridia della fede pubblica e del bene comune, perseguono vie diametralmente opposte.
    Ovvero vi sono i fautori della giustizia « sostanziale » a qualunque costo, chiamati dagli avversari « giustizialisti » o « forcaioli ». Cioé costoro pretendono, che chiunque occupi un incarico che importi potere sui concittadini a qualunque titolo, debba avere una specchiata moralità e vivere lui ed i suoi prossimi congiunti, in perfetta legalità. Esempio preclaro il caso della ministra del gov. Cameron, il cui marito prendendo (probabilmente in perfetta buona fede e con sicurezza di restituzione) una minima somma a prestito da un conto ministeriale della moglie per acquistare certe legali videocassette pornografiche, ha provocato l`immediato dimissionamento della consorte e la sua scomparsa dalla vita pubblica. O come uno stimato ministro degli esteri germanico, che colto ad aver copiato anni prima sua tesi di dottorato, é stato parimenti cancellato da governo e partito in poche ore.
    Invece seguono il metodo simmetrico i « garantisti ». Ovvero coloro che -basandosi sul sacro principio che spetti all`accusatore il provare al di là del ragionevole dubbio la colpa dell ìmputato e che lo stesso sia da ritenere assolutamente innocente fino al momento in cui non intervenga una definitiva sentenza – sostengono che anche il politico accusato di orribili ruberie debba essere mantenuto in carica fino alla eventuale condanna definitiva. Per altro alcuni con questo pensiero moderano il loro garantismo fermandosi alla condanna al primo grado di giudizio, o all` »autosospensione » quando le accuse sono supportate da flagranza o fatti certi ed evidenti.

    Purtroppo entrambe le teorie, benché corroborate da oneste motivazioni, sono foriere di gravi inconvenienti pratici. Difatti nel primo caso si corre il rischio di esautorare con disonore persone in realtà fondamentalmente capaci ed oneste. Nel secondo si rischia (cosa successa sovente da noi) di tenere in carica emeriti farabutti che non solo reiterano di più e meglio gli abusi, ma anche usano il loro potere per intimidire testimoni ed inquirenti e per inquinare le prove.

    Molti legislatori, anche in buona fede (cosa che ovviamente non vale per i berluscones, pidini e Monti con la Severino) si sono adoperati per codificare la materia, in modo da avere una procedura uniforme per ogni situazione, che permetta un equo e rapido intervento. Ma sorprendentemente anche queste norme, gagliarde sul piano teorico, hanno sortito nella realtà o effetti nulli o addirittura perversi, punendo innocenti ed ignorando probabilissimi rei. E quello che ancor più stupisce é che la fede pubblica intesa in senso generale pare sia meglio salvaguardata dove proprio non esistano specifiche norme in materia, lasciando pieno potere discrezionale alla coscienza sociale ed alle autorità superiori.
    È questo il caso dei paesi scandinavi, dove il politico in sospetto fondato di corruzione e/o manifesta incapacità, come il personaggio pubblico che tiene comportamenti palesemente illegali ed immorali, sono esautorati immediatamente dalla palese e generale disistima popolare, oppure ancor prima, discretamente costretti all`oblio dalla superiore autorità, previo altrettanto riservato, ma sostanziale, ristoro agli eventuali danneggiati, al fine di non creare uno scandalo che potrebbe portare danni peggiori a tutti.
    Quindi, ahimé é proprio il popolo bue, il giudice di ultima istanza in queste faccende. Difatti se al caso di un politico importante e palesemente corrotto o incapace, facesse seguito (vista l`inerzia dell`autorità preposta) una pacifica ma decisa sollevazione popolare (tipo sciopero generale a tempo indeterminato o continue manifestazioni di protesta), oppure una altrettanto massiccia e concorde presa di posizione della stampa e delle altre autorità, vedete bene che il cattivo non solo sparirebbe, ma anche sapendo il rischio starebbe molto più attento alle sue azioni. Non solo : eventuali soggetti con curricula sospetti, si asterrebbero preventivamente dal concorrere per incarichi pubblici, anche non elettivi. Ma se il popolo bue strepita a chiacchiere, ma poi beve tutto, é evidente che succede quello a cui stiamo assistendo. E pure con gran sollazzo di rei e farabutti di ogni conio, che non di rado si vedono, se pure inquisiti « riabilitati » ed anche « risarciti » profumatamente, sempre a spese e scorno del solito popolo bue.
    Con in più una grossa complicazione.
    Ovvero che l`inquisizione « moralizzatrice » sia correntemente utilizzata come arma di lotta politica per screditare gli avversari, avvalendosi di solerti magistrati resi ben disposti dalla tacita promessa di successivi vantaggi. Difatti io reputo corretto che la magistratura vigili attentamente sull`operato di chi esercita un`autorità, come sono assolutamente contrario alla nomina da parte dell`esecutivo dei magistrati inquirenti. Ma per contro ritengo che il magistrato che voglia far politica debba prima abbandonare definitivamente ed irrevocabilmente l`ordine giudiziario, rinunciando ad ogni successivo avanzamento e beneficio. E tale esclusione dovrebbe valere anche per chi di fatto esterni pubblicamente prese di posizione di rilevanza politica, corroborate dalla carica. La semplice aspettativa, mantenendo comodamente carriera e benefici é una facile scappatoia. Come pure il magistrato in carica non dovrebbe per alcuna ragione svolgere altre funzioni (consulenze, arbitrati privati, cariche amministrative, insegnamento, pubbliche prese di posizione) se prima non ha lasciato definitivamente l`ordine. E ciò per evitare la dazione di lucrosi e legalissimi compensi in cambio di posizioni giurisdizionali chiaramente di parte politica.
    La pericolosità di queste intrusioni é evidente. Oltre a falsare la giustizia (non di rado gli inquisiti poi vengono assolti o i fatti contestati sono trovati inesistenti o al contrario palesi farabutti sono impuniti) si manipola la formazione del consenso facendo passare per furfante chi non lo é ed ignorando chi invece avrebbe parecchio da giustificare. Ed in più si rischia di mettere in seria difficoltà il prestigio delle istituzioni. Vedasi i demenziali casi del « russian gate » o del candidato giudice supremo inquisito per i suoi divertimenti (veri o supposti tali) del liceo di 30 anni prima. Tutte cose che per altro hanno nuociuto anche al contribuente, senza che chi abbia messo in campo cotali fesserie sia stato poi minimamente chiamato a renderne conto.
    E naturalmente il popolo bue dovrebbe per il solo buon senso diffidare di tali iniziative, chiaramente pretestuose ed interessate.

    Invece sulla fronda dei grilliti io ho un andreottiano sospetto.
    Tutti sanno che la cannibalizzazione tra leghisti e grilliti é fondamentalmente dovuta alla delusione della base M5S a causa del ridottissimo e scombinato adempimento delle promesse elettorali, per altro dovuto più ai veti ed ai trucchi di Bruxelles che alla volontà dei capi. Invece i leghisti sono stati più accorti concentrandosi su temi più realizzabili, dimenticando la chimerica flat tax, e ripiegando sul tamponamento più o meno riuscito dell`immgrazione incontrollata (che giova anche a Bruxelles facendo il Salvini gratuitamente la parte del cattivo) e la « quota 100 » che senza costare dissesti dà un modesto sollievo alla stangate della sig.ra Fornero.
    È anche possibile che Di Maio & Soci si siano appoggiati all`inquisizione « moralizzatrice » per altro diretta e comandata non da loro, ma dai soliti poteri forti non populisti, che cercano il colpo gobbo fidando sull`imbecillità del solito popolo bue.
    Tuttavia io sospetto che il fine ultimo non sia il semplice tentativo di accorciare la distanza tra i due consoci di governo al fine di avere un migliore equilibrio dopo le elezioni europee. Ora non si deve dimenticare che i grilliti, giusto nel maggio/giugno dello scorso anno, innestarono una sorprendente retromarcia rispetto alle loro gagliarde tesi antieuropeiste. Ovvero l`euro é di colpo diventato una risorsa, come pure la maggior parte dei capestri prima aborriti e proclamati inaccettabili. E la pugna poi devenne pugnetta quando la « sfida » a Bruxelles (per altro pure perduta con sonora punizione e scorno) si concentrò su spiccioli e decimali di punto di PIL. Cosa in ogni caso assolutamente ininfluente sui problemi reali del paese, anzi dannosa come stiamo vedendo. Inoltre capi e capetti M5S, già ben ringalluzziti dal passaggio dalla popolare penuria della classe subalterna, al prestigioso status di politico prebendato, sono stati ulteriormente proiettati nell`empireo del ministeriale potere, con ovviamente esponenziale aumento di privilegi e regalie. Ovviamente da estendere ad amici, parenti e sodali. Quindi é naturale che un ritorno repentino a ben più modeste situazioni sia visto con molto timore dai capi e capetti grilliti, non disponendo ancora di consolidate amicizie, patrimoni ed appoggi importanti. Anzi, al contrario parecchi di loro sono sfavorevolmente esposti verso i poteri forti.
    Quindi io malignamente credo che per evitare incresiose retrocessioni Di Maio & Soci si stiano preparando ad una comoda metamorfosi da rivoluzionario a « rivoluzionario conservatore »
    Ora anche supponendo una vittoria alle europee dei verdecornuti leghisti nell`ordine del 35% (cosa che io reputo molto improbabile azzardando al meglio un risultato finale sotto il 30%) resterebbe spazio per un buon 25% a favore del M5S. E se aggiungiamo un altro 25% dei pidini (magari assieme agli altri sinistri) ecco profilarsi la possibilità per il sempre vigile Notabile sul Colle, di un comodo ribaltone europeista senza passare per « costose » e rischiose pronunzie elettorali del popolo bue. Naturalmente entrambi i consoci in pectore hanno sdegnosamente escluso cotale idea, ma sappiamo bene che da noi quando i capi giurano su una cosa é vero l`esatto contrario.
    La giustificazione (risibile) verso gli elettori turlupinati sarebbe l`assodata incompatibilità coi leghisti, la “deriva fascista” ecc. e le prebende resterebbero assicurate.
    Poi con calma si aggiusterebbero le dottrine su un « europeismo critico ma conservatore alla Tsipras » e altri ameni sofismi. A tempo debito il Notabile ci manderebbe forse a votare con conseguente riequilibrio naturale tra pidini e grilliti e tutti sarebbero contenti (salvo il popolo bue ovviamente).
    Ed il premio per i grilliti non sarebbe da poco : difatti dalla parte dei pezzenti affamati delle elargizioni (dei nostri stessi soldi ovviamente) di Bruxelles passerebbero a quella dei cassieri.
    Quindi io temo che la fronda attuale sia finalizzata a questo convenientissimo cambio di casacca e non ad un semplice riequilibrio verso i consoci leghisti.

    E difatti quelli che sembrano i vincitori, come spesso oramai accade nella nuova Europa, sono in realtà i veri perdenti. Vedasi i 18 milioni di “vincitori” pro Brexit che adesso non contano più nulla e devono ricominciare daccapo. Eh sì l`inevitabile perdente al gioco truccato é proprio il Salvini. Difatti anche con un 40% alle europee (scialiamo) a Bruxelles non cambierebbe nulla, avendo già i musi pesanti deciso come servirci impipandosene dei populisti a mezzo comode ammucchiate. Inoltre la cariatidi della commissione mica sono elette ma nominate dai soliti poteri forti. Ed in caso di forte vittoria leghista mai il Notabile ci manderebbe subito al voto inventandosi qualche sua trovata. Invece proprio visto l`approssimarsi del « pericolo sovranista » la « deriva fascista » ed altre amenità, niente di meglio del « ravvedimento » dei grilliti e quanto di seguito. Ora il Salvini non potendo più per rifiuto o impossibilità pratica governare coi grilliti, potrebbe solo o cedere il mestolo ritornando ad una inutile e deludente opposizione, oppure cercare di governare coi berluscones (ammesso che ci siano i numeri che al momento non vedo). Ma il risultato pratico per lui cambierebbe di poco.

    Quindi il popolo bue dopo le europee, salvo provvidenziali colpi di scena, si prepari ad un ennesimo “giro fiscale” a sue spese, stavolta motivato come la « riparazione » (punitiva per i soliti) delle intemperanze leghiste e sovraniste a cui verranno date tutte le colpe, con conseguente discesa di un altro gradino verso la totale miseria.

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