LA GIUSTIZIA DEI COMITATI DI AFFARI
LA GIUSTIZIA DEI COMITATI DI AFFARI
Hanno scoperto, di nuovo, l’acqua calda: la giustizia, proprio come la partitocrazia, è in mano a comitati di affari, che decidono su carriere, incarichi, attacchi politici, insabbiamenti amichevoli, intimidazioni e eliminazioni giudiziarie di politici scomodi. La giustizia reale fa parte del sistema politico e del suo affarismo, è un continuum, che risponde non al Paese ma a centri di potere finanziario sovranazionali. La giustizia perciò verrà riformata sempre e solo per finta, o semplicemente la politica aspetterà che l’opinione pubblica giri ad altro la propria attenzione, e tutto continuerà come prima, come sempre avvenuto dopo altri scandali.
La giustizia è quella parte della buro-partitocrazia, che ha la funzione di nascondere il business della politica e di difendere il sistema di interessi dalle spinte per cambiarlo. E di ridargli legittimazione agli occhi dell’opinione pubblica, o della parte di essa che crede che la giustizia abbia come scopo la giustizia, la legalità, dopo ogni scandalo, in modo che possa chiedere sempre nuove tasse. Questa giustizia è in mano a una piccola power élite di magistrati consociati, che fa il bello e il cattivo tempo decidendo sulle carriere e sugli incarichi, sulle persecuzioni giudiziarie (colpire Salvini) e sugli insabbiamenti. Una piccola minoranza di magistrati si oppone attivamente ed eroicamente. In mezzo, sta la grande maggioranza dei grigi, che, più o meno a malincuore, si adatta alle circostanze e partecipa a benefici minori.
Ma, se mai vi fosse una forza interessata e capace di riformare la giustizia, alcune riforme sarebbero indispensabili:
1)Separazione delle carriere, con due distinti concorsi di ammissione e due distinti Consigli Superiori;
2)Nomina dei consiglieri togati mediante sorteggio fatto in pubblico e videoregistrato (unico modo per evitare il correntismo);
3)Concorsi con elaborati scritti in forma anonima, senza buste identificabili attraverso numeri, e videoregistrazione delle prove scritte e orali (oggi è facile truccare il concorso);
4)In cassazione civili, sindacabilità delle sentenze anche per illogicità, per mancato esame di un fatto o argomento decisivo, e per travisamento dei contenuti degli atti processuali e dei documenti (la riforma del 2012, togliendo o riducendo al minimo la possibilità di tali sindacati, ha facilitato assai la vendita delle sentenza da parte dei giudici);
5)Attuazione del principio di diritto alla difesa, di presunzione di non colpevolezza e di onere di prova a carico dell’accusa, introducendo norme che stabiliscano che l’accusa ha l’onere di enunciare nei capi di accusa, per ogni imputato, i comportamenti specifici che gli addebita, a pena di improcedibilità; e ha l’onere di provare tali comportamenti; e che del pari le sentenze siano nulle qualora non enuncino i comportamenti specifici addebitati ad ogni singolo condannato, specificando le prove di ciascuno di essi (oggi capita di essere accusati di concorso con altri in un reato, senza che il pm specifichi ciò che avresti fatto tu, col che ti compromette la possibilità di difenderti; e il giudice ti condanna senza specificare, nemmeno egli, che cosa tu concretamente avresti fatto e da dove risulti);
6)Screening a tappeto dei rapporti remunerati dei magistrati e dei loro congiunti con banche e altre società commerciali; obbligo di dichiararli e di astenersi dai giudizi in cui siano coinvolte; radiazione per chi contravviene (non pochi magistrati hanno rapporti economici di quel tipo soprattutto con le banche, e giudicano o indagano parteggiando per le banche).
02.06.2020 Marco Della Luna