STRATEGIA E COLLASSO

STRATEGIA E COLLASSO

Parleremo di un fattore strategico che spiega in profondità le crisi e le risposte alle crisi che stiamo vivendo da qualche decennio, e che fa capire quali altri crisi e risposte ci aspettino, e in che senso venga guidato il flusso storico.

Un principio strategico ha visibilmente ispirato, negli ultimi anni, strette creditizie, crisi di borsa, manovre inflative e progetti pandemici dell’élite finanziaria globale, nello sforzo di salvaguardare il privilegio dei privilegi: arricchirsi creando moneta a costo zero e conservare il valore degli assets così acquisiti, senza al contempo scatenare un’iperinflazione o una recessione tali da scuotere le basi sociali dell’ordinamento che hanno costruito e governano. Il privilegio dei grandi banchieri: creare moneta mediante mere registrazioni contabili, ed emetterla usandola per fare acquisti o prestiti a interesse, o manipolazione delle scelte politiche dei governi. Il tutto senza nemmeno dichiarare il profitto così realizzato, e senza pagare quindi le tasse su di esso. E senza che ciò venga a conoscenza dell’opinione pubblica. Ovviamente, ciò che essi tutelano è la stabilità della loro posizione di potere e privilegio, non il progresso, la stabilità, lo sviluppo economico generale.

Per arricchirsi non basta ovviamente creare moneta: bisogna che vi sia una domanda di questa moneta da parte del mercato – bisogna, cioè, che vi siano soggetti disposti a darti qualcosa in cambio di essa. E bisogna che la domanda assorba tutta la moneta che vuoi creare ed emettere, altrimenti la sua offerta supera la domanda ed essa si svaluta.

La continuità della domanda di moneta è assicurata, in primo luogo, dal fatto stesso che la moneta viene emessa come prestito ad interesse composto, sicché tutta la massa monetaria genera interessi passivi, che si capitalizzano, e vanno pagati con moneta ulteriore a quella già emessa, sicché la società continuerà a domandare nuovi prestiti per pagare gli interessi in scadenza.

In secondo luogo, la domanda è alimentata dalla crescita dell’economia, che comporta la domanda di moneta aggiuntiva per gli investimenti e per il pagamento delle crescenti transazioni e dei tributi. I pagamenti internazionali, nel dopoguerra, si sono fatti prevalentemente in dollari, soprattutto quelli per il petrolio e la droga, e questo ha consentito agli USA di comperare gratis, stampando carta. Washington ha condotto pertanto alquante guerre, dirette o per procura, finalizzate a impedire che il petrolio venisse venduto contro altra valuta o contro oro (Iraq, Libia), e a sostenere il narcotraffico (Afghanistan). Ora questo loro privilegio si sta rapidamente riducendo, anche in conseguenza dello scontro sull’Ucraina.

Ma la difesa di questo potere del dollaro, del signoraggio monetario internazionale della Fed, è il principale motore della storia del dopoguerra. Senza averlo presente, si capisce poco di ciò che è avvenuto e sta avvenendo; proprio per questo se ne parla il meno possibile. E’ una specie di conoscenza riservata.

A crescere fino a farsi circa quindici volte più grande dell’economia reale, è stata, però, negli ultimi decenni, soprattutto l’economia finanziaria, improduttiva, assieme al debito pubblico e privato, i cui pagamenti in conto capitale e interesse sono sempre più gravosi e incerti, e una crisi di insolvenza generalizzata travolgerebbe la ricchezza finanziaria accumulata dall’élite, e probabilmente anche le strutture sociopolitiche attraverso cui essa comanda. Pertanto, al fine di prevenire una crisi di solvibilità, essa ha provveduto ad aumentare la massa monetaria con prestiti a tassi quasi nulli attraverso il Quantitative Easing, e ancora prima mediante emissioni occulte di trilioni e trilioni da parte delle banche centrali, come quella scoperta dall’unico, parziale auditing della Fed condotto nel 2016 dal senatore Bernard Sanders.

Nel 2019 il sistema monetario finanziario mondiale era arrivato al limite, come spiega Andrea Cecchi nel suo capitolo Tutto è collegato: il virus giusto al momento giusto nel nostro saggio Operazione Corona (Aurora Boreale Editrice, 2020). Dal 2008 in poi, i monopolisti della produzione di denaro, in primis la Banca dei Regolamenti Internazionali e la Fed, avevano trattato e risolto, beninteso provvisoriamente e indebitando le generazioni future, ogni nuova crisi mediante la massiccia creazione e immissione di moneta. Nel 2008-2009 avevano messo moneta pubblica per risolvere la crisi di liquidità, mantenendo però la struttura incoerente del sistema bancario a beneficio degli speculatori, in modo che potessero bissare abusi e profitti. Successivamente, avevano calmierato i tassi di interesse con nuova immissione di liquidità. Poi, con altre emissioni di liquidità, avevano sostenuto i debiti pubblici, comperando direttamente o indirettamente enormi masse di titoli di stato. In analogo modo avevano anche risolto la crisi dei mutui traballanti.

Così il debito aggregato mondiale aveva raggiunto il milione e duecentomila miliardi di dollari. Ma tutta questa massa monetaria aggiuntiva, generata con pari contrazione ossia appioppamento di debito, era andata quasi interamente nei mercati speculativi e anche la parte finita all’economia reale andava producendo sempre meno output positivo, cioè si arenava in una saturazione del mercato. Inoltre il cavallo non beveva quasi più, nel senso che le imprese idonee a ricevere credito non lo richiedevano perché non vedevano dove investire fruttuosamente; mentre quelle senza merito di credito potevano essere finanziate solamente accettando che fosse a fondo perduto. Le banche resesi insolventi in operazioni di alto azzardo erano state risanate col bail out, ossia con i soldi del contribuente, ma non riformate con la reintroduzione del Glass Steagall Act per tenere separate le banche di credito da quelle di azzardo finanziario.

La titanica immissione di nuova moneta, oltre a produrre un gigantesco debito aggregato e gravante sulle generazioni future, aveva favorito la crescita della popolazione e lo sfruttamento incontrollato delle risorse naturali e limitate del pianeta. La curva della crescita della popolazione è storicamente parallela a quella della crescita del debito e del consumo dell’ambiente. Però se il credito, ossia la massa monetaria e debitoria, può crescere all’infinito, le risorse del pianeta sono limitate, cosicché inevitabilmente si arriva allo scontro, e in mezzo sta l’eccesso di popolazione.

Simultaneamente, procedeva e accelerava la concentrazione della ricchezza mondiale nelle mani di poche persone con ampia diffusione della povertà o precarietà, anche grazie al fatto che alle agenzie di rating, opportunamente pagate, certificavano falsamente la tripla A a titoli spazzatura. Si era creata una situazione esplosiva per affetto della bolla azionaria, del sotto prezzo delle commodities, dei tassi innaturalmente azzerati o negativi, della crisi valutaria dei paesi emergenti, della bolla demografica, della crisi ecologica e climatica, della tensioni belliche, dell’aumento del costo dei beni della vita con calo del potere d’acquisto dei redditi e dei risparmi, dell’aumento della disoccupazione e del disagio sociale, della bolla dei derivati speculativi ascesa a valori incalcolabili anche e soprattutto perché non visibili. Era atteso a breve un aumento dei tassi di interesse sul debito pubblico che avrebbe svalutato i relativi titoli e prodotto quindi un margin call nel settore dei Repo soprattutto interbancari, il quale a sua volta avrebbe innescato il pan e panic selling, cioè una corsa alla svendita di tutti gli assets, con un automatico crollo dei mercati mobiliare e immobiliare dalle conseguenze incalcolabili ma apocalittiche.

Nel giugno del 2019 il mercato dei Repo, quindi la creazione della liquidità interbancaria, stava già entrando in crisi. Nel settembre del 2019 la Banca dei Regolamenti Internazionali, cioè la banca centrale delle banche centrali, lanciò l’allarme di imminente esplosione del sistema. Il 18 ottobre del 2019 a New York si tenne l’Event 201 in cui i potenti della Terra studiarono una simulazione della crisi in questione e misero a punto, come prevenzione, un piano per salvare capra e cavoli, ossia per continuare e ampliare l’immissione di nuova moneta onde evitare l’imminente crisi di insolvenza generale, e insieme per congelare l’economia, ossia gli investimenti, i commerci, la circolazione monetaria, così da evitare pure di accendere una forte inflazione. Questa operazione iniziava col lancio della pandemia poi nota come Covid-19, che avrebbe appunto da un lato consentito l’iniezione attraverso le banche centrali delle nuove ondate monetarie, e dall’altro lato consentito di bloccare le persone e le merci con il lockdown e le quarantene, scongiurando così l’inflazione, e al contempo tenendo la gente a bada e persuadendola che tutto era dovuto a cause naturali, incolpevoli.

Il 20 gennaio 2020 i medesimi partecipanti si riunirono a New York e ricevettero il palinsesto su come procedere anche in campo sanitario e di public relation. I successivi fatti ci sono abbastanza noti. In Italia si fece molto per amplificare il contagio, aumentare i morti, travisarne le cause.

Ad ogni modo, il sistema bancario ombra, il settore Repo, è stato salvato e con esso i fondi di investimento che sostengono le pensioni. La gente è stata tenuta in casa. L’economia ha avuto una contrazione, poi ha iniziato a riprendersi, ma già nel 2022 è stata colpita da un rincaro dell’energia, delle materie prime e dei trasporti, che la farà flettere. 

Se l’Impero del Dollaro avesse potuto continuare ad espandersi, allora la sua espansione avrebbe risolto il problema, prendendo risorse dai popoli e dalle terre conquistate, come ha fatto finora e come faceva l’Impero Romano – l’ultimo tentativo, in corso, è sull’Ucraina; ma alcuni paesi colonizzati già si ribellano  e, soprattutto, oramai l’espansione dollariana si scontra col blocco commerciale dei Brics, che si evolve in blocco monetario. E con la loro forza militare. Perciò, come a suo tempo il basso Impero Romano, il basso Impero del Dollaro deve prendere risorse da coloro che già sono suoi sudditi, togliendole alla popolazione generale, e iniziando dai paesi periferici, come l’Italia. Lo fa mediante un mix (diversamente modulato da paese a paese) di pressione fiscale, stretta creditizia, restrizione del commercio, degli spostamenti, dei trasporti, innalzamento dei dazi e delle sanzioni, forti rialzi del tasso di interesse, aumento della mortalità (malattie e vaccini) e calo delle nascite. Washington, creando un vantaggio in termini di minore tassazione e minori costi dell’energia, attrae investimenti e imprese dall’Europa.

Come dicevamo, hanno incominciato  col Covid e con le conseguenti restrizioni agli scambi commerciali, ai trasporti di merci e persone, con le quarantene e chiusure di frontiere, col lockdown, col greenpass etc. Questo insieme di cose ha causato una strozzatura delle forniture, quindi un rialzo dei prezzi non inflativo (cioè non derivato da eccesso di liquidità e di domanda sull’offerta), ma che è stato presentato all’opinione pubblica come inflativo per giustificare una serie di aumenti dei tassi di interesse finalizzata a ri-congelare l’economia, come nel 2020 – infatti gli indici preannunciano un forte calo per l’autunno prossimo. Inoltre, Washington, che gode di autosufficienza – anzi di surplus energetico – ha imposto all’Europa occidentale tagli alle importazioni di prodotti energetici russi a buon mercato, e la loro sostituzione col molto più costoso gas americano, così da aumentare la domanda di dollari per pagarlo, oltre a realizzare un profitto, a rendere l’industria europea meno competitiva, e ad incentivarla a trasferire la sua produzione in America.

La produzione di nuova moneta, oltre che a sostenere il debito pubblico e privato nonché i livelli di borsa, viene canalizzata in impieghi inutili ai fini della crescita reale e della produzione di beni e servizi utili e prezzi migliori – impieghi come la falsa green transition e l’eguagliamento di gender (14 miliardi nel nostro PNRR).

Nella strategia rientrano anche le imposizioni della green transition, peraltro inutile perché non tocca i principali inquinatori, ossia Cina e India. Rientra la sostituzione dei bianchi autoctoni, che costano molto, con immigrati semischiavi: i latinos negli USA, gli africani in Europa.

Ora, avendo il T-bond perso la tripla A ed essendoci avvisaglie di una nuova crisi Repo, vi sono condizioni per una nuova operazione analoga alla recente pandemia.

Morale: alla luce del presente conflitto militare, commerciale e finanziario con i paesi Brics, e delle loro iniziative in fatto di una nuova valuta internazionale, non resta che sperare che il sistema monetario sopra descritto, basato sulla moneta debito e sull’illimitato indebitamento del mondo, crolli, travolgendo i suoi manovratori e beneficiari, che sono poche grandi famiglie dinastiche ai vertici delle banche centrali e della BIS. E che sia sostituito da un sistema monetario diverso, basato su una moneta generata senza indebitamento e in modo contabilmente trasparente. Altrimenti, per una via o per l’altra, si tornerà sempre daccapo.

Ma anche qualora questa sostituzione avvenga, e si realizzi nel modo più efficace e benigno, resterà l’esigenza oggettiva di trovare una soluzione al sovraccarico demografico e all’esaurimento delle risorse planetarie. E resterà il fatto che, per effetto della finanziarizzazione dell’economia, della centralizzazione del potere reale, e dell’avvento dell’intelligenza artificiale, le masse sono divenute superflue, oltre che ecologicamente insostenibili. Quindi, se non interverrà un fattore qualitativamente innovativo, in un modo o nell’altro il tristo percorso riprenderà.

06.08.23 Marco Della Luna

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