CHI HA PAURA DELLA PSICOLOGIA POLITICA?

Se scorrete qualche manuale di psicologia politica (PP) per le università, troverete che esso sembra intenzionalmente strutturato proprio per prevenire che lo studente si faccia un’idea di che cosa è la psicologia politica nel mondo reale, nella prassi. Di quali sono i suoi strumenti e i loro presupposti di efficacia. Troverete che in gran parte il manuale consiste nell’esposizione di definizioni, ipotesi, concetti e sottoconcetti escogitati a tavolino e sottoposti a verifiche sperimentali, le quali solitamente danno un esito incerto, o eufemisticamente aperto, oppure non sufficiente a formare un quadro esplicativo – operativo di insieme. L’effetto finale è un senso di vaghezza, incertezza, e inconcludenza.

Resta completamente non detta la PP applicata, del mondo reale, la quale è soprattutto un insieme di ricerche e tecniche psicologiche, messe in opera senza dichiararle, anche perché spesso machiavelliche, inconfessabili, immorali, per gestire la popolazione ottimizzandone il controllo e la resa, similmente a come il proprietario di un’azienda si ingegna per massimizzare il controllo sull’azienda e sulle maestranze, e il loro rendimento. E anche per gestire le relazioni internazionali, guerre comprese. La PP è analoga alla psicologia aziendale. La definirei quindi come scienza (studio) e tecnica (applicazione) del rapporto tra il potere con i suoi scopi, e la psiche sociale con i suoi processi – dove il campo della psiche sociale include le menti non solo della popolazione governata, ma pure dei soggetti esercenti il potere politico e concorrenti per conquistarlo ed espanderlo. E gli scopi includono anche quelli degli oppositori, che mirano a penetrare o sostituire i detentori del potere in carica. E di classi non dominanti che cercano di difendere i propri interessi. Sono compresi anche lo studio e la modificazione della concezione che le persone hanno della società e dello Stato come organismi politici: paradigma dell’azienda, paradigma del gregge, paradigma della famiglia.

E’ comprensibile che ci sia paura o reticenza a insegnare la psicologia politica, perché grande è la differenza tra il governare un popolo in cui molti sentono l’ordinamento sociale e l’autorità come derivati delle bonarie, giuste e altruiste figure autorevoli parentali, che si prendono cura del bene collettivo, e il governare gente che invece li percepisce come un apparato di dominio e sfruttamento in mano a una élite egoista e indifferente al bene collettivo. E che perdipiù conosce i suo strumenti di inganno e manipolazione. E’ quindi ovvio che lo stato e le classi dominanti organizzino un insegnamento della psicologia politica che prevenga una siffatta comprensione del funzionamento sociopolitico. Per la medesima ragione per la quale perseguitano con grande energia giornalisti come Julian Assange, che invece rendo noti all’opinione pubblica i metodi spesso immorali dell’esercizio del potere. Se l’opinione pubblica viene al corrente che il proprio governo, segretamente, usa tali metodi, sarà assai meno propensa a credere agli appelli del medesimo governo a impegnarsi in guerre per l’esportazione della democrazia, per la difesa della libertà di altri popoli, per la lotta al terrorismo, a credere che governanti che fanno sistematicamente certe cose abbiano veramente come fine alti valori morali, anziché il proprio profitto e potere. Nelle scuole pubbliche non si insegna PP “vera” perché essa, dal piano scientifico, avrebbe un effetto destabilizzante per il consenso simile a quello che, dal piano giornalistico, ha l’attività di Assange.

I contenuti delle definizioni scolastiche di PP, e i contenuti dei relativi manuali, incentrati sulle votazioni (percezione e valutazione di politici e di programmi, dei quesiti referendari etc.), si allineano a questa esigenza. Sono basati su un illusorio preconcetto illuministico e democratico della politica, ossia fingono che la politica, i luoghi, modi, scopi e soggetti dell’esercizio del potere, siano quelli stabiliti dalle leggi, siano quelli visibili, trasparenti, pubblici, istituzionali, eticamente controllabili, e che le votazioni popolari siano il fattore più importante della vita politica, della distribuzione del potere, e che siano guidate dalla ragione, mentre nella realtà le decisioni politiche vengono prese a porte chiuse (dai consigli delle banche centrali, da organismi come il WEF, la BRI, il FMI, la Commissione Europea, il Consiglio dei Ministri dell’UE, l’OMS etc.), per scopi e progetti non palesati. Nelle votazioni viene posta in gioco solo una piccola aliquota del potere effettivo, checché pensino gli elettori.  E gli elettori non scelgono razionalmente e cognita causa. Sono ampiamente condizionati dallo story telling e della loro ‘pancia’.

La PP si occupa innanzitutto di come coltivare nell’opinione pubblica un’idea di stato democratico e sovrano, rispondente al popolo, nascondendo, tra l’altro, che i governi e i parlamenti, nella realtà, indebitati come sono, hanno assai poca autonomia, e vengono condizionati quando non addirittura guidati dal sistema bancario che pone determinate scelte politiche come condizioni per il finanziamento del loro bilancio (ricatto del rating, del quantitative easing, etc.). Si pensi alla deposizione bancaria di Berlusconi nel 2011.  Colin Crouch, il noto sociologo britannico, nel suo Postdemocrazia (2010), spiegava come le istituzioni pubbliche rimangano in piedi, formalmente immutate, ma siano state oramai prese sotto il controllo del capitale privato, via lobbies, finanziamenti, porte girevoli. Sostanzialmente, l’apparato statuale risponde a tali poteri, non più al popolo. Però per gestire il popolo si deve ovviamente creare e mantenere un’apparenza ben diversa. Cosa che oggi abbastanza ardua specialmente in considerazione dello spettacolo di non pochi leaders che si sono presentati in campagna elettorale come antisistema, anti-euro, euro-scettici, e poi, una volta andati al governo con i voti antisistema, si sono conformati al sistema (Tsipras, Salvini e Meloni). Sarebbe abbastanza ardua, non fosse che il popolo ha memoria cortissima, e con esso l’incoerenza paga. Nel mio Le chiavi del potere, del 2003-2004-2019, osservavo che la funzione attuale dei partiti politici consiste miseramente nell’apportare consenso, voti popolari, quindi legittimazione, al sistema, ai decisori effettivi (che stanno dietro le quinte, nei consigli delle banche centrali) ed eseguire le loro direttive, farle accettare al popolo in una veste apparentemente democratica e costituzionale, in cambio di vari benefici personali. Raccolgono i voti recitando questa o quella parte e millantando di poter fare questa o quella azione politica, a seconda dell’area di elettorato in cui vogliono pescare.

Come percepisce la popolazione l’insieme di cotale e cotanto mutamento, e come reagisce? Questo è un importante tema di  PP. In un contesto politico in cui chiunque vinca le elezioni è vincolato a un’agenda stabilita altrove, privatamente e non pubblicamente, indagare come i vari tipi di elettori si atteggiano verso i vari tipi di partiti e candidati in questo o quel paese è importante, ma non è centrale, anzi è decisamente marginale. Centrale è capire con che strumenti psicologici e con che risultati i detentori dell’effettivo potere politico possano gestire la parte di mondo su cui comandano. Ricostruire la loro strategia e i loro obiettivi in base a ciò che si può conoscere e osservare.

I processi democratici, la psicologia del voto etc., ossia il grosso della PP insegnata a scuola, sono reali, sono legittimi oggetti di studio, ma sono marginali. Fondamentali invece sono la produzione della compliance (ottemperanza) popolare, la manipolazione, la modificazione dei comportamenti (più consumi, meno consumi, sottomissione, lockdown, vaccinazioni), la propaganda, la destabilizzazione, l’ingegneria sociale, la regolazione della consapevolezza e della emotività – pensiamo ai formidabili aspetti di PP nella gestione della pandemia. Ricordate il potente, suggestivo e falso messaggio di Mario Draghi: “Chi si vaccina, vive; chi non si vaccina, muore o fa morire.” La campagna di gestione della pandemia è stata una grande operazione di PP. Machiavelli aveva capito bene che cos’è la PP: insegnava che il principe ha da parer buono, non da esser buono; e altresì insegnava la dottrina dello sgomento (oggi chiamata shock and awe) come strumento per introdurre riforme o misure impopolari: le iniurie si debbono fare tutte ad uno tratto, i benefizi sono da dispensare nel tempo.

Se non si tratta di queste pratiche, si insegna una psicologia politica utile innanzitutto al potere costituito, perché lascia in ombra la sua realtà e i suoi strumenti e conserva l’ingenuità, l’”innocenza”, degli studenti.

Recentemente abbiamo osservato uno scenario ‘importante’, in cui un’oligarchia economico-politica si riunisce Davos per dettare al mondo l’agenda per salvare la biosfera, risolvere il problema dell’inquinamento e dell’esaurimento delle risorse attraverso la modificazione dei comportamenti di massa, nel senso di ridurre i consumi ecologicamente gravosi ma in modo politicamente gestibile, ossia senza provocare un crollo della domanda, quindi dei mercati, e senza suscitare reazioni di allarme o di forte opposizione – insomma, un’oligarchia che vuole far accettare o gradire cambiamenti che abbassano lo standard di vita della popolazione. Come procederà? Dichiarerà espressamente le sue intenzioni e i mezzi che adopererà? Certo che no. Dovrà produrre una modificazione multifattoriale del contesto generale tale, reale o solo percepita che sia, da creare il consenso, da indurre i comportamenti voluti. E questa è PP reale.

Pensiamo ora a come è stato introdotto l’Euro e ai suoi risultati, innanzitutto la deindustrializzazione e l’indebitamento dei paesi meno efficienti. Si sapeva da prima di progettarlo, simili esperimenti erano stati già fatti, e proprio con questi risultati, in Europa; ma non lo si è detto alla gente. Alla gente si promise “lavoreremo di meno e guadagneremo di più; il debito pubblico italiano sarà in sicurezza; perciò pagate una tassa per entrare nell’Euro”. Gli italiani ci hanno creduto e per i primi anni, come previsto, lo Stato ha avuto più denaro da spendere a tassi modici, quindi si è avuta una certa diffusione di benessere e conseguente consenso; poi sono arrivati i vincoli di bilancio, la deindustrializzazione, le privatizzazioni forzate, la fuga dei capitali, il take over delle grandi imprese nazionali, i ripensamenti. Ma oramai era troppo tardi per tornare indietro, stante l’indebitamento estero accumulato negli anni della pacchia. La tecnica di PP è spesso questa: fare accettare dal popolo determinate riforme presentandole come aventi effetti benefici sottacendo gli effetti nocivi nel medio e lungo termine; quando questi effetti nocivi si fanno sentire, è troppo tardi per tornare indietro. Intanto però chi doveva raccogliere i benefici li ha raccolti. E’ la tecnica della nassa: vi è una parte iniziale, detta “invito” perché è comoda e invitante, e poi quella che trattiene il pesce mediante le punte rivolte all’indentro.

Pensate, in tale contesto, all’importanza del controllo della narrazione, dello story telling sulla “virtuosità di bilancio”… perché se la gente non è convinta che i sacrifici finanziari siano utili per risanare e rilanciare l’economia ammalata per colpa della gente stessa (che viveva al di sopra dei propri mezzi), diverrebbe difficilmente governabile. Pensate all’importanza della PP in uno scenario come quello attuale, in cui l’intelligenza artificiale e l’automazione stanno eliminando decine di milioni di posti di lavoro, così da creare un mare di disoccupati.

Importanti e clamorose applicazioni della PP ricorrono anche per suscitare guerre e consenso alle guerre creando illusori casus belli: vedasi in particolare come il Cancelliere von Bismarck suscitò la guerra franco-prussiana manipolando con l’inganno la stampa francese, o a come il pres. Johnson ottenne il consenso all’intervento contro il Vietnam del Nord simulando un attacco vietnamita a una nave USA nel Golfo del Tonchino e come il pres. Bush ottenne quello per invadere l’Iraq costruendo false prove che Saddam Hussein avesse arsenali di distruzione di massa, che avesse legami con Al Quaida, che avesse responsabilità nell’attacco alle Torri Gemelle. Tutti questi casus belli, nel tempo, si rivelarono mendaci, ma oramai l’effetto volito era stato conseguito.

Un’altra grande e interessante operazione di PP è stata Mani Pulite, che, sotto una artificiosa parvenza di moralizzazione, è servita a cambiare gli assetti politici ed economici del Paese, onde renderlo permeabile alle privatizzazioni e ai capitali stranieri.

La più antica operazione di psicologia politica a noi nota in dettaglio, è quella descritta nel libro dell’Esodo, che forgiò un popolo unitario da tribù divise e lo munì di un mito comune, la Terra Promessa, il quale funziona ancora oggi. Ancora prima di Mosè, dalla valle dell’Indo a quella del Nilo, si praticava un altro tipo di operazione di PP: la teocrasia, ossia la fusione dei pantheon delle diverse regioni del paese, che venivano unificate politicamente: unificare anche le fedi religiose era utile a forgiare una compatta identità nazionale.

Non dico, contuttociò, di non studiare la PP politica del manuale per le scuole pubbliche, ma consiglio di concentrarsi sulla PP ‘pesante’, su quella mediante cui il potere gestisce i popoli per il suo interesse (la “società gestita” di Max Horkheimer, 1934) e in cui la democrazia consiste non nella gente che sceglie chi la governa, ma nei governanti che portano la gente a volere ciò che essi decidono, come insegnava Jaques Ellul.

I suoi primari oggetti e ambiti applicativi sono (oltre ovviamente alla conquista, l’espansione, il consolidamento, il rovesciamento e l’uso del potere) i conflitti (capire e sabotare le strategie nemiche, informazione e controinformazione, campagne di paura e terrore, false flag), i rapporti interetnici, le trasformazioni socioeconomiche e la gestione delle crisi, le riforme (come farle accettare ed eseguire).

I suoi strumenti comprendono, naturalmente, la comunicazione (informazione, disinformazione, propaganda, finestra di Overton, campagne emozionali di odio, speranza, paura, sensi di colpa), la legislazione, la repressione, la discriminazione (emarginazione, oscuramento) le manovre monetarie, di rating, di borsa. Le dichiarazioni di pandemia sono una recente acquisizione, molto potente, come si è visto. Il terrorismo – faccio notare – nasce con la rivoluzione francese (la Terreur) come uno strumento governativo di gestione della società mediante la paura indotta, non già come strumento anti-governativo. E il primo ufficio pubblico per controllare il sentire popolare era il napoleonico Bureau de l’Opinion Publique.

Un’ulteriore e fondamentale componente dello studio della PP è la critica scientifica della psicologia popolare, del concetto che la communis opinio ha dell’uomo e del suo funzionamento individuale e sociale. Sono presupposti ingenui e pericolosamente ottimistici derivanti in buona parte da dogmi cristiani e illuministici. Essi attribuiscono all’uomo consapevolezza (delle proprie percezioni, motivazioni, elaborazioni cognitive), libertà di scelta, razionalità, eguaglianza, continuità e unitarietà mentali; e all’ordinamento sociale i caratteri della società: solidarietà, volontarietà, trasparenza, legalità, progresso, funzionalità al bene comune. Il pensiero corrente, la morale corrente, la teoria politica e giuridica concepiscono e presuppongono l’uomo come libero nelle proprie azioni, consapevole delle proprie percezioni, valutazioni, decisioni, nonché delle influenze che subisce – quindi responsabile.  Gli esperimenti di psicologia sociale hanno smentito sistematicamente questi assunti su uomo e società. Alcuni esperimenti significativi si possono trovare qui https://www.samuelecorona.com/20-esperimenti-psicologici/ e qui: https://it.reoveme.com/8-esperimenti-brillanti-di-psicologia-sociale/

Il quadro scientifico scopre così un uomo altamente manipolabile e ampiamente inconsapevole, e una società conseguentemente assai diversa da quella convenzionalmente creduta, una società piena di caverne oscure. Ed è in queste realtà che la PP si radica ed esplica la sua azione, come assieme al prof. Cioni ho descritto nel mio saggio Neuroschiavi (6° edizione, 2021).

In sintesi, come ho cercato di mostrare concretamente con questi esempi, lo studio e l’insegnamento della PP, se fatto sul serio, dovrebbe consistere nel continuo confronto tra due filoni: quello dello studio sperimentale della psiche collettiva e individuale, e quello delle vicende storiche rilevanti in cui la psicologia è stata applicata a fini politici e militari, e che i manuali “normali” poco o punto menzionano.

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Avvocato, autore, scrittore
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