IL DOPO-SILVIO E’ LA TROJKA
IL DOPO-SILVIO E’ LA TROJKA
Molti hanno millantato di avere la soluzione che salva il Paese, ma nessuno l’aveva: né il centrosinistra, nè Berlusconi, né Monti, né Letta, probabilmente neanche Grillo. Certo non l’Europa. Se Letta continua, peggioreranno recessione, disoccupazione, avvitamento fiscale, grazie anche all’aumento dell’iva. Ultimamente, il FMI prevede che l’Italia avrà probabilmente bisogno di aiuti e che quindi arriverà la Trojka come in Grecia. A comandare.
E’ ormai evidente che l’Italia non è in crisi contingente ma in sfacelo strutturale, e che o viene completamente e istituzionalmente sottomessa e governata dalla Trojka + Berlino, oppure, anche per effetto del blocco dei cambi intra-eurozona e delle sue conseguenze, porterà a uno scontro tra paesi euro-forti e paesi euro-deboli, data la crescente contrapposizione degli interessi e la polarizzazione dell’UE tra blocco centro-settentrionale (coi suoi satelliti orientali), che ha l’iniziativa politica ormai in esclusiva, e periferia sempre più povera, de capitalizzata, deindustrializzata, indebitata e sfiduciata.
Credo che i poteri forti (non facciamo i nomi, italiani e non – sarebbe superfluo…) lavorino da tempo per evitare il secondo scenario e per realizzare il primo: fare dell’Italia un protettorato, cioè una povera donna di marciapiede spoliata, sfruttata e pestata dai suoi fratelli forti europei. Il progetto europeo, camuffato da grandi ideali, sin dall’inizio serviva a questo. Del resto, che futuro potrebbe avere un paese come questo, se non essere dominato dall’esterno?
L’Italia ha funzionato per circa 20 anni perché in quel periodo essa si monetizzava gratis e poteva permettersi spesa e investimenti pubblici “portanti” dello sviluppo civile e degli investimenti privati, quindi della domanda interna. Da quando le è stata tolta, con l’appoggio interno di gente come Andreatta, Ciampi, Prodi, Amato, questa possibilità, essa non funziona più, sta consumando le scorte e non accenna a riprendersi. Quando la gente sarà in miseria, bisognerà reprimerla.
L’Italia non funziona e non può funzionare perché è un paese multinazionale e nessun paese multinazionale funziona bene (Jugoslavia, URSS, Sudan, Cipro, Libano, Belgio), ma piuttosto tende a scomporsi (persino il Regno Unito!) se non è tenuto insieme da emergenze esterne o da un potere autoritario, magari poggiante sulle catene dell’indebitamento in moneta “estera” come è l’euro: questo è il progetto del superstato europeo (col sottoprogetto Eurosistema), esso pure multinazionale, quindi da sempre mal funzionante – si pensi alla politica agricola comune, che divora circa l’80% del budget comunitario, producendo danni e decadenza nei paesi subalterni – e sempre più costoso, quindi sempre più bisognoso di essere tenuto insieme con la minaccia e la forza, e sempre più incompatibile con la partecipazione democratica e con il diritto di scelta (non ci sono alternative, fine delle democrazie nazionali parlamentari, legiferano e amministrano la Commissione, il Consiglio, l’Eurogruppo).
Retrospettivamente, è oramai chiarissimo quale è il piano che è in corso di attuazione dagli anni ‘70:
– abituare l’Italia a una spesa pubblica facile (anche per tenere unito il Sud al Nord, e per mantenere la pace sociale) e a recuperare competitività svalutando e rifinanziando il debito pubblico con una banca centrale controllata dal governo, quindi al servizio del Paese, come era la Banca d’Italia fino al 1981;
-privatizzare la gestione della Banca d’Italia, renderla indipendente dallo Stato, poi convertire il debito in valuta “estera”, sovra indebitare il Paese, mettere il debito sui mercati speculativi;
– bloccarle il cambio (con l’Euro) per toglierle l’export (che infatti ora sta riprendendo, ma appena appena, e solo perché tira la ripresa dei partners commerciali esteri e perché abbiamo tagliato i diritti e i salari reali dei lavoratori);
-col pretesto di “stabilizzare” contabilmente, precipitarla nella recessione (stabilizzare un sistema economico è come stabilizzare un aeroplano, cioè equivale a farlo precipitare): 20 anni di declino, di perdita di competitività (scesa ai livelli della Grecia, oramai), e una disoccupazione giovanile in stabile crescita oltre il 40%, comportano la fine di un paese, anzi la sua trasformazione in un protettorato; e se aggiungiamo che questo Paese non ha un vero statista, nemmeno mezzo, né una classe dirigente e politica buona ad altro che a occupare poltrone e divorare risorse per arricchirsi e conservare le poltrone a dispetto del naufragio del paese, è chiaro che non vi è altro da fare che emigrare. In questo paese dominato dall’esterno e senza più i poteri di di politica macroeconomica, non resta spazio per iniziative politiche, salva l’opzione rivoluzionaria, che a sua volta è esclusa dalla codardia, diffidenza e slealtà reciproca degli abitanti.
Con la suddetta ricetta, prescritta da fuori e applicata da quasi tutta la classe politica, centrodestra compreso (in cambio del poter continuare a mangiare su chi produce), ma con maggior successo e fedeltà dalle sinistre, e – si noti – mai contrastata dal potere giudiziario, a differenza di altri illeciti – l’Italia è caduta come una pera, costretta a svendere le sue aziende e a privatizzare il privatizzabile e a cedere a chi ha i soldi ogni potere economico, finanziario, fiscale, legislativo per non fare default… e, a breve, destinata – non avendo uomini e strutture per governarla dall’interno – a farsi governare dai suoi controllanti finanziari esteri… presto arriveranno anche qui, quelli della Trojka, a macellare il Paese.
Sorgerà un fronte di liberazione e resistenza nazionale? Non certo da un popolo come questo.
01.10.13 Marco Della Luna