AUTORITA’ MONETARIE E DISEGUAGLIANZA SOCIALE
AUTORITA’ MONETARIE E DISEGUAGLIANZA SOCIALE
Il finanziamento della spesa pubblica moderna attraverso la tassazione non è compatibile col fatto che il grosso delle ricchezze e del reddito ha ormai natura finanziaria e può perciò facilmente sfuggire alla tassazione mediante spostamenti e occultamenti, sicché il peso fiscale ricade sempre più sui patrimoni-redditi medi e medio-bassi, cioè su quelli non abbastanza grandi da potersi muovere per sopra i confini e collocare in posizioni di esenzione o quasi esenzione fiscale. La conseguenza di ciò è che il divario sociale si fa sempre maggiore, nel senso che il carico tributario erode i redditi e i patrimoni non grandi sicché la ricchezza si concentra sempre più nelle mani dei pochi che sfuggono al fisco, impoverendo la quasi totalità della popolazione, e la copertura del fabbisogno pubblico sempre più critica. Aggiungiamo che la parte maggiore del reddito, oggi, è prodotta creando praticamente dal nulla e collocando sui mercati (quelli chiari, quelli grigi e quelli opachi) enormi moli di titoli finanziari derivati: un’attività per sua natura sfuggente all’imposizione fiscale. E’ questa attività di accrescimento ermafroditico del capitale finanziario, ad avere portato questo ad assommare a circa 15 volte la ricchezza reale . Essa mi pare non considerata da Thomas Piketty nel suo rampante saggio Il Capitale nel XXI secolo.
In questa situazione, l’unico modo sostenibile per finanziare la spesa pubblica, sarebbe che lo Stato la coprisse emettendo in proprio moneta anziché debito pubblico. Altrimenti è inevitabile, per far quadrare i conti (almeno temporaneamente) rinunciare al sistema pensionistico e sanitario pubblico.
Celare questi semplici all’opinione pubblica questi semplici termini del problema, fare in modo che non capisca o fraintenda ciò che si sta facendo, così da prevenire resistenze organizzate e poter continuare in questo processo di accaparramento della ricchezza, è un bisogno primario delle classi dominanti che lo hanno costruito ne stanno beneficiando. Il problema politico è infatti essenzialmente come assicurare la governabilità, la pace sociale e il consenso mentre l’1% della popolazione continua ad aumentare la propria ricchezza impoverendo il 90%. Di come tener buono questo 90% mentre si finisce di metterlo sotto completamente.Di come prevenire che si formi una coscienza di classe, o di inter-classe, (cioè del conflitto oggettivo e radicale di interessi tra l’1% e il 90 0 99% della popolazione) coscienza che è il presupposto dell’insurrezione civile organizzata e mirata.
I mezzi a disposizione di una classe dominante per far accettare alle classi inferiori le crescenti diseguaglianze di ricchezza e di diritti sono molteplici, comprendendo le capacità a)di nascondere le diseguaglianze o le loro cause; b)di farle sentire giustificate (dal merito, dalle leggi del mercato, dalla competitività, dalle capacità, etc.); c)di reprimere la protesta sociale attraverso strumenti giuridici e polizieschi; d)di indurre paura, allarme, conflitti ( shock economy, divide et impera); e)di impiantare un paradigma divide-et-impera, in cui ognuno è imprenditore di se stesso e in competizione con gli altri, entro un mercato fair e spontaneo, naturale (in questo paradigma non può nascere consapevolezza di classe e di conflitto di classe); f)di abituare la gente gradualmente a nuove condizioni peggiorative. Gli strumenti che supportano queste capacità sono stati molto potenziati dalle moderne tecnologie, che attuano il controllo capillare delle opinioni, dei comportamenti, delle risorse, delle informazioni dei cittadini.
Questo potenziamento consente oggi, e sempre più consentirà, di spingere le diseguaglianze sociali ed economiche molto più avanti che in passato, senza che vi sia una concreta ribellione ad esse da parte delle classi perdenti. Il divenire storico, quindi, ci allontana sempre più dall’attuazione dell’eguaglianza sostanziale, cioè fattuale, materiale; e ce ne allontana tanto, che questa grande diseguaglianza materiale ha già prodotto riforme che la sanciscono e recepiscono anche sul piano formale, giuridico, in termini di sottoposizione, mediante trattati internazionali e riforme interne, della sfera politica, pubblica, partecipativa a quella finanziaria, privata, capitalistica. – del bene collettivo agli interessi affaristici privati.
Esponiamo qui alcune tra le menzogne che oggi vengono propinate alla gente al fine predetto di nascondere ciò che sta avvenendo realmente, per ingannare l’opinione pubblica facendole credere che le cause della crisi siano altre.
In un contesto in cui le economie soffrono essenzialmente di mancanza di liquidità (per pagare i debiti, per sostenere la domanda, per gli investimenti), allo scopo di poter persuadere la gente che evidentemente creare moneta ed immetterla in circolazione non serve a rilanciare l’economia, anzi produce l’effetto di creare nuove bolle finanziarie dopo quelle già gonfiate e scoppiate e addebitate ai conti pubblici, che cosa hanno fatto le autorità monetarie? Hanno creato, con le banche centrali, moneta aggiuntiva in grande quantità, prestandola a tassi nulli o quasi, ma non all’economia reale in recessione, non alle imprese produttive, non per gli investimenti infrastrutturali necessari, bensì alle banche per le speculazioni finanziarie e l’acquisto di derivati. Questo sono il quantitative easing angloamericano e la long term refinancing operation della BCE. Il risultato voluto era prevedibile, previsto, ed è puntualmente arrivato: praticamente pochi o nulli benefici per l’economia reale. Chiediamoci perché le banche centrali, perché i ministeri delle finanze e dell’economia, perché il fondo monetario internazionale, perché la commissione europea non dicono: proviamo a creare moneta immettendola nei circuiti dell’economia produttiva e dell’occupazione? Ovvio: perché quest’operazione da un lato avrebbe successo, farebbe ripartire l’economia, e si capirebbe che tutto gira intorno a chi ha il potere esclusivo di creare moneta – sia moneta primaria, cioè quella creata dalle banche centrali, che moneta secondaria o creditizia o scritturale o contabile, cioè quella creata dalle banche ordinarie. E perché dall’altro lato un’operazione di quel tipo avrebbe tolto ai banchieri il loro potere monopolistico sulle società, smascherando al contempo il loro comportamento essenzialmente distorsivo, antisociale e parassitario: si voleva tutelare il potere del sistema bancario privato e della finanza speculativa rispetto sia all’economia reale che alla politica, agli organismi elettivi e più o meno democratici. Cioè, le banche centrali hanno creato valanghe di moneta ma le hanno affidate ai banchieri privati affinché decidessero questi stessi come e dove usarla, in via privata e secondo fini strettamente privati, senza alcun riguardo e alcuna responsabilità verso i bisogni della società.
La suddescritta operazione ha la stessa natura e la stessa finalità di disinformazione, di totale disonestà culturale, dell’altra operazione, quella con cui dapprima si sono costruite, usando il sistema bancario sotto gli occhi delle autorità monetarie compiacenti, le bolle speculative finanziarie scoppiate nel 2008, poi sì sono realizzati e portati via gli utili, poi ancora le si è lasciate scoppiare, si sono lasciate andare in crisi migliaia di banche, le si è risanate a spese dei conti pubblici, facendoli affondare, e poi si è raccontato alla gente che è la spesa pubblica, la spesa per il settore pubblico, ciò che costituisce il problema, il male dell’economia, e che quindi bisogna tagliare servizi pubblici, privatizzare, vendere i beni collettivi, licenziare i pubblici dipendenti, aumentare le tasse cioè fare la cosiddetta austerità, nascondendo così la vera causa del dissesto dei conti pubblici, del sovra-indebitamento del settore pubblico, ossia che i banchieri hanno usato i conti pubblici, cioè i governi, per chiudere i buchi da loro stessi scavati a fini di profitto privato.In Italia gli interventi con soldi pubblici per chiudere questo tipo di buchi sono stati complessivamente minimi e dedicati solo alla banca amministrata e controllata da uomini quasi tutti del partito democratico per eccellenza, cioè il Monte dei Paschi di Siena. In Italia, la spesa pubblica al netto degli interessi passivi sul debito pubblico, è nella media, mentre in realtà l’alto indebitamento pubblico è dovuto agli alti tassi di interesse pagati dall’Italia a seguito della riforma monetaria del 1981, cioè a soldi pubblici, a soldi dei contribuenti e, dati ai detentori del debito pubblico italiano, che sono principalmente soggetti finanziari.
Adesso in Italia il movimento sindacale, o la sua parte di sinistra, preme sostanzialmente per una alternativa all’austerità, alternativa da finanziarsi attraverso una tassa patrimoniale sui grandi patrimoni. Ma i patrimoni, ormai è accertato, più sono grandi, più sono (percentualmente) finanziari, quindi trasferibili all’estero, sfuggenti. Ne consegue che la tassa patrimoniale si abbatterebbe quasi solo sui patrimoni medio-piccoli, essenzialmente sul settore immobiliare, a cui gli utlimi 3 governi hanno aumentato la tassazione al punto di farlo crollare, e il valore realizzabile sul mercato del patrimonio immobiliare italiano è sceso di almeno il 40%, cioè di circa 2.500 miliardi. Inoltre, il crollo del mercato immobiliare prodotto intenzionalmente, dico io, attraverso quella forsennata tassazione, a sua volta ha reso radicale e irreversibile la recessione generale già in atto, perché i cicli economici, le fasi di espansione come quelle di contrazione dell’economia, sono innescate storicamente proprio dal settore immobiliare; sicché, se gli tagli le gambe, tiri giù tutta l’economia, il che è appunto ciò che ha fatto Monti, così che ora l’Italia è costretta a svendere tutto. Fortunati quelli che ne possono approfittare, ringraziando i nostri abili statisti ed economisti.
Quindi se adesso la Cgil ottiene dal governo Renzi una tassa patrimoniale, aspettiamoci un ulteriore crollo generale, che compenserà o supererà ogni possibile vantaggio derivante da questa tassa. Però mi chiedo come i proprietari immobiliari, già tartassati sia dalla stazione che dalla generale recessione, potranno trovare il denaro contante necessario per pagare le ulteriori tasse, cioè l’imposta patrimoniale. Probabilmente dovranno svendere, indebitarsi o ricorrere ad altri mezzi anomali per poter pagare il debito tributario, e questo avrà ulteriori effetti recessivi.
Purtroppo, il sindacato e gran parte della sinistra non hanno le basi culturali o la libertà di azione necessarie per poter imporre al dibattito pubblico, politico, sindacale, parlamentare, di trattare i veri temi nodali: primo come viene creato il denaro, da chi, a vantaggio di chi, con che diritto, con quali profitti, con quale tassazione su questi profitti; secondo, se il fatto che, bene o male, la gran parte della ricchezza e dei cespiti produttivi di reddito siano in forma finanziaria, mobile, facilmente sfuggente quindi all’imposizione fiscale, non imponga come unica possibile soluzione al problema di come finanziare equamente la spesa pubblica, quella di farlo non più attraverso la tassazione, bensì attraverso la creazione di denaro direttamente da parte dello Stato. Senza che lo Stato lo debba comperare dando in cambio titoli pubblici, cioè indebitandosi.
Tutto questo insieme di menzogne, di false rappresentazioni della realtà, somministrato in modo martellante al popolo, serve a fargli accettare una politica tributaria e finanziaria che consente di trasferire sempre più denaro dal contribuente e dalla spesa per la società alle tasche di banchieri e finanzieri attraverso sia gli interessi sul debito pubblico, che gli aiuti di Stato alle banche, che gli stanziamenti multimiliardari in favore di organismi di sostegno alle banche come il MES.
In sostanza, quindi, lo schema politico è il seguente: compiere operazioni che generano profitto e instabilità; alimentare l’instabilità e usarla per creare allarme sociale; dare di questa situazione una falsa spiegazione alla gente, che la disponga ad accettare non solo i peggioramenti avvenuti, ma anche ulteriori sacrifici in termini sia economici che di diritti anche politici, come necessari per evitare il disastro; usare questi sacrifici per arricchirsi ulteriormente.
31.10.14 Marco Della Luna