PAPA FRANCESCO E ALTRI NEMICI PUBBLICI
Papa Francesco e altri nemici pubblici
Dopo le recenti e frequenti stragi islamiche, molti intellettuali e opinionisti hanno ritrovato la libertà di parola, di dire pane al pane. Senza temere di essere emarginati. Ad esempio, dire che non tutti gli islamici sono terroristi, ma tutti i terroristi sono islamici.
Pochi giorni fa Giampaolo Pansa ha giustamente osservato che la paura diffusa del terrorismo consente di introdurre uno stretto sistema di controllo sulla gente, cioè di realizzare lo Stato di polizia. Viene quindi da pensare che la scelta politica di consentire un’immigrazione indiscriminata sia diretta a creare le condizioni per realizzare uno stato di polizia o di sorveglianza utile alla casta per restare al potere anche in un clima di degrado economico e di tensioni sociali dovuto alla sua inefficienza e corruzione.
Questo non è l’unico vantaggio della politica dell’accoglienza a porte aperte che il governo Renzi mantiene, apparentemente senza una logica, anche dopo che Francia e Austria hanno bloccato l’uscita dall’Italia degli immigrati, e gli altri paesi comunitari si sono rifiutati di ricevere le loro quote di ricollocamenti, facendo sì che si accumulino nel nostro paese. Gli altri vantaggi sono: i lauti profitti per tutta la galassia di ONLUS e organizzazioni cattoliche e di sinistra, la disponibilità di lavoratori sottocosto e in nero, la disponibilità di manodopera per attività criminali e prostituzione. Raccomando, in subjecta materia, il saggio Profugopoli di Mario Giordano.
La giustificazione umanitaria all’accoglienza non regge, anche perché non si tratta di qualche milione di persone che vogliono venire qui, ma di decine e decine di milioni, che non calano mai di numero, ma all’opposto aumentano, dato il ritmo riproduttivo di quei popoli: si pensi che l’Iraq, ad esempio, aveva, nel 1991, 18 milioni di abitanti, e oggi, nonostante due guerre e il micidiale embargo anche sui farmaci imposto dagli USA, ne ha 37! E l’Africa ha triplicato la sua popolazione in 40 anni circa. La fabbrica dei migranti sforna dunque a ritmo crescente. E’ una questione di numeri. Aprire le porte significa farsi travolgere e sommergere. L’unica strada è consentire un’immigrazione utile e qualificata come fa l’Australia.
Nella realtà, dietro la politica dell’accoglienza e i suoi utili portatori d’acqua sentimentali, abbiamo una convergenza di interessi tra affarismo partitico, affarismo parareligioso, affarismo mafioso, imprenditoria che deve risparmiare sui salari per non uscire dal mercato (si chiama, oggi “virtuosità”).
Oltre a questi interessi politico-affaristici l’immigrazione massiccia e rapida sta servendo anche, in un piano di ingegneria sociale di lungo termine, a dissolvere le identità e solidarietà storico-nazionali nonché la distinzione tra cittadini e non cittadini, onde trasformare i popoli in una massa amorfa, indistinta. È inoltre noto che l’osservanza delle regole da parte di una popolazione, più ancora che dalle leggi ufficiali calate dall’alto, dipende dall’autoregolazione della gente, dall’interiorizzazione di norme e valori. Ma affinché questa interiorizzazione avvenga bisogna che ci sia condivisione culturale di norme, valori, identità, concezioni. Questa condivisione matura solo spontaneamente e in tempi lenti, storici (nell’Italia unitaria, così come nell’Unione Europea, non è maturata). E in essa la religione ha storicamente giocato un ruolo fondamentale. L’introduzione rapida e naturale di grandi masse di immigrati di altre culture, quasi sempre diversissime per sensibilità e valori (islamici in testa), fa sì che l’interiorizzazione condivisa non avvenga, anzi che si dissolva, e produce quindi anomia sociale, anomia morale, diffusi comportamenti devianti, inefficienza sistemica, cioè una Babele. E anche questa situazione di anomia, che sempre più vediamo intorno a noi, compromettendo il funzionamento dell’organismo sociale, la fede pubblica, la sicurezza pubblica, contribuisce a creare i presupposti per uno stato di polizia che “finalmente” imponga un ordine forzato dall’alto.
Papa Francesco incoraggia. legittima e fomenta l’immigrazione a porte aperte per farsi bello e ottenere consensi e adesioni per sé e la sua Chiesa in Africa e in alcune zone dell’Asia, cioè in quelle aree dove la sua Chiesa può ancor espandere il suo gregge e raccogliere vocazioni, mentre in Europa ormai definitivamente sta perdendo mercato. Il Papa si presenta agli africani e a popoli in condizioni simili come colui che, assieme alla sua Chiesa, garantisce a loro la possibilità di immigrare in Europa e di essere qui accolti e assistiti. Un salvatore. Quindi sta facendo marketing per la sua azienda a spese nostre. I suoi interessi si saldano con quelli, poco evangelici, sopra nominati. Amen.
18.07.16 Marco Della Luna
P.S. Capto e riferisco, senza commenti, la bizzarra ipotesi che Ratzinger sia stato così inopinatamente e stranamente sostituito in corsa perché non era disponibile a mettersi a capo “morale” della politica di immigrazione a porte aperte, mentre questa politica era già stata decisa, soprattutto perché l’Italia, continuando ad accogliere i migranti e a farli transitare verso il resto dell’Unione Europea, si sarebbe resa utile alle strategie terroristiche di infiltrazione, quindi sarebbe stata risparmiata, come è stata risparmiata fino ad ora. Invece adesso che, per le ragioni suddette, non può più fare il paese di transito, l’Italia non è più utile in quel senso; ecco che ora quindi si deve attendere qualche attentato.