RIMINI: LA FAVO-LETTA CONQUISTA IL POPOLO DI CL
RIMINI: LA FAVO-LETTA CONQUISTA IL POPOLO DI CL
Analisi critica delle false spiegazioni di un merkeliano fedele
Come sempre fanno le istituzioni e quasi sempre la politica, nei loro discorsi a Rimini ieri (uno registrato, l’altro dal vivo), Napolitano e Letta, contro il loro stesso motto “parlate il linguaggio della verità”, hanno spiegato al popolo di CL la crisi e “come uscirne” in termini emotivi, soggettivi, infantili, fasulli. E il popolo di CL, impreparato e irrazionale, ha bevuto, ha applaudito, anzi è stato conquistato.
Immaginate una città colpita da tassi elevatissimi di tumori, con la gente che emigra o manda via i figli per sfuggire al cancro. L’alta incidenza di tumori è causata dai pesticidi degli agricoltori che finiscono in falda, dall’asbesto emesso da una grande industria americana, dalla diossina emessa da una grande industria svizzera, dai metalli pesanti emessi da una grande fonderia tedesca, dal nanoparticolato emesso da un inceneritore di una municipalizzata gestita da mafia e politici corrotti. Le autorità cittadine sanno che le cause sono quelle, non hanno fatto nulla per rimuoverle perché sono condizionate dai capitali americani, svizzeri, tedeschi, mafiosi e perché dipendono dal voto degli agricoltori per restare in carica. Quindi ai cittadini non menzioneranno nemmeno pesticidi, diossina, nanoparticolato, metalli pesanti – niente che possa nuocere al business; non diranno che le cause sono sempre lì, quindi la moria di cancro continuerà, salve normali fluttuazioni; ma taceranno le cause. Non diranno: “se l’inquinamento non cesserà, interverremo di forza per rimediare”; bensì diranno: “in passato sono stati fatti gravi errori e non siamo stati diligenti; ora la musica è cambiata; abbiamo sviluppato una consapevolezza igienica e ambientale e alimentare; nella logica del dialogo con i nostri partner stranieri e coi capitali internazionali stiamo elaborando nuove regole; l’uscita dal cancro è a iniziata; guai a chi interromperà il processo di uscita.” E la gente, rassicurata, applaude. E continua a riempire i cimiteri.
Analogamente, i discorsi di Napolitano e di Letta, in linea con Merkel, Barroso, Van Rompuy e i loro progetti, hanno taciuto al pubblico i meccanismi reali e tecnici che producono la presente incessante recessione economica. Meccanismi a livello globale e di Euro, ben noti a tutti gli economisti e ai giornalisti economici e a loro stessi, Napolitano e Letta. Meccanismi – ripeto – tecnici, che riguardano la moneta, il credito, la loro creazione, i difetti strutturali del Sistema Europeo delle Banche Centrali, gli sbilanci commerciali internazionali, la insostenibilità e non rimborsabilità dei debiti aggregati del mondo, la prospettiva di global meltdown, la deindustrializzazione e la fuga di capitali, aziende e lavoro qualificato da paesi come l’Italia.
Al posto dei meccanismi reali, tecnici, oggettivi, per distrarre la gente dalla comprensione della realtà, e per fornirle una spiegazione dei fatti in termini politicamente gestibili, i due hanno lanciato la solita profumata nube di concetti emotivi-soggettivi, di catch-words e parole ad effetto, per portare le menti del pubblico dal piano raazionale-empirico a quello irrazionale-emotivo: l’incontro, la solidarietà, i valori, i diritti, l’Europa, l’integrazione, il salmo ottavo, la centralità del cittadino, gli italiani ce la faranno – Letta non ne ha dubbi – perché hanno il culto del tempo, della terra, della bellezza, e i muretti a secco dei contadini sardi, costruiti anche per la bellezza (mentre la realtà è che da decenni gli italiani hanno devastato e deturpato sia esteticamente che geologicamente il territorio, mentre lasciano crollare i monumenti – vedi Pompei). L’Europa – infine – deve aprirsi all’immigrazione giacché nacque essa stessa extracomunitaria perché il personaggio mitologico Europa, da cui il nostro continente prende il nome, era una principessa fenicia,
Ma siamo pazzi? Ma che serietà è questa? Ma quanto è intontito il pubblico? Un premier con queste tirate di fronte a 3,5 milioni di disoccupati, a un pil a – 2% e a un debito pubblico sempre crescente, andrebbe semplicemente accompagnato immediatamente alla porta, così come gli egiziani hanno recentemente scacciato Morsi (anche se Morsi, a differenza di Letta, era stato democraticamente eletto dal popolo).
L’Italia “sa che si può uscire dalla crisi” – dice Letta. Sì, ma, a parte il culto del bello, non dice come si esca, in termini operativi. Concretezza, zero. Descrizioni di come procedere, zero. Egli sa che l’uscita dalla crisi “è a portata di mano”, se si guarda avanti anziché indietro. Io so, e Letta sa, che ciò è falso, che non si esce dalla crisi, anzi che non c’è una “uscita”, perché non c’è un ‘di fuori’ della crisi, perché i fattori di crisi strutturali non sono stati nemmeno intaccati, ma permangono immutati, sia in ambito globale (buco nero del debito, squilibri delle bilance dei pagamenti, banche e credito in mano alla finanza predatrice delle maxi-bolle e mega-frodi), sia nell’Eurozona (erronea struttura dell’Eurosistema), sia nel contesto nazionale (altissimi livelli di parassitismo, spreco, inefficienza, arretratezza scientifico-tecnologico-infrastrutturale). Fattori che spingono non solo nella recessione ma verso punti di rottura sistemici. Ed è veramente un insulto ai disoccupati, ai precari e agli esodati prospettare come inizio della ripresa un lieve aumento dell’export ottenuto recuperando competitività con l’abbattimento dei salari e dei diritti dei lavoratori – quindi solo momentaneo.
Letta ha inoltre affermato che la crisi sarebbe iniziata negli USA coi mutui subprime e sarebbe essenzialmente dovuta a un sovraindebitamento delle famiglie e delle imprese, poi pure dello Stato. Un sovraindebitamento che si poteva evitare, e che è stato eseguito perché si credeva che avrebbe giovato a tutti e fatto crescere l’economia più del debito. Tutto ciò è falso. La crisi viene da lontano, è dovuta a molti fattori strutturali, in parte già accennati, e non è, in realtà, una crisi, un incidente di percorso. Vi sono state diverse crisi precedenti, come quella della e-economy del 2000, come manifestazioni visibili a tutti di processi destabilizzanti legati a molteplici fattori: la finanziarizzazione dell’economia, la competizione degli investimenti finanziari che hanno tolto liquidità a quelli produttivi, il processo di indebitamento globale – che non era e non è evitabile, non è un’opzione, ma è dovuto al fatto stesso che tutta la moneta che noi usiamo (quella delle banche centrali e quella delle banche commerciali) è ottenuta come prestito, quindi con pari generazione di debito gravato da interesse composto; e ciò comporta che il totale del debito aumenta continuamente rispetto al totale della moneta, e che quindi bisogna continuamente creare nuova moneta e nuovo debito per pagare gli interessi sul debito esistente, e che pertanto il pil deve continuare a crescere altrimenti si ha un meltdown finanziario.
Oggettivamente falsa è quindi pure l’altra affermazione di Letta, ossia che l’errore del passato sia stato di finanziarsi a deficit, indebitandosi. Falsa, innanzitutto perché tutto il denaro, tutta la liquidità è creata indebitandosi, da quando si è adottata nel mondo la moneta debito – dunque non è possibile non indebitarsi, se non cambiando tipo di moneta, senza debito, proprietaria – possibilità che Letta non menziona, né la menziona il Colle. Falsa anche perché non è vero che indebitarsi sia sempre sbagliato. Se un’azienda o uno stato si indebitano per dotarsi di un impianto, di un’infrastruttura, che producono un reddito superiore al costo di rimborso del debito, allora indebitarsi è bene. E’ ovvio! Si pensi al deficit spending del New Deal. Certo, se tutta la spesa pubblica viene gestita dal parassitismo incompetente della casta… Del resto, quasi tutte le imprese vengono costituite prendendo soldi a prestito da banche o soci o investitori azionari od obbligazionari. Falsa, ancora, perché, salvo mettersi a stampare denaro in proprio attraverso una zecca pubblica, come può lo Stato italiano finanziare investimenti se non a credito, trovandosi in una situazione in cui il Paese ha perso e sta perdendo la sua liquidità a causa della fuga dei capitali e dell’impoverimento dei redditi? L’alternativa, e probabile scopo di Letta, è far cassa col vendere o svendere al capitale straniero ciò che rimane dopo la stagione delle privatizzazioni di Prodi, l’altro discepolo del mai troppo lodato Beniamino Andreatta.
Spiegazioni economiche, quelle scodellate dal premier, tutte fasulle, quindi, come fasulla è persino la sua identità regionale: Letta si spaccia per toscano, ma è notoriamente siciliano, o sardo-siculo. Del resto, che cosa potrebbe fare, per reggere il suo posto di premier, se non raccontare continuamente un mito, una favoLetta, per mimetizzare la realtà?
Letta ha detto che la crisi, nata negli USA dai prestiti troppo facili, ed estesasi poi all’Europa, sarebbe stata rapidamente guarita negli USA, a differenza che in Europa, perché gli USA, a differenza dell’Europa, hanno un’unica autorità federale centrale prende le decisioni unitariamente e rapidamente; e una banca centrale, che assicura il finanziamento del debito pubblico impedendo il default e tenendo bassi i tassi di interessi. Orbene, innanzitutto è falso che la crisi negli USA sia stata guarita: c’è stata una modesta ripresa dell’economia reale e una forte ripresa degli indici di borsa, drogate da un’enorme spesa a deficit e da un’enorme iniezione di denaro da parte della banca centrale, entrambe a beneficio essenzialmente della finanza, quindi a costruzione di nuove bolle, e non dell’economia reale. Permane intanto e cresce il gigantesco scompenso del debito estero USA. Inoltre, Letta ha callidamente sottaciuto che, prima dell’adozione dell’Eurosistema, molti economisti avevano ammonito che questo avrebbe causato disastri ai paesi periferici, proprio perché, a differenza del sistema USA, mancava di elementi essenziali: a)una vera banca centrale che assicurasse sempre l’acquisto dei titoli del debito pubblico, così di prevenire assolutamente il default e contenere i rendimenti; b)l’unità del debito pubblico tra gli Stati, che prevenisse attacchi speculativi separati ai vari Stati; c)un bilancio e un fisco federali che redistribuissero gli avanzi commerciali tra i vari Stati, impedendo che i meno competitivi sprofondino nell’indebitamento, nella deindustrializzazione, nella fuga dei cervelli.
Un premier economista culturalmente onesto, fedele al motto del linguaggio della verità, e leale al paese che governa, avrebbe innanzitutto parlato di questo e spiegato come mai, se si sapeva che, dati quei difetti dell’Eurosistema, sarebbe successo quello che poi è successo, non si sono corretti e non si correggono nemmeno ora quei difetti. Avrebbe spiegato gli interessi che sono stati e restano dietro a queste scelte, a questa trappola. Avrebbe detto: “Prometto che se quei difetti non saranno corretti entro 6 mesi, farò questo e questo contro gli interessi che si oppongono.” Del resto, quando ha ricordato come Kohl, al tempo della riunificazione, a tutela della dignità di tutti i tedeschi, impose il cambio 1 a 1 tra il Marco della RFT e quello della RDT, contro i pareri tecnici che indicavano un cambio al massimo di 1 a 2, Letta si è dimenticato di dire che quel cambio politico, il costo della dignità di tutti i tedeschi, fu scaricato soprattutto sugli italiani, come gli ricorda La Stampa di oggi.
Altrettanto Letta si è dimenticato di dire che, nella presente crisi dei debiti pubblici, la BCE ha prestato soldi a tassi irrisori ai banchieri-speculatori franco-tedeschi per comperare titoli del debito greco ad alto rendimento (prezzo effettivo molto inferiore al nominale) e alto rischio, per poi ricomprarli dai medesimi banchieri sul mercato secondario al prezzo nominale! E che il governo italiano ha contratto debiti per 50 miliardi circa finanziare quel riacquisto a beneficio dei medesimi banchieri! Analogamente, Letta ha dimenticato di dire che i predetti difetti strutturali dell’Eurosistema hanno prodotto e ancora producono un ampliamento della divaricazione tra economie forti (tedesca) e deboli (italiana), in un loop che si alimenta da sé, e una maggiore contrapposizione di interessi, e che capitalisti ed elettori tedeschi sono quindi sempre più diffidenti verso l’Italia e gli altri paesi periferici, e che sia la Merkel che il suo antagonista socialdemocratico dichiarano, nelle loro campagne elettorali, di voler difendere gli interessi tedeschi imponendo la continuazione del “rigore” ai paesi eurodeboli.
Si è dimenticato di dire, il “nostro” premier, che, in questa situazione, è utopistico prospettare più Europa, più integrazione, più unione. Si prospetta invece più prevaricazione, più approfittamento, più impoverimento. Ha un bel dire che siano finiti austerità e compiti a casa: la Germania non è d’accordo, vuole imporre ulteriore rigore a noi e anche imporre alla BCE di alzare i tassi di interesse per sterilizzare una tendenza inflativa che, dovuta alla sovrabbondanza di denaro in Germania, minaccia i redditi e i risparmi dei tedeschi (la BCE comanda a Roma ma è condizionata dalla Bundesbank); perciò sta intimando alla BCE di alzare i tassi e stringere il rubinetto – cosa che già oggi affonda la nostra borsa e soprattutto le nostre banche, e in generale dimostra ad abundantiam il conflitto di interessi, le opposte esigenze, di Germania e Italia; e dimostra come le Germania impone le sue esigenze in danno dell’Italia e di altri paesi inferiori, con un senso del rispetto e della solidarietà degno del suo grande passato. E dato che anche la Fed pare voglia stringere i rubinetti, si profila un crollo del settore finanziario in quanto viene meno la domanda. Inoltre, il deficit italiano per quest’anno vola verso il 3%, forse oltre – quindi è ben possibile che la procedura pi infrazione si riapra, se non si stringono i cordoni. Il “basta austerità” è quindi una sparata velleitaria, propagandistica. O forse Letta si riferisce al fatto che ormai si parla di una sforbiciatura (haircut) anche al debito pubblico italiano, di una sua ristrutturazione. Questa sì, che darebbe un poco di possibilità di spesa pubblica aggiuntiva – ma possiamo ben immaginare dove finirebbe, quella spesa, tra le tante bocche politiche da sfamare per tenere unita la ampia maggioranza di governo, fatta di partiti che si reggono, oggi più che mai, sull’intercettazione clientelare della spesa pubblica, e che a questa sacrificano ogni altro obiettivo. E su questo sistema di parassitismo Letta non ha fatto alcun intervento, pur avendo promesso mari e monti, ed essendo stato messo su per quello (anche). E in effetti che può fare, dato che dipende da partiti e da una burocrazia che vivono proprio di quello?
Per finire, Letta, invocando il ritorno dell’”alta politica”, ha imputato gravi colpe nella crisi alla finanza sregolata che ordisce bolle e panic selling e rating strumentali… giustissimo, ma è proprio quella finanza che oggi tira i fili dei governi, delle istituzioni, che rovescia i governi eletti e manda i governi commissariali… che cosa potrà fare Letta contro di essa, per imbrigliarne gli appetiti e la rapacità? La sua promessa di imporle regole non è utopistica, è ridicola, o – peggio – una presa per i fondelli. altrimenti, perché non ha reintrodotto, tanto per cominciare, il Glass-Stegall Act, ovvero il suo equivalente italiano, abolito nel 1999 proprio per consentire le maxitruffe bancarie? Perché non ne parla nemmeno? Letta sa bene che può sparare a salve contro i padroni della finanza globale, ma se solo accennasse a qualcosa contrario ai loro interessi, lo farebbero cadere in men che non si dica.
Tirando le somme, la narrazione-spiegazione economica propinata da Letta si rivela una ben congegnata, ma facilmente smontabile, dissimulazione della realtà a scopo di ottenimento del consenso popolare, che in effetti egli ha ottenuto dal popolo presente, appunto perché è riuscito a manipolarlo, a fargli bere la favoLetta, approfittando della sua impreparazione e disinformazione.
Per essere culturalmente e politicamente onesto, per essere leale al suo paese, un premier italiano, oggi, dovrebbe denunciare al popolo gli errori e le colpe nell’architettura monetaria e finanziaria europea, e chiedere il sostegno del popolo per esigere dai partners-avversari europei la loro correzione o, in mancanza, per togliere l’Italia da una condizione ingiusta e dannosa, con i passi e gli strumenti che ho indicato e sviluppato negli ultimi miei saggi: I signori della catastrofe, Traditori al governo e Cimit€uro.
Marco Della Luna, 19.08.13