ISLAM, JIHAD, INTEGRAZIONE
ISLAM, JIHAD, INTEGRAZIONE:
FATTORI PSICOLOGICI DI UNA PROBABILE VITTORIA
I fatti, politicamente non sempre corretti, oggi impongono di trattare pubblicamente il problema dei musulmani immigrati, di prima, seconda e terza generazione, all’apparenza perfettamente integrati nelle società occidentali, anzi assimilati, che partono per combattere nel jihad e commettere ogni atrocità, uccidono se capita loro concittadini occidentali. poi rientrano in “patria” per qualche tempo, si riorganizzano, ripartono e tornano a combattere la Guerra Santa. Anche prima di questo jihad del Califfato, avevamo avuto molti casi, anche in Italia, di improvviso viraggio terroristico (o simile) da parte di islamici comportamentalmente integrati.
Come è possibile che si lancino in queste mostruosità, se, a tutti gli effetti pratici, erano perfettamente integrati in un paese come la Francia o il Regno Unito, e addirittura nati là? Se si comportavano secondo i valori di questi paesi? Se avavno legami sociali importanti in essi?
Evidentemente l’integrazione comportamentale, l’inserimento sociale, l’assunzione di ruoli anche pubblici, non sono indicatori affidabili.
Ma se l’integrazione socio-culturale occidentale non esclude la pericolosità, allora questa da che fattori è determinata? Certamente non da un fattore biologico, etno-ereditario, perché i soggetti in questione sono di etnie diverse, da quelle maghrebine a quelle afghane. Evidentemente, il fattore determinante di questo pericolo è proprio la religione islamica, il denominatore comune a tutti questi soggetti. In effetti, come è noto, il Corano contiene comandi espliciti a sterminare senza pietà chi non accetta il Corano stesso (Sura 27, ad esempio), sotto minaccia di punizione divina. A ciò fa riscontro il fatto che la quasi totalità delle uccisioni, soprattutto delle stragi, compiute per motivo religioso, sono di matrice islamica. I mussulmani, uccidono annualmente nel mondo circa 100.000 fedeli di altre religioni a motivo della loro fede non-mussulmana o non sunnita. E lo fanno in modo organizzato e metodico, da Boko Haram all’Isis agli islamici nelle Filippine. Dunque non è vero ciò che molti islamici e filo-islamici sostengono, ossia che è vero che vi sono islamici assassini, ma che si tratta di crimini dipendenti dalle caratteristiche individuali di chi le commette, e non da qualcosa che accomuna gli islamici in quanto tali.
Chiediamoci: perché mai, tra tutte le religioni, solo l’islam combatte e ammazza in modo tanto massiccio e organizzato, facendo vere e proprie guerre di religione e islamizzazione, con eliminazione degli infedeli che non si convertono? Che cosa ha di diverso dalle altre religioni?
Non credo sia solo perché il Corano prescrive di fare ciò e perché l’islam ha una gloriosa storia di guerre di conquista a base religiosa. Ravviso la specificità dell’islam, quel fattore che lo rende religione militante, matrice dei comportamenti aggressivi organizzati (di massa) in questione, in una caratteristica che pure il cristianesimo aveva, quando era analogamente aggressivo, violento e intollerante.
Questa caratteristica è che l’islam dà una risposta semplice al perché le cose vanno male nel mondo, cioè spiega che vanno male non perché tu, fedele, abbia qualche colpa, ma perché ci sono persone che rifiutano l’islam stesso (il Corano, la volontà di Allà); e dà anche una soluzione altrettanto semplice: islamizzare il mondo, convertire tutti, eliminare chi non si converte. Ogni mezzo è lecito. Anzi, se segui questo programma e poche regole di condotta (ortoprassi), puoi fare tutto ciò che ti aggrada, specialmente con gli infedeli, le loro terre, donne, sostanze. Così l’islam canalizza e sfoga l’insoddisfazione, la frustrazione esistenziale e pratica, verso l’esterno, verso i diversi, in forma di aggressività, conquista, coercizione. Ti insegna a colpevolizzare i diversi, e a sentire te giusto e libero da colpa e dubbi anche se uccidi innocenti, e che non hai alcun bisogno di introspezione e autocritica: una cuccagna, un’invenzione psicologicamente vincente e socialmente aggregante. Una base perfetta per l’espansionismo religioso.
Al contrario, il cristianesimo soprattutto moderno, l’induismo, il buddhismo (che però propriamente non è una religione) la canalizzano verso l’interno, la introvertiscono, in quanto ti insegnano a sentire te stesso responsabile della morte, dell’ingiustizia, della sofferenza, attraverso le dottrine del peccato (soprattutto il peccato originale, che ha reso l’uomo mortale), del karma, dell’avidya – vizi che sono imputabili all’uomo, e da cui l’uomo deve emendarsi lavorando su se stesso col pentimento, il ravvedimento, l’espiazione, la mortificazione, la rinuncia, la conversione. Agli altri devi dare amore, anche ai nemici. E a chi ti colpisce devi porgere la guancia. Alla violenza devi rinunciare a priori. Al perdono devi essere sempre pronto.
Questa penso sia la differenza tra la religione militante e le altre, la radice della sua attrattiva e della sua inclinazione alla violenza e alla intolleranza.
Se così è, non esiste un islam moderato: la cultura, la fede islamica è una matrice di determinate tendenze violente e intolleranti per effetto della sua stessa struttura, del tipo di interpretazione e soluzione ai conflitti esistenziali, psichici e sociali che essa trasmette, anche se singoli soggetti formalmente islamici possono restare estranei ad essi per tutta la vita.
Se è così, per un paese occidentale tenere sul proprio territorio comunità islamiche comporta automaticamente certe inevitabili conseguenze, un crescente terrorismo e un crescente rischio di jihad in casa, mentre il principio politicamente corretto di “integrazione” semplicemente non può funzionare, come in effetti non funziona.
Se è così è, bisogna anche calcolare che cosa succederà in proiezione futura sul piano demografico, data la molto più alta prolificità degli islamici: ricorderete che il premio Nobel per la Pace Yasser Arafat diceva: noi vi conquisteremo con gli uteri delle nostre donne, sono quelli le nostre armi. La sorte di paesi che, nella storia, hanno ricevuto una significativa immigrazione islamica sarà di grande ausilio.
Se è così come penso, infine, operazioni quali Mare Nostrum, in cui entra di tutto, sono un atto distruttivo e forse mortale per il Paese, anche se fruttano profitti a molte organizzazioni legate ai partiti e alla Chiesa che prendono soldi pubblici per l’assistenza; e anche se donano braccia a buon mercato, spesso in nero, a un’economia in difficoltà per il costo del lavoro; e anche se forniscono mano d’opera per spaccio, prostituzione e altro alla criminalità organizzata, da cui dipende buona parte del consenso politico, anche parlamentare.
Non è un caso che l’Italia sia diventata “campione del mondo di accoglienza”, per dirla con le parole del nostro ministro degli Interni. Sappiamo che molti paesi petroliferi islamici finanziano, con le loro immense risorse, il jihad del Califfato e di altre organizzazioni mussulmane in una strategia di espansionismo islamico. E’ logico quindi che offrano finanziamenti anche alle forze politiche e mediatiche che possono aiutare, mediante politiche di apertura delle frontiere, l’estensione in Europa di questo espansionismo. L’Italia si presta molto a questo approccio, perché la sua classe politica è tradizionalmente molto corruttibile e la sua popolazione è altrettanto suggestionabile da slogan etici. 24.08.14 Marco Della Luna