I VACCINI DELL’OLIGARCHIA

I VACCINI DELL’OLIGARCHIA

Trattai il tema della vaccinazione obbligatoria nel 2010, in Oligarchia per popoli superflui: l’ingegneria sociale della decrescita infelice (seconda edizione nel 2018), particolarmente al Cap. XI, ‘I piccioni di Piazza S. Marco’ (che, quando diventano troppi e inquinano i monumenti, il Comune li diminuisce con la chimica, agendo sulla fertilità o direttamente sulla vita). Premetto che l’argomento di fondo di quel mio saggio, in estrema sintesi, è che i popoli perdono diritti sociali e politici nonché quote di reddito in favore dei grandi capitali perché sono stati resi intercambiabili, superflui o perlomeno ridondanti dall’automazione, dalla finanziarizzazione, dalla concentrazione del potere. E che l’ecologia richiede la riduzione della popolazione. E che intanto alle masse si applica gradualmente una gestione zootecnica di controllo totale e restrizioni delle libertà, compresa quella sanitaria.

Ciò premesso, riporto alcuni brani del detto capitoli, evidenziando con sottolineatura i passaggi più pertinenti. Ripeto: è un libro del 2010, da me scritto nel 2009. Valutate quanto le previsioni si siano avverate. I numeri tra parentesi indicano le note nel libro.

«Logico quindi che, se vi è chi ha il potere di farlo, si metta seriamente a studiare come porre todo modo in sicurezza ecologica la terra, vincendo i due grandi e autodistruttivi espansionismi: quello demografico e quello industriale.

Se alcune persone abitassero su un’isola assieme a un gregge di pecore, allevate per la lana, la carne e il latte; e le pecore si moltiplicassero tanto non solo da superare il fabbisogno di lana, carne e latte, ma da inquinare l’acqua potabile e compromettere la vegetazione e le colture, che cosa farebbero quelle persone?

… …

Bisogna tagliare i consumi di energia e l’inquinamento. Ma far ciò significa abbattere la produzione economica e alimentare in particolare, quindi far morire di fame miliardi di persone. Cioè: non è possibile abbassare il livello dei consumi, tagliando il non indispensabile, per mantenere il livello di produzione alimentare e di servizi-base a un livello idoneo a sfamare 7 miliardi, poi 8, poi 9, poi 10… non è così che funziona la macroeconomia. Il PIL deve crescere costantemente, altrimenti l’economia mondiale non riesce a sostenere il pagamento dei crescenti interessi passivi.

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sul debito pubblico e privato, e scoppia la bolla del debito. Se si abbassano solo un poco i consumi, diciamo del 5%, si ha già un crollo economico: disoccupazione, fallimenti, tagli del gettito fiscale, bilanci pubblici che saltano. e chi accetterebbe di rinunciare all’automobile, nel mondo industrializzato? o a far figli, soprattutto dove ce ne sono troppi, ossia nel terzo mondo?… … ecco che l’unico modo praticabile è quello non democratico, bensì autocratico, ossia per imposizione dall’alto degli interventi e criminalizzazione di chi si oppone mediante la qualificazione giuridica di “terrorista” o “insorgente” – deviante e pericolo pubblico, insomma. Imposizione in parte diretta, come quella di un governo autocratico o di campagne militari o di restrizioni a internet; e in parte indiretta, come quella ottenuta attraverso il soffocamento dell’economia produttiva e dei consumi mediante la diffusione di derivati finanziari tossici (distruzione del risparmio), attraverso le strette creditizie che deprimono la produzione e l’occupazione, o di OGM aggressivi per l’ambiente (distruzione dell’autosufficienza alimentare). Per i poteri forti globali si tratta di creare una concatenazione di eventi sufficientemente drastica da salvare l’ecosistema dalla sovrappopolazione e dalla sovraindustrializzazione, evitando però al contempo di scatenare guerre da povertà e carestie, che compromettano l’ecosistema stesso. Questo è il difficile. Qui sta la sfida raccolta dall’ingegneria sociale del ventunesimo secolo. Il sentiero è stretto, molto stretto: bisogna deprimere l’economia, la produzione, i consumi, l’inquinamento, la natalità, senza però, con questo, suscitare tensioni che portino a estesi conflitti militari, essi pure distruttivi per l’ecosistema. La decrescita infelice, per l’appunto.

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Bertrand Russell già nel 1951 scriveva: «non pretendo che il controllo delle nascite sia l’unico modo di impedire alla popolazione di aumentare. ve ne sono altri che pare proprio che gli oppositori del controllo delle nascite preferirebbero. La guerra, come ho testé spiegato, è sempre stata deludente a questo scopo, ma forse la guerra batteriologica potrebbe risultare più efficace. Se una morte nera [la pestilenza che uccise 1/3 della popolazione europea tra il 1347 e il 1352, N.d.A.] potesse essere diffusa nel mondo ad ogni generazione, i superstiti potrebbero procreare liberamente senza riempire troppo il mondo. in questo metodo niente offenderebbe le coscienze dei devoti o le ambizioni dei nazionalisti. La faccenda potrebbe essere un relativamente sgradevole – e con ciò? Le persone di altissimo intendimento (really high minded people) sono indifferenti alla felicità, specialmente a quella altrui»…

[Circa i possibili metodi di spopolamento] Le variabili più rilevanti sono:

– se uno o più mezzi di questo tipo sia applicato a noi o ad altri;

– se i mezzi applicati comportino la morte;

– se i mezzi applicati siano indolori oppure comportino sofferenza;

– nel caso che la comportino, quanto questa sia intensa e lunga;

– se comportino la privazione di diritti, libertà, benessere, servizi;

– nel caso positivo, di quali e per quanto tempo;

– in generale, se il processo di aggiustamento quantitativo della popolazione e dell’industria sarà concentrato in un breve tempo o spalmato negli anni o decenni.

… …

Tra i predetti strumenti, ricordiamo:

-recessione economica come tale (facilmente attuabile dal cartello mondiale delle banche, cioè del credito, mediante strette creditizie mirate), che impoverisce i popoli ricchi, e affama quelli già poveri;

-conversione (già in atto) delle colture per uso alimentare a produzione di biocarburanti (i cereali disponibili sul mercato mondiale diminuiranno, anzi stanno già diminuendo, di quantità, e aumentano di prezzo, con conseguenti carestie e morie di poveri);

-accaparramento (già in atto -vedi La Stampa del 3 agosto 2009) dei terreni coltivabili nei paesi del terzo mondo da parte di società finanziarie, multinazionali alimentari, fondi di investimento; sottrazione delle terre agli agricoltori locali;

-influenzamento climatico per diminuire la produzione alimentare nelle aree a eccessiva dinamica demografica;

-diffusione di nanoparticelle tossiche, con effetto sterilizzante, oncogeno e teratogeno (questo fattore di sterminio è già molto attivo e diffuso; le particelle sono di dimensioni inferiori a pm10, quindi non sono contemplate dalla normativa sanitaria e le strutture sanitarie non sono attrezzate e incaricate per controllarle;

… …

– il 7 Luglio 2009 Obama ha nominato a capo della Food and Drug Administration (ente preposto al controllo su cibi e farmaci) Michael R. Taylor, ente delle politiche pubbliche di Monsanto, e già cooperante con la Fondazione Rockefeller e quella di Bill Gates

… …

– debilitazione fisica, immunitaria e generativa (vi sono già precedenti noti)131,132,133 di popolazioni mediante vaccini (134) contenenti sostanze tossiche (135,136) (i membri delle oligarchie e le altre persone da preservare sarebbero esentati); il ministro della salute di Obama, Kathleen Sebelius, nel Luglio 2009 firmò un decreto concedente ai produttori del vaccino contro l’influenza suina totale immunità giudiziaria per possibili danni cagionati dal vaccino, che è tossico perché contiene come adiuvante l’idrossido di alluminio; il governo di Sua Maestà invece garantiva ai produttori del vaccino di rifonderli da ogni possibile condanna a risarcimenti per danni a derivare ai vaccinati (la domanda di brevetto del vaccino, presentata dalla Baxter, afferma: “la tossicità [del vaccino] può dipendere dall’organismo ricevente e variare da nessuna tossicità ad alta tossicità); … …”

– vaccinazioni forzate di massa coi suddetti vaccini, col pretesto di false pandemie decretate dall’OMS o da governi, come potrebbe essere il caso della asserita pandemia di febbre suina (il governo britannico, il 12 Luglio 2009, ha annunciato un piano per vaccinare 20 milioni di suoi cittadini);

– in alternativa all’obbligatorietà delle vaccinazioni (o di altri trattamenti sanitari), discriminazioni amministrative (come la limitazione o la esclusione dell’assistenza sanitaria, o una tassa sanitaria aggiuntiva) a carico di coloro che si rifiutino di riceverle; loro criminalizzazione sociale come colpevoli della diffusione dell’infezione;

– costruzione di apparenza di pandemie cui attribuire la causa di morie collettive causate da altri fattori, volontari o in ogni caso politicamente non accettabili; (138) nonché al fine di frenare l’economia (il 08.09.09 il Fmi annuncia che la pandemia della febbre suina rallenterà la ripresa);

– debilitazione fisica, immunitaria e generativa di popolazioni mediante radioonde emesse da antenne militari, ponti radio, velivoli (139);

,,, …

La Francia ha adottato un piano riservato per la vaccinazione forzata, il cui testo è disponibile nel web (http://www.sante-jeunesse-sports.gouv fr/imG/pdf/circulaire_vaccination_090824.pdf). La versione francese del vaccino Baxter-Novartis conterrebbe (come molti vaccini) lo squalene, una sostanza chimica (c30h50) ritenuta corresponsabile della Sindrome del Golfo e proibita in diversi paesi, tra cui Regno Unito e USA, ma resa legittima da un apposito decreto del regime francese.

… …

chiaramente, persone colpite da tali e tanti disturbi divengono una fonte di profitto inesauribile per le case farmaceutiche, quindi di sostegno del PIL e di limitazione dell’inquinamento industriale, in quanto appunto il PIL sarà sostenuto costringendo la gente a rinunciare a consumi di altri beni inquinanti e ad alto contenuto di materie prime scarse, per spendere molto in cure farmaci costosi perché brevettati, ma la cui produzione consuma poche risorse scarse e inquina poco. La campagna di vaccinazione è anche uno strumento per regolare la fertilità e la popolazione. I vaccini sovente contengono altre sostanze, diverse dal principio attivo, aventi effetti tossici e cumulativi (composti di alluminio e mercurio).

… …

del resto, negli ultimi 8 anni abbiamo avuto 3 influenze falsamente denunciate [dall’OMS] come pericolosissime e usate per far business coi vaccini: Sars, aviare, antrace. L’industria farmaceutica ha esagerato nell’uso di questo spauracchio, l’ha reso inefficace per eccesso di ripetizione.  Dovrebbe cambiare responsabili del marketing. Oppure fare in modo che una significativa percentuale di chi non si vaccina muoia davvero: così recupererebbe la fiducia della gente.”

Da qualche tempo stanno venendo alla luce documenti ufficiali da cui risulta che apparati governativi anche italiani hanno agito per occultare i dati sugli effetti avversi dei vaccini, al fine dichirato di “non uccidere i vaccini”, esplicitamente accettando che uccidessero un certo numero di persone sane, che li ricevevano. Il Ministro della Salute era intervenuto sui PM per prevenire un sequestro di alcune partite. Già si sapeva che i detti vaccini erano stati comperati in grandi quantità dalla UE (in conflitto di interessi e con contratti secretati) e imposti dai governi senza che prima fossero stati testati per l’efficacia e la sicurezza, e che i governi li avevano spacciati per efficaci e sicuri. Zero interesse per la salute pubblica. Il numero di eventi avversi mortali e invalidanti cresce incessantemente. Il numero delle morti improvvise si è impennato. Si apprende che Pfizer ricevette il siero mRNA nientemeno che dal Pentagono. Per questo vi è il segreto militare sul suo effettivo contenuto, ammesso da EMA. Una simile costellazione di fatti (e ne ho omessi alquanti) dovrebbe suscitare un profondo intervento. Invece lo Stato fa finta di niente. Il governo Meloni tace e non prende iniziative. L’UE addirittura si orienta a privilegiare i farmaci con mRNA. La beneamata Magistratura non pare interessarsi. I grandi media sono conniventi.  Purtroppo, i fatti stanno confermando le tesi e le previsioni di Oligarchia per popoli superflui: la riduzione della popolazione a condizione zootecnica, ossia di bestie stabulate, procede indisturbata. Evidentemente questa strategia è stata decisa colà dove si puote, da chi ha potere sui governi, sulla stampa, sulla giustizia. E sulla scienza.

28.04.2023                  Marco Della Luna

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VOLERE DIO

Credere o volere: questo è il dilemma. Nella risposta ad esso troveremo il miracoloso siero che risveglierà Dio dalla sua morte, durata ormai oltre un secolo.

Il potere ha sostenuto Dio, il trascendente, sinché gli è servito per i suoi scopi di dominio e profitto; poi il suo instrumentum regni principale è diventato quello monetario e finanziario, a cui oggi si affianca quello biologico; e la religione cristiana (cattolica e protestante) conseguentemente ha lasciato la trascendenza per farsi ancella e legittimatrice del liberal-capitalismo e della tecnocrazia biologica, sul piano del materialismo e dell’immanenza. Già però dai suoi esordi il Cristianesimo aveva contraffatto le sue Scritture fondative e adottato un’ontologia contraddittoria, e poco dopo si era messo in affari con la politica e la finanza, scendendo a molti compromessi e ibridazioni, non ultime quelle del Card. Spellman e di Mons. Marcinkus, che avevano fatto del Vaticano una centrale di business integrata e dipendente dalla grande e spietata finanza globale. Il suo tramonto, finemente e sapientemente scrutinato da Diego Fusaro in Fine del Cristianesimo, era perciò inevitabile e indifferibile, anzi era già nei fatti e fattacci, anche senza il colpo di ‘grazia’ di J.M. Bergoglio. E invero neppure Fusaro ha una vera cura organica da proporre. Non ci può essere.

Le religioni svolgono cinque principali funzioni. La prima è sociale: tenere unite le persone con valori condivisi e riconoscimento reciproco delle funzioni. La seconda è psicologica: rassicurare l’individuo rispetto ai grandi problemi esistenziali, dalla morte all’ingiustizia di questo mondo. La terza è politica: instrumentum regni, ossia chi governa l’apparato ecclesiale dirige l’opinione pubblica, legittima e delegittima leggi e regnanti. Quando queste tre funzioni assorbono o monopolizzano la vita religiosa, questa va a spegnersi. La quarta è esplicativa: fornire all’uomo pre-scientifico una spiegazione per il mondo e i fatti naturali. In queste quattro funzioni, la religione è stata ampiamente soppiantata da scienza, tecnica, economia e mezzi di distrazione di massa – quindi è morta, coinvolgendo nella morte anche la quinta funzione, quella vivificante, spirituale o teurgica: unire uomo e Dio, finito e infinito, temporaneo ed eterno, parte e Tutto. Funzione, questa, che forse sopravvive nel ratzingeriano “piccolo resto”.

Miti e liturgia (ovviamente, in quanto sentiti) attuano proprio questa funzione unitiva della quinta funzione, questo rapporto: si pensi all’eucaristia, in cui (chiedo venia per le semplificazioni) Dio si incarna e si fa uomo, poi conferisce all’uomo la capacità di consacrare e far transustanziare l’ostia e il vino così da poter incorporare Dio, purgarsi del peccato originale e della condanna alla mortalità, e divenire sacramentalmente suo figlio, in una specie di pasto totemico, in cui deve offrire e consacrare il cibo materiale a Dio affinché questi lo trasmuti nel proprio corpo che egli ha acquisito incarnandosi. L’inno noto come Panis angelicus, opera di S. Tommaso, esprime molto bene ciò, e particolarmente il fatto che un cibo originariamente destinato ai soli angeli viene nunc adattato affinché ne fruiscano gli uomini. Invero, in diverse religioni troviamo l’idea di una energia o forza che, allo stato sorgente divino, sarebbe troppo potente per l’uomo e che quindi deve venire processata e adattata, ad esempio passando attraverso la chioma di Shiva, prima di essere fruita dall’uomo senza folgorarlo – non dissimilmente alla corrente elettrica ad alta tensione, che deve passare per cabine di trasformazione prima di poter entrare nelle case. Ma l’idea di fondo è quella di Dio che si fa uomo, patendo da uomo; e di un uomo che grazie a ciò, se si apre a Lui, a Lui può affiliarsi, può in qualche modo assimilarsi a Lui, partecipando dell’infinità immortale, e beneficiando del fatto che il dio-uomo ha preso su di sé, ed espiato nella morte, il peccato originale (il karma della specie, direbbe l’induista) .

Dio è immateriale, è spirito, pensiero, volontà, e crea gli enti immateriali (angeli e anime) nonché quelli materiali, il mondo. Crea mercé un atto di volizione. Nel pensiero soprattutto orientale, è esplicita la concezione di spirito (brahman, purusha) che emana il mondo, di pensiero e materia come termini reciprocamente convertibili, del mondo come volontà e rappresentazione – beninteso, non volontà e rappresentazione private, individualistiche, cioè non è che il mondo sia come io voglio rappresentarmelo, bensì esso sussiste e muta essendo volontà e rappresentazione di una psiche universale, a cui ognuno partecipa, e può porsi in vari modi rispetto a tale rappresentazione.

Il singolo umano, attraverso l’esercizio, l’ascesi, la purificazione che gli consente di ricevere in sempre maggiori quantità e superiori qualità l’energia di origine divina sintonizzandosi con la mente divina; e altresì attraverso l’acquisizione di un superiore autocontrollo e l’esercizio di devozioni e meditazioni profonde, protratte, intense, molto tecniche, può gradualmente rendersi capace di influire sui vari piani della realtà e della sua propria quotidiana esperienza, sul mondo anche fisico.

Il principio è che il pensiero e la volontà individuale, se addestrati e purificati, attraverso la volontaria rappresentazione, cioè la raffigurazione volontaria di un risultato, possono dirigere energie mentali, eteriche, anche fisiche, che agiscono sui corpi fisici, viventi e persino non viventi, per ottenere il risultato voluto, ad esempio una guarigione. Invocare e rappresentarsi, in queste prassi, (un) Dio, una forma del divino che particolarmente ci inspira e infervora, aiuta assai a dirigere e intensificare quelle energie. Gli induisti parlano di divinità preferita o desiderata, ishta devata: quella forma del Divino che produce il suddetto effetto energizzante, e che viene scelta a seconda del contesto dai vari praticanti. Rappresentarsi Dio come personificazione dell’infinito, del Tutto e dell’eterno in rapporto con noi, e che proprio perché infinito è necessariamente dotato anche della qualità soggettuale di persona, contribuisce fondamentalmente al suddetto fine.

Si tratta pertanto di rappresentarsi Dio e di volere Dio. Dio quindi non come oggetto di un mero credere, perché una cosa non può contemporaneamente essere creduta e saputa, una cosa o la sai o la credi, e se la credi, allora implichi che non la sai, che non ne sei certo, che ne dubiti. E invece per ottenere l’effetto di cui stiamo parlando, devi vivere la certezza. Così il credente cristiano ammette di vivere nella fede e che la fede non è certezza assoluta, la quale si conseguirà solo con la visione beatifica in paradiso attraverso una percezione diretta, un’intuizione intellettuale; ma egli non ammetterà mai che Dio potrebbe tanto bene esistere quanto non esistere, egli non sospende il giudizio sull’esistenza di Dio, perché in realtà la sua posizione psicologica, la sostanza della Fede, è (sia pure nell’ammettere la provvisoria mancanza di certezza assoluta), lo sforzarsi di negare la possibilità che le cose stiano diversamente da come le si crede, il volere che siano in un certo modo. Quindi emerge che l’essenza della Fede, quella di cui basta un granello per smuovere le montagne, è la volontà, il volere che le cose stiano come dice la religione.

Non è un atto della cognizione, ma anche e innanzitutto della volizione. San Tommaso e altri parlano del credere come un tendere verso una delle due possibilità opposte, nel timore che sia vera l’altra. Quindi io voglio Dio, piuttosto che crederlo. Voglio che esista e voglio essere in rapporto con Lui, e che Egli sia in rapporto con me, presente e attivo. Voglio attivare ed energizzare questo rapporto. Penso attivamente il mio rapporto col Tutto infinito eterno, e lo penso come rapporto interpersonale, necessario e amorevole; pensandolo, lo concretizzo, lo potenzio. Non pretendo di essere io ovviamente a creare Dio, io non creo l’assoluto, l’infinito, l’eterno; ma in me, mediante la volizione, creo l’intenzione e la coscienza del rapporto tra l’assoluto e l’infinito da una parte e me stesso dall’altra, lo carico di energia. Creo l’intenzione, se sono cristiano, della communio e della trasformazione, in essa, della materia in corpo di Dio e di me che lo mangio e divengo suo figlio, e in ciò la realtà della fede appare come volontà, volontà operante, prassi in cui io e Dio cooperiamo. Se sono cristiano, penserò Dio come un ente esistente in sé e indipendentemente dal pensiero, una realtà oggettiva, extramentale, così, da occidentale, lo vivrò ancora più reale (anche se tale concezione è errata). Se sono invece buddhista, abituato a pensare idealisticamente la realtà e la mente, concepirò il Dio cui mi rivolgo come un dhyani deva, uno yidam, un Dio intramentale, interno al bardo della meditazione (ma non perciò meno reale), uno strumento rappresentativo della Mente con cui si può meglio progredire.

Ogni parte è in rapporto necessario con l’insieme. Il rapporto della parte, di me, col Tutto, è reale, immanente, ubiquo e indefettibile, ed è un rapporto di azione, in divenire. Non può venir meno, non può morire – può solo avvenire che io me ne scordi. E anche allora è un oblio reversibile, non va chiamato “morte di Dio”. E il Tutto non può (salvo quanto ho precisato nelle conclusioni di Terminus) essere da meno di me, della parte, ossia non può mancare della coscienza, della soggettualità, che a me non manca. Per questa ragione di necessità logica, l’ateismo è in errore. Dio è reale e presentissimo. Non è morto.

L’infinito ed io, con la nostra natura soggettuale, siamo in costante interazione e comunicazione, condivisione. Queste sono indefettibili e reali, perciò il bene, per ognuno, è essere cosciente di esse, pensarle, intenderle, meditarle, volerle in forma ottimale, poscerne ogni possibile illuminazione e benedizione, persino gli interventi sul mondo fisico, anche attraverso la preghiera e  ovviamente la liturgia – e quella cristiana (cattolica e ortodossa) è uno strumento assai evoluto, articolato e potente, con i suoi simboli e i suoi atti teurgici corali.

Nella quinta funzione della religione, collegandomi consapevolmente e con intenzione all’Infinito, focalizzando tale rapporto, la mia facoltà di operare con la volizione e la rappresentazione, col pensiero, su ciò che ordinariamente si chiama “realtà”, fisica e non, sarà assistita, moltiplicata, anzi trasformata nella qualità. Emergerò dall’impotenza deprimente in cui invece discende chi, conformemente alle prevalenti filosofie esplicite ed implicite, si pensa atomo isolato, accidentale e senza connessione con l’Assoluto eterno e con un’escatologia. 

Dio pare morto, ma solamente tra gli “ultimi uomini” di zarathustriana memoria, ossia in coloro nei quali, dai travolgenti successi delle scienze, delle tecniche, dei piaceri materiali, è stata smarrita o eclissata o inibita la coscienza della predetta, incessante relazione. Ma sono state svuotate (e forse è stata una utile purificazione) solo le prime quattro funzioni della religione, quelle intramondane. La quinta, quella propria, anagogica, è rimasta intatta, oscurata ma intatta, in virtù della sua stessa natura: il Tutto non può rientrare nell’oggetto delle scienze naturali e particolari, le quali possono soltanto distrarci da esso; e il rapporto col Tutto non può essere oggetto di alcun mercimonio economico, il quale può soltanto farlo dimenticare, e far calare la notte sul mondo.

Dio rivive quando e dove la coscienza del rapporto col Tutto viene risvegliata su tutti i tre piani indicati da Hegel (nella triade dello Spirito Assoluto) per la sua realizzazione: quello artistico, quello religioso, e quello filosofico, ossia (dico io) quello della facoltà rappresentativa, quello dell’emozione-volizione-relazione interpersonale, quello della consapevolezza razionale dimostrativa. Questi tre componenti sono tutti indispensabili per la concretezza della realizzazione. Mancando il terzo, gli altri due sarebbero velleità, allegoria o mero mito; mancando il secondo, non vi sarebbe la forza né la personalità del rapporto; mancando il primo, non sapremmo configurare ciò che vogliamo che la volizione realizzi dirigendo ad esso le sue energie.

Quale atto è più rivoluzionario e potente contro la notte del mondo, contro il nichilismo, contro il dominio della quantità e della finitezza, contro le loro suggestioni e costrizioni, che il semplice pensare o pronunciare la parola “Dio”, se questa parola risveglia la coscienza del legame col Tutto? Adiutorium nostrum in nomine Dei.

01.04.23 Marco Della Luna

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ERITIS SICUT NIHIL

ERITIS SICUT NIHIL

I malati del Nulla 

Nel capitalismo finanziario assoluto e nella sua cultura possono esistere ed essere riconosciuti unicamente valori di scambio, anzi simboli di valore di scambio, cioè le nozioni contabilizzabili, espresse in numeri riportabili nei bilanci e nei conti di dare e avere, in modo da poter fare confronti, necessariamente quantitativi quindi numerici, tra costi e benefici e redditività differenziale tra le opzioni di investimento: questi infatti sono i metodi con cui i grandi soggetti economici e politici fanno le scelte operative, i business plans, le leggi di bilancio, il sacro rating. La ragioneria si è fatta scienza suprema, la scienza dell’Assoluto, destituendo l’ontologia e la teologia. Un Assoluto per il quale tutto è oggetti, oggetti tra loro separati benché omogeneizzati, mentre il soggetto deve svaporare, perché il soggetto, l’essenza inalienabile quindi non commerciabile, porrebbe un limite alla mercificazione (e ancor più, ovviamente, lo pone un dio trascendente e insieme presente nell’uomo e nel mondo). Quello che tu sei per tua natura, non (te) lo posso vendere. Res extra commercium. Il consumismo, che sostiene il PIL, le borse, quindi tutto il sistema, insegna all’uomo che, per esistere, per significare e dare significato alla vita, necessita di acquisire cose e ricchezze, di comperare identità, sotto forma di griffes, brands e gender, e altresì capacità, sotto forma di apps. Il soggetto in sé è un nulla, è ridotto a mero centro di diritti ad acquistare e di doveri di pagare. Un soggetto che compera identità e capacità, invero, nega se stesso col suo stesso comportamento, per fatti concludenti, e si condiziona così a sentirsi un niente in se stesso. Da qui la malattia del nichilismo.

Scalda il cuore, in tale scenario, leggere scritti di validi, dotti e profondi intellettuali  che denunciano, analizzano e criticano il processo con cui si è arrivati dalla morte di Dio alla dissacrazione del mondo e dell’uomo, e alla loro mercificazione senza residui, col dissolvimento di ogni cornice-garanzia ontologica e valoriale trascendente e divina, e con la conseguente manipolabilità radicale dell’uomo anche in modo biologico e genetico. Se Dio non esiste, dell’uomo puoi fare ciò che è più redditizio, senza vincoli. Eritis sicut nihil. Le regole, i metodi, i criteri valutativi proiettano prepotentemente il nulla nell’animo umano – il nulla di significato intrinseco dell’esistenza, il vuoto di suo valore proprio. Come annuncia Elon Musk, sempre nuovi milioni di lavoratori sentiranno annullarsi il significato delle proprie esistenze, via via che l’intelligenza artificiale li renderà superflui, improduttivi. Per loro il salario di cittadinanza sarà l’accompagnamento alla morte. L’Occidente non è attrezzato mentalmente a metabolizzare siffatte suggestioni annichilanti, e lo vediamo nel diffondersi del degrado psichico e morale. Ad immunizzarlo non bastano ovviamente i non molti pensatori che, in ambito teoretico, hanno trattato “nel merito” e negli effetti il nulla, come Fredegiso da Tours e Martin Heidegger.

Ciò premesso, condiviso e precisato, rilevo che non vi sono, nel panorama a me noto del su accennato pensiero critico, proposte di valide cure per questo male nichilistico.

Si auspica una resistenza dei cultori della tradizionalità, che facciano quadrato intorno ai “resti” di essa. Si auspica uno sblocco del pensiero unico e non dialettico (il TINA, there is no alternative, abitualmente usato per imporre decisioni in base a falsi dogmi economici che mal celano una chiara volontà di oppressione) mediante il ritorno di un pensiero dialettico sia sul piano politico che su quello spirituale. Si auspica il risveglio del senso della trascendenza attraverso la liturgia e il recupero della fede nel divino e nel comunitario (contro l’individualismo nichil-edonistico e vacuo-narcisistico). Si auspica insomma sostanzialmente la rianimazione del passato; ma la storia non torna mai indietro, il sole di ieri non scalda e non illumina più, e soprattutto non possiamo fingere di non vedere che il nichilismo di oggi, sul piano culturale, è figlio o esito diretto della filosofia, della religione e della politica di ieri e di avant’ieri, le quali pertanto non possono sfuggirgli né difendersi da esso.

Innanzitutto, è figlio di una filosofia che nel suo grembo contiene già, da più di venticinque secoli, il germe del nulla che tutto ingoia, Dio incluso, e lo contiene in modo ancor più profondo e fallace di come spiega Emanuele Severino analizzando la storia del pensiero ontologico da Parmenide in poi, per bollarla come segnata già sul nascere, con Melisso, dal travisamento dell’essere (ossia dal pensare che l’esistente possa nascere e morire) e dall’inizio del tramonto degli immortali. Per questo, sul piano teoretico, la vittoria sul nichilismo di necessità passa per una comprensione qualitativamente diversa dell’essere, soprattutto nel suo rapporto col divenire, rispetto a tutta la storia del pensiero occidentale. Di ciò mi sono occupato in Terminus.

Sul piano mentale, certamente, ancora oggi abbiamo soggetti immuni dalla suggestione e dalla penetrazione nichilistica, soggetti che non ne hanno assimilato i presupposti perché non raggiunti o non suggestionabili da essi. Soggetti che possono mantenere viva la fiamma persino nella corrente, infausta temperie. Continua financo la pratica esoterica, vuoi nello yoga orientale vuoi nell’esicasmo cristiano ortodosso, vuoi di altre tradizioni – una pratica che in virtù dell’esperienza diretta alimenta il vissuto del divino o dell’infinito, e un salvifico sentimento dell’essere, un pensiero forte che sorge da un’esperienza non mediata, non mutuata – cioè… non a debito.  Questo è possibile ovviamente non per il corpo sociale e non ai fini e agli effetti politici, ma per pochi, per pochi che, innanzitutto, non hanno assorbito attraverso la società, la gregarietà, le suggestioni di massa i gusti, i bisogni, i paradigmi del pensiero unico edonista, materialista, nichilista. E che, in secondo luogo, si rimboccano le maniche o… le meningi. Gli asceti – dal Greco (àskesis, esercizio) –  si impegnano in un percorso, a un opus metodico, a un faticoso lavoro di autotrasformazione, cioè a un qualcosa a cui la gente si è disabituata e di cui anzi ha smarrito la nozione soprattutto per effetto del culto edonista del desiderio e della mancata coltivazione, anzi la derisione, di tale tipo di lavoro nella cultura contemporanea, compresi in essa il recente cristianesimo cattolico e quello protestantico.

Sul piano culturale e morale, non vi sono dinamiche che possano sottrarre il vecchio ordine di valori borghese, proletario, cristiano, al nulla che avanza, resistendo alla sua avanzata. Questa è generata e sospinta da dinamiche e interessi troppo forti, immensamente troppo forti. In qualche modesta misura, si può fare resistenza, ma senza prospettive, anche perché, ripeto, proprio quell’ordine, e la sua teoria, contengono da sempre il germe del nichilismo, della propria liquidazione. La cultura occidentale non è attrezzata per misurarsi col nulla, per metterlo a frutto. Perciò la vedo inerme e soccombente. Le religioni popolari hanno strumenti per trattare la morte, il male, il peccato, l’ingiustizia, mentre non hanno strumenti per trattare il nulla: una volta che il senso dell’inanità, la perdita di significato dell’esistere abbiano aggirato la loro fede, si ritrovano inerti come la linea Maginot aggirata dalla Wehrmacht.

In realtà, la mossa vincente sarebbe fare esattamente l’opposto del rianimare e propugnare la vecchia religiosità, del difendere il passato – ossia bisognerebbe aprirsi al nulla attivamente, per assimilarlo, metabolizzarlo, navigarlo. Mi riferisco alla comprensione, all’’evocazione’ e all’uso del senso del nulla, del vuoto, come comprensione trascendentale e potere illuminante e liberatorio, che troviamo nel buddhismo tibetano da circa mille anni. Il nulla non va temuto, bensì salutato come l’ambito in cui la mente può meglio cogliere la sua natura propria, fondamentale, trascendentale, e con questo stesso atto si libera. Spero di vedere qualche intellettuale no-mainstream prendere in esame quella comprensione e quella prassi, alla quale ho dedicato Farsi luce.

Sul piano, infine, della prassi socio-politica, mi limito a tracciare il contorno di ciò che ho esposto altrove (Tecnoschiavi, Oligarchia per popoli superflui) con tutta la dovuta ampiezza. Il capitalismo finanziario spinge fuori mercato tutti gli altri sistemi perché più di tutti, anzi illimitatamente, è in grado di generare il denaro e il debito, cioè il motivatore universale, quello per cui quasi tutti fanno o accettano quasi tutto, e a quasi tutto danno il consenso, legittimandolo. Ha preso la guida, attraverso l’indebitamento pubblico e il ricatto del rating, delle istituzioni pubbliche, parlamenti inclusi, trasformandole in suoi front-offices ed organi effettori. Globalizzazione, finanziarizzazione, automazione, intelligenza artificiale hanno reso (e sempre più renderanno) i popoli intercambiabili ed esuberanti per i bisogni dell’apparato di produzione di potere e ricchezza; è per questo, che i popoli, i lavoratori, i cittadini hanno perso la forza di contrattazione sociale che avevano prima, e che di conseguenza perdono sempre più diritti economici e non. E, sentendosi inutili, il significato dell’esistenza. La funzione dello stato e delle istituzioni, nel nostro sistema, non è servire il popolo,  bensì (far sì che una élite possa) servirsi di esso, e ridurlo a una condizione zootecnica di passività, controllo e manipolazione anche biologica (lo abbiamo sperimentato a fondo grazie alla pandemia) – con la differenza, rispetto all’allevamento di animali, che gli uomini vanno anche indottrinati e imboniti; al che provvedono la politica, la scuola e la libera informazione, oggi con l’aiuto della socio-religione bergogliana. La forma aziendale, quella cioè che massimizza controllo, previsione e produzione, viene applicata alla società nel suo complesso, rendendola zootecnica. Non è una novità: i sistemi di potere, nel corso della storia, si servono delle tecnologie che divengono via via disponibili per aumentare la presa e il controllo dei popoli governati, senza alcuna remora etica; sono i mutamenti nelle tecnologie di dominio che innovano le strutture giuridico-politiche; e oggi la tecnica mette a disposizione dei gruppi dominanti strumenti capillari, potentissimi e irresistibili.

Pertanto, il resistere difensivamente, o il cambiare questo sistema dal basso, sono più che mai oltre le capacità e i mezzi della gente. Inoltre, contrariamente a quanto insegna il catechismo liberale e democratico e a quanto i più si lusingano di credere, le svolte della storia mai sono state prodotte da azioni popolari pianificate e coordinate dal basso, bensì quasi sempre da mutamenti fisici (geo-climatici), scoperte geografiche (l’America), invenzioni tecnologiche (dal bronzo al computer) e finanziarie (la cambiale, la cartamoneta), e da processi economici sottotraccia (la demonetizzazione dell’Impero Romano d’Occidente). E i grandi sistemi di potere sono più spesso crollati per logoramento e malfunzionamento endogeni, che per attacchi dall’esterno. Appunto in malfunzionamenti di tal genere si può oggi razionalmente sperare per vedere il fallimento del presente ordine, aggiungendo i voti che l’augurato crollo non trascini dalla padella alle braci di un ordine peggiore, seppur… artificialmente intelligente.

21.3.2023

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SIGNORAGGIO E GREEN TRANSITION

GREEN TRANSITION:

FINANZIARLA COL SIGNORAGGIO MONETARIO PUBBLICO

Questo articolo è dedicato a individuare e spiegare l’unica fonte di liquidità disponibile, che sarebbe in grado di pagare i costi della conversione delle economie a un modello sostenibile senza ricorrere a misure devastanti per la società e i per i diritti civili e politici. E al generoso sforzo ultradecennale dell’avv. Luigi A. Marra per ottenere dalla magistratura italiana un intervento giuridicamente dovuto ma sempre sinora denegato.

E’ controverso quanto delle alterazioni climatiche in atto sia naturale e quanto di origine antropica; ma è evidente che, senza profondi e rapidi mutamenti, una catastrofe per via climatica o di esaurimento delle risorse o di inquinamento è inevitabile e imminente – salvo forse ricorrere a complottistiche azioni di depopolamento rapido.

L’Occidente e l’Unione Europea in particolare stanno imponendo misure molto costose di green transition, dalla fine dei motori termici e delle caldaie di riscaldamento ai cappotti per le case. Centinaia di miliardi solo per l’Italia. Tali misure sono ancora allo stadio della speculazione politico-ideologica, perché non ha senso che ci imponiamo onerose restrizioni mentre il resto del mondo continua come prima, facendoci concorrenza; e anche perché esse materialmente non sono realizzabili, dato che, per alimentare tutte le automobili elettriche e le pompe di calore la produzione di elettricità dovrebbe essere ventuplicata in 12 anni (80 centrali termonucleari nella sola Italia). Ma presto, se non sopravverrà prima la catastrofe, e se Cina, India etc. si lasceranno coinvolgere, sarà giocoforza fare una conversione seria e molto costosa preparata da una adeguata ricerca tecnologica, che questo mondo, indebitato per un multiplo della somma dei PIL, non può sostenere. Se la catastrofe invece sopravverrà, bisognerà poi finanziare la ripartenza, e anche questo richiederà molto denaro.

Orbene, il sistema monetario moderno è compatibile solo con un’economia in continua espansione, perché si basa sulla moneta indebitante: il money supply è generato mediante prestiti (allo stato, ai privati) gravati di interessi composti, che, matematicamente, nel tempo, aumentando il capitale dovuto, ossia la base per gli interessi che via via maturano, richiedono che il sistema crei nuova moneta, sempre a debito, per pagare gli interessi e rimborsare eventualmente il capitale. La moneta emessa a debito crea dunque, macroeconomicamente, una necessità di continua crescita del fatturato come condizione per evitare il default. E’ come un areoplano che, per non precipitare, debba continuamente aumentare la velocità, Ma stiamo arrivando ai limiti dello sviluppo fisicamente sostenibile dal pianeta, quindi il meccanismo entra in crisi. E una guerra mondiale per azzerare la situazione e ripartire non è fattibile. La via di uscita ha da essere altro. Marra la individua nella nazionalizzazione del signoraggio, ora privato.

Ritorno su come viene creato il denaro: tutto il denaro, tranne quello metallico, viene creato (dalle banche centrali e da quelle ordinarie) senza una copertura aurea (o di altro genere), ossia dal nulla e a costo pressoché nullo, e prestato (agli stati e ai soggetti privati) contro interesse. Il denaro legale è costituito dalle banconote delle banche centrali. Il restante denaro è denaro contabile o scritturale, generato in piccola parte dalle banche centrali, e per il 90% circa dalle altre dalle banche, mediante semplice scritturazione contabile (ripeto: senza copertura in oro o altro valore). La Banca d’Italia, nei suoi bollettini, attesta che le banche italiane creano così ogni anno mediamente 1.000 miliardi di euro – che vanno a debito dei prestatari. La moneta contabile o scritturale non preesiste al prestarla, non viene prelevata da una riserva o altra voce di bilancio, bensì (per quanto suoni lontano dal pensiero comune) viene creata con l’atto di prestarla, digited into existence and lent into circulation.

Orbene, mentre le leggi prevedono e regolano la creazione e immissione della moneta legale (banconote), niente dicono della moneta contabile o scritturale, la quale, giuridicamente, sia che si concreti come saldo attivo di conto corrente, che come importo di un assegno circolare o altro, costituisce una promessa di pagamento/ricognizione di debito di moneta legale (banconote) da parte della banca emittente verso il titolare del conto corrente o il legittimo portatore dell’assegno. Solo che l’aggregato di tale moneta è circa il decuplo dell’aggregato della moneta legale esistente, la quale per giunta è quasi interamente detenuta dai cittadini – sicché i depositi bancari e gli assegni circolari sono scoperti al 998 per mille circa – ma non è questo il problema, almeno finché non parte un bank  rush, ossia una corsa al ritiro dei depositi!

Il problema centrale è che la potestà di creazione ed emissione della moneta contabile-scritturale, che è il sangue dell’economia, non è prevista né disciplinata dalle leggi, anche se le leggi bancarie (ad es. TUB art. 10) non autorizzano le banche a creare moneta, ma solo a intermediarla – quindi, in realtà, questa potestà è negata, esclusa dalla legge (con la conseguenza giuridica che tutta l’attività di creazione monetaria in questione è illecita, quindi sono illeciti i contratti di mutuo, etc. etc.). Essa è però detenuta ed esercitata di fatto (e non di diritto), sotto le mentite spoglie di “esercizio del credito”, in regime di cartello, dai titolari di licenza bancaria, ossia dalla comunità bancaria, creando ed emettendo questa moneta contabile, che non può essere la moneta legale “Euro”, col nome abusivo di “Euro”. E’ esercitata privatamente, senza rendere conto all’interesse generale delle sperequazioni, dei danni, degli abusi, stante che le banche centrali, che dovrebbero sorvegliare sull’esercizio del credito, sono controllate dagli stessi titolari delle licenze bancarie, i quali hanno un potere condizionante sulla politica, data anche la loro capacità di dare il rating al debito pubblico.

Ma questa è solo la prima parte del problema. La seconda è che la creazione-emissione di moneta contabile viene fatta, dalle banche, mediante scritturazione diretta degli importi creati-prestati digitandoli sul conto corrente del cliente, cioè senza prima crearla su un proprio conto di cassa registrando la pari entrata di cassa, e poi da questo passarla sul conto del cliente, registrando l’uscita di cassa, a cui corrisponde l’entrata di pari credito verso il cliente nella corrispondente partita contabile. In questo modo le banche evadono il fisco, perché non segnano l’aumento patrimoniale realizzato col creare la moneta prima di prestarla. Segnano soltanto l’uscita di cassa, e l’entrata del credito (gli interessi sono un rateo, e vanno registrati a parte). Ad esempio, se la banca mi presta 100, scrive ‘100’ sul mio conto corrente, poi segna l’uscita di questa somma (‘-100’), e registra ‘100’ a proprio credito come mio debito. Quindi il risultato algebrico è 0: – 100 (uscita di cassa), + 100 (entrata di credito) = 0. Apparentemente non ha guadagnato, non ha avuto incremento patrimoniale, quindi non deve alcuna tassa (le pagherà sugli interessi percepiti). Ma il trucco è presto spiegato: la banca ha omesso di registrare l’ingresso in cassa dei 100. Se lo facesse il saldo algebrico non sarebbe 0, ma + 100. Da dove vengono quei 100? Da nessuna voce del bilancio (come hanno verificato i proff. Richard Werner e Asgeir Torfason): sono stati creati ex nihilo, a costo zero, dunque sono profitto tassabile -appunto, il signoraggio monetario privato- e sottratti alla tassazione sotto gli occhi delle autorità politiche, fiscali, bancarie, monetarie e giudiziarie. A quanto ammonta l’evasione? Applicando l’aliquota del 47% ai 1.000 miliardi così creati annualmente in Italia, ammonta a 470 miliardi, ossia 4.700 miliardi recuperando gli ultimi 10 anni. Dove sono finiti? Ebbene, esistono circuiti di trasferimento monetario segreto, come Clearstream, che, dietro piccolo compenso, consentono di sifonare qualsiasi importo fino alle Cayman Islands, che sono un perfetto paradiso fiscale, da cui si useranno per lanciare operazioni finanziarie di tutti i tipi. Ed esiste la Banca dei Regolamenti Internazionali, ente sovrano a controllo privato, con diritto di segretezza totale e di eseguire segretamente ogni transazione con ogni soggetto.

Le banche centrali, a differenza delle altre, creano ed emettono moneta legale in base alle leggi che gli ne danno la potestà, quindi realizzano un signoraggio monetario legittimo; ma da un lato anch’esse omettono di registrare l’entrata in cassa della moneta creata (sottraendo il relativo profitto alla dovuta tassazione e parziale restituzione allo stato) e ingannevolmente registrano come passività il circolante (creando così un’irreale posta passiva nello stato patrimoniale), dall’altro lato sono superflue e parassitarie, perché lo stato potrebbe creare ed emettere in proprio la moneta, anziché prenderla a prestito da soggetti che la creano dal nulla a costo zero e senza darle copertura in oro. Infatti prenderla a prestito comporta scambiarla con titoli del debito pubblico gravati di interesse passivo ed esposti agli attacchi della grande finanza nonché al rating. Se lo stato creasse in proprio la moneta che gli serve, non si avrebbe debito pubblico, ma si avrebbero molte, ovvie conseguenze positive – e in effetti, per evitare che a tali conseguenze positive si accompagnino conseguenze negative, soprattutto la svalutazione monetaria, tale creazione dovrebbe essere ben regolata e gestita in modo che sia diretta all’aumento della produzione di beni e servizi e alla riduzione dei costi, in modo che la maggior quantità di moneta sia bilanciata da una maggior quantità di beni e servizi.

Sommando il gettito dalla tassazione del signoraggio delle banche non centrali col risparmio che lo stato realizzerebbe creandosi in proprio la moneta, avremmo un beneficio di circa 600 miliardi l’anno.

Si tratta somme bastanti a risanare il bilancio pubblico, a risanare le banche apparentemente insolventi, e soprattutto – come da molti anni ormai insiste l’amico avv. Marra –  a finanziare il cambiamento di modello di sviluppo richiesto per risolvere il problema dei limiti ecologici e del cambiamento climatico. Ma si tratta anche di somme, anzi, di un potere, di dimensioni tali, da dominare le istituzioni di quasi ogni stato, e sicuramente dello stato italiano. Marra ed io ci siamo ingegnati, come saggisti e come avvocati, per indurre le istituzioni tributarie, monetarie e giudiziarie ad aprire gli occhi sulla prassi del signoraggio privato, che è ad un tempo molteplicemente illecita, evasiva del fisco, e distruttiva per la società. Invano! Dalle istituzioni tributarie, silenzio totale. Dalla Banca d’Italia, un comunicato indiretto, elusivo e infarcito di contraddizioni e grossolani errori tecnici. E dai tribunali? Quando non hanno semplicemente ignorato il problema, o quando non hanno detto che si tratterebbe di materia non giuridica ma politica o scientifica o filosofica, si sono prodotti in una ricca gamma di risposte elusive, di fraintendimenti e scantonamenti, di aliud pro alio. Abbiamo addirittura fatto convegni su questi slalom concettuali, con tanto di crediti formativi e la partecipazione di qualche magistrato. La conclusione sembrava essere incrollabile: nessun giudice può accettare di porre in discussione la prassi (per quanto illecita e nociva) su cui si regge il potere economico-politico. Nel mondo reale, la primaria funzione di ogni magistratura, in ogni stato, non è tutelare la legge, bensì legittimare il sistema di potere costituito e i suoi interessi, dato anche che riceve da quel sistema prestigio e privilegi. E in un mondo sovraindebitato, chi ha il potere di creare denaro dal nulla si compera tutto e tutti, dalla politica ai mass media.

Tuttavia ultimamente Marra, nella causa 35283/2019 da lui in proprio intentata avanti al tribunale civile di Roma contro Governo italiano, BCE e Banca d’Italia per far accertare l’esistenza del signoraggio monetario delle banche centrali (non di quello delle altre banche) e dichiarare la sua illiceità (con condanna al risarcimento dei danni, e dichiarazione di illegittimità di tutte le tasse, siccome derivanti appunto dal signoraggio che lo stato illegittimamente lascia esercitare alla banca centrale), ha ottenuto la sentenza 284/2023, depositata il 09.01.2023, nella quale, oltre all’ammissione che il signoraggio monetario esiste, ed è il reddito derivante dal creare ed emettere moneta, si legge, al riguardo di esso e dei suoi effetti deleteri (indebitamento pubblico e privato, eccessiva pressione fiscale) «Trattasi di un problema che … appare astrattamente sussistente e dai grandi risvolti sociali.» Il Tribunale ha dunque riconosciuto che il reddito da signoraggio esiste e che è “astrattamente” (?) di grande impatto sulla società. Ha però rilevato che il signoraggio monetario, essendo stato stabilito dal legislatore nella sua discrezionalità politica, non è sindacabile dal giudice. In realtà, il signoraggio non è affatto stato stabilito dal legislatore (che manco ne parla), e sarebbe in ogni caso sindacabile dal giudice per gli aspetti di incostituzionalità delle norme di legge che lo costituiscono: lesione degli artt. 3 – 41 (irragionevolezza, contrarietà all’eguagliamento sostanziale), dell’art. 1 (primato del lavoro sulla rendita finanziaria), dell’art. 36 (diritti del lavoratore), e altri. Spero che Marra sollevi queste eccezioni nel procedimento di appello che ha già avviato, aggiungendo alla contestazione del signoraggio delle banche centrali (o “primario”) quello delle banche non centrali (che chiama “secondario”). Inoltre, Marra fa notare che il legislatore ha sì costituito i sistemi bancari, ma non ha mai nemmeno definito, e ancor meno ha istituito o legalizzato, il signoraggio monetario, come invece argomenta il Tribunale di Roma, con un’evidente confusione, che Marra, nel suo atto di appello, ha indicato come «Argomento fantasioso che trae dalla nota sent. n. 16751/2006 delle SU: sentenza alla quale risale l’invenzione che il signoraggio sia previsto da non si sa poi quale accordo internazionale.»

Una rondine non fa primavera. Ancor meno una mezza rondine. E soprattutto, essendo la struttura del signoraggio monetario una struttura globale, non è possibile cambiarla in un solo paese, ancor meno in un paese satellite come l’Italia. Piuttosto direi che il signoraggio monetario, come strumento di dominio globale, sia in via di affiancamento col signoraggio biologico, iniziato con le sementi ogm terminator, con le quali multinazionali come Monsanto mettono gli agricoltori in condizione di dipendenza rigida da esse per la fornitura sia dei semi che della chimica, senza di cui non possono produrre. Iniziato così anni or sono, oggi continua con farmaci modificanti il DNA e l’RNA dell’uomo, e con cose come la carne sintetica. Credo che stiamo passando da un sistema finanziario basato sulla moneta indebitante e che si regge sull’espansione consumistica di beni e servizi ad alto impatto ambientale (come l’automobile), quindi insostenibile, a uno sempre basato sulla moneta indebitante e sull’espansione consumistica, ma di beni e servizi medico-farmaceutici, a basso impatto ambientale, quindi eco-sostenibile. La popolazione, sempre più immuno-depressa e malata (o che si percepisce malata), spenderà il reddito disponibile per curarsi (con farmaci più o meno efficaci e tossici). Questo sistema agevolerà anche la soluzione del problema ecologico per via demografica, incidendo sulla fertilità e sulla durata media della vita, che già si sono ridotte.

Vedremo intanto come avanzerà l’appello. Mi aspetto che Marra completi il suo spiegamento di contestazioni, intentando presto una nuova causa, in cui faccia valere, sin dal primo grado, assieme alla questione del signoraggio delle banche centrali con tutte le eccezioni di incostituzionalità, anche quella del signoraggio delle banche ordinarie, che è molto più grosso e sfacciato, non avendo nemmeno una copertura legislativa indiretta, e consistendo in un coacervo di  evidenti trasgressioni delle leggi bancarie, di violazioni di regole contabili, di evasione fiscale.

Quasi dimenticavo: esiste anche, ed è importantissimo per gli equilibri geopolitici, il signoraggio monetario internazionale, attuato dagli USA dal ’44 in poi, e soprattutto dal 1971, ossia da quando Nixon liberò il Dollaro dalla convertibilità aurea, così da permettere a Washington di comperare da tutto il mondo a costo zero, semplicemente stampando carta (o digitando numeri) e imponendo la sua accettazione e il suo uso come moneta obbligatoria di riserva e per i pagamenti internazionali, soprattutto delle materie prime. Imposizione attuata mandando ora la CIA, ora le forze armate, in giro per il mondo a eliminare i governi (Indonesia, Cile, Iraq, Libia…) che, tentando di usare altre valute, minacciavano questo dominio del Dollaro, dal quale dipende anche la capacità degli USA di operare globalmente come estrattore (predatore) ‘imperiale’ di ricchezze prodotte da altri e di mantenere il loro enorme apparato militare e alti livelli di consumismo interno anche dopo il trasferimento all’estero di gran parte della loro capacità produttiva.

Da tempo si parla di crisi di questo signoraggio internazionale del Dollaro, di un processo in corso di de-dollarizzazione globale – processo che è il fulcro della proxy war in Ucraina – ma questa è un’altra storia.

22.02.2023 Avv. Marco Della Luna

Nota: a chi desidera approfondire i temi monetari sopra accennati, consiglio i miei saggi Euroschiavi (6° edizione), Cimiteuro, Traditori al governo, Sbankitalia, La moneta copernicana (scritto con Nino Galloni).

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LA FIDUCIA E’ UNA COSA SERIA

La televisione ci avvezza sin da bambini a guardarla in uno stato di rilassamento e di non vigilanza, e a lasciarle il controllo della nostra attenzione, così ci abituiamo a sederci davanti allo schermo in condizione di ricettività acritica e tendiamo ad assorbire come vere le sue storie.

È in corso un cambiamento climatico interamente dovuto all’uomo e non a processi naturali. Le automobili elettriche inquinano meno di quelle a motore termico. I mercati sono i migliori e naturali regolatori dell’economia, prevengono e correggono le crisi, inducono efficienza, occupazione ed equità. Il virus è nato da un pipistrello e da un pangolino, non è prodotto di laboratorio. Andrà tutto bene. Nessuno sarà lasciato indietro. Chi si vaccina non si ammala, chi non si vaccina si ammala e muore. Il vaccino era già stato testato per efficacia e innocuità quando è stato comperato dalla Commissione Europea. Il Pentagono è stato centrato da un aereo che subito si è smaterializzato senza lasciare rottami. Mani Pulite combatteva la corruzione e le privatizzazioni hanno rafforzato la nostra economia. Con l’euro lavoriamo meno, guadagniamo di più, abbiamo tasse più leggere, siamo protetti dall’inflazione. L’integrazione europea affratella i popoli europei. Lo Stato si prende cura dei cittadini, della loro sicurezza, salute, lavoro, risparmi. I parlamentari rappresentano il popolo. Gli Stati Uniti rispettano la legalità internazionale ed esportano la democrazia, al contrario della Russia, che è una dittatura criminale. È costituzionalmente legittimo partecipare alle loro guerre di aggressione. Zelenski è un difensore della libertà e del pluralismo. Possiamo spingere indefinitamente l’escalation senza rischio di una guerra nucleare che ci elimini tutti. È indifferente per un bambino essere allevato da una coppia omosessuale o eterosessuale. L’Iraq era pieno di armi di distruzione di massa e aveva cooperato con Al Qaeda per l’attacco alle Torri Gemelle. Lo Stato per 30 anni non ha arrestato Matteo Messina Denaro perché ignorava dove fosse. Banca d’Italia non ha alcuna responsabilità in alcuno dei molti crack bancari degli ultimi anni. I banchi a rotelle sono serviti a combattere il contagio. Gli immigrati sono risorse che si possono integrare e non aumentano la criminalità né spesa pubblica. Eliminare il contante serve a combattere l’evasione fiscale. L’identità digitale ci rende liberi.

20.01.2023 Marco Della Luna

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EMOZIONI DEL MORIRE

Non è mai troppo presto – perciò continuiamo la nostra breve serie di istruzioni per il trapasso, prendendo in esame l’aspetto emotivo.

Il trapasso è un processo in cui si scatenano, dal nostro interno, fortissime e conturbanti emozioni commiste a vivide apparizioni visive, cenestetiche, e in minor misura uditive e olfattive. Esse tendono a travolgere anche emotivamente il morente. Non a caso la preghiera cristiana per i defunti invoca per essi tranquillità: l’eterno riposo dona a loro Signore, splenda ad essi la luce perpetua, riposino in pace, amen. Molti insegnamenti esoterici per il trapasso trattano la gestione di tale stato emotivo e percettivo. Per padroneggiarlo, bisogna costruire il carattere lavorando, pertanto, principalmente sulla propria emotività e sulla propria capacità attentiva. Questo oggi è molto impopolare e arduo, non solo da fare ma persino da concepire e da accettare, a causa del condizionamento mentale a cui siamo sottoposti sin dalla prima infanzia. E che dobbiamo invertire.

La nostra società basata sul continuo incremento del fatturato, cioè del prodotto interno lordo, necessario per sostenere il pagamento degli interessi sull’enorme mole del sempre crescente debito pubblico e privato, si regge forzatamente sul consumismo, che alimenta il fatturato. Inevitabile quindi che ci troviamo bombardati di stimoli al desiderio di comperare, godere, consumare, spendere. Messaggi pubblicitari come “lasciati emozionare”, che invitano appunto ad aprirsi agli stimoli emotigeni, sono anche propri della informazione e delle intrattenimento per il grande pubblico, tanto nei contenuti verbali, quanto nelle immagini e nei suoni o musiche che li accompagnano.

 Il tutto è incalzante e tende ad assumere e controllare dall’esterno la vita emotiva e motivazionale della popolazione, che quindi viene educata e condizionata a porsi in modo passivo e ricettivo rispetto sia agli stimoli che alle emozioni, a prenderli come dati di realtà indipendenti e rispetto ai quali non ci si mette a reagire, a lavorarci sopra, a prendere distanze prospettiche, perché ciò sarebbe una rinuncia alla pienezza della vita e al diritto alla spontaneità, alla libertà. Tu vivi in quanto ti stai eccitando o stai scaricando l’eccitazione. Se l’eccitazione finisce, è un male e devi prendere qualcosa che te la faccio a tornare o che ne faccia tornare gli effetti, come il buon Viagra.

Parallelamente alla passività verso le emozioni e le loro cause, il sistema ci educa alla passività rispetto all’attenzione, ci spossessa o meglio ci atrofizza la capacità di dirigerla, focalizzarla, sostenerla. Lo fa assuefacendoci ad essere intrattenuti dalla televisione, dai videogiochi e simili strumenti di intrattenimento, e quale, mentre li usiamo o meglio ci facciamo usare da essi, si impossessano della nostra attenzione, la guidano la attaccano a questo o a quello, la collegano alle emozioni, ci somministrano scariche di interesse, di piacere, chimicamente di dopamina, tali che per qualità, intensità e varietà prevalgono su quelle che riceviamo dalla vita reale; il risultato è che, soprattutto nelle ultime generazioni’che sono cresciute davanti a questi piccoli diabolici schermi, non si sviluppa la facoltà di padroneggiare la propria attenzione, e lo vediamo poi a scuola nella incapacità di seguire con attenzione l’insediamento per più di 10/15 minuti consecutivi – incapacità che ormai è un dato acquisito per la didattica, anche in ambito universitario.

A questa perdita di facoltà attentiva è associata anche una perdita della capacità mnemonica e di quella del pensiero logicamente articolato, consequenziale. Vi sono approfondite indagini sperimentali, neuropsicologiche, di questo graduale scadimento cognitivo. Il compito è trasformare la passività in capacità di azione e di padroneggiamento, o mastery.

Già il prendere consapevolezza di quanto sopra è abituarsi ad accorgersi di tutte le occasioni e le forme in cui tale scadimento si produce e si traduce, è un buon inizio di un percorso di ristrutturazione del carattere per coloro che vogliono prepararsi al grande evento. Ma qui, per procedere in modo concreto, devo raccontare un fatto personale.

Io vissi, intorno ai 4 anni un episodio illuminante e molto formativo. I miei genitori mi avevano dato un minuscolo giocattolino che mi piaceva molto e con cui giocavo facendolo galleggiare nel lavandino. Inavvertitamente aprii lo scarico e Il giocattolino cadde giù. Invano tentammo, prima io e poi mia madre, di recuperarlo. Ricordo che mi disperai fino alle lacrime perché vivevo la cosa come una grande perdita, irrimediabile. Poi il tempo passò, venne l’ora di pranzo, poi di un riposino, e alle 15:00 circa mia madre mi portò secco a fare la spesa. Mentre rincasavamo, intorno alle 16, si rivolse a me e mi disse di non disperarmi perché la sera sarebbe tornato mio padre e avrebbe svitato lo scarico del lavandino per recuperare Il giocattolino. Io sul momento rimasi sorpreso perché non sapevo a che cosa collegare questo suo dire. Poi mi sovvenne dell’episodio della mattinata e mi ricordai delle emozioni che avevo provato, così intense e travolgenti, totalizzanti. Mi meravigliai assai nel confronto tra il mio stato attuale, indifferente, e quello di allora, esasperato, accorgendomi che quello stato emotivo, che sembrava solido e permanente mentre lo vivevo, non esisteva più, al punto che me ne ero dimenticato. Mi accorsi insomma che gli stati emotivi sono momentanei anche se tali non paiono, che vanno e vengono, o meglio che si entra e si esce in essi e da essi. Bene, Il passo successivo è chiedersi se e come si possa operare volontariamente questo entrare ed uscire. E abbiamo le risorse per farlo.

In questo campo, gli insegnamenti, anzi le scuole, non si contano, dalla psicologia cognitiva sperimentale indietro indietro fino alla filosofia applicata dei Greci e agli insegnamenti buddhisti e induisti. Qui mi limito a indicare quella che secondo me è l’essenza che accomuna tutti questi insegnamenti, essenza che il buddhismo tibetano esprime con la parola bardo, che significa intervallo, e che noi potremmo assimilare, con riferimento alle marce di un’automobile, al folle. L’intervallo è quello tra due stati mentali, tra il sonno e la veglia o la veglia e il sonno, tra un pensiero e un successivo pensiero, tra il focalizzare l’attenzione sull’esterno e il dirigerla verso l’interno, e via discorrendo. Il pregio del bardo è che esso è un momento di coscienza non concettuale in cui appare la non solidità, intesa come non permanenza e sussistenza indipendenti dalla mente, di tutti i fenomeni, dalle apparenti cose materiali alle emozioni. Cogliere consapevolmente il bardo, nella sua fugacità, esige una certa pratica in cui il lavoro sull’ attenzione, sulla visualizzazione e sulla respirazione, quest’ultima adoperata come regolatore emotivo, svolge un ruolo fondamentale; ma capita di coglierlo anche fuori di una pratica meditativa mirata, allorquando la nostra mente riposa in se stessa, cessa di protendersi verso l’esterno, verso il passato, verso il futuro e resta nella propria identità cristallina. Ciò avviene per esempio in momenti di spossamento o spaesamento, di rilassamento dopo un fortissimo stress, di disperazione totale che ci libera dallo stesso desiderio di esistere. Allora sentiamo la fluidità e inconsistenza del tutto, noi compresi, ed è quella è la porta maestra per uscire dalla turbolenza emotiva.

Perché mai -mi chiederete- oberarsi di tutto questo lavoro, quando si deve morire? Ovviamente, citando col vero titolo del Libro egiziano dei morti, “per uscire alla luce del giorno”.

26.01.2023 Marco Della Luna

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FIABE DEVIANTI per una civiltà in rovina

FIABE DEVIANTI

Per una civiltà in rovina

(Aurora Boreale, Dicembre 2022 [email protected])

Albert Einstein diceva che se vuoi che tuo figlio cresca intelligente, devi leggergli fiabe. E che se vuoi che cresca più intelligente, devi leggergli più fiabe.

Nel caso di questo libro, si tratta di fiabe destinate a bimbi e adulti insieme. Bimbi e adulti che oggi sono uniti, e più o meno eguagliati, dalla medesima bisogna esistenziale: assimilare la realtà odierna senza rigettare la vita o esser da questa rigettati.

Nel suo affascinante saggio sulle fiabe, Il mondo incantato, Bruno Bettelheim, noto psicanalista sopravvissuto ai Lager nazisti e morto suicida, esplora la loro funzione pro-evolutiva: le fiabe classiche fanno vivere ed elaborare ai bambini, in un modo avventuroso e simbolico, per loro comprensibile e non traumatico, i passaggi e i problemi che scandiscono lo sviluppo psichico in senso freudiano: la fase orale, la fase anale, la fase fallica con l’Edipo, la fase genitale del formarsi per formare una famiglia e lavorare produttivamente, inserendosi nella società e nelle regole. Ciascuna fase con i suoi specifici confitti, pericoli, complessi; le sue fissazioni, fantasie, conquiste.

Ma oggi quella società, quella cultura, quella morale, quella normalità, presupposte dalle fiabe classiche e da Freud stesso, sono tramontate. Quell’ordine di valori, certezze, ruoli e identità è stato travolto. I riferimenti, i capisaldi sono venuti meno. E’ tempo di fiabe che guidino a prepararsi per sopravvivere in un mondo disorientante e caotico, che vive la sua stessa dissoluzione, e che, per risorgere, abbisogna di eroi di un altro Ordine. 

Dal livello quotidiano sino a quello escatologico, il macrocosmo – e il microcosmo non meno – brulica di ossimori, di contraddizioni, di assurdo. Recepirne qualche parte, senza esplodere, nella propria identità personale e sociale, trasformando i primi in sublime, le seconde in mistero, e il terzo in speranza, credo sia buona parte della crescita dell’individuo e della civiltà. Maturità è anche aumento della propria capacità di sostenere l’esposizione alle contraddizioni, alle dissonanze cognitive ed emotive. Anche qualora vi paia  che leggere queste fiabe ai vostri figli non rispetterebbe i loro

tempi di crescita, somministrategliele egualmente, dato che i loro tempi di crescita ormai non li rispetta niente e nessuno – e spero per loro che l’abbiate capito!

Queste fiabe sono molto avventurose, popolate dai demoni dei dubbi basilari, intramontabili persecutori dell’essere umano: Bene o male? Dio o diavolo? Tragico o ridicolo? Realtà o inganno? So o non so? La mamma mi ama o mi odia? Mi dà la vita o la morte? E io amo od odio? E tu mi stai salvando o mi stai distruggendo?

O forse l’inganno sta proprio nel fare noi simili distinzioni, nel credere in simili alternative? Sono fiabe rigorosamente ambientate – com’è nella migliore tradizione delle fiabe – fuori dal tempo e in un mondo dalla tecnologia medievale, e popolato dal sovrannaturale e dalle sue creature.

Il dischiudersi della realtà sovrannaturale non trascende né svilisce la realtà e il pensiero ordinari, ma li mette in crisi e in moto, iniziaticamente, e favorisce un adattamento dell’eroe, adattamento ora rivoluzionario, ora minimalista o – se vogliamo – minimalesco, ma sempre traguardante.

Anzi, non di rado l’ordinario si ribella e si mette a competere col sovrannaturale,

rimandandogli la patata bollente. In tali occasioni l’eroe conquista, attraverso un salto di maturazione, la propria cittadinanza in entrambe le dimensioni, la propria autonomia di giudizio e una libertà di azione.

Conquista il mondo, ma non tanto in senso letterale, quanto come spazio esistenziale: amebicamente, con ogni sorta di mezzo, impara ad estendere i confini dell’area di significanza della propria esistenza: crea incominciando da dove Prometeo fu incatenato, da quella brulla rupe del Caucaso…

E così questo eroe – quasi sempre un bimbo o una bimba – insorgendo dalla pura e angosciata contemplatività, procede e ascende attraverso avventurose ricerche ed esperienze micro- e macrotraumatiche, mini- e maxiiniziatiche: ma verso quale meta? Verso quale scoperta, culminazione o entelechia? Neppure io so dirlo. Il dubbio resta parte del fine, come il Libro più oscuro resta quello della Rivelazione .

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15.01.23 Marco Della Luna

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GUARDATE QUESTO MIO ARTICOLO DEL 01.09.14:

UCRAINA: LA GUERRA EUROPEA DEGLI IDIOTI PERICOLOSI

Pubblicato il 01/09/2014 da admin

UCRAINA: LA GUERRA EUROPEA DEGLI IDIOTI PERICOLOSI

Le menti geostrategiche di USA e UE avevano già convincentemente manifestato il loro livello di intelligenza e lungimiranza nelle campagne di pacificazione, stabilizzazione e democratizzazione di Iraq, Afghanistan, Libia, Egitto. In Siria mesi fa stavano per aiutare gli insorti jihadisti bombardando l’esercito siriano, e ora, costretti dai fatti, aiutano l’esercito siriano bombardando i jihadisti.

Mentre le fabbriche licenziano e chiudono e l’economia comunitaria si contrae perfino in Germania, e mentre si avvicina un freddo inverno, le sullodate menti si lanciano in una campagna di sanzioni, dirette a parole contro la Russia, ma nei fatti contro le imprese, i lavoratori, i consumatori dell’Europa Occidentale. Penso alle ditte che, a seguito delle sanzioni, non possono più esportare verso il più grande paese del nostro continente. Quindi vanno a gambe all’aria. Con le sanzioni in vigore ad oggi e con le contromisure russe, l’Italia rischia 800.000 posti di lavoro e, solo di esportazioni agroalimentari, perde 200 milioni, cioè il 24%.  L’UE perderà circa 5 miliardi.

Qual è il fine degli illuminati strateghi? Indurre Mosca a decurtarci i prodotti energetici per costringerci ad affidarci ai fornitori USA, così da aumentare anche la nostra sudditanza politica verso Washington, e con un passaggio per forti rincari, che si tradurranno in maggiori costi per riscaldarsi, per viaggiare, per fabbricare?

Dopo che la loro geniale e felicissima guerra in Libia (voluta da Londra e Parigi, appoggiata da Washington, e a cui Berlusconi fu spinto a partecipare da Napolitano) ci ha privato di quella preziosa fonte alternativa, in cui avevamo investito molto, è logico che adesso puntino a privarci anche del fornitore russo, per metterci completamente in pugno a quello americano.

Intanto – ripeto – è assodato che queste stupide sanzioni ci stanno facendo perdere punti di pil e guadagnare punti di disoccupazione.

Ma per distrarre l’opinione pubblica dai veri problemi, dalla depressione economica, da chi fa gli affari sulla pelle delle nazioni, da chi si mangia i diritti della gente – per distrarre gli europei dal problema dei conflitti oggettivi e interni di interessi all’UE, tra paesi dominanti (Germania in testa) e paesi subalterni,  si costruiscono conflitti esterni e nemici esterni, meglio se con connotazioni morali e ideologiche. E’ una costante storica.

Non meno balorda è la motivazione delle sanzioni medesime. Le menti strategiche dei nostri leaders, dopo aver inglobato nella NATO e armato contro la Russia diversi paesi dell’area ex-sovietica, anche nel Caucaso e nella zona altaica, fino all’Afghanistan, ora vorrebbero estendere la NATO all’Ucraina, portando i loro missili a poche centinaia di chilometri da Mosca. E’ pensabile che Mosca accetti ciò senza combattere? Che accetti un accerchiamento che le arriva sotto casa? Quanto vogliamo tirare questa corda? Non è meglio, non è più sicuro, magari, creare uno Stato-cuscinetto nel Donbass, libero da armi strategiche? Non è meglio lasciare alla Russia le sue tre provincie storiche ed etniche, piuttosto che rischiare una guerra nucleare, o anche solo un ulteriore tracollo economico?

Infatti, la Russia rivuole semplicemente indietro le sue tre provincie, che da secoli sono abitate in maggioranza da russi, e che Krushev, a tavolino, aveva passato amministrativamente all’Ucraina nel 1953, in un contesto che rendeva pressoché indifferente questo passaggio. E’ chiaro che i recenti rivolgimenti in Ucraina hanno cambiato le carte in tavola, che è emersa e si sta consolidando una forma di nazionalismo ucraino il quale, verso la minoranza russa, va dal non amichevole all’ostile, e che politicamente si estende dal liberismo capitalista al fascismo. Santa Julia Timoshenko, celebrata leader filoeuropea ed eroina della democrazia di Kiev, è stata intercettata mentre diceva di voler eliminare i separatisti russi con le armi nucleari. Dopo questo, e dopo le stragi che sono state consumate, come si può onestamente pensare a una pacifica convivenza della minoranza russa con la maggioranza ucraina entro il medesimo Stato e sotto il medesimo governo?

La divisione umana che si è aperta è incolmabile e insanabile; meglio prenderne atto, e tracciare un confine che metta fine alla guerra e alle carneficine, prima che prenda corpo il fenomeno che già è iniziato, ossia dei volontari stranieri, perlopiù di estrema destra, che vanno a combattere in Ucraina contro i comunisti russi, e che, a differenza dei soldati ucraini, non si fanno scrupolo di sparare anche sui civili, identificandoli come nemico etno-ideologico. Si aggiungono i mercenari e i contractors occidentali, i mercenari delle multinazionali USA che supportano Kiev, assieme a neonazisti svedesi. Combattenti francesi, americani, serbi, polacchi, israeliani, britannici, etc., già versano il loro sangue, perlopiù  per motivi ideali, soprattutto a difesa dei russi. Hanno formato una brigata sotto il nome “United Continent”.

Stanno così risvegliandosi gli odii atavici e tradizionali del Vecchio Continente, complicati, oltre che dalla stupidità dei vari fanatismi, dalla contrapposizione ideologica e dalla valenza di lotta paneuropea contro l’invadente presenza del capitalismo americano.

Una deriva, questa, di cui i cauti media non ci informano, ma che è ovviamente assai pericolosa, che tende a coinvolgere altri paesi e a far evolvere un conflitto etnico locale in qualcosa di incomparabilmente peggiore e che può portare all’uso di armi nucleari in Europa, quindi a conseguenze mortifere o persino peggio che mortifere anche per noi dell’Europa occidentale.

La guerra di Ucraina è già adesso una guerra europea. Assomiglia alla guerra civile spagnola. Ma a differenza di quella, tocca direttamente una superpotenza nucleare.

Perciò ripeto: basta sanzioni idiote contro la Russia, tracciare un confine per separare le opposte forze armate, porre fine alla guerra, lasciare alla Russia ciò che è della Russia, e prendersi pure il resto. Ma senza piazzarci armi strategiche.

01.09.14 Marco Della Luna

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TAVOLOZZA DELLE CRISI

l’Italia che prima fa un trattato di amicizia con la Libia e pochi mesi dopo, su ordine di Washington, partecipa alla sua conquista militare, è un buon esempio del tipo di indipendenza che avrebbe l’Ucraina e per cui ci stiamo impegnando in una guerra pure comandata da Washington e che non solo ci costa moltissimo ma ci espone anche a un annientamento nucleare.
Con tutti i prestiti e gli armamenti che riceve, l’Ucraina si indebita fino al collo verso gli Stati Uniti. Già le corporations americane hanno preso il controllo dell’Agricoltura e di altre risorse. Quando avranno preso il controllo di tutto, il loro burattino Z tratterà la pace il nome dell'”indipendenza” nazionale, e i nostri pagliacci dei media e delle istituzioni applaudiranno a questa nuova vittoria della democrazia.

Giorgia si legittima a governare proclamando incrollabile fede nella NATO e nel bacino, ossia nei due grandi strumenti di dominio sociale e di profitto industriale: gli armamenti e i farmaci, unibili nel nome FARMAMENTI. Il governo Meloni parla molto di nazione. Che cosa sono le NAZIONI, dopotutto? In quanto stati, sono politica, cioè inganno, corruzione, sopruso. In quanto popoli, sono masse emotive, ottuse, suggestionabili, irrazionali, cioè il complemento della politica.


Credo fermamente nella scienza. Nella scienza dell’uso del denaro per produrre verità scientifiche utili a fare più denaro. Sull’onda del successo del covid, in tutto il mondo gli scienziati, opportunamente finanziati, si stanno scatenando per ingegnerizzare virus sempre più letali. Uno ha già ucciso il 80% delle cavie, riferisce la virologa Ilaria Capua. È così che verrà risolto il problema della sovrappopolazione, dell’inquinamento, dell’esaurimento delle risorse. Non mancherà qualche nuova fuga da quei laboratori.

Giorgia ha iniziato a parlare di una cosa che potrebbe davvero mandare all’aria l’Unione Europea in quanto fa capire a tutti concretamente che la politica internazionale consiste in sopraffazione e sfruttamento spietato del più debole, e non delle frottole idealistiche e valoristiche strombazzate dalle istituzioni per imbonire la gente. Cioè Giorgia ha tirato fuori la realtà del Franco coloniale francese o CFA, una moneta controllata da Parigi e che Parigi ha imposto a 14 paesi africani sue ex colonie per depredarli di gran parte delle loro ricchezze naturali e del loro reddito nazionale, nonché per dirigere la loro politica pagando i loro politici. Con questa e altre forme di sfruttamento, la Francia contribuisce grandemente a impoverire gli africani e a spingerli verso l’emigrazione, che essa naturalmente vuole scaricare sulla serva Italia. Spero che questa realtà di feroce imperialismo, che smentisce i valori e i principi vantati dall’ipocrita governo parigino, diventi di dominio e dibattito pubblici in tutto l’Occidente.
https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=3288884564764489&id=100009289347107&sfnsn=wiwspwa
Anche perché è chiaro che la Francia, attraverso l’Unione Europea, da molto tempo sta applicando il medesimo imperialismo anche ai cugini africani, cioè agli italiani.
La Francia, estromessa dall’Algeria, voleva rifarsi prendendosi con la guerra la Libia col suo petrolio ed estromettendo l’Eni, e a questo scopo ordinò alla serva Italia di aiutarla contro i propri interessi nazionali. Esortato da Napolitano, Berlusconi obbedì. Ma la Libia, così destabilizzata, attrasse la Turchia, la Russia, gli Emirati, e la Francia se l’è preso dove speriamo le piaccia. Purtroppo, destabilizzando la Libia, ha scatenato l’emigrazione verso la serva Italia, a cui oggi non perdona di tentare una difesa dei propri confini.
Farsi carico dei problemi demografici di un continente di un miliardo di persone, saccheggiato da cinesi francesi e americani, non è umanitario, è coglionitario. Ho verificato, ha ragione il governo italiano: il diritto internazionale non obbliga gli stati ad accettare nei propri porti sbarchi di persone salvate in mare. Per legge bisognerebbe stabilire che non ha diritto ad essere salvato chi volontariamente si mette in condizione di pericolo. Altro principio giuridico generale deve essere che gli stati e le multinazionali che, con le loro iniziative commerciali e militari, causano i flussi migratori, devono farsi carico di questi flussi accogliendoli e sostenendo le spese, e non scaricando questo onere su altri paesi. È un principio del tutto analogo a quello, già in vigore, che chi causa è inquinamento va a debito dei rimedi adesso. E, implicando l’ammissione di attività lucrative che spingono la gente a lasciare la sua terra, alimenterà il disagio e il dibattito pubblici.





Essere di sinistra nel mondo odierno significa: primo, difendere la quota di reddito nazionale che va ai lavoratori contro la pretesa del capitale finanziario di prendersi tutto il reddito disponibile; secondo, difendere l’indipendenza delle istituzioni pubbliche dal capitale finanziario che vuole guidare da fuori attraverso il rating e il ricatto sul debito pubblico; terzo, difendere i cittadini e le loro libertà contro il controllo elettronico e la schedatura da parte dello stato e della grande industria nonché contro la manipolazione biologica; quarto, difendere le comunità e il tessuto sociale contro le migrazioni prodotte dall’imperialismo economico e dallo sfruttamento da parte delle multinazionali sia nel terzo mondo che altrove; quinto, smascherare e combattere l’imposizione del pensiero unico che sostiene e legittima tutte le suddette aggressioni all’uomo, alla libertà e alla comunità.

L’attuale inflazione è dovuta a scarso afflusso di materie prime e semilavorati a causa di guerra, pandemia, insufficienze strutturali, e si combatte rimuovendo queste strettoie con investimenti mirati. I banchieri centrali invece aumentano il costo del denaro, come se fosse dovuta a eccesso  di domanda. Così mantengono la causa dell’inflazione e ottengono il risultato di aumentare i costi di produzione, aumentare quindi i prezzi, scatenando al contempo la recessione. Cioè ottengono la decrescita infelice che hanno sempre voluto.
Colpire la piccola e piccolissima impresa e il lavoro autonomo con tasse, prescrizioni, restrizione del credito è sempre stata la linea dei politici italiani da Andreatta in poi  – non perché di sinistra, ma perché venduti al capitale straniero. Il lobbying è lì per questo.

 Per portarci ad accettare, anzi a desiderare di non avere più beni di proprietà, colpiscono la casa e l’automobile con sempre nuove tasse e imposizioni di spese per adeguamenti cosiddetti ecologici. È il progetto del great reset: non avremo più niente e saremo tutti felici.
Deindustrializzare l’Italia attraverso il blocco dei cambi detto euro e le regole di bilancio, così da prenderle i migliori fattori produttivi, aziende, capitali, tecnologia, cervelli, e insieme farne la discarica dell’immigrazione non gradita prodotta dallo sfruttamento neocolonialista dell’Africa: questo è l’obiettivo comune di Francia e Germania, che ha ispirato e condotto il processo di cosiddetta integrazione europea.
I traditori che ci hanno governati hanno reso la nostra economia dipendente da quella tedesca in modo che non possiamo liberarci da coloro che ci stanno facendo questo. Perciò la soluzione non è uscire dall’Unione Europea ma emigrare dall’Italia.

Verso che paese?

Non lo so.

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ABANO – CONFERENZA 04.11.22 – HOTEL ALEXANDER PALACE

LA CRISI E’ VOLUTA?

Non si poteva trovare un momento più opportuno per un convegno come sugli errori intenzionali che creano crisi. In verità non sono errori, appunto perché sono intenzionali, ma manovre di ingegneria sociale finalizzate essenzialmente a due obiettivi: primo, estrarre ricchezza della società e concentrarla nelle mani dei decisori e di coloro che questi rappresentano, cioè principalmente la grande finanza globale; secondo, creare le condizioni di allarme e sgomento pubblico (cioè incapacità di capire e reagire) per far passare riforme che assicurino un miglior controllo e sfruttamento della popolazione. Riforme presentate come soluzione alla crisi esistente e prevenzione di crisi future, ma che tali non sono e che, dopo aver operato più o meno lungo sottotraccia, affiorano producendo nuove crisi e consentendo così la prosecuzione della strategia degli ingegneri sociali.

Questa strategia, come ho spiegato nel mio libro Oligarchia per Popoli superflui, del 2010, sta realizzando, passo dopo passo, oltre a una progressiva concentrazione della ricchezza con pari diffusione della povertà, nel lungo termine una gestione zootecnica della società, sostanzialmente quanto preconizzava negli anni 30 il sociologo tedesco Max Horckheimer. Cosa ora resa possibile dalla tecnologia.

Esempi di errore intenzionali, operazioni di ingegneria sociale, sono i seguenti.

L’Euro, che, come blocco degli aggiustamenti fisiologici dei cambi delle monete senza condivisione dei debiti pubblici, produce automaticamente indebitamento estero, deindustrializzazione dei paesi meno efficienti (Italia), fuga di aziende, capitali e cervelli da essi verso i paesi più efficienti – come ampiamente previsto e preannunciato da molti economisti.

Il mercato dell’energia, che è stato progettato per agganciare i prezzi al consumo di imprese e famiglie a una borsa finanziaria speculativa, onde consentire al cartello dei providers, che pagano i politici, di guadagnare spropositatamente ai danni della società.

La riforma bancaria del 1995 con abolizione della divisione tra banche di speculazione e banche di credito e risparmio, fatta per consentire ai banchieri di depredare i risparmiatori e scaricare le perdite sulla società con la crisi del 2008.

L’intervento pubblico su tale crisi: fatto coi soldi del contribuente, ma senza reintrodurre la predetta divisione, in modo da consentire la ripetizione dell’operazione suddetta, che sta avvenendo.

 Ci si stupisce di questa realtà, cioè che lo Stato venga usato per ingannare e defraudare la gente, perché emotivamente si resiste a guardare in faccia l’evidenza: no democrazia, no trasmissione dal basso all’alto, speculatori truffatori che guidano la politica, Stato che viene usato per servirsi della gente anziché per servirla. 

È ora di capire che l’ordinamento socio politico non è una grande famiglia ma un’azienda che sfrutta le risorse, anche quelle umane, per arricchire chi la gestisce a spese di coloro che sono gestiti.

È ora di capire che la partecipazione popolare politica al potere non funziona. Gli eletti del popolo si vendono professionalmente.

Contro questa realtà, la stessa rivoluzione sarebbe inutile: storicamente non avvengono cambiamenti, riforme, la rivoluzione dal basso, per effetto del coordinamento popolare. Nemmeno con le rivoluzione, che sempre hanno peggiorato le condizioni di vita dei popoli, oltre a farne morire buona parte, dalla rivoluzione francese a quella iraniana. Le rivoluzioni popolari ottengono solo di cambiare il padrone. La struttura e i rapporti non cambiano.

I cambiamenti nell’organizzazione socio politica avvengono invece per effetto di due principali fattori: cambiamenti geofisici, climatici e innovazioni tecnologiche, come la stampa, la radio, la bomba atomica. Le recenti innovazioni tecnologiche consentono un capillare controllo sociale in tempo reale quindi la riorganizzazione della società come allevamento informatizzato, con un fortissimo aumento del divario tra base e apice della società.

Sempre con uno sguardo alla storia, faccio presente che via via che la tecnica mette a disposizione del potere nuove e più potenti armi di controllo e sfruttamento della popolazione, il potere subito le pone all’opera; e la tecnica ora gli dà la possibilità di realizzare un controllo zootecnico, cioè anche biologico, anche genetico, sulla gente.

Faccio infine presente che, alla fine del secolo scorso, è avvenuta una rivoluzione socio-politica. Mentre Fino alla metà circa del secolo il potere politico era suddiviso territorialmente tra diversi stati e i meccanismi di potere e ricchezza richiedevano alle elite governanti di ciascuno stato di mantenere un rapporto di solidarietà interessata con il territorio e la popolazione di quello stato, nella seconda metà del secolo scorso l’automazione, l’intelligenza artificiale, la globalizzazione dell’economia e del potere politico hanno prodotto una radicale trasformazione, nel senso che oggi ormai il potere si è geograficamente unificato, per lo meno agli apici, e non ha più bisogno di singoli popoli specifici o di grandi masse di lavoratori, consumatori, combattenti, coloni. I popoli sono diventati intercambiabili, sostituibili, quindi superflui come pure i loro rispettivi territoriali. Era pertanto inevitabile che i popoli, particolarmente i lavoratori, perdessero forza di partecipazione e di contrattazione, quindi anche diritti e quote di reddito in favore del capitale finanziario dominante, che produce la cultura e il paradigma interpretativo unico ormai difficilmente contrastabile, perché chi lo contrasta o critica viene emarginato, oscurato, criminalizzato. 

04.11.22 Marco Della Luna

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PASTORIZIA POLITICA

PASTORIZIA POLITICA

L’ordinamento sociale nasce dal gregge. All’inizio abbiamo il pastore padrone di poche pecore, da cui prende il latte, la lana e gli agnelli per il suo consumo e per venderli. Poi il gregge aumenta e il pastore padrone si dota di cani. Poi acquisisce più greggi e assolda servi pastori, quali li gestiscono con l’aiuto dei cani, nonché mungitori e tosatori. Nell’ordinamento sociale, i servi pastori sono i politici, i cani sono i magistrati, i mungitori e i tosatori sono gli agenti del fisco.

Poi il padrone insegna alle pecore a parlare, leggere, scrivere, in modo che siano più produttive, e incarica personale intellettuale per farle crescere nella persuasione che tutto sia legittimo e per il loro bene e voluto da loro. A questo scopo, inoltre, concede alle pecore la facoltà di votare per eleggere i pastori. E via via che la scienza mette a disposizione sostanze per migliorare la quantità e la qualità della carne, della lana e del latte, gliele somministra attraverso i veterinari, di solito facendosi pagare. Il patto sociale è quello che lega padrone, pastori, cani, intellettuali, veterinari e ha come oggetto le pecore.

Quando vuole ristrutturare la sua azienda, il padrone induce una crisi in un gregge, oppure mette un gregge contro l’altro, oppure li unisce in un unico recinto. Le pecore non sanno che, il giorno che venga meno la richiesta della loro carne, della loro lana, del loro latte, sarebbero messe in liquidazione.

8.10.2022  Marco Della Luna

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SFIDUCIA NELLO STATO: VALIDE RAGIONI

Al fondo, il movimento No-vax e il movimento Iononpago (la bolletta) sono espressioni della maturata  sfiducia della gente verso lo Stato. La gente ha visto che lo Stato è gestito da una classe politica e burocratica che sostanzialmente si vende al miglior offerente, solitamente straniero, che la assolda per estrarre dalla popolazione e dal Paese risparmi, reddito, aziende pregiate, mercati interessanti (dopo aver fatto chiudere le imprese nazionali che li occupano), senza alcun riguardo nemmeno  per la salute della gente, riducibile a cavie per grandi esperimenti biologici.

I politici di professione promettono mari e monti agli elettori, durante le campagne elettorali; poi però applicano la loro regola aurea: passata l’elezione, gabbato l’elettore. E si vendono per tradire gli interessi del Paese.

Che le cose funzionano così lo stiamo vedendo molto chiaramente nella vicenda energetica: Per decenni hanno lavorato metodicamente allo scopo di creare le condizioni giuridiche e materiali  necessarie a produrre gli enormi profitti speculativi, finanziari e commerciali, che ora i loro mandanti  stanno realizzando sulla pelle della gente. Hanno bloccato l’estrazione del gas in Italia per rendere l’Italia più dipendente dai fornitori esteri; hanno abbandonato il sistema dei contratti di lungo termine a prezzo fisso con i fornitori per affidare il prezzo agli speculatori sui futures del borsino di Amsterdam; hanno interrotto gli acquisti dalla Russia per passare a forniture che costano almeno il quadruplo dalla Cina e degli Stati Uniti. Per giunta hanno creato una situazione di carenza che fa chiudere le aziende nazionali a vantaggio della concorrenza estera, e da far accettare la moltiplicazione dei prezzi. I buffoni brussellini hanno posto il cap al prezzo del gas russo, quando questo già non arriva più. Tutta la politica energetica italo-europea è stata progettata per sabotare: I pannelli solari che risultano antiecologici oltre che antieconomici, sovvenzionati solo per un business finanziario, comprati in Cina, e che scaricano i costi sulle bollette; Le pale eoliche che sono perfettamente inutili, oltre che costose, perché non danno un apporto costante né prevedibile alla rete. E ora le auto elettriche, altamente antiecologiche, costosissime, malservite, inaffidabili e molto pericolose in caso di incidente o di incendio. l’Unione Europea le impone mandando fuori produzione le auto a motore termico e così annientando 35.000 posti di lavoro in Europa, mentre non esiste nemmeno la capacità di produrre tutta l’energia elettrica necessaria a ricaricare le centinaia di milioni di nuove automobili elettriche che dovrebbero sostituire le attuali, per non parlare delle  colonnine di ricarica. Chi ci guadagna? La Cina e gli altri produttori dei materiali necessari e dei motori elettrici.

Altra prova che non ci si può fidare dello Stato è la storia delle frodi e delle bancarotte bancarie, per le quali le condizioni giuridiche sono state create con la riforma del 1995 (la banca  universale) e nelle quali molti banchieri si sono arricchiti e hanno arricchiti i loro compari e poi lo stato ha coperto tutto, persino i nomi eccellenti  di coloro che avevano ricevuto prestiti enormi senza garanzie e poi non rimborsati. E intanto il risparmiatori sono stati defraudati, i lavoratori bancari hanno perso il posto, le imprese sane hanno perso il credito, i danni sono stati spalmati sul contribuenti. Sono stati assolti gli uomini del crack  del Monte dei Paschi. Così è salva anche l’immagine di Colui che, contro il parere di Bankitalia, consentì loro di comperare la banca Antonveneta a scatola chiusa con un buco di 17 miliardi a beneficio di banchieri spagnoli. Egli addirittura è stato accreditato come salvatore della patria.

Insomma, la gente sente che questo Stato della buropartitocrazia e dei suoi burattinai stranieri è diventato qualcosa da cui essenzialmente bisogna  guardarsi e difendersi, sottraendosi innanzitutto alle sue pretese e cercando di rifarsi con ogni mezzo dei danni che esso, con la frode o con la forza, causa alla popolazione, nel mentre che le taglia i servizi pubblici in quantità e qualità e le aumenta tasse e bollette e controlli, configurandosi sempre più fortemente come Stato estrattivo e di sorveglianza. Come sostanzialmente un’azienda posseduta dal grande capitale apolide, un’azienda che alleva e gestisce la popolazione tosandola, mungendola e macellandola nell’interesse di questo medesimo capitale, il quale, per legittimarsi agli occhi della gente, le fa eleggere ogni tanto un certo numero di figuranti, già ben consapevoli, molto prima di candidarsi, di che cosa poi dovranno fare, di chi li remunererà, di che sorta di giustizia li controllerà.

04.09.22 Marco Della Luna
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L’ECONOMIA DEGLI STATI DA LIQUIDARE

L’ECONOMIA DEGLI STATI DA LIQUIDARE

Lo Stato sano raccoglie i tributi (prelevando in tutto o in parte il surplus dai cittadini e dalle imprese) e li investe infrastrutture, servizi, forze armate; tali investimenti aumentano la produttività e il prodotto interno, stimolano gli investimenti privati, e di conseguenza aumentano il gettito fiscale e i nuovi investimenti. Questo è il funzionamento virtuoso e progressivamente espansivo dello Stato sano.

Ma in tale funzionamento teorico interferiscono fattori umani inevitabili:

– le classi dominanti che raccolgono i tributi rubano parte di essi per arricchirsi;

– e non si curano molto di investire bene il restante, destinandone parte ad arricchire compari e sostenitori;

-a cascata, tutti i dirigenti che eseguono gli investimenti e le spese pubblici tendono a rubarne una parte;

-inoltre, i componenti delle classi dirigenti si sottraggono alla tassazione usando la loro posizione di potere, e, accorgendosene anche le classi subalterne cercano di evadere il fisco.

Alla fine, la quantità di risorse investita sarà notevolmente inferiore a quella raccolta, cioè tolta alla società civile con le tasse, sicché il circolo virtuoso ed espansivo risulterà molto indebolito o assente o addirittura invertito.

Quando le suddette ruberie, evasioni ed elusioni fiscali, congiunte agli scandali di corruzione e alla scarsa qualità degli investimenti, dei servizi e della amministrazione in generale, producono insuccesso economico e scontento sociale, la classe dominante può usare parte dei tributi raccolti  per comperare direttamente il consenso mediante erogazione di benefici clientelari diretti in sostituzione delle esecuzione di investimenti utili: pensioni fasulle, impieghi fasulli, reddito di cittadinanza. 

Se le entrate tributarie non bastano a finanziare questa campagna di acquisto, le classi dirigenti possono finanziarla ricorrendo all’indebitamento pubblico, e così peggiorando le cose strutturalmente e in prospettiva.

Un’altra fonte di finanziamento aggiuntivo dello Stato, sono la conquista militare, il colonialismo o imperialismo, e il saccheggio o prelievo di tributi dai territori sottomessi e altresì lo sfruttamento dei loro abitanti come schiavi o lavoratori sottopagati.

La Roma antica si finanziò ampiamente in questo modo per tutta la fase di conquista ed espansione, cioè fino a circa al 100 dopo Cristo. La sua era un’economia molto dipendente dallo sfruttamento degli schiavi acquisiti con le guerre di conquista.

Lo Stato antico romano incominciò ad entrare in crisi finanziaria, cioè ad avere difficoltà nel sostenere le spese dell’apparato amministrativo, delle opere pubbliche e dell’esercito, quando finì la fase espansiva, quindi l’afflusso di ricchezze e schiavi dai popoli via via sottomessi, e ancor più quando Roma iniziò a dover pagare i popoli barbarici sui suoi confini affinché non invadessero e razziassero i suoi territori.

Gli storici hanno ricercato la causa per la quale il sistema economico e commerciale dell’Impero Romano non sopravvisse all’Impero stesso e non si evolvette in modo costruttivo e conservativo del suo livello, con le sue meravigliose infrastrutture (strade, ponti, porti, acquedotti, bonifiche), ma crollò quasi completamente comportando la fine dei commerci di lungo raggio, dei grandi mercati, della civiltà urbana, assieme a un drastico calo demografico – crollo da cui l’Europa iniziò a risollevarsi soltanto verso il Trecento. L’hanno ricercata e l’hanno trovata proprio nel fatto che lo Stato Imperiale aveva sviluppato un apparato amministrativo e militare enorme e insostenibile, una nobiltà e un clero parassitari (esentati dalle imposte), mentre la sua economia, basandosi sullo sfruttamento dei popoli sottomessi, sul lavoro schiavistico o servile e sulle rendite del latifondo italico (assai mal coltivato), era intrinsecamente, strutturalmente bloccata, isterilita nella produttività,  e incapace di evolversi; al contempo, l’apparato statale ricorreva a una pressione fiscale soffocante per l’economia produttiva. Pertanto lo Stato imperiale, il suo sistema parassitario e la sua economia strutturata per servirlo. dovevano morire e liberare il campo affinché poi, nel corso di circa otto secoli, ripartendo da livelli bassissimi, un nuovo e vitale sistema economico potesse costituirsi.

Oggi, per la prima volta nella storia, in Italia, ricorrono insieme tre condizioni precise: il numero di cittadini che non lavorano ha superato ampiamente il numero di cittadini che lavorano; l’accesso ai consumi opulenti ha raggiunto una larga parte della popolazione; l’economia è entrata in stagnazione e la produttività è ferma da vent’anni, in arretramento rispetto a quella degli altri paesi avanzati. Questi tre fatti, documentabili dati alla mano, a cui va aggiunta una distruttiva pressione fiscale simile a quella del tardo Impero, hanno ispirato Luca Ricolfi nel suo recente saggio La società signorile di massa in cui descrive l’Italia come appunto una società signorile di massa – la descrive sostanzialmente come un sistema socio- economico bloccato, degradato nel suo apparato scolastico e nel corpo docente, incapace di progettare e realizzare una propria evoluzione. Bloccato, aggiungo io, perché il consenso politico, il voto ‘democratico’, in esso si ottiene mediante la difesa e conservazione di posizioni di rendita ormai diffuse, popolarizzate. A causa di questo fattore, a cui si aggiungono altri fattori come la sua posizione di paese vassallo sancita dagli accordi di pace con gli USA a seguito della capitolazione del 3 Settembre 1943 e aggravata entro l’UE, l’inguaribile arretratezza e dipendenza economica del Meridione, la specializzazione della classe dirigente nazionale nel rubare dai trasferimenti di ricchezza dal Nord al Sud che tolgono al Nord le risorse per investimenti e innovazione competitiva, le migliori forze intellettuali e imprenditoriali che emigrano, l’Italia semplicemente non può essere risanata, non ha futuro proprio, è in declino irreversibile e non ha dato segni di ripresa dal 1992. Questo è il razionale per cui l’Italia è stata posta in liquidazione, con Maastricht, l’Euro, la BCE, il Six Compact etc., nel senso che le sue parti valide vengono rilevate da capitali stranieri, con la complicità di politici italiani e comunitari. Tutti i partiti lo sanno, anche quello del “Credo”, anche quello dei Fratelli, quindi recitano e fingono quando promettono il rilancio del Paese: lo fanno per poter partecipare alla sua liquidazione servendo lo straniero e ricevendo il loro giusto tornaconto.

27.08.22  Marco Della Luna

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LA FIAMMA DEL DUCE E DEL CATTIVO PROGRESSO

CONSERVATORI, PROGRESSISTI E TOTALITARISTI

Roger Scruton, filosofo britannico recentemente scomparso, definiva lo spirito conservatore come quello che è consapevole delle cose buone e funzionanti del sistema sociale storicamente dato, e che vuole preservarle, sia pure non rigidamente ma con riforme e correzioni, da attuarsi senza compromettere gli equilibri e rispettando i tempi fisiologici; per contro, lo spirito progressista, che nasce con l’Illuminismo tradotto e imposto politicamente nella rivoluzione francese, rifiuta organicamente, nel suo complesso, il sistema sociale storicamente dato e lo vuole sostituire d’un tratto con uno nuovo, concepito e progettato razionalmente secondo suoi criteri e obiettivi ideologici, ora laici, ora religiosi.

A questa doppia definizione di Scruton, che mi trova consenziente, aggiungo un elemento di fondamentale importanza, ossia che l’idea progressista di cambiare complessivamente il sistema attraverso un’azione dall’esterno e rapida, cioè sostanzialmente rivoluzionaria, con un sistema diverso, progettato razionalmente o teologicamente, è frutto di una concezione ingegneristica dell’azione politica e ancora più profondamente dell’idea che il corpo sociale sia sostanzialmente una macchina, una costruzione su cui si possa intervenire dall’esterno o dal disopra, con operazioni di ristrutturazione rapida, così come si interviene per esempio su un un edificio, od oggi su un computer, in cui si possono sostituire le schede di hardware, la ventola, i programmi, per farlo funzionare diversamente e meglio. Il computer può essere fermato, spento, e non muore, non reagisce, non si oppone, non soffre quando lo apri e cambi le schede o i programmi. Anche le menti degli uomini sono trattate, da questi ingegneri sociali, come rapidamente ristrutturabili, per creare l’uomo nuovo attraverso l’indottrinamento e la propaganda – idea che sempre accompagna tali progetti -: l’uomo rivoluzionario, comunista, fascista, nazista, maoista, castrista, islamista… 

Al contrario di ciò che suppone la suddetta concezione ingegneristica, la società, essendo qualcosa di vivo e funzionante, che non puoi spegnere o fermare, e che ha esigenze, emozioni e volontà, ed essendo anche infinitamente più complessa e imprevedibile del più complesso dei computers, reagisce resistendo, soffrendo e contrattaccando a un’azione di ristrutturazione, e anche se riesci a eseguire il tuo piano, le reazioni continuano, spesso impreviste, spesso distruttive, e praticamente mai ottieni quello che ti prefiggevi, solitamente il risultato è un grande danno per la collettività, immensa sofferenza, come si è avuto a seguito di tutte le grandi rivoluzioni (laiche e religiose), che hanno avuto un seguito di carestie, terrore, guerre civili ed esterne, declino economico, senza peraltro mai cambiare la struttura piramidale, cioè oligarchica, della società. Senza mai dare il potere reale al popolo (ancor meno a Dio) né produrre benessere e sicurezza per la collettività.

Aggiungo ancora che, per vincere la resistenza e la reazione del corpo sociale alle innovazioni sistemiche che i progressisti, i rivoluzionari vogliono attuare a tappe forzate, questi ultimi devono ricorrere non soltanto all’autoritarismo e alla repressione, ma anche al totalitarismo, ossia all’inculcamento di un pensiero unico ideologico e olistico (nel senso di abbracciante tutti gli aspetti della vita e della realtà), col paraocchi, di supporto alla loro agenda, all’indottrinamento e alla manipolazione mentale. Queste sono misure che inibiscono e bloccano quella spontaneità, la varietà e libertà intellettuale e spirituale, assieme all’imprevedibilità, che insieme sono la matrice del progresso e della creatività culturali. Tutte le grandi fasi di crescita culturale e artistica hanno in comune un buon livello di libertà, varietà e spontaneità, mentre dove si affermano il controllo autoritario e un pensiero unico obbligato con valori imposti e la censura verso valori e idee divergenti, si assiste a un irrigidirsi dogmatico e sterile del pensiero. E l’uomo nuovo? L’uomo nuovo prodotto dall’educazione totalitaria è sempre uno storpio col paraocchi, un mutilato mentale, spesso uno psicopatico.

La storia, col conforto della psicologia sociale, conferma quindi la bontà e il realismo della concezione conservatrice così come rappresentata da Scruton, costituente l’autentico pluralismo e antitotalitarismo (antifascismo, anticomunismo, etc.). Peraltro, soprattutto e sempre più ai nostri giorni, le rapide, forzate e complessive sostituzioni sistemiche non vengono soltanto dall’applicazione ‘progressista’ di modelli ideologici, ma anche dalla forza delle cose, dalle innovazioni tecnologiche che cambiamo i modi di vivere e di produrre, quindi anche le strutture socio-politiche e i mores, con una velocità e una violenza che non rispettano i tempi fisiologici, quindi traumatizzano il corpo sociale.

Il totalitarismo, il pensiero unico obbligato mediante silenziamento, oscuramento, emarginazione, delegittimazione, criminalizzazione dei diversamente pensanti e parlanti (ad esempio rispetto alla dottrina liberista o genderista), assieme al superfinanziamento e alla canonizzazione culturale del pensiero allineato, viene vistosamente adoperato anche dall’odierna dirigenza progressista globale, europea, italiana (mentre ipocritamente condanna come male assoluto i totalitarismi precedenti) al fine di inculcare rapidamente un modello sociale, culturale, economico rivoluzionario nel senso suddetto, che sradichi quello in cui siamo cresciuti, basato su cose fasciste come la famiglia, la maternità, la paternità, la patria, il passato, le tradizioni. Un nuovo modello che io definisco zootecnico perché applica alla gestione delle masse i principi che si applicano alla gestione degli animali di allevamento, e basato essenzialmente sulla concentrazione oligarchica e privata del potere, della conoscenza, del controllo, dei monopoli; e altresì sulla riduzione degli esseri umani a numeri omogenei privi di identità storica, sessuale, etnica e di capacità di resistenza politica e culturale. Individui resi, mediante la tecnologia, completamente trasparenti e tracciabili alle istituzioni che li governano in remoto. Atomi umani completamente amorfi e passivizzati. Il senso complessivo di questa rivoluzione progressista progettata dalle élite globali, detta NWO, è, in essenza, semplificare e perfezionare la loro pratica di gestione della popolazione, anzi sovrappopolazione terrestre, applicando i più avanzati frutti della scienza, mentre “i limiti dello sviluppo” si avvicinano rapidamente ed esigeranno interventi radicali.

Gli araldi e promotori più attivi di questa rivoluzione progettato e calata dall’alto, cioè i progressisti liberal-democratici, sono naturalmente assai enfatici nell’additare al pubblico allarme cose come la fiammella tricolore (rappresentante quella ardente sul sarcofago del Duce a Predappio) che persiste nel simbolo di un partito ancora non ben allineato come loro al vigente progressismo occidentale, ma che presto si adeguerà, se vuole restare al governo.

14.08.22 Marco Della Luna

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CINQUE METODI PER SALVARE IL MONDO

CINQUE METODI PER SALVARE IL MONDO

Pensatori di tutte le epoche si sono ingegnati per formulare un metodo idoneo a risolvere i guai del mondo e dell’uomo.

A parte  da coloro che confidano in un intervento divino, e da coloro che ritengono che le cose stiano andando bene così oppure al contrario che il mondo sia inevitabilmente spacciato, i metodi di salvazione del mondo si distinguono in base al grado in cui mettono in discussione la realtà del mondo stesso che vogliono salvare.

A un primo livello, stanno i metodi moderati, riformisti, che ritengono che i mali e le crisi siano risolvibili mediante aggiustamenti dell’esistente, correzioni e regolamentazione dei processi in corso. Essi falliscono perché, essendo ogni società oligarchica, gli oligarchi che fanno le riforme le fanno del proprio interesse, che di regola comprende lo sfruttamento della popolazione generale.

A un secondo livello, troviamo i metodi rivoluzionari, come quello marxista, secondo cui per salvare la società bisogna rovesciare la sua struttura oligarchica, ossia i rapporti di forza tra lavoratori e capitalisti. L’applicazione dei metodi di questo tipo fallisce sempre perché si riproducono i rapporti oligarchici di sopraffazione e oppressione, non più attraverso l’economia ma attraverso la gerarchia politica, in quanto al padrone del capitale si sostituisce il padrone dello Stato.

A un terzo livello stanno i metodi che obiettano che le rivoluzioni hanno sempre prodotto disastri e che i problemi collettivi non si risolvono se non si evolvono le coscienze dei singoli, sviluppando una consapevolezza ecologica, di insieme e di valori trascendenti l’egoismo individualista. Ma il grado di evoluzione delle coscienze individuali non si traduce in un’evoluzione corrispondente dei comportamenti aggregati, come ben sapevano gli antichi Romani: senatores boni viri, senatus mala bestia.

A un quarto livello stanno i metodi che, preso atto di quanto sopra rilevato, osservano che quindi, per salvare il mondo, bisogna bonificare anche la mente e il subconscio collettivi. Ma come?

A un quinto livello stanno i metodi che osservano che la radice dei mali sociali sta nel fatto che il mondo, la realtà, è sentita e pensata come un bene limitato, dunque l’interesse di ciascuno è conquistarne quanto più possibile togliendolo agli altri, e questo scatena automaticamente conflitti competitivi, anche perché gli altri uomini stessi sono parte del mondo da conquistare e sottomettere e controllare; quindi la logica di questo paradigma di realtà porta alla competizione per manipolare, sottomettere e dominare le altre persone, riducendole a cose, a commodity. Ne consegue che la soluzione dei mali del mondo presuppone che si lavori per non vivere più la realtà come un qualcosa di materiale e limitato, e che non si concepisca più se stessi come bisognosi di conquistare una realtà esterna e limitata. Presuppone cioè una messa in discussione totale della realtà propria e del mondo, mentre gli altri metodi tendono a conservare tale paradigma di realtà – interamente il primo, e gli altri a calare.

Sostanzialmente, questo quinto metodo è in consonanza col buddhismo, che fa presente che il mondo quale lo stiamo vivendo, il samsara, è come tale non salvabile, sicché la via consiste nel trascenderlo, lasciando andare tutto ciò che non può che andare.

Questa è una verità che pochi hanno la forza mentale di guardare in faccia.

06.08.22

Marco Della Luna

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